Dagli errori ai triangoli: la difesa soffre

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - La battuta fatta da Eusebio Di Francesco nel post-partita di Frosinone non era male. «Il fatto di non riuscire a far rimanere la porta inviolata è un bel cruccio che mi porto dietro. Lo scorso anno siamo stati la seconda miglior difesa del campionato, mentre in questa stagione segniamo di più. Forse sono diventato più zemaniano», e ha sorriso, ricordano il suo maestro.

triangoli in mediana Prima cominciamo con i numeri. La Roma finora non ha subito gol soltanto in 8 partite sulle 34 disputate: 5 su 25 in campionato, 2 su 7 in Champions League, 1 su 2 in Coppa Italia. Olsen o Mirante, perciò, sono stati battuti 33 volte in campionato, 9 in Europa e 7 in Coppa Italia (tutti nella disfatta contro la Fiorentina). Non basta. Negli ultimi 8 match la Roma ha subito reti in 7 occasioni (per un totale di 17), ottenendo un «clean sheet» soltanto nella partita contro il fanalino di coda Chievo (0-3) dell’8 febbraio scorso. L’allenatore abruzzese, però, sa bene come il problema non sia addebitabile solo ai difensori, che pure qualche sbavatura l’hanno concessa. Non è un caso che, anche per dare maggiore copertura alla retroguardia, la Roma sia passata dal 4-3-3 al 4-2-3-1, quindi con una doppia cerniera sui sedici metri. Insomma, il triangolo di centrocampo è passato da avere il vertice basso (generalmente De Rossi, ma anche Nzonzi) al vertice alto (Pastore, Pellegrini, Zaniolo), che nonostante tutto non ha assicurato quella impermeabilità richiesta. Ciò nonostante in alcune situazioni sembra il male minore. Non è un caso che sia stato riproposto sia nel sofferente finale contro il Bologna che in partenza contro il Frosinone, quando Di Francesco temeva una partita difficile soprattutto dal punto di vista della corsa. E allora, in attesa che gli acciacchi finiscano, è assai probabile che anche in una stessa partita i due sistemi di gioco tornino ad affacciarsi. Perché tornare zemaniani in questa fase della stagione potrebbe essere pericoloso.


Manolas: oggi la verità in vista del derby

IL MESSAGGERO - Di Francesco rischia di perdere Manolas per il derby. Il greco ha lasciato il campo in lacrime al 77’ della gara contro il Frosinone per un contrasto con Molinaro, la diagnosi parla di una forte distorsione alla caviglia destra. La stessa che Kostas si è infortunato in nazionale a metà novembre (saltò il match perso contro l’Udinese, rientrando 3 giorni dopo con il Real). Già sabato sera l’arto si è gonfiato e ieri Manolas ha svolto una lastra per escludere fratture. Oggi la risonanza magnetica a Villa Stuart - se la caviglia si sarà sgonfiata - per far chiarezza sui tempi di recupero. La speranza a Trigoria è che non siano interessati i legamenti, se così fosse allora sarebbe in pericolo anche per il Porto (6 marzo). Radiografia al gomito, invece, per Marcano. In vista del derby possibile il recupero di Schick e Karsdrop, in forse Under che giovedì ha sentito nuovamente dolore al flessore della coscia destra. Da oggi vendita libera dei biglietti per sabato (già venduti 10mila).


Roma eterna convalescente

IL MESSAGGERO - TRANI - Come la guardi, e non solo in campo, la Roma rimane divisa in due. E la mancanza di unità, non c’entra il rapporto tra l’allenatore e i giocatori o quello tra gli stessi calciatori, non dà garanzie per il presente e, probabilmente, nemmeno per il futuro. I risultati da una parte, le prestazioni dall’altra: la spaccatura è nella differenza che esiste tra il raccolto e il gioco. Abbondante da dopo Natale il primo, spesso sciatto il secondo. I giallorossi, dal 26 dicembre, hanno conquistato gli stessi punti della Juventus che detta legge in serie A: 20 punti, con la serie utile di 8 match (6 vittorie e 2 pari). Ma proprio nelle più recenti gare di campionato, lunedì scorso contro il Bologna terzultimo e sabato sera contro il Frosinone penultimo, hanno conquistato 3 punti e ancora nemmeno loro sanno come hanno fatto. O meglio, la risposta c’è: il singolo che incide più del collettivo. Mihajolvic e Baroni si sono arresi solo per questo davanti a Di Francesco che proprio non riesce a mettere fine alla lunga convalescenza del gruppo. Che vive sull’individualità: Dzeko, Zaniolo e i difensori Kolarov e Fazio.

 

SEMPRE IN ALTALENA - La Roma, insomma, è lì, vicina al Milan che è in vantaggio di 1 punto (e negli scontri diretti). E all’Inter (adesso, dopo il pari di Firenze, è a +3). Ma non dà alcuna certezza nella corsa al 4° posto. E ripropone con una certa frequenza i soliti vizi e i vecchi difetti. Sbaglia l’approccio, incassa sempre gol per distrazione o per sufficienza, è lenta e sciatta nel palleggio, perde l’equilibrio e la compattezza a prescindere da chi ha di fronte. Anzi, quando affronta rivali di bassa classifica, va in cortocircuito: nel girone d’andata ha lasciato 13 punti perdendo contro il Bologna, l’Udinese e la Spal e pareggiando contro il Chievo e il Cagliari. Solo in Europa si ritrova, come se i riflettori della Champions dovessero ricordare a questi giocatori il percorso da grande che la proprietà Usa ha voluto per loro, come dimostrano gli ingaggi da top player che ora lo stesso Pallotta non è più disposto a concedere. Coppa e campionato, la bipolarità è inquietante. Confermata anche quando si tocca il fondo in Serie A o, come è successo il 30 gennaio a Firenze, in Coppa Italia. Improvvisamente si riaccende e anche Di Francesco non sa perché. «Incomprensibili» le montagne giallorosse.

 

IDENTITÀ SMARRITA  - Nessun alibi per il possibile addio (tra l’altro, a fine stagione) di Monchi, suo principale punto di riferimento: l’allenatore, nella periodo cruciale della stagione (il derby e il Porto, le prossime 2 partite), è chiamato a dare un senso alla Roma. Che non ha più una traccia. E, invece di giocare a memoria, va a braccio o, in alcune fasi dei match, fa scena muta. Manca la formazione base: 34 diverse in 34 partite. Anche se all’allenatore, come del resto a diversi suoi colleghi, non piace la divisione tra titolari e riserve, ne vanno scelti 13-14 su cui puntare. Senza escludere nessuno, ma puntando sui migliori del momento. Gli infortuni hanno penalizzato il coro. Che però stona a priori: lo spartito e gli interpreti non sono mai gli stessi. Il sistema di gioco non è il problema, ma il ballottaggio tra il 4-2-3-1 e il 4-3-3 disorienta chi va in campo.

 

FRAGILITÀ DISARMANTE - Solo in 5 delle 25 partite del campionato la Roma non incassato reti: quasi da zona retrocessione. Non è vulnerabile la difesa, ma la squadra. Che con il 4-2-3-1, se manca la registrazione tra reparti, si allunga e diventa sbilanciata e scoperta. Ma se è questo l’assetto giusto, bisogna andare oltre Dzeko. Il copione migliora anche il campione. E si va sul sicuro


L’unicità senza tempo di Dzeko

IL MESSAGGERO - FERRETTI - E quando lo trovi un altro come lui. Come lui in che senso? Uno che ti fa gol col ripetitore, ad esempio. Sì, certo: uno che in campionato non segna all’Olimpicodall’aprile dello scorso anno... No, no: uno che ha segnato ottantacinque gol in centosessantasei partite. E, poi, nel suo caso non è soltanto un discorso legato ai gol. Ma, scusa, un centravanti da che cosa lo giudichi: da come corre o da quanto segna? Dal numero dei gol, certo, ma uno come lui va giudicato anche per altre cose. Per come fa girare la squadra, ad esempio. Ma se gli rinfacciano sistematicamente di estraniarsi dal gioco? La verità è che uno come lui non finisci mai di scoprirlo, perché per quanto talvolta ti possa far arrabbiare quando non c’è ti manca. Ti manca da morire, hai ragione.

 

UN FUTURO DA SCRIVERE  - Uno come Edin Dzeko, al di delle chiacchiere da bar, non lo compri tutti i giorni al supermercato. Lui, con pregi e difetti, fa parte di un’altra categoria. È merce rara, nel mondo del calcio. Perché non è facile trovare un centravanti che faccia gol e che sappia far fare gol. Ci sono in giro bomber più spietati, attaccanti che vivono esclusivamente per il gol, ma non sono tanti quelli che sanno abbinare la quantità alla qualità. E, osservando bene il panorama internazionale, Dzeko rappresenta una splendida eccezione. Anche se i dodici gol stagionali(sette più cinque in Champions League) non rendono onore al suo valore. Che, al di là della carta d’identità, continua ad essere pregiato assai. Già, l’età. Dzeko, 33 anni il 17 del prossimo mese, è vincolato con la Roma fino al 30 giugno del 2020, e questo significa che a fine stagione per forza di cose dovrà essere presa una decisione sul suo futuro. E in certi casi, si sa, o arriva il rinnovo oppure scatta le cessione. Si sussurra che a Trigoria non è stata ancora presa una decisione. Chissà. E, scorrendo l’attualità, oggi non v’è certezza sul nome di quale dirigente sarà chiamato ad affrontare la faccenda. Mica una cosa da poco, a ben pensarci. Al di là di qualsiasi considerazione, sia la società che il giocatore faranno le proprie, ragionate valutazioni. E, come sempre, alla fine sarà soltanto il dio danaro a comandare. Che nessuno si faccia illusioni, in merito. Nell’attesa degli eventi, non resta che sottolineare quanto sarà complicato per la Roma trovare, oggi, domani o dopodomani, uno come Dzeko. Che con un’altra rete romanista si tatuerà una Lupa sul cuore, simbolo della società in cui ha segnato di più. Con tanti saluti al Wolfsburg. E riuscirci nel derby sarebbe indimenticabile. Non solo per lui.


De Rossi-Nzonzi, la coppia non piace ma vince sempre

IL MESSAGGERO - CARINA - Una sensazione che contrasta con i numeri. Perché se la coppia Nzonzi-De Rossi statisticamente dal via sa solo vincere (en plein 5 su 5 con Frosinone,due volte,Empoli, Lazio e Cska Mosca più i 38 minuti di Napoli, prima del ko di Daniele), la percezione che regala è quella di una mediana statica, compassata e passiva. È accaduto sabato, ma si era avuta la stessa impressione a Empoli, Napoli o nel finale con il Porto. E se con il Bolognal’ingresso di Daniele risistema in parte gli equilibri ,il gol di Sansone arriva comunque con i due in campo. Sensazione che non muta nemmeno se Nzonzi e De Rossi vengono schierati con il 4-3-3: il flop di Madrid-con 30 tiri subiti in 90 minuti, 1 ogni 180 secondi -è lì a confermarlo. Si ritorna al quesito estivo quando ci si domandava se l’ex Siviglia dovesse affiancare Daniele oppure giocarci vicino. All’epoca il canovaccio tattico era il 4-3-3, senza deroghe. Il paradosso vuole che nemmeno con l’apertura al 4-2-3-1, i due sembrano una coppia. Non è una questione di corsa: Nzonzipercorre di media 11,274 km: primo nella rosa. Nemmeno di palleggio, anche se nessuno dei 2 è un metronomo alla Pizarro. Figuriamoci se può esserlo d’esperienza. Semplicemente si tratta di dinamicità: se il 4-3-3 vede uno tra De Rossi e Nzonzi in regia, le due mezzali diventano propositive, portate a fare più il passo in avanti che indietro, più inclini agli inserimenti. Questione di caratteristiche.


Manolansia

LEGGO - BALZANI -  Lazio e Porto, il futuro della Roma nella doppia corsa Champions è dietro l'angolo. Nonostante l'ottavo risultato utile di fila in campionato, però, ci sono più paure che certezze per i giallorossi. La più forte riguarda la difesa (10 reti subite nelle ultime 7 partite) che nella doppia sfida (2 e 6 marzo) può perdere il suo elemento cardine: Kostas Manolas. Il greco, uscito quasi in lacrime al 77' della gara col Frosinone dopo un duro contrasto con Molinaro, ha rimediato una forte distorsione alla caviglia destra, la stessa che già gli aveva dato problemi nel recente passato. Per capire se c'è l'interessamento dei legamenti (oltre alla distorsione) bisognerà aspettare un esame più approfondito con risonanza magnetica a cui si sottoporrà stamattina a Villa Stuart visto che ieri la caviglia era troppo gonfia per essere esaminata a livello strumentale. Difficile anzi quasi impossibile che Manolas possa recuperare in vista del derby, l'obiettivo è averlo contro il Porto che intanto ha recuperato in tempo record l'attaccante Marega. In caso di interessamento ai legamenti (anche se filtra ottimismo) lo stop sarebbe decisamente più lungo. Comunque un bel problema per Di Francesco e per la difesa che pure con Manolas ha ballato spesso. Senza Kostas, però, le cose sono andate molto peggio. In campionato, nelle uniche 4 gare in cui è stato assente, sono arrivate due sconfitte con Spal e Udinese, il pareggio di Firenze la vittoria col Chievo. Gli altri tre centrali non convincono. Fazio difficilmente finisce una partita sopra la sufficienza, con Marcano (uscito malconcio pure lui per una botta al gomito) in campo sono arrivati 11 gol in 7 partite di campionato e Juan Jesus non gioca da titolare dal 16 dicembre scorso tra infortuni e bocciature tecniche. In attacco dovrebbe recuperare Under mentre Karsdorp sarà a disposizione solo per la gara di Champions col Porto. Intanto arrivano conferme sul passaggio di Monchiall'Arsenal. Il club inglese ha ottenuto il sì del dirigente spagnolo ed è disposto a pagare la clausola rescissoria di tre milioni. Le strade quindi dovrebbero dividersi dopo nemmeno due anni. E nessuno a Trigoria si opporrà all'addio di Monchi. Per il sostituto si pensa alla soluzione interna con la promozione del duo formato da Massara e Balzaretti. L'alternativa è Faggiano del Parma.


ElSha, l'impresa di essere normale

IL MESSAGGERO - ANGELONI - La faccia pulita, acqua e sapone (neutro), l’assenza di tatuaggi che colorano (o sporcano, a seconda dei punti dii vista) il corpo, la discrezione negli abiti, l’educazione, quel saper parlare correttamente la lingua italiana; e poi in campo, la tecnica da giocoliere applicata al gioco del calcio, l’essere decisivo nelle partite spesso e volentieri attraverso gol (otto fino a ora in campionato) o assist (quattro). Questo è Stephan El Shaarawy fuori dal campo e dentro: un calciatore forte, ma poco reclamizzato. E’ un fenomeno strano: lo adorano i bambini, lo snobbano i grandi. Tutto ciò che fa viene dato quasi per scontato, i riflettori si accendono poco su di lui e quando alza la cresta, ci si aspetta che la alzi sempre, ogni partita, ogni stagione. Forever. E’ il destino di un ragazzo nato fenomeno e cresciuto con l’etichetta di quello che “va aspettato” perché “poco continuo”. ElSha è solamente normale. Normalmente bravo. E alla Roma è utilissimo.

 

NON È  - Cominciamo col dire ciò che Stephan non è: non è un bomber, nella sua carriera solo una volta, ai tempi del Milan (stagione 2012/2013, 16 reti) è andato in doppia cifra in campionato, nella Roma al massimo è arrivato a otto, quest’anno può superare se stesso. Non è un contropiedista: gli piace aspettare la palla e non andare in profondità, ma sta migliorando. Non è un leader, della sua vita privata (giustamente) si sa poco. Parlare a voce bassa non dà grossi risultati, meglio urlare. E lui non urla, ha il contratto in scadenza nel 2020 e non si sentono lamenti di procuratori o affini. Normale? No. Per lui sì. El Shaarawy sembra uno di quei ragazzetti con lo zainetto in spalla, pronto ad andare a scuola. Sembra, poi guardi la data di nascita e ti accorgi che stiamo parlando di un classe ‘92. Quindi basta con “aspettare ElSha”. Quello che sa fare ha dimostrato di saperlo fare. Nel tempo si è consolidato come un titolare della Roma, Di Francesco lo ha definito il suo esterno ideale. Giocoliere e non solo. Ha un piede di velluto: a Frosinone è stato decisivo pur senza fare gol, ma mettendo a segno un assist vero (per Dzeko) e uno a metà (per Pellegrini). Sempre nel vivo del gioco, dopo il periodo di inattività per infortunio è stato spesso determinante, con un assist, con uno scatto o con un gol. Spalletti sosteneva che Stephan avesse il difetto di accontentarsi subito, cioè segnava un gol o faceva una giocata e poi si sentiva appagato, non trovando la continuità nella partita. A Frosinone ha dimostrato di essere cresciuto sotto questo aspetto, stando dentro il gioco fino alla fine, sfoderando la palla gol decisiva cinque minuti dopo il novantesimo. Gli manca ancora oggi un po’ di coraggio nell’uno contro uno, così come ha ammesso lui stesso. Ed è il motivo per cui lo scorso anno Eusebio spesso gli ha preferito Perotti, abilissimo a cercare l’avversario e saltarlo di netto. Ma ora è tutto diverso. Il bambino con lo zainetto è diventato un Faraone. Un Faraone normale.


Dzeko, 85 gol in giallorosso: mai fatto meglio in carriera

LEGGO - BALZANI - Re per una notte, anzi re di molte notti. Edin Dzeko sabato ha evitato l’ennesima figuraccia della Roma mettendo piede e attributi (in tutti i sensi) nella vittoria in extremis col Frosinone. Il bosniaco ha il contratto in scadenza nel 2020 ma per ora non sono arrivate chiamate da Trigoria. Il rischio che in estate possa tornare in Premier quindi resta alto anche se la voglia del giocatore (e della sua famiglia) è quella di restare. Come un anno fa quando fu a un passo dal Chelsea. Forse anche per questo Dzeko a fine partita ha preferito non parlare limitandosi a una foto social su Instagram: «Sei bella come un gol al 95’». Prima della fine della stagione però Edin ha un obiettivo personale niente male: con la doppietta a Frosinone è salito a quota 85 gol con la Roma (12 in questa stagione di cui 5 in Champions). Come con il Wolfsburgmentre col City si è “fermato” a 72. Segnando almeno un gol già nelle prossime due con Lazio o Porto arriverebbe a 86 e quindi quella giallorossa diventerebbe la maglia con la quale ha realizzato più reti in carriera.


Dzeko, doppietta e voglia di restare. Caso Monchi

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «In molti possono avere quello che hai, ma nessuno può essere ciò che sei» è il tweet di Monchi che sposta subito l’attenzione su Lazio-Roma e Porto-Roma, messe come hashtag nel post fatto dal direttore sportivo nella giornata di ieri. Sopra una foto del settore ospiti di Frosinone, quello impazzito di gioia al gol vittoria di Dzeko (2-3), pronto a infilare di coscia (o non si sa bene di che), la palla che ha regalato alla Roma tre punti vitali per la classifica giallorossa, al novantacinquesimo. E se Monchi viene raccontato con la valigia già pronta, perché intenzionato a lasciare la capitale a fine stagione (l’Arsenal è pronto a pagare i tre milioni di clausola rescissoria per liberarlo dalla Roma), Dzeko sembra proprio non volerci pensare. La prossima estate entrerà nell’ultimo anno di contratto con la Roma, e vorrebbe rinnovare, almeno per un altro, perché il legame con la città e con la maglia è diventato viscerale. Per rendersene conto basta guardare i frame dell’esultanza impazzita a Frosinone, e di quella a cui si lascia andare anche a gara terminata, dopo che lo stadio lo aveva pesantemente insultato per tutto il tempo. Al bosniaco manca solamente un gol, d’altra parte, per trasformare la squadra giallorossa nel club in cui ha segnato di più nella sua carriera. Un traguardo che sogna di raggiungere e che la doppietta di sabato sera ha portato a un passo dal diventare realtà. Dzeko è infatti arrivato a quota 85 centri, proprio come col Wolfsburg. Nell’attuale stagione, Edin ne ha fatti 12 totali (7 solo in campionato), non all’altezza della sua media realizzativa, dato che lo innervosisce, e non poco, rendendolo irascibile spesso in campo, nei confronti degli arbitri e dei compagni. Adesso gli manca un gol all’Olimpico (in serie A in questa stagione non l’ha mai realizzato) – mentre ne ha fatti cinque consecutivi in trasferta – e poco importa che il derby si giochi in casa della Lazio. Il numero 9 vorrebbe sfatare questo pesante dato, facendo gol proprio nella gara più sentita in città. Magari sperando di convincere la società a prolungargli (con spalmatura dell’ingaggio) il contratto per un altro anno. Intanto Di Francesco è piuttosto preoccupato per Manolas. Il greco è stato costretto a lasciare il campo a Frosinone sulla barella, per una distorsione alla caviglia. Caviglia che sembra si fosse gonfiata e che continua a fare molto male al ragazzo. Gli accertamenti strumentali verranno fatti oggi e la speranza è che non ci siano lesioni, anche se appare complicato che possa farcela per il derby. Nella speranza che lo stop non sia troppo lungo, il tecnico giallorosso studia due formazioni da schierare a distanza di quattro giorni: la Lazio e poi il Porto sono due appuntamenti decisivi per la stagione e la Roma non può certo permettersi passi falsi.


Zaniolo International: anche Real e Psg lo vogliono

LA REPUBBLICA - PINCI - Da quella notte di Champions col Porto, la vita di Nicolò Zaniolo è cambiata. In Italia, in qualunque discussione di mercato, finisce per comparire il suo nome: tutti lo vogliono, gli agenti si sfidano per poterlo gestire, le grandi per comprarlo. E dopo quella sera, sul ragazzo scartato a 16 anni dalla Fiorentina si sono accese le attenzioni pure a livello internazionale. Perché di diciannovenni capaci di segnare due gol in un ottavo di finale, nel torneo più prestigioso d’Europa, non è che ce ne siano molti. Per questo, negli ultimi giorni hanno chiamato il suo agente per prendere informazioni almeno tre giganti europei. Il Real Madrid, il Psg, pure il Chelsea, prima che la Fifa chiudesse il mercato dei Blues per due sessioni. Tutti a domandarsi: «Quanto costa Zaniolo?». E forse nemmeno la Roma lo sa. Tutte queste attenzioni però sbattono per ora contro un muro: lo stesso Zaniolo. Che ai suoi amici ha confidato di non volersi spostare da Roma: e non solo perché in città ha trovato una ragazza, Sara, che lo rende felice. Ma perché dopo un anno di promesse deluse a Milano, a Roma ha trovato spazio e amici: De Rossi, Kolarov, pure Florenzi, che lo riempiono di consigli. L’allenatore Di Francesco, a cui deve molto. E una società che gli ha dato fiducia, scegliendo di puntare su di lui anziché spedirlo in prestito. Quasi un “debito” morale, quello che il ragazzo sente verso il club, la squadra e soprattutto i tifosi, i primi a identificarsi con lui. Per questo, a “stoppare” i progetti che i colossi continentali stanno iniziando a formulare è stato lui stesso: anzi, nelle conversazioni con l’agente sta spingendo perché si raggiunga al più presto l’accordo per il rinnovo. A cui però lui non vuole assolutamente pensare: il suo unico pensiero è giocare, con la spensieratezza di un bambino per cui il calcio è ancora un gioco. Mino Raiola, pronto a tutto per iscriverlo alla propria scuderia accanto all’altro classe ’99 Donnarumma, dovrà arrendersi.


Roma senza difesa e in ansia per Manolas

IL TEMPO - SCHITO - La vittoria strappata nei minuti finali al «Benito Stirpe» non cancella le difficoltà della Roma. Anche contro il Frosinone penultimo in classifica si sono palesati i limiti ormai evidenti di una squadra incapace di tenere la porta blindata. Se è vero che si attacca e si difende in undici, è altrettanto vero che la difesa romanista, baluardo
nella scorsa stagione, si è trasformata in un buco nero da cui è difficile non essere inghiottiti. Nella settimana più importante della stagione giallorossa - sabato c'è il derby e il 6 marzo il ritorno degli ottavi di finale di Champions League contro il Poro - i numeri fanno spavento e c'è il rischio, se non la certezza, che possa mancare l'ultima sentinella che veglia la porta difesa da Robin Olsen. Kostas Manolas, uscito in barella dallo Stirpe, verrà sottoposto tra oggi e domani a esami approfonditi (ieri prima ecografia a Trigoria) del caso per capire le condizioni della caviglia destra, ieri ancora gonfia a causa di una distorsione. Gli esami strumentali daranno un quadro più chiaro e definito sia (dell'entità dell'infortunio del centrale greco, sia di conseguenza dei tempi di recupero. Al momento sembra  impossibile che Di Francesco possa averlo a disposizione perla stracittadina mentre esiste qualche possibilità perla gara di Champions. Il greco anche in questa stagione si è distinto in positivo salvando in più occasioni la porta giallorossa, incarnando il ruolo di leader incontrastato della difesa e sopperendo troppo spesso alle lacune dei suoi compagni di reparto. La sua assenza sarà pesantissima nello scacchiere del tecnico abruzzese.
Non che ora il rapporto tra gol incassati e reti segnati sorrida ai giallorossi: se Dzeko e compagni si piazzano al terzo posto tra gli attacchi più prolifici del campionato (49 le reti all'attivo) - con 312 tiri indirizzati verso la porta -, le reti subite dai giallorossi - ben 33 al netto delle 83 parate del portiere - piazzano la Roma al decimo posto di questa speciale classifica. I numeri, paragonati a quelli della passata stagione, fanno rabbrividire. Lo scorso anno, con Alisson in porta, la squadra capitolina incassò 28 reti in campionato - cinque in meno delle attuali con 13 partite ancora da giocare - collezionando 17 «clean sheet» a cui va sommato quello portato a casa da Skorupski nell'unica occasione in cui è stato schierato titolare. Olsen e Mirantehanno tenuto la rete inviolata appena 5 volte. Al di là delle qualità degli interpreti e del cambio di estremo difensore, è chiaro che gli equilibri
cercati da Eusebio Di Francesco abbiano subito uno scossone che va ben oltre l'avvicendamento Alisson-Olsen e il lungo periodo di appannamento di Federico Fazio,
apparso in grande difficoltà rispetto alla scorsa stagione. Nonostante questo, gli obiettivi minimi in casa Roma sono ancora ampiamente alla portata: i giallorossi sono quinti in classifica a una sola lunghezza dal Milan che occupa l'ultimo posto Champions e al Do Dragao De Rossi e compagni si presenteranno con la possibilità di guadagnare i quarti della massima competizione europea con due risultati a disposizione, entrando nelle prime otto d'Europa perla seconda volta consecutiva (e lo scorso anno ci fu addirittura l'ingresso nelle migliori quattro). Dieci giorni in cui si deciderà il futuro: per far sì che sia roseo, la Roma non può sbagliare.


Monchi carica i tifosi giallorossi

IL TEMPO - SCHITO - Entra già nel vivo la settimana più calda della stagione. La Roma sabato prossimo giocherà la stracittadina contro la Lazio e a caricare gli animi, già particolarmente calda nelle attese della tifoseria, ci ha pensato il direttore sportivo giallorosso Monchi. Per lui, quello contro i biancocelesti, sarà il secondo derby in pochi giorni, visto il doppio scontro in Europa League tra gli uomini di Simone Inzaghi e il suo Siviglia. Nella gara andata in scena all'Olimpico, nel settore ospiti era presente anche il figlio del diesse giallorosso, grande tifoso della squadra andalusa. Vinto il primo, Monchi si prepara per il derby capitolino e per il ritorno degli ottavi di finale di Champions League in programma al Do Dragao il 6 marzo contro il Porto allenato da Conceicao chiamando a raccolta i tifosi con un tweet che lascia poco all'immaginazione: «In molti possono avere quello che hai, ma nessuno può essere ciò che sei... Noi Siamo la Roma! Roma-Lazio+Porto-Roma! Daje!».