Coppa Italia. Finisce 3 a 3 la semifinale d'andata tra la Fiorentina e l'Atalanta

Dopo il match di ieri tra la Lazio ed il Milan (finito 0 a 0) in campo al Franchi di Firenze, la 2a sfida valida come gara di andata delle semifinali di Coppa Italia, Fiorentina ed Atalanta un match al cardiopalma che finisce 3 a 3. La Dea si porta avanti per 2 a 0 grazie alle reti di Gomez e Paslic, ma la Viola agguanta, prima dello scadere della prima frazione di gioco, il pareggio grazie alle reti di Chiesa e Benassi. Passano di nuovo in vantaggio i bergamaschi con la rete di De Roon al 58’ ma il viola Muriel al 79’ riporta di nuovo in parità il match. Tutto da giocarsi quindi allo stadio Azzurri d’Italia di Bergamo, per il secondo atto dell’affascinante sfida tra gli uomini di Gasperini e quelli di Pioli. In palio la finale della 72esima Coppa Italia che si disputerà all’Olimpico di Roma il 15 maggio 2019.


E' necessario parlare di calciomercato nella settimana più importante della stagione?

INSIDEROMA.COM - MASSIMO DE CARIDI - Monchi e Nzonzi all'Arsenal, Zaniolo tra rinnovo e top team europei, da valutare il futuro di Manolas e Dzeko, Sarri eventuale sostituto di Di Francesco per la prossima stagione, Cragno come possibile compagno di reparto di Olsen al posto di Mirante.

Nella settimana decisiva per la stagione della Roma, nella Capitale si parla di calciomercato. Probabilmente, non proprio il momento migliore per aprire questo "file", visto che la sessione invernale è finita da meno di un mese ed a quella estiva ne mancano più di 4. A che pro fare speculazioni (perché ad oggi di questo si tratta) in merito a calciatori, allenatori e dirigenti in un momento così caldo della stagione romanista?

E' sempre la solita vecchia storia della destabilizzazione più interna che esterna al mondo giallorosso. La squadra di Di Francesco sta faticando molto dal punto di vista del gioco, delle reti incassate ed anche a causa dei continui infortuni che dalla prima giornata accopagnano quest'annata.

Sono state fatte cessioni importanti ed in certi casi sanguinose a cui non si è rimediato nel mercato invernale ed anzi l'unica operazione fatta è stata la cessione in prestito di Luca Pellegrini ma in questo momento, l'ultima cosa di cui bisognerebbe parlare è del futuro di questo o quel giocatore. 

La Roma è uscita malissimo e troppo presto dalla Coppa Italia ma è ad un solo punto dalla zona-Champions ed in piena lotta per i quarti della massima competizione europea e servirebbe totale concentrazione, quantomeno nell'ambiente romanista, su queste 2 competizoni, piuttosto che polemizzare e guardare alla stagione che verrà perché c'è ancora questa da onorare nel migliore dei modi e centrare almeno gli obiettivi che ci si era prefissati ad inizio anno per poi sì capire gli errori e porvi rimedio ma con in tasca la qualificazione alla prossima Champions League e cercando di andare il più avanti possibile in quella attuale. 


El Shaarawy: "Grande emozione alla mia prima con la Roma. Ho tanta fame di arrivare"

Stephan El Shaaeawy, ospite al Nike Store di Via del Corso per presentare i nuovi scarpini del brand, ha risposto ad alcune domande da parte dei tifosi:
"La prima volta che sono entrato è stata una grande emozione. Feci il mio primo gol contro il Frosinone ed è stato molto bello. In quel periodo la Curva non entrava allo stadio ma è stato comunque un momento molto bello". 

Hai consigli per chi vorrebbe fare il calciatore?
"Punto tutto sull’umiltà. Ho tanta fame di arrivare, e cerco sempre di avere equilibrio anche quando va male. Non bisogna mai abbattersi, bisogna rimanere umili nonostante il successo. Rimanere sempre con i piedi per terra. È difficile arrivare, ma rimanere a questi livelli è ancora più complicato
Il mio idolo è sempre stato Kakà l’ho stimato come persona e come giocatore. È umile, quando l’ho conosciuto ha confermato di essere una persona di cuore".

Quando hai cominciato a giocare?
"Io ho cominciato a 4-5 anni in una squadra della mia città, Savona. Ho fatto 6 anni li e poi sono andato a Genoa e ho fatto li il settore giovanile, ho fatto l’esordio in serie a e poi sono passato al Padova prima di finire poi al Milan".

Perchè ti chiamano il Faraone?
"Per le mie origini egiziane. La prima volta che mi hanno chiamato così è stata per un’esistenza che ho fatto in Primavera".

Quanto conta il feeling con la scarpa?
"Parecchio, io questa la uso da quando avevo 15 anni. È stato un valore aggiunto per me, è una scarpa che andando avanti con gli anni è sempre più leggera".

Cosa avresti fatto se non fossi diventato calciatore?
"Sono arrivato in Serie A presto, ho sempre inseguito il mio sogno e non mi sono mai accorto di essere “arrivato”. Non ho mai pensato ad altro. Ora sto cominciando a pensare a cosa fare dopo".


Roma, appunti sulla difesa

IL MESSAGGERO - TRANI - La vulnerabilità, ormai certificata, rende inaffidabile la Roma di questa annata. Ma se la squadra di Di Francesco continua, in ogni partita, a prendere gol in modo spesso dilettantistico non è esclusivamente colpa del singolo o della difesa. O del sistema di gioco, a prescindere da quale sia. La questione è più ampia. I giallorossi sono fragili contro qualsiasi avversario, cioè si comportano sempre allo stesso modo, sia se affrontano i campioni che le comparse. L'allenatore cerca la soluzione del problema. A quando pare inutilmente. A vedere le ultime prestazioni, nessun passo avanti. Anzi, sono tornate a galla le solite gaffe. Individuali e, peggio ancora, collettive. Si persevera nell'errore, come se andasse comunque inserito nel menu di giornata. I numeri, dopo 34 partite (8 senza incassare reti), confermano quanto la mancanza di solidità abbia inciso sul rendimento, soprattutto in campionato: 49 gol subiti (33 in 24 gare di serie A, 7 nelle 2 di Coppa Italia e 9 nelle 7 di Champions, 45 da Olsen e 4 da Mirante). La media è di 1,4 a match. Rispetto alla passata stagione, l'involuzione è di sicuro preoccupante. Cerchiamo di capire che cosa è successo.

QUADRATURA IMPERFETTA - Il lavoro quotidiano di Di Francesco sembra evaporare appena la Roma entra in campo. E, in ogni partita, dà l'idea di non essere mai preparata. Non si comporta da squadra, difetta nell'organizzazione e procede con l'improvvisazione. In sintesi: collaudata solo la trazione anteriore. La seconda fase, quella difensiva, è altrettanto fondamentale, ma è sempre male interpretata. La linea dei quattro giocatori sistemati davanti al portiere non è mai al sicuro, chi si piazza davanti a loro si ritrova in inferiorità numerica per la mancanza di collaborazione di chi gioca sui lati, il pressing sembra più iniziativa personale che di gruppo e la concentrazione è minima e mai duratura. Non conta, insomma, se il centrocampo è a tre o a due, se lo schermo è De Rossi o Nzonzi, se gli esterni alti hanno caratteristiche più o meno offensive, come si è visto nell'alternanza degli interpreti, passando da Under a Pastore, da Schick a Perotti, da Florenzi a Kluivert, da Pellegrini a Zaniolo. Sono più i tentativi a vuoto delle mosse efficaci.

CORREZIONE (QUASI) INUTILE  - L'umiliazione del 30 gennaio al Franchi ha spinto Di Francesco a modificare l'atteggiamento della Roma in partita. Da quel 7-1 contro la Fiorentina in Coppa Italia, ne sono state giocate 5, 4 in campionato e 1 in Champions. L'allenatore, rivisitando le posizioni in campo, ha deciso di abbassare il baricentro della squadra e di limitare l'applicazione del fuorigioco. Clean sheet solo contro il Chievo. E 5 reti prese, niente guardando soprattutto alle chance lasciate agli avversari nelle ultime 2 gare, più in quella con il Bologna che contro il Frosinone. Match giocati senza ritmo e collaborazione. Vinte sui nervi e con le giocate. Gli aggiustamenti hanno funzionato solo contro il Milan, il Chievo e il Porto, in cui il 4-3-3, con il play basso che lo ha trasformato nel 4-1-4-1, è sembrato almeno ordinato e compatto. Ogni progresso, però, è subito sparito. Sabato nel derby e, la prossima settimana, a Porto, si riparte da zero o quasi. Aggrappandosi a Manolas. Al singolo, quando la priorità rimane, invece, il comportamento di squadra. E, come sempre, l'equilibrio.


Caccia a Zaniolo

LEGGO - BALZANI - «Nessun problema, Nicolò resta alla Roma». Papà Zaniolo prova a spegnere l'incendio di mercato che sta per avvolgere l'estate romanista. Nonostante le rassicurazioni paterne, infatti, ci sono elementi che preoccupano i tifosi. La Juventus, che come anticipato da Leggo qualche giorno fa sta preparando un'offerta da capogiro, ma pure il Real Madrid che è peraltro la squadra contro la quale Zaniolo ha esordito tra i big. Domenica sera, infatti, sia Zaniolo sia papà Igor sono stati beccati al ristorante Il Kaimano in via Brera a Milano in compagnia di due persone che parlavano con loro in un animato spagnolo. Un incontro né confermato, né smentito dagli interessati. Proprio venerdì sera a San Siro erano presenti due emissari del Real per seguire Piatek. E a Madrid hanno messo da tempo gli occhi su Zaniolo per rinnovare una squadra arrivata fine ciclo e rispondere ai colpi milionari del Barcellona in grado di spendere un totale di 330 milioni per Coutinho, Dembele e de Jong. Una cessione all'estero sarebbe meno dolorosa rispetto al passaggio alla Juve, ma la volontà resta comunque quella di proseguire il rapporto con la Roma. Alle giuste condizioni. La prima offerta del club è stata ritenuta bassa dall'entourage del giocatore. Pronto il rilancio a 2,5 milioni a stagione più bonus, quasi il quadruplo di quanto percepisce ora (700 mila euro) ma forse ancora non abbastanza per coprire le offerte di Juve, Real e Psg (sì, anche i francesi sono alla finestra). Sono sempre più intensi i contatti col procuratore Vigorelli che ha vinto la concorrenza di Raiola. «Mino ha chiesto informazioni ed è interessato - ha confermato papà Zaniolo al Corriere dello Sport - Ma Vigorelli resterà l'agente di Nicolò per tanto tempo. A fine stagione ci sarà un incontro con la Roma per il rinnovo, non ci saranno problemi. Da entrambe le parti c'è la volontà di chiudere positivamente». Per ora Zaniolo è concentrato sulle due sfide decisive che attendono la Roma. A cominciare dal suo primo derby capitolino. E Nicolò, almeno in questo, vorrebbe superare Totti che ha segnato il suo primo gol in una stracittadina a 21 anni, anche se va detto che fu decisivo già a 17 rimediando un rigore (poi sbagliato da Giannini).


Sarri e Kepa: quel "malinteso" che sa tanto di ammutinamento

IL MESSAGGERO - SACCA' - Inevitabilmente l'ammutinamento di Kepa e la figura imbarazzante rimediata da Maurizio Sarri sul prato di Wembley hanno lasciato in Inghilterra uno strascico dai mille colori. Domande, dubbi, un mare di opinioni, poche certezze. Il portiere basco del Chelsea, tanto per cominciare, non sarà punito perché il comportamento tenuto domenica pomeriggio è stato ridotto dal club a «banale malinteso»; mentre l'allenatore italiano è ormai un aquilone che vola in un uragano: rimane in bilico, è più sopportato che supportato dalla squadra e dai dirigenti, e rischia l'esonero domani nel derby di Premier League contro il Tottenham a Stamford Bridge. Pesanti sono le ore di Sarri. Perché il Chelsea proprio non riesce a innestare le marce alte sotto il profilo della manovra e soprattutto sul piano dei risultati. Dove dovrebbe volare una squadra di campioni, zoppica un gruppo di ragazzi più o meno indisciplinati tatticamente (e non solo).

LE FAZIONI - Si diceva che i vertici dei Blues siano intenzionati a non punire Kepa (super sponsorizzato da Marina Granovskaia, alter ego di Roman Abramovich), per il gran rifiuto di subentrare peraltro consentito dal regolamento andato in onda domenica anche nelle galassie più remote durante la finale di Coppa di Lega vinta dal City di Guardiola. Era stato lo stesso Sarri, d'altronde, a tentare di spiegare che tutta l'ineleganza della scena insulti, isterie, bestemmie era dovuta soltanto a un'incomprensione. Anche per non fare un torto alla potentissima Marina... In realtà pochi vi hanno creduto. Piuttosto ad affiorare sul campo è stata la sensazione di un allenatore inascoltato, privo di qualsiasi autorevolezza, poco sostenuto dai calciatori. Già due delle tre basterebbero a giustificare un esonero... La stampa inglese sussurra che a regnare nello spogliatoio del Chelsea adesso sia il caos totale. E a poco, anzi, pochissimo sono valse le parole dolci di David Luiz, che ha tenuto a specificare che «Sarri ha il rispetto della squadra». Senza dimenticare la difesa dello stesso Kepa, cantata all'unisono con Sarri: «Io non volevo disobbedire. Ci siamo capiti male». Tentativi maldestri di passare una spugna sulla macchia, si direbbe.

LA CONFUSIONE - La confusione, però, non abita soltanto nelle stanze segrete di Cobham, il centro sportivo dei Blues. La difformità di vedute interessa anche la critica e la tifoseria, dato che ai supporter non è affatto piaciuto l'atteggiamento di Kepa, mentre i giornali inglesi inquadrano nel mirino l'allenatore. «Che vergogna, questo è il risultato della cultura del potere ai giocatori promossa da Abramovich. Kepa, devi chiedere scusa all'allenatore. Vattene dal club», attacca un tifoso attraverso Twitter. I giornali, al contrario, studiano analisi differenti. «L'ammutinamento di Kepa è emblematico di come la nave di Sarri stia affondando», ha titolato il Guardian, ad esempio. Insomma lo scenario non suscita sorrisi. Va riconosciuto, comunque, che l'amore tra Sarri e il Chelsea non è mai scoppiato: e solo ora, dopo mesi di rose e fiori, si sono scoperte le spine.


Manolas torna a rivedere il derby. Under in ritardo, ma punta il Porto

IL MESSAGGERO - CARINA - Appesi a Manolas. Perché è inutile girarci intorno: con Kostas la difesa giallorossa è una cosa, senza un’altra. Ieri le notizie arrivate sul conto del greco hanno aperto uno spiraglio per il derby. Il controllo medico al quale s’è sottoposto non ha infatti evidenziato danni ai legamenti. Si complica invece la situazione legata a Under. Il turco, out ormai dal 19 gennaio per una lesione al retto femorale rimediata nel match con il Torino, nella scorsa settimana era tornato in gruppo, lasciando presagire un suo rientro nella lista dei convocati. Le sensazioni nei suoi confronti sono opposte a quelle per Manolas. Difficile che possa farcela per la Lazio: sarà fatto un tentativo per il Porto ma rimane a rischio anche per il ritorno degli ottavi contro i lusitani


Sorpresa Manolas: può farcela per la Lazio, ci sarà col Porto

LEGGO - BALZANI - Le speranze di vederlo al derby sono poche, ma è già una buona notizia visto che fino a ieri erano pari a zero. Manolas può farcela per sabato e a questo punto sono molte le speranze di riaverlo per la fondamentale sfida di Champions col Porto del 6 marzo. La distorsione alla caviglia destra rimediata dal greco contro il Frosinone sembra meno grave del previsto. Le prime lastre hanno mostrato l'assenza di fratture e interessamenti ai legamenti, tanto da rendere inutile la risonanza magnetica. Ora bisogna attendere che la caviglia si sgonfi del tutto e che sparisca il dolore per capire se Manolas riuscirà a recuperare in tempo per la sfida alla Lazio di sabato. Senza rischiare, perché a Trigoria reputano più importante il passaggio ai quarti di Champions e quindi la partita col Porto. In caso di assenza al derby è pronta la coppia Fazio-Juan Jesus che di certo non offre troppe garanzie, mentre Marcano potrebbe scendere in campo con Manolas a Oporto dove ha giocato per 4 stagioni. Difficilmente sarà dei due match Under. Il turco non ha subito una ricaduta al flessore lesionato ormai 40 giorni fa, ma è ancora fuori forma e Di Francesco non punterà su di lui. Saranno a disposizione, invece, Schick e Karsdorp che tra oggi e domani torneranno ad allenarsi in gruppo.


Derby: oggi orario ufficiale. Già venduti 40mila biglietti

GAZZETTA DELLO SPORT - Potrebbe essere oggi il giorno giusto per conoscere l’orario definitivo del Derby di Roma. Condizionale d’obbligo, però, perché già ieri si pensava che l’Osservatorio potesse comunicare la decisione dopo la richiesta di anticipo (alle 15 o alle 17) da parte della Questura. Le determinazioni vengono comunicate il mercoledì o il giovedì, ma questa volta non si dovrebbe andare oltre oggi, perché la partita è in programma sabato sera. La sensazione è che sarà confermato l’orario attuale, perché sembra che dalle forze dell’ordine siano arrivate relazioni meno allarmanti rispetto a quelle dei giorni scorsi, ma anche in questo caso condizionale d’obbligo, perché nessuno vuole sbilanciarsi. Intanto, sono quasi 40mila i biglietti venduti, di cui oltre 12mila ai romanisti che giocheranno in trasferta ma che, con il terzo posto di nuovo in ballo, non vogliono far mancare il loro supporto.


Cena milanese per Zaniolo: a giugno rinnoverà

GAZZETTA DELLO SPORT - PUGLIESE - E forse è anche giusto così, nel senso che quello che ha fatto finora è talmente incredibile e sorprendente che è chiaro che appena si muova faccia notizia. Così una cena di Nicolò Zaniolo domenica sera a Milano, nel quartiere Brera, con papà Igor e due spagnoli ha destato scalpore. Perché poi in questi giorni si inseguono le voci di tanti club interessati alle gesta future del jolly giallorosso, italiani e non. E qualcuno parla anche, appunto, di società spagnole pronte a sferrare in estate l’assalto al baby talento (rumors sussurrano del Real Madrid). Del resto, Zaniolo ha un ingaggio basso (meno di 300mila euro, più bonus) e allo stato attuale fa gola a tanti. Con un però: è vincolato alla Roma fino al giugno del 2023.

L’INCONTRO Insomma, è chiaro che l’interesse che gli gira intorno non può che fargli piacere e, per alcuni versi, anche comodo. Lo stesso papà Igor ieri ha confermato come presto, però, ci si metterà a tavolino con la Roma per ridiscutere il contratto ed adeguarlo. Succederà a fine stagione, quando Claudio Vigorelli (il nuovo agente di Zaniolo) si siederà con Monchi. O chi per lui. Difficile pensare ad una Roma senza Zaniolo. Almeno per ora, almeno per la prossima stagione.


De Rossi, che fare? Con lui la Roma vince molto di più ma ora va gestito

GAZZETTA DELLO SPORT - PUGLIESE - Fosse per Eusebio Di Francesco, lui non ci rinuncerebbe mai. Per la qualità, il carisma e la specificità del giocatore applicata al ruolo. Fosse per l’allenatore giallorosso, Daniele de Rossi starebbe sempre in campo, senza uscire mai. Così tanto che subito dopo Roma-Milan, il giorno del suo rientro dopo il lungo stop ai box di tre mesi, il tecnico romanista lo definì addirittura «un giocatore eccellente nei tempi di gioco. Per i il nostro sistema ha la giocata chiusa e quella aperta, può metterti la palla in verticale o tra le linee. Giocate che aveva anche Andrea Pirlo, seppur con maggior qualità». Insomma, un’investitura totale, il termometro della fiducia del tecnico nel suo capitano.

il problema Daniele de Rossi, però, in campo non ci può più andare sempre, perché il ginocchio destro va gestito e sovraccaricarlo sarebbe – adesso – l’errore più grande. «Ho rischiato di smettere, questo è stato l’infortunio più grave della mia carriera», ha confessato il centrocampista qualche tempo fa. E la sfortuna ha voluto pure che il problema alla cartilagine sia esploso a 35 anni suonati, quando ovviamente il fisico a livello di tenuta non può più essere quello di un ventenne o anche di un venticinquenne.

LA GESTIONE de Rossi ad intermittenza, dunque. Anche se poi, forse, non è giusto neanche dire così. Nel senso che da oggi in poi le partite saranno scelte, selezionate, individuate in base all’importanza, all’esigenza delle squadre ed alle condizioni fisiche ed atletiche di Daniele. Che, tra l’altro, è costretto ovviamente a gestirsi anche durante la settimana, proprio per non sovraccaricare di fatica l’arto in questione. E quindi capita spesso che il capitano della Roma faccia una parte della seduta di allenamento con i compagni ed una parte, invece, per conto suo. Individuale o personalizzato, chiamatelo come preferite, la sostanza cambia poco. Di certo, de Rossi è un giocatore talmente importante per il presente e anche il futuro (possibile rinnovo fino al 2020) giallorosso che con lui non si può sbagliare. D’altronde il ginocchio gli faceva male già da un po’, prima di quel giorno – a Napoli – in cui è stato costretto ad alzare bandiera bianca.

I NUMERI E che de Rossi sia importante non solo come presenza e carisma, ma anche e soprattutto per l’apporto che dà in campo lo dicono pure i numeri. Prendendo infatti in esame le ultime due stagioni, quelle che il centrocampista ha vissuto come regista nella gestione-Di Francesco (tra l’altro le due vissute anche ufficialmente da capitano, dopo l’addio di Francesco Totti), si vedesubito come il rendimento della squadra sia migliore con de Rossi in campo che non senza. Con lui, ad esempio, le percentuali di vittoria della Roma salgono dal 47,2 al 59,2%, con una media di due punti a partita conquistati dalla squadra di Di Francesco (contro 1,6 nelle gare in cui invece non era presente).

IL BILANCIO Sostanzialmente uguale invece la media dei gol, sia quelli fatti (1,8 in entrambi le situazioni) sia quelli subiti (1,1 con lui in campo, 1,2 senza). Insomma, anche i numeri ci danno l’idea di come de Rossi sia il barometro giallorosso, la bussola da cui – potendo – non ci si dovrebbe mai allontanare per arrivare al traguardo desiderato. Di Francesco lo terrebbe sempre dentro. Lui, invece, deve per forza gestirsi.


Una stagione di Var: andata da dimenticare, ritorno più confortante. Ma questi arbitri...

GAZZETTA DELLO SPORT - Rimettere tutto in discussione. Ecco l’effetto più problematico che una partita come quella di Firenze produce. Il Var, gli arbitri, il meccanismo: tutti sul banco degli imputati. Rispuntano vecchi fantasmi, riemergono le solite partigianerie, prendono quota nuovi revisionismi. Per mesi ne abbiamo chiesta sempre di più, a ragione: Var come se piovesse, limitiamo il potere discrezionale degli arbitri, diamo voce ad allenatori e capitani. Ora, gli indignati della tecnologia che è troppo invasiva, delle partite che durano troppo, del «questo non è più calcio», ne vorrebbero limitare l’uso: la Var solo per fatti oggettivi, fuorigioco e gol/non gol, tutto il resto torni come prima. Siamo al paradosso? Più banalmente, siamo molto confusi.

STERZATA Chiariamoci le idee. Il problema non è la Var. Diciamo meglio: non è più la tecnologia. Almeno da un paio di mesi. Il girone d’andata è stato una via crucis che potete rivedere in questa pagina, costellata innanzitutto di incomprensioni: quando deve intervenire? Come ci si regola per i falli di mano? E per i contatti alti? E per quelli bassi? Ci sono voluti mesi – ed errori – per avere delle risposte più o meno uniformi dagli arbitri e ottenere un utilizzo più o meno omogeneo dello strumento. Ma ci si è arrivati, di questo va dato atto al designatore Nicola Rizzoli, che ha impresso una sterzata alla sua squadra, più o meno in coincidenza col giro di boa del campionato. Da allora, sono diminuite, se non altro, interpretazioni e incomprensioni. L’Aia sostiene che siano calati anche gli errori, e a suffragio di questa tesi presto renderà note delle statistiche: dimostrerebbero che il numero di sviste arbitrali è ulteriormente calato rispetto all’anno scorso, stagione d’esordio sul campo della Var. Decisive sarebbero state le sei giornate del girone di ritorno. Fino a ieri, un solo episodio delle partite di gennaio e febbraio aveva riaperto il dibattito sull’utilizzo della Var: la rete annullata una giornata fa alla Spal per un fallo da rigore subito da Chiesa circa 35” prima e assegnato alla Fiorentina dopo lunga review. Procedura ineccepibile, nel rispetto del protocollo, ma con tempi troppo lunghi: effetto – si è detto – di una tecnologia già vecchia, che presto sarà aggiornata e velocizzata (ma allora perché in Champions, dove lo strumento è esattamente lo stesso, la procedura sembra già più snella?).

CHI CONTA DI PIù? Meno errori, ma più scabrosi. Quindi più rumorosi. Domenica, dentro la stessa giornata di campionato, due arbitri hanno mantenuto il punto, confermando la valutazione fatta in tempo reale, nonostante i replay gli suggerissero il contrario. L’esordiente Massimi a Genova e il più esperto Abisso a Firenze: sintetizzando brutalmente, entrambi hanno negato l’evidenza. Una circostanza che richiama in causa il problema forse più grande, il rapporto di forza che c’è tra l’arbitro sul campo e il collega al video. È giusto che uno (il direttore di gara) conti più dell’altro (il video assistente)? L’arbitro sul campo ha sempre l’ultima parola, lo impone il protocollo. Ma siamo sicuri che sia la formula più giusta? L’impressione è che Abisso domenica sera sia andato in panne anche per non farsi correggere la terza volta dal collega al Var, Fabbri. Cioè, nel dubbio di aver preso la decisione giusta, potrebbe aver pensato che confermare la prima valutazione, a dispetto del suggerimento del collega e, però, di immagini poco chiare solo per lui, gli avrebbe restituito l’autorità persa nel corso della gara. La Var è stata una rivoluzione epocale, che di fatto cambia il modo di arbitrare – ricordano sempre dall’Aia –: e il percorso di adattamento non è stato ancora completato. «Non avrete mai la perfezione». Già, ma se gli approcci sono questi, i nostri arbitri devono fare ancora parecchia strada.