Juan Jesus: "Usciamo a testa alta. C’è rammarico ma non è finita, dobbiamo rientrare in Champions"

Juan Jesus, difensore della Roma, al termine della gara di Champions League contro il Porto ha rilasciato alcune dichiarazioni. Queste le sue parole:

JESUS A ROMA TV

Qual è stata la reazione dopo questi 120 minuti? 
"Credo che dobbiamo uscire a testa alta, è stata difficile e sono successe tante cose. Abbiamo anche creato occasioni, ma purtroppo usciamo e non possiamo continuare questo percorso. Si deve lavorare e essere umili, ora abbiamo il campionato da finire nel miglior modo possibile".

L’episodio con Schick? 
"Oggi c’è la tecnologia, siamo nel 2019. Credo che bisogna fidarsi degli arbitri, perché se la tecnologia serve solo a fare casino meglio non usarla. Lasciamo stare questa cosa, è un argomento difficile. Siamo tutti umani, chiunque può sbagliare. Oggi l’hanno fatto loro, ma noi non dovevamo prendere tre gol. Ora si deve lavorare con tranquillità e basta".

Non siete mai usciti dalla partita…
"Abbiamo fatto la nostra gara e abbiamo avuto il possesso, anche creando occasioni. Purtroppo non c’è bastato, dobbiamo lavorare e pensare ai nostri errori e migliorare. C’è rammarico ma non è finita, dobbiamo rientrare in Champions, che è la competizione migliore da giocare".

Eravate preoccupati dagli attacchi del Porto al centro? Per questo la difesa a 5? 
"Più per l’attacco alla profondità, Marega ha sempre l’attacco in profondità. Nel centrocampo potevamo uscire meglio, loro erano meno e i nostri terzini erano alti, come fatto col Barcellona. Abbiamo fatto quello che il mister ci ha chiesto".


Conceição: "Abbiamo giocato una partita quasi perfetta"

Sérgio Conceição, tecnico del Porto, ha rilasciato alcune dichiarazioni in mixed zone dopo la fine del match di ritorno contro i giallorossi terminata 3-1 per i Dragoni. Queste le sue parole:

"È stata una prova di grande maturità e tranquillità. Abbiamo giocato una partita quasi perfetta. Dobbiamo renderci conto che questa squadra è forte".


Perotti: "Il VAR c'è e va usato, meritavamo di più"

Diego Perotti, attaccante della Roma, ha parlato al termine della partita contro il Porto. Queste le sue dichiarazioni:

PEROTTI A SKY SPORT

Sulla partita...
“Meritavamo di più, loro sono una buona squadra con la spinta due tifosi. Dispiace perché abbiamo avuto possibilità di fare il gol per chiudere la partita”.

Pensi che lo stadio abbia condizionato l’arbitro?
“Dobbiamo chiederlo a lui. Mi spiace che non sia andato a vedere la giocata. Poi fischia o non fischia. Ma c’è il Var e va usato”.

Su Di Francesco...
“Noi abbiamo sempre dato tutto non solo per lui, ma per tutti. A nessuno piace perdere o uscire dalla Champions. Siamo tutti con lui, è un momento brutto per tutti. Lui dovrà prendere una decisione. Ma noi abbiamo sempre lottato per la Roma, per lo staff tecnico”.


Di Francesco si chiude nel silenzio. Troppa la rabbia per le decisioni prese a fine partita

La Roma è fuori dalla Champions League. Stasera ha avuto la meglio il Porto, con i giallorossi che salutano la competizione.
Di Francesco a fine partita è andato direttamente sul pullman della squadra. Il tecnico ha deciso di non parlare alla stampa, perchè troppo arrabbiato per le decisioni prese dal direttore di gara nel finale del match. La stessa linea verrà adottata dai dirigenti, che non si presenteranno ai media. Le uniche discussioni saranno incentrate sul VAR e il non utilizzo sul fallo da rigore su Schick.


I gravi errori del modesto Cakir, i limiti di un gruppo senza identità

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Roma fuori dopo i tempi supplementari complice un calcio di rigore dato al Porto grazie al Var e uno - netto - non dato alla Roma senza neppure consultare il Var. Rabbia immensa e un neppur vago senso di ingiustizia. Ma, analizzando la partita, occorre fare tante considerazioni che devono andare oltre la pessima prestazione di Cakir. Difesa a tre, tanto per cominciare. Una scelta legata alla partita, cioè alle caratteristiche del Porto, ma forte è la sensazione che trovandosi ad un passo dalla cacciata (non è arrivata una smentita da parte del club neppure a pochi secondi dall'inizio della sfida, tranne un affettuoso abbraccio mediatico di Francesco Totti), Eusebio Di Francesco abbia voluto giocarsela in maniera personalissima. Della serie: tanto cosa ho da perdere? Inventandosi, così, l'ennesima formazione inedita, stavolta con un sistema di gioco provato a fine agosto, recuperato a metà dicembre e poi abbandonato in fretta. Al netto delle chiacchiere, una mossa corretta? Valutando il primo tempo, Roma in affanno più per errori individuali che di reparto. Come testimoniato dal gol del Porto, nato da una sciocchezza di Manolascon la palla tra i piedi. Roma troppo schiacciata verso Olsen, comunque; troppo passiva. Un guaio strategico, come dimostrato dall'azione che ha portato al calcio di rigore trasformato in maniera impeccabile da De Rossi. Finalmente un po' di coraggio, uno spunto di Perotti e partita di nuovo in parità, prima del cambio forzato del capitano dai muscoli ridotti ormai al lumicino per la causa romanista.

SONNO E SOGNI - E la seconda rete dei padroni di casa? Difesa schierata, ma tutti con la camomilla tra le mani. Dormita colossale, errori a raffica di posizione e Roma di nuovo sotto nel punteggio. Colpa del modulo? Colpa di chi non ha capito esattamente come andava interpretata la partita. La Roma, al di là di questo o quel sistema di gioco, ha tentato di portare avanti una gara da provinciale, senza avere - però - il vero spirito della provinciale. Troppo molle nella testa e nelle gambe. Incapace, costantemente, di fare due o tre passaggi di fila. Infinito il numero delle palle perse, ad esempio. E rarissimi duelli vinti. Contro un avversario, il Porto,apparso non irresistibile in difesa. Anzi. Come dimostrato ampiamente dai tempi supplementari, prima e dopo il rigore di Telles, giocati con uno straccio di personalità ma pochissima precisione. E, così, via ai rimpianti.

 

 


Roma, lo scippo è servito al Var

IL MESSAGGERO - TRANI -  Finale nero, figlio degli errori, di Dzeko (sotto porta), di Florenzi(che regala il rigore qualificazione al Porto) e dell'arbitro Cakir che, quasi sul gong, ne nega un altro alla Roma. Nerissimo per la Roma e per Di Francesco, che paga una serie di sbagli dei singoli. Alla fine segna Telles che fissa il risultato sul 3-1, sibaltando nei supplementari il 2-1 dell'andata. I giallorossi salutano la Champions.

FORMULA DI COPPA - La difesa a tre, come contro il Barcellona il 10 aprile del 2018. Di Francesco, nella notte del giudizio, guarda al passato per tenersi stretto il presente, cioè la panchina giallorossa. E disegna la Roma, come nella partita più bella della sua carriera. E, visto che Coinceçao parte con il 4-4-2 come fece Valverde nel ritorno dei quarti dell'edizione passata, ripropone addirittura lo stesso sistema di gioco: 3-4-2-1. Dietro Dzeko, ecco Zaniolo e Perotti,mezze punte come come Schick e Nainggolan nella sera dell'impresa contro Messi. Il doppio play De Rossi e Nzonzi, coppia simile a quella con il capitano e Strootman l'anno scorso. I terzini a tutta fascia: a destra Karsodrop e non Florenzi e a sinistra sempre Kolarov. Davanti a Olsen, il trio composto da Manolas, Jesus e Marcano.

MURO ALLARGATO - Manca Fazio, in tribuna dopo le gaffe fatali per il crollo nel derby e non al meglio fisicamente (risentimento al flessore), al suo posto l'ex centrale del Porto. Non c'è Sousa all'Estadio do Dragao: in Francia fanno sapere che domani firma per il Bordeaux. Di Francesco, invece, è presente e si gioca la partita della vita con l'assetto che, nelle caratteristiche degli interpreti scelti, è sicuramente il più prudente della sua avventura in giallorosso. Tant'è vero che, in fase difensiva, la Roma si abbassa con il 5-4-1. Mai usata la difesa a 3 nel nuovo anno, l'ultima volta il 22 a Torino contro la Juventus, 10 partite fa. Inedita ancora la formazione: 36esima in 36 match. Il possesso palla è del Porto, anche perché i giallorossi, inizialmente pigri e anche impauriti, non riescono a salire verso Dzeko. Rinunciano al pressing, restando in attesa. L'atteggiamento non paga, almeno in partenza. Karsdorp soffre Corona e Manolas, costretto spesso ad allargarsi in protezione, finisce per regalare il pallone a Marega. Che, proprio dopo lo scambio con Corona, permette il semplice tap in a Soares per il vantaggio prima della mezz'ora.

CAPITAN RISCATTO - La Roma, in apnea, riemerge all'improvviso. De Rossi va a prendersi la palla al limite dell'area avversaria per allargarla su Perotti. Dribbling secco e Militao abbocca: sgambetto da rigore. Cakir lo assegna senza alcun dubbio e De Rossi spiazzando Casillas che, a Vienna nei quarti di Euro 2008, riuscì invece a respingere la sua conclusione nel pomeriggio dell'eliminazione dell'Italia di Donadoni. Pareggio raggiunto in 10 minuti. L'esultanza del capitano fa arrabbiare ii portoghesi: anche Coinceçao, insieme con i panchinari, vanno a rimproverarlo. De Rossi, però, si arrende nel recupero del 1° tempo: polpaccio. Dentro Pellegrini.

ALTRO REGALO - L'ennesima ingenuità di Karsdorp fa rientrare in partita il Porto: Corona gli ruba il pallone e pennella sul palo lontano per Marega che, lasciato solo da Marcano, fa centro. E' il 6° gol consecutivo in 6 partite di Champions, battuto il record di Jardel. Il punteggio adesso è lo stesso dell'andata, Fuori Karsdorp, tocca a Florenzi. Coinceçao replica con Brahimi per Corona. Si fa male Marcano: dentro Cristante per il 4-5-1. Ecco Fernando per Soares. Dzeko fa reparto da solo, anche nei supplementari: i due errori decisivi sotto porta e l'ingenuità di Florenzi spingono la Roma fuori dalla Champions. Florenzi finisce in lacrime, e non solo lui.


Pallotta contro l'arbitro: «Un'altra volta derubati»

IL MESSAGGERO - La protesta di Jim Pallotta, dai canali ufficiali. «Lo scorso anno abbiamo chiesto il VAR in Champions League perché ci hanno derubato in semifinale e oggi, hanno il VAR, e ci hanno derubato lo stesso. Schik è stato chiaramente atterrato in area, il VAR lo ha mostrato, e non è stato segnalato nulla. Sono stanco, mi arrendo».

LE LACRIME - Dalla protesta di Pallotta, alle lacrime di Florenzi. La maglia che si allunga, l'arbitro che assegna il rigore dopo aver visto la moviola, il Porto che festeggia la qualificazione ai quarti di Champions e le lacrime. Alessandro Florenzi ha vissuto una notte da incubo al Do Dragao. Alessandro era disperato, come se si sentisse l'unico colpevole della sconfitta. Per nascondere la fragilità si è messo la maglia sopra la faccia, quando De Rossi e Casillias se ne sono accorti e hanno compreso la sua disperazione sono corsi da lui a consolarlo e a dirgli che sono episodi che possono accadere in una partita tesa come quella che si è giocata al Do Dragao. Tutto passerà, ma non questa notte: l'esterno non è riuscito a darsi pace, il peso da sopportare è schiacciante e pensare che Di Francesco aveva scelto per lui la panchina. È stato costretto a entrare quando che il tecnico si è reso conto che la benzina e la lucidità di Karsdorp erano finite. A pesare sulle spalle di Alessandro anche quel rapporto difficile con qualche tifoso che ha lo ha criticato per il tira e molla sul contratto. Prassi per i giocatori di un certo livello, ma dai figli di Roma evidentemente qualcuno non se lo aspetta. Ci sarà il tempo per il riscatto.


La dura legge del Var. Roma colpita e affondata

LA REPUBBLICA - BOCCA- Addio Roma, l’epilogo di questa storia è uno stupidissimo rigore provocato da Florenzi e segnato dal Porto al 117° (3-1) di una partita di grande sofferenza, ma tenuta viva fino all’ultimo istante. L’eliminazione dalla Champions potrebbe essere anche l’ultimo atto di Di Francesco. Anche se l’allenatore se l’è giocata veramente fino all’ultimo. Paulo Sousa per la cronaca al Do Dragão non si è visto e dal Bordeaux sono sicuri di averne ormai già garantita la firma.

Per la partita del destino Di Francesco ha scelto una Roma catenacciara, un 3-4-2-1 esasperato, di grande emergenza e anche paura. Tre centrali, Marcano, Manolas e Juan Jesus; due mediani Nzonzi e De Rossi, due terzini Karsdorp e Kolarov; più Zaniolo, Perotti e Dzeko per la prima linea. Evidente la preoccupazione di fermare un Porto ben più pericoloso in casa, rinforzato soprattutto dal recupero di Marega, assolutamente determinante. Buon amico di Totti, fortemente sponsorizzato e addirittura legato a doppio filo col direttore sportivo spagnolo Monchi anche lui nella bufera per la sarabanda di acquisti poco azzeccati (Schick, Nzonzi, Kluivert etc) ma freddamente accolto dal boss James Pallotta che del resto dalla lontana Boston giudica i risultati, Di Francesco si è ritrovato a questo punto abbastanza solo con i suoi schemi e le sue convinzioni da abbattere. C’è da credere forse che non abbia effettivamente progettato e messo in campo una Roma speciale per salvare la sua panchina e il suo futuro. Ma semplicemente una squadra per dare al suo club e al calcio una prova della sua professionalità, del suo attaccamento alla Roma, una speranza. E raggiungere così almeno la spiaggia dei quarti. Non per rimanere abbarbicato a una panchina e a un ruolo che gli ha tolto anche serenità ma per umano orgoglio e semplice dove-e.

La partita è stata un lungo viaggio a fari spenti. Un brutto errore in marcatura ha liberato Marega e mandato in gol Soares. La Roma ha cercato di rispondere con dei contropiede pur senza avere contropiedisti e con uno Zaniolo dimezzato rispetto all’andata. Ma Perotti ha comunque inventato in area una piroetta che ha mandato fuori registro Militao e prodotto il rigore per l’1-1 di De Rossi. Proprio lui è stato determinante col suo argine difensivo, purtroppo però una fitta al polpaccio lo ha bloccato e tirato fuori dalla mischia. La Roma infatti ha ulteriormente ripiegato soffrendo gli errori difensivi di Karsdorp & C, fino a quando a Marega è stato messo sul piede l’assist del 2-1 e dei supplementari, cui si è arrivati in mezzo a un tiro a segno a tratti imbarazzante. Perotti avrebbe avuto anche l’occasione per evitarli se non si fosse mangiato un gol a porta spalancata e in pieno 90°. Affidando così il destino della Roma a una sfinente sarabanda più che a una partita. Dzeko ha sbagliato il gol qualificazione a porta vuota, Florenzi al 115’ ha provocato un rigore assurdo (trattenuta per la maglia di Çakir) e Telles spedisce il Porto ai quarti. Ci potrebbe stare perfino un altro rigore per la Roma (Marega su Schick) ma la strada ormai scende all’inferno.


Eusebio chiuso nel silenzio, Donadoni e Ranieri in attesa

IL MESSAGGERO - TRANI - Eusebio Di Francesco è da solo, al buio dietro il vetro oscurato. Sguardo fisso nel vuoto, seduto sul pullman della Roma, in prima fila dietro all'autista. Aspetta di sapere se potrà continuare la sua avventura sulla panchina della Roma. Eusebio mon è stato ancora avvertito dal management di Pallotta, presente al completo a Oporto, anche perché c'è indecisione sull'erede. Paulo Sousa ha evitato di presentarsi all'Estadio do Dragao. E, a quanto pare, è uscito di scena. Venerdì sarà il nuovo l'allenatore del Bordeaux. Il vicepresidente Baldissoni, l'ad Fienga e il ds Monchi sono in contratto con il presidente. Devono capire su chi puntare: hanno il sì di Donadoni come traghettatore. La soluzione ideale, secondo la proprietà Usa, per poi tirare le somme a fine stagione. Il piazzamento in campionato conterà per scegliere a quale tecnico affidare la prossima stagione. Panucci si sente ancora in corsa. E' ct dell'Albania, ma già prima di Natale ha dato la disponibilità. Ultimamente, però, non è stato contattato. Montella è in lista. Anche Ranieri.

APPESO A UN FILO - Separato in casa. Soprattutto muto e infuriato: Di Francesco ha rinunciato a parlare in confernzea stampa. e non ha rilasciato nemmeno le interviste alle tv. Più che a se stesso, pensa ancora alla Roma Ce l'ha con Cakir. L'arbitro turco, non sanzionando l'entrata di Marega su Schick, gli ha impedito di arrivare per il 2° anno di fila agli ottavi. Ma prima dell'errore dell'arbitro, evidenti sono state le gaffe di Manolas, Karsdorp e Florenzi che rispettivamente consegnato il tris e la qualificazione al Porto. Il colpo di grazia, prima del rigore trasformato da Telles al minuto 12 del 2° tempo supplementare, glielo ha assestato Dzeko,pappandosi la rete della promozione. Eusebio ha comunque fatto i complimenti ai protagonisti della sera. Breve sosta negli spogliatoi, dove ha lasciato diversi giocatori in lacrime, prima di rifugiarsi sul pullman. Non ha avuto la forza di parlare.

SOLIDARIETA' INTERNA - Il pianto di Florenzi. Quello di Cristante e la disperazione di altri. La reazione del gruppo, nella sfida più delicata, sta facendo riflettere la dirigenza della Roma. Che ha rimandato a oggi la decisione definitiva. Al rientro nella Capitale, dunque, nel primo pomeriggio. Eusebio, per ora, è in stand by. Non è certo l'esonero che però rimane l'unica soluzione per cercare di sistemare in corsa la situazione e conquistare quel 4° posto che resta vitale per il club giallorosso. «Non difendo Di Francesco perché è mio o perché ho vissuto anni bellissimi con lui, ma perché sono un dirigente della Roma ed è il mio allenatore. E il tecnico della Roma va difeso fino alla fine» le parole di Totti prima dell'inizio della gara contro il Porto. Non è diversa, a fine match, la posizione di De Rossi. Anche il capitano si augura di poter continuare con Di Francesco. Il pullman ha acceso i motori alle 23,56 di Oporto. L'una in Italia. Con Eusebio ancora allenatore della Roma. Anche se circola di nuovo l'ipotesi delle dimissioni.


Marciniak, l’incapacità di essere Var

IL MESSAGGERO - AVANTAGGIATO - La Var risolverà i problemi in Champions, si diceva. Ma la Var, ieri sera ad Oporto, i problemi non li ha risolti ma li ha creati. Già perché uno scadente Cakir combina guai nei tempi supplementari, facendosi guidare nel modo sbagliato dal polacco Marciniak. l’uomo designato davanti alla Video Assistante Referee. Che negli ultimi minuti del match prima lo richiama all’on field review per la maglia trattenuta da Florenzi e poi lo lascia in balia dell’incertezza quando Schick viene colpito da dietro da Mariga e cade in area all’ultimo minuto del secondo supplementare. Due decisioni opposte, che si scontrano con la logica e offrono molto lavoro al responsabile Uefa, Roberto Rosetti.

Lavoro che è lo stesso che si deve fare in Italia, dove impazza un interrogativo: perché la Var interviene a intermittenza? Una domanda che necessita di una risposta chiara e in brevissimo tempo, alla faccia anche di chi ad Aberdeen ha pensato più a giocare con i piedi avanti e i piedi dietro del portiere piuttosto che a mettere mano ad un protocollo che continua a fare acqua. Perché non è possibile che in casi come quello di ieri sera, invece di Cakir, la partita l’ha condizionata gli errori di una persona (e non della macchina), il polacco Marciniak.


De Rossi salva DiFra: "Merita di restare"

IL MESSAGGERO - TRANI - Il primo gol stagionale di De Rossi serve solo ad accarezzare il sogno qualificazione. La rabbia arriva dopo. Tanta. Eppure Daniele da capitano navigato, nel momento più difficile, si era caricato tutti sulle spalle. Freddo nel calciare il rigore del pareggio. Un digiuno da gol lungo il suo, l'ultimo lo aveva segnato lo scorso 10 aprile, sempre in Champions, nel match contro il Barcellona. Momenti opposti. Dura stavolta reggere l'urto e il peso di questa eliminazione. Se poi c'è anche un polpaccio a tradirti allora vuol dire che non è proprio serata. Dura meno di un tempo. «Penso di essermi stirato» ammetterà alla fine. Gli anni pesano e giocare due gare come derby e ritorno degli ottavi di Champions, in appena quattro giorni, non è facile. Non è facile perché l'eliminazione di ieri brucia. E parecchio. Quell'episodio da rigore su Schick grida vendetta. C'è solo la sua voce a cui aggrapparsi. Non parlano dirigenti. Non parla l'allenatore che viene visto sul pullman da solo (sarà multato dalla Uefa). Il momento è delicato. De Rossi non parla in modo affrettato. Gli anni della vena sul collo hanno lasciato spazio ad un temperamento diverso. Un temperamento da Capitano. «Rimango della mia opinione. Siamo arrivati a 1' dai rigori che ci avrebbero permesso di superare gli ottavi di Champions per il secondo anno consecutivo. Non so che succederà ma nessuno toglierà al mister ciò che ha fatto l'anno scorso e che ha fatto quest'anno. Purtroppo c'è sempre stata la poca continuità in campionato». Poi si parla della Var e degli episodi decisivi. In un primo momento preferisce non commentare. Li riguarda e solo allora ammette: «È rigore e non va bene. Siamo usciti dalla Champions l'anno scorso dicendo che se ci fosse stato il Var saremmo andati in finale. In futuro la VAR sarà utile e perfetta. Questo è un errore umano, non della macchina. È un peccato, perché sarebbe stato epico passare con il 2-2».

IN DIFESA - Gli occhi tradiscono quello che dice il cuore: «Non meritavamo di uscire così. Va accettato per quello che è, sicuramente la modalità è terribile da accettare. Siamo una squadra particolare, viviamo di alti e bassi, sicuramente non abbiamo fatto una partita perfetta ma ho visto un gruppo di giocatori e uomini seri, che ci tenevano tanto. Sarebbe stata dura anche perdere ai rigori, magari sarebbe stata meglio invece di un rigore al 115'. All'andata meritavamo di vincere».Attacca e difende. E così diventa lo scudo di uno spogliatoio divenuto bersagli di critiche feroci: «Sono fierissimo di questo gruppo. A volte ci siamo addormentati, stavolta abbiamo mantenuto la tensione alta, loro sono forti».

RIPARTENZA - De Rossi prova a trasformare la rabbia e la delusione in nuova linfa per ripartire in campionato. C'è un quarto posto ancora da conquistare: «Deve essere una spinta perché la nostra stagione non finisce qui. Si spegne un sogno in modo doloroso ma abbiamo tante partite».


Contro l’Empoli è emergenza totale

IL MESSAGGERO - E lunedì l’Empoli, in piena emergenza. La Roma deve correre verso il quarto posto e l’impegno non sarà facile, anche considerando le assenze. I giallorossi pagano la partita di ieri in Portogallo e anche il derby. Cominciamo dagli squalificati: Fazio (finito in tribuna nella sfida contro il Porto), Kolarov e Dzeko, tra ammoniti (diffidati) ed espulsi. Sperano di aver un ruolo da titolare gente che ultimamente era stata dimenticata o rimasta fuori per infortuni vari.

Schick, ad esempio, è il candidato numero uno per sostituire Dzeko, al posto di Kolarov potrebbe essere schierato o un centrale mancino (Marcano o Jesus) oppure Santon, con l’impiego a destra di uno tra Florenzi e Karsdorp, queswt’ultimo non esaltante contro il Porto. Dal Do Dragao la Roma torna con le ossa rotte e con tre giocatori con i muscoli a pezzi: De Rossi, sospetto stiramento al polpaccio, affaticamento per Marcano, guaio al flessore destro per Pellegrini. Quindi, dai cinque ai sei assenti. Non bene.