Pruzzo: "Zaniolo è forte, un gran calciatore. La Roma deve fare di tutto per tenerlo"

Roberto Pruzzo, storico bomber della Roma, ha parlato del talento Nicolò Zaniolo ai microfoni di tuttomercatoweb.com:

"Per i calciatori in generale non mi svenerei mai, però in questo caso la società deve far di tutto per tenerlo e per accontentarlo, anche se è giovane. I soldi? I tempi ormai sono questi e, ripeto, va fatto di tutto per tenerlo. Zaniolo è ben inserito e integrato, la società è chiamata a rapportarsi alle qualità del calciatore. Guardate Donnarumma, ora è il miglior portiere che ci sia in circolazione: anche se si parla di giovani, vanno pagati. Zaniolo vale tanto, è un calciatore forte. Mancini è stato il primo ad individuarne le capacità e poi è esploso. E’ un calciatore di valore, ma non so quantificare la cifra. Se può essere accostato a qualche giocatore della mia Roma? Quelli erano fuoriclasse. Non scomodo nessuno, peraltro il calcio è cambiato. Per ora è Zaniolo, con i suoi pregi e qualche difetto. Ancora non gestisce bene le energie, però è un gran calciatore".


Rutelli: "Stadio della Roma? Sono favorevole. Soluzione positiva per città e per lo sport"

Francesco Rutelli, presidente del PDE (Partito Democratico Europeo) ed ex sindaco di Roma, è intervenuto ai microfoni di RMC Sport per parlare del futuro Stadio della Roma: "Sono favorevole allo stadio della Roma e al diritto della Lazio di accedere a queste procedure. Viviamo una fase in cui si tende a dire di no a tutto. Invece penso che le trasformazioni siano necessarie e che vanno corrette con delle infrastrutture. Conosco l’area della Roma, so le criticità, ma bisogna cogliere le occasioni per migliorare le infrastrutture, la viabilità, il trasporto su ferro. Diamoci finalmente obiettivi importanti, cerchiamo di collaborare per soluzioni positive per lo sport ma anche utili per la città".


La Roma è arrivata a Verona (video)

La Roma, come riferito sul profilo Twitter ufficiale della società, è arrivata a Verona dove domani affronterà il Chievo.

 


Del Neri: "Sono soddisfatto del mio periodo alla Roma, ma la squadra era in costruzione"

Luigi Del Neri, ex allenatore della Roma durante la stagione 2004/05, ha voluto ricordare la sua esoerienza in giallorosso ai microfoni di Teleradiostereo: "L’inizio fu pessimo con la famosa monetina, dopo la perdita di giocatori come Samuel ed Emerson. Abbiamo giocato un calcio con Totti, Mancini e Montella sempre in campo, abbiamo tracciato una strada in Europa per sfruttare le nostre caratteristiche. Sono soddisfatto di quel periodo, eravamo sesti in classifica. Dimissioni? I risultati non erano dalla nostra parte, ma non avevamo una squadra in grado di reggere la lotta per il terzo o quarto posto, era una squadra in costruzione. Giocavo con Scurto e Corvia".
In chiusira un pensiero sul Porto, allenata per un breve periodo, senza mai cominciare ufficialmente la stagione: "post-Mourinho è duro, è difficile modificare la mentalità vincente. Poi loro hanno cambiarono 5 allenatori dopo di me, nei cambiamenti ci sono dei rischi da prendere che bisogna ponderare. Loro avevano fatto il Triplete, non era semplice arrivare con un pedigree come il mio, che venivo dal Chievo. Ho fatto giocare Pepe, Bosingwa e Meireles che hanno fatto una carriera importante".


Il primo cavaliere

AS ROMA MATCH PROGRAM - RICCARDI - Daniele De Rossi è tornato sul terreno di gioco. Lo ha fatto contro il Milan, il 3 febbraio 2019. Da “allenatore in campo”, per usare la definizione del tecnico Di Francesco. A 35 anni e mezzo, con “l’infortunio più serio della mia carriera” messo alle spalle dopo oltre tre mesi di calvario. “Ha rischiato anche di smettere, io so quanto ci è mancato”, ha aggiunto Eusebio dopo la sfida pareggiata con i rossoneri. È stato il migliore della Roma, De Rossi. Ha combattuto sulla linea mediana, ha sradicato palloni, ha dato equilibrio e vinto il 100% dei contrasti (3 su 3). Ma la sua presenza ha significato anche altro. È stato semplicemente capitano. Con Kolarov prima e dopo la partita, supportandolo in un contesto ambientale non semplice (“Fratello mio”, ha scritto ad Aleks su Instagram). Con Zaniolo dopo il gol, abbracciandolo in un ideale passaggio di testimone tra presente e futuro. Daniele e Nicolò hanno sedici anni di differenza. 16, come il numero di maglia di De Rossi dal 2005. I due hanno anche un altro punto in comune: entrambi, hanno esordito in contesti ufficiali con la Roma in Champions League. De Rossi nel 2001 contro l’Anderlecht, Zaniolo nel 2018 a dispetto del Real Madrid.

La storia, comunque, attende De Rossi ad un altro varco cruciale. Venerdì sera, a Verona, può diventare il trentesimo calciatore più presente nella storia della Serie A, eguagliando un tale di nome Roberto Baggio a 452 partite. Ad oggi, il centrocampista è fermo a 451 apparizioni nel massimo campionato (debuttò sul neutro di Piacenza il 25 gennaio 2003, oltre 5855 giorni fa). È in trentunesima posizione nella particolare graduatoria guidata da Paolo Maldini con 647 gettoni. Ed è decimo nella classifica dei giocatori che hanno vestito una sola maglia in carriera dopo Maldini, Totti, Zanetti, Bergomi, Del Piero, Facchetti, Baresi, Costacurta, Pellissier. Il traguardo di raggiungere il “Divin Codino” lo potrebbe tagliare – come già scritto – con il ChievoVerona. Lo stesso Chievoche sarebbe potuta essere la sua squadra nell’estate del 2003. La vicenda ormai è nota: nell’ambito dell’operazione Legrottaglie, il Chievo avrebbe ingaggiato l’allora ventenne di Ostia in prestito. Non andò così. Legrottaglie non venne a Roma, De Rossi restò a casa e non se ne sarebbe più andato. Negherà tanti corteggiamenti, altrettante lusinghe. In Italia e all’estero lo hanno voluto e cercato in tanti. Lui ha sempre detto no,ammettendo solo di essere solleticato dall’idea di andare un giorno al Boca Juniors. “Un Boca-River lo avrei voluto vivere”. Non più, ormai. “Ho bisogno della Roma per giocare a pallone in una certa maniera”, dichiara il giorno del rinnovo a vita con la società giallorossa nel febbraio 2012.

 

Non nascondendo, peraltro, l’ambizione di ottenere un ingaggio in linea con un professionista del suo livello: “C’è un mercato e bisogna basarsi su quello. È così in tutti gli ambiti della vita, è giusto che sia così anche nel calcio”. Lealtà. De Rossi è capitano designato della Roma dall’inizio della stagione 2017-2018. Atalanta-Roma 0-1 del 20 agosto 2017 fu la prima gara con tutti i crismi e i gradi necessari per essere lui il proprietario legittimo della fascetta al braccio. Dopo l’addio di Francesco Totti datato 28 maggio 2017, c’è stato lui. De Rossi. Capitan futuro e poi presente. “Le spalle di Daniele sono un posto sicuro”, l’incoronazione dell’immortale 10 a fine carriera. Totti e De Rossi hanno giocato insieme in Serie A più di 1000 partite cumulative. Festeggiarono la suggestiva cifra tonda insieme, in Roma-Palermo 4-1 del 23 ottobre 2016. Palermo, Sicilia, la spedizione dei mille. Capitani e bandiere. De Rossi sta per centrare un altro punto da “milestone”. 200 partite da capitano. 200 gare con quel pezzo di stoffa al braccio. Oggi ne ha 198 ed è già un dato enorme. La numero uno fu in Coppa UEFA, quando ancora non si chiamava Europa League. Roma-Middlesbrough 2-1, ritorno degli ottavi di finale, 15 marzo 2006. Si vinse, ma non bastò per accedere ai quarti. 2006, l’anno in cui diventerà campione del mondo con l’Italia, a ventitré anni. Che altro aggiungere? Per descriverlo basterebbero le parole del “brate”, Kolarov: “In carriera ne ho visti pochi così tifosi e così attaccati alla squadra in cui gioca. Io ora do tutto per la Roma, ma non posso mai dire di essere più romanista di De Rossi. Non ho mai visto uno così attaccato alla maglia”. 606 volte “attaccato” alla maglia della Roma. La maglia. “È come se mettessi un’armatura: non sempre è vincente, ma è quello che sento io”. DDR.


22/12/2001 – Emerson, Samuel, Tommasi. La Roma travolge il 'Chievo dei Miracoli'

INSIDEROMA.COM - MATTEO LUCIANI - Sette partite, sette vittorie: questo l’impressionante ruolino di marcia casalingo del Chievo Verona di Gigi Del Neri, al debutto assoluto nella massima serie, prima della sfida del 22 dicembre del 2001 contro la Roma di Fabio Capello.

I giallorossi, reduci dalla sbornia tricolore post 17 giugno 2001, hanno iniziato la stagione (in campionato) nel peggiore dei modi. Dopo il trionfo in Supercoppa Italiana contro la Fiorentina, infatti, i ragazzi di Capello hanno racimolato la miseria di due punti nelle prime tre gare della Serie A 2001/2002.

Tutto cambia a partire dalla quarta giornata, sempre ‘grazie’ ad una sfida contro la Viola.

Da quel momento in poi, la Roma si ritrova ed inizia a volare. Prima della sfida della gelida serata del 22 dicembre sopra citato, infatti, i giallorossi sono terzi in classifica a quota trenta punti, distanti di una sola lunghezza dall’Inter di Cuper e di due punti proprio dall’incredibile favola del Chievo Verona neopromosso.

Si tratta, quindi, di una sfida di altissima classifica.

Capello punta su un ormai collaudato 3-5-2 con: Antonioli in porta, linea difensiva costituita da Zebina, Samuel e Panucci, i soliti Candela e Cafu sulle fasce (pronti a spingere in fase di possesso romanista e tornare in difesa quando è il Chievo a gestire la sfera), centrocampo dove giostrano Tommasi, Lima ed Emerson ed attacco con il duo Totti-Delvecchio.

Il Chievo, dal canto suo, può schierare tutti i propri titolari nel classico 4-4-2 di stampo delneriano, con Eriberto (allora si chiamava ancora così!) e Manfredini a spingere come ossessi sulle linee esterne del campo e la coppia Marazzina-Corradi a tentare di impensierire la retroguardia giallorossa.

La prima, vera occasione della partita giunge al minuto venticinque, quando Cafu, direttamente da calcio d’angolo, serve un pallone delizioso sulla testa di Emerson, che colpisce in maniera eccellente ma trova sulla propria strada l’ex Lupatelli; miracolo del numero dieci (sì, avete letto bene) del Chievo e nuovo corner per la Roma. Proprio sul calcio da fermo seguente, arriva il vantaggio giallorosso: azione fotocopia della precedente ed Emerson che stavolta lascia Lupatelli senza scampo. 1-0 per noi.

Si va al riposo con questo risultato. Roma grintosa, ma Chievo che quando riparte rischia di far male.

Al settimo minuto della ripresa, infatti, Marazzina scappa alla guardia di Samuel e si trova praticamente a tu per tu con Antonioli, che lo stende per non permettere al futuro giallorosso di battere a rete e trovare il pareggio.

Cartellino rosso e Roma che deve giocare in dieci uomini i restanti trentotto minuti di gara.

Dalla panchina entra Pelizzoli, tornato fra i convocati per la prima volta dopo circa due mesi alle prese con la pubalgia; un rientro con i fiocchi, non c’è che dire. L’ex portiere dell’Atalanta, infatti, ‘accompagna’ sulla traversa la punizione magnifica di Eugenio Corini e tiene la Roma in partita.

I giallorossi soffrono dannatamente ma tengono e, al minuto ventinove del secondo tempo, addirittura raddoppiano. Stavolta è ‘The Wall’, Walter Samuel, a battere Lupatelli; sempre di testa e sempre da azione sviluppatasi da corner. E’ delirio giallorosso e i numerosissimi tifosi giunti da Roma si fanno sentire più che mai al grido di ‘I Campioni d’Italia siamo noi!”.

A suggellare una prestazione di straordinaria efficacia e personalità ci pensa, poi, Damiano Tommasi che, servito da una ‘imbucata’ fenomenale di un certo Francesco Totti, si lancia verso la porta e batte Lupatelli con un preciso diagonale.

Cesari fischia la fine. La Roma ha compiuto una piccola impresa: battere il Chievo sul suo campo dopo sette vittorie consecutive al Bentegodi.

I giallorossi volano, così, al secondo posto in classifica, scavalcando proprio i clivensi, e restando attaccati all’Inter, distante solo un punto.


Da Dzeko a Zaniolo, i contratti bollenti

IL MESSAGGERO - CARINA - «I rinnovi? Zaniolo sarà il primo caso che affronteremo». Non è trascorso nemmeno un mese (10 gennaio) da quando Monchi chiarì la posizione del club. La sessione invernale s'è conclusa ma il ds sta trovando qualche difficoltà imprevista. In primis per l'ex interista. Perché a fronte delle versioni edulcorate che vengono fatte trapelare (rinvio dovuto a motivi burocratici per allungare di un anno la durata), l'agente del calciatore ha deciso di rimandare ogni discorso a fine stagione. La Roma, che inizialmente aveva proposto un ritocco dell'ingaggio (ora percepisce 270mila euro più bonus) per arrivare al milione, ora s'è sentita chiedere il doppio (2). Ora si capisce meglio anche l'appello di Di Francesco: «Avrà tante richieste ma deve tenersi stretto questa squadra, perché è già in una grande'». Monchi ha dirottato il suo forcing su Pellegrini. In agenda a febbraio c'è un incontro con l'agente di Lorenzo nel quale il ds (che in Inghilterra continuano ad accostare all'Arsenal) proverà a togliere la clausola di 30 milioni. Il centrocampista, godendo di un contratto che si autoalimenta da solo (i bonus stagionali si sommano e diventano la base per quella successiva: già percepisce 2,5 milioni), non ne fa una questione di soldi. Vuole capire che ruolo avrà nel progetto tecnico. Se convinto, sarebbe anche disposto ad andare avanti così. È chiaro che se il club vorrà togliere la clausola avrà un costo. Timido tentativo nella stessa ottica per Manolas (clausola di 36 milioni): per ora non ha prodotto effetti. Tutto tace per Under e Dzeko. E anche per Riccardi i colloqui sono fermi da Natale.


A volte anche i grillini sanno dire sì ma capita che i tecnici li boccino

IL MESSAGGERO - AJELLO -  No. Sempre No. Il No alla Tav è il No per antonomasia. E quello alle trivelle è un altro niet che gonfia il petto grillino. E il No al Tap ha risuonato di continuo e da quando è diventato flessibile brucia sulla pelle pentastellata insieme al caso Ilva. Ma attenzione: M5S sa anche dire di Sì e scoprire la bellezza del sorriso affermativo, tuffarsi nella gioia e nella festa del non doversi opporre a tutti i costi. Ma per colpa del destino cinico e baro, mentre Virginia Raggi celebra la svolta della positività e guarda tutta soddisfatta sul maxi-schermo lo slogan proiettato e da lei ispirato #lostadiosifa, capita che il primo e più rotondo Sì che piove dal pianeta 5 stelle venga smontato o bocciato quaggiù dai tecnici, e proprio da quelli del Politecnico di Torino a cui proprio la sindaca si è rivolta. E va in scena così, nella sala capitolina, il paradosso per cui un Nì, anzi un No o un No condizionato (dovete fare le infrastrutture, i ponti e i binari) viene festeggiato come un Sì su cui salgono in groppa i no-isti appena convertiti, nel momento sbagliato e nel modo sbagliato. Ma è qui la festa!, come cantava Jovanotti. E non vale la pena rovinarla con troppe sottigliezze. Che poi sono quelle disseminate - ma «Forza Virginia!», «Brava Virginia!», «Evviva lo stadio!» - nell'iper-critico dossier del Politecnico, scambiato per un improbabile trampolino propagandistico M5S, in cui l'espressione più ricorrente sul progetto di Tor di Valle, quanto ai trasporti ma non solo, è «non sufficiente». E sono ovvie le freddure del Pd: «Virginia è tutta contenta, ma non starà magari vedendo un'altra partita? Visto che questa sullo stadio sta andando all'opposto di come crede lei?».
E lo strano approdo al Sì, dopo i No e poi No e ancora No che hanno portato alle stelle i 5 stelle, provoca pure la spaccatura politica in seno al movimento. Ci sono gli assessori perplessi, i mal di pancia dei pasdaran da sempre contrari all'impianto di Tor di Valle, i dubbi e le contrarietà degli schizzinosi. Il Sì - consigliato anche dal santone Osho: «Ma il No è davvero il punto migliore da cui partire?» - avrebbe forse meritato un'occasione migliore per esprimersi, sarebbe stato più naturale in presenza di un documento affermativo da celebrare e non di un testo negativo come questo su cui si è montata la grande svolta della positività dopo l'affossamento delle Olimpiadi (No!) a cui si sarebbe agevolmente potuto dire ok.
Al trionfo del paradosso partecipa, dal versante verde, Matteo Salvini - al quale in verità i No non sono mai appartenuti - e dunque esulta il capo lumbard sorvolando sul contenuto vero del dossier e usando la vicenda come un volano populistico di chi sul calcio, e in questo in piccolo somiglia a Berlusconi, batte e ribatte e dunque: «Lo stadio si fa ed è una buona notizia per Roma e per tutti gli sportivi italiani». E ancora: «C'è assoluto bisogno di stadi nuovi, moderni e sicuri. Finalmente Tor di Valle, un'area degradata della città, tornerà a vivere». La festa di Virginia ha contagiato anche lui.

 
IL LUMBARD - Ma forse non era meglio, per Salvini e per tutti, aspettare di leggere bene le pagine dello studio accademico per evitare celebrazioni premature e paradossi evidenti? Chi non vuole vedere - e avanti tutta! anche se mancano i mezzi di locomozione per arrivare allo stadio e chissà se si faranno prima, dopo o mai - è Beppe Grillo a sua volta confuso da un No fatto passare per Sì: «Una bella notizia per la città di Roma, il parere del Politecnico di Torino è positivo!». E Di Maio? «Grande Virginia! Complimenti!». Come se lo stadio già fosse stato costruito ieri mattina, con l'unico problema che per avere il ponte e la nuova ferrovia Roma-Lido bisognerà aspettare stamane o al massimo stasera. E comunque sul tutto vigilia Danilo Toninelli che a sua volta - forse ignaro del contenuto del dossier proveniente dal Politecnico - è in preda a una gioia incontenibile: «Brava Virginia Raggi» twitta il ministro. Che va oltre: «E poi dicono che il M5S è contro le grandi opere. Avanti così! #stadio #Roma». 
Il governo è tutto con lo stadio, insomma. Ma il M5S non proprio tutto sprizza felicità, anzi. Perché la vicenda che ha portato agli arresti il super-consulente della sindaca, l'avvocato Lanzalone, non è ancora stata dimenticata. Anche se i vertici del movimento spingono per l'oblio. E del resto Di Maio e il grillismo nordista modello Casaleggio da subito avevano spinto perché - anche per motivi propagandistici e di recupero di consensi a Roma e in generale - si trovasse una soluzione al progetto e si potesse annunciare che lo stadio si farà.
Prima degli arresti di Parnasi, di Lanzalone e degli altri, l'hashtag comunque era #unostadiofattobene. Adesso la dicitura è cambiata: #lostadiosifa. Come se non fosse un problema come arrivarci e come se non esistesse un rapporto che avverte che non si può fare senza un nuovo sistema di mobilità. Ma è così bella la scoperta del Sì, che si può dire anche di Sì tanto per dire.


Il ponte promesso dal governo alla fine è sparito dalle carte: «Un incentivo a prendere il treno»

IL MESSAGGERO - DE CICCO -  Era il 28 febbraio 2017, Raggi brindava al patto con Parnasi e Pallotta, il compromesso che ha portato i grillini ad avallare un'operazione calcistico-immobiliare bollata fino a poco prima come «speculazione immobiliare». L'accordo: taglio (parziale) alle cubature monstre per negozi e uffici - che però continuano a sforare ampiamente il Piano regolatore - in cambio di una sforbiciata alle infrastrutture pubbliche che avrebbero dovuto pagare i proponenti. Ma il ponte, prometteva la sindaca, all'epoca consigliata da Lanzalone, sarebbe rimasto: «Un ponte sul Tevere snellirà il flusso di automobili attuali e supporterà quello previsto in occasione delle partite», l'assicurazione su Facebook.
Invece il Ponte, ribattezzato «di Traiano», è sparito. I privati non si sono più impegnati a finanziarlo, anche se i tecnici della Mobilità che hanno partecipato alla Conferenza dei servizi lo hanno definito fondamentale per scongiurare la paralisi. Ecco perché, prima che la Conferenza si chiudesse, per evitare un'altra bocciatura (sarebbe stata la seconda), a dicembre 2017 il governo, all'epoca a trazione Pd, annunciò che il collegamento sarebbe stato finanziato dallo Stato. Parole, a cui non è mai seguito un atto formale.
La stessa scena si è ripetuta in queste ultime settimane, col ministro Toninelli prima e il premier Conte poi, tutti ad annunciare che il governo, gialloverde in questo caso, sarebbe potuto entrare in campo, con i soldi dei contribuenti, «in caso di necessità». Ma il ponte, si è scoperto ieri, non servirebbe più. La soluzione? Scoraggiare i tifosi a prendere l'auto. Anche se i prof del Politecnico sono stati chiari: anche ammesso che «il 50%» degli spettatori («ipotesi ottimistica») andasse allo stadio coi mezzi pubblici, il quadro della viabilità sarebbe comunque «catastrofico», «blocco totale».Perché tutto graverebbe sull'unico nuovo ponte, quello «dei Congressi», impantanato per la verità in un iter burocratico tortuoso, e che «da solo - ha scritto il Politecnico - non è sufficiente».
«Se manca il ponte, rischia di andare al collasso tutto quel quadrante di Roma», spiega Andrea Giuricin, docente alla Bicocca di Milano ed esperto di economia dei trasporti. «La viabilità di Roma rischia la paralisi, come ha certificato il Politecnico anche nella relazione finale. Sul ponte di Traiano non si è mai andati oltre gli annunci e a oggi mancano tutti gli elementi essenziali per valutare l'opera-stadio nella sua completezza. Stiamo parlando di un quadrante della città già molto stressato, dove il trasporto pubblico avrebbe bisogno di una rivoluzione, per poter funzionare». La Capitale, dice Giuricin, «sconta una carenza di ferrovie e metropolitane. Andare a costruire una vera e propria cittadella senza sciogliere questi nodi, rischia di influire su una situazione già preoccupante. Anche sulla malandata ferrovia Roma-Lido non ci sono elementi chiari per capire se ci sarà il potenziamento promesso». 

 
«RADDOPPIO SALTATO» - «Dovranno essere tifosi e cittadini a farsi carico di tutte le conseguenze, della serie: arrangiatevi», è la sintesi di Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale. «A nessuna delle criticità che riguardano la mobilità è stata data una risposta esauriente». Il Ponte di Traiano, prosegue l'urbanista, «avrebbe invece raddoppiato il collegamento con l'autostrada Roma-Fiumicino rispetto al Ponte dei Congressi, la cui realizzazione è slegata dalla questione stadio, e avrebbe alleggerito l'area della Colombo e della nuova via Ostiense-via del Mare unificata. Così è un pasticcio».


Raggi: lo stadio si farà gli esperti: tante falle La base M5S si divide

IL MESSAGGERO - DE CICCO - PIRAS - Ore 10.45, Virginia Raggi fa il suo ingresso nella sala della Protomoteca, palazzo del Campidoglio. Tutto l'allestimento imbastito dai comunicatori M5S - le slide, i dirigenti della Roma in prima fila, i sorrisi da festa - è pensato per veicolare un messaggio, che diventa un hashtag: «Lo stadio si fa». Nonostante tutto, viene da dire poi, nel pomeriggio, quando sul sito del Comune compare il parere scritto del Politecnico di Torino, fino a quel momento illustrato solo a voce. E lì l'operazione di maquillage mediatico comincia a sfarinarsi. Perché la relazione degli esperti piemontesi, chiamati da Raggi per avere un conforto «tecnico» sull'operazione dopo gli arresti per corruzione di giugno, conferma tutte le perplessità trapelatecon la prima bozza consegnata a dicembre. «Blocco totale» della viabilità, l'impatto «catastrofico» se la malandata Roma-Lido non diventerà una metropolitana tipo quelle di Londra, le opere del piano trasporti giudicate tutte, da sole, «non sufficienti».
«Lo stadio si fa», dice però Raggi di buon mattino, accanto all'estensore della relazione, il professor Bruno Dalla Chiara, che di fronte a taccuini e telecamere smussa non poco i toni lasciati invece nero su bianco nel rapporto che sarà svelato nel pomeriggio.

 
CONDIZIONI - «Il nostro è un sì condizionato - dice in conferenza stampa - il problema del traffico c'è, ma ci sono anche soluzioni, quelle indicate dal Comune nel Piano urbano della mobilità sostenibile». Senza aggiungere, come viene sottolineato invece nel parere, che per realizzarlo ci vorranno dai tre ai «10 anni». E che prima lo stadio non potrebbe aprire, pena il collasso della circolazione.
Raggi invece si è detta convinta che i cantieri possano partire «entro fine anno», tanto che Mauro Baldissoni, vicepresidente esecutivo della Roma, commentava: «Ora si può lavorare, è tempo di costruire». Ma chi? La società Eurnova, che dopo l'arresto di Parnasi è guidata da un nuovo Cda, che a fine mese volerà negli Usa per vendere terreni e progetto a Pallotta. Un pacchetto da 100 milioni, accordo praticamente fatto.

 
L'ITER - Poi il manager di Boston dovrà trovare un partner per realizzare materialmente l'impianto e il mega complesso dalle cubature monstre, il gigantesco centro di negozi, alberghi e uffici. Le trattative, su questo fronte, sono ancora in corso, in terra americana.
Il parere del Politecnico (pagato 36mila euro), ha ricordato ieri la sindaca di Roma, «l'ho chiesto io e non ero obbligata». Non è un atto vincolante, ma serviva a Raggi soprattutto a compattare le truppe a Palazzo Senatorio, insomma i consiglieri comunali del Movimento sempre più dubbiosi e disorientati sul progetto. Fino al 2016, i grillini si opponevano fieramente a Tor di Valle e dopo l'inchiesta per tangenti dell'estate scorsa la pattuglia degli scettici si è rafforzata. Il parere molto critico del Politecnico non ha fugato i dubbi. Per i consiglieri di maggioranza leggere quella relazione non è stato rassicurante. «C'è un'inchiesta aperta sullo stadio, bisogna avere un quadro anche dai giudici oltre che dai professori», ragionava il presidente della Commissione Bilancio, Marco Terranova. Sono contrari anche i consiglieri più legati alle origini del M5S, che tra le opere di interesse pubblico non annoverava gli stadi, come Agnese Catini, Alessandra Agnello, Gemma Guerrini. La presidente della commissione Urbanistica Donatella Iorio e il numero uno della Commissione Mobilità Enrico Stefano tacciono prudenti e fanno capire che le priorità sono altre e non hanno gradito il diktat senza possibilità di replica coniato ieri: «Lo stadio si fa».

 
IL VERTICE - Hanno parlato invece di «buona notizia» il ministro dell'Interno, Matteo Salvini e lo stesso Beppe Grillo, mentre Di Maio in un post si è «complimentato» con la sindaca. Ma la partita dentro al M5S romano non è ancora chiusa. Ieri sera è andata in scena una riunione in cui sono emersi tutti i dubbi, e le paure, che girano attorno al progetto Tor di Valle. Le critiche dei tecnici e le inchieste giudiziarie. Perché a Palazzo Senatorio, oltre alle cinquanta pagine di sfumature rosso catastrofico scritte da Torino, hanno più forza persuasiva quelle del giudice che parlò di «asservimento dell'interesse pubblico ad interessi privati». 


Trasporti, viabilità, parcheggi «Impatto catastrofico sulla città»

IL MESSAGGERO - DE CICCO - Una «catastrofe» chiamata Tor di Valle, che si potrebbe evitare solo stravolgendo la mobilità cittadina, da qui a 10 anni. Inutili tutte le opere pubbliche presentate nel progetto approvato dai grillini: «Non sufficiente il massiccio rafforzamento dell'offerta di trasporti pubblici», «non sufficiente il nuovo asse viario derivante dall'unione della Via del Mare e della via Ostiense», «non sufficiente il ponte dei Congressi», peraltro pagato dallo Stato. Tutto il quadrante Sud di Roma eviterebbe di finire nella morsa dell'imbottigliamento perpetuo solo se cambiassero le «abitudini» dei romani, in tutta la città, se insomma si riuscisse a «contenere la mobilità privata», cioè l'uso delle automobili. Con tempi lunghi: fino a «10 anni» e di sicuro «in meno di tre anni si ipotizza che non sia possibile mettere in funzione lo stadio, tempi che si allungano se si vuole evitare un aggravio del traffico». Così scrive il Politecnico di Torino, nel parere finale che ricalca, in larghissima parte, la bozza che terremotò il Campidoglio a inizio dicembre.
Restano tutti i passaggi più pesanti, tutte le stroncature. Ne emerge, scrivono gli esperti, «un quadro preoccupante che vede, in assenza di altre azioni, negli scenari futuri un possibile blocco pressoché totale della rete principale». E perfino possibili rischi per «la salute dei cittadini». Un impatto «catastrofico» - altra parola chiave della bozza confermata - su una grande porzione della Capitale, perfino ammettendo che «il 50%» dei tifosi raggiunga gli spalti coi mezzi pubblici, scenario «oltremodo ottimistico». «Già dalla fase dei cantieri» la viabilità sarebbe preda «di un'estrema congestione». Non solo nei giorni delle partite, ma anche in quelli feriali, per via «degli utenti di ritorno dal lavoro o dal centro direzionale e commerciale», il mega-complesso di negozi, uffici e alberghi che nascerebbe accanto allo stadio, il vero core-business dell'operazione.
«É sufficiente che un singolo anello della catena venga meno per generare un ulteriore aggravio di questa situazione già compromessa», scrivono i professori piemontesi. Anche perché le opere pubbliche sarebbero sostanzialmente inutili, tali da non apportare alcun «beneficio».
Per il Grande Raccordo Anulare, attraversato ogni giorno da 160mila mezzi, si rischia un «peggioramento netto», dal momento che l'anello va in «saturazione» già con 6.300 veicoli l'ora, mentre si arriverebbe all'incredibile quota di «8.000-8.500 veicoli». Praticamente il «blocco totale del traffico», un carico «impensabile». E questo - è importante sottolinearlo - già prevedendo che «il 50%» degli spettatori lasci la macchina a casa.

 
«STUDI MOLTO OTTIMISTICI» - Cinque grandi strade dell'Urbe andrebbero kappaò: oltre al Gra, l'autostrada Roma-Fiumicino («forte congestione»), la Colombo, la Laurentina, viale Marconi. «La rete primaria non è in grado di smaltire i flussi veicolari», si legge, «se non a scapito di gravi disagi collettivi: abbondanti, capillari e distribuiti». Anche gli spazi per parcheggiare migliaia di auto sarebbero «modesti», inadeguati.
«Oltremodo ottimistici» studi e simulazioni di traffico presentati dai privati. Orari sballati, quantità di auto sottostimate, numeri al ribasso per rendere il contesto meno intasato.
Il potenziamento delle ferrovie risulta «tecnicamente fattibile», anche se «difficile». Per evitare gli ingorghi, toccherebbe portare una delle peggiori tratte d'Italia, la Roma-Lido, a «un elevatissimo livello qualitativo». Scenario che solleva «forti dubbi» da parte dei docenti, anche se la Regione, scrive il Politecnico, «ha destinato 180 milioni al radicale riammodernamento» e la portata degli interventi «appare adeguata». Ma «una lieve perturbazione potrebbe seriamente compromettere l'efficienza dell'intera linea».

 
«PRENDETE LA BICI» - Per evitare il collasso della zona, bisognerebbe cambiare tutto. Puntare su un'«offerta pluri-modale, con biciclette, tpl, trasporti intelligenti». Progetti contenuti nel Piano di Mobilità Urbana Sostenibile presentato dal Campidoglio M5S, che però ha un orizzonte temporale molto ampio, «5/10 anni», si legge nel parere. «Ogni attività legata agli interventi attesi», insomma allo stadio e al mega centro di negozi e uffici, «deve necessariamente vedere prima effettivamente realizzate le diverse proposte contenute nel Pums», è la prescrizione. Insomma prima le opere, poi lo stadio. Difficile. Senza calcolare «lo straordinario impegno economico prospettato», miliardi e miliardi di euro per ora solo domandati da Raggi, richieste che devono ancora «essere soddisfatte dal Ministero dei Trasporti». Con tempi tutt'altro che immediati, anzi.


Raggi: "Lo stadio si farà, si parte entro l'anno"

IL TEMPO - Non serviva l'annuncio di Virginia Raggi, sindaco di Roma, che «lo stadio si fa»: mai era stato messo in discussione, nemmeno quando l’allora candidata sindaco aveva
annunciato la volontà di cancellarlo e ritirare la delibera di pubblico interesse. In una conferenza stampa, in cui alla stampa non è stato consegnato nessun testo - reso disponibile diverse ore dopo la conclusione della stessa - la Raggi, insieme al professor Bruno Dalla
Chiara, autore della relazione finale sulla mobilità pubblica e privata del progetto Stadio della Roma di Tor di Valle, e a Stefano Brinchi, presidente di Roma Servizi perla Mobilità, ha illustrato i contenuti della relazione dell'Ateneo piemontese. Un appuntamento che giunge dopo giorni di tensioni: la secretazione del testo, rimasto chiuso in un cassetto dal 31 gennaio per timore di una nuova fuga di notizie, il boicottaggio della Commissione Trasparenza di lunedì 4 con il Gruppo 5Stelle che la diserta accampando flebili scuse e il direttore generale del Campidoglio, Franco Giampaoletti, che spedisce un'email ai dirigenti convocati dalla Commissione per «limitare la partecipazione alla parte politica» e, quindi, non farli andare in audizione. Da ultimo, anche il goffo tentativo dell’ufficio stampa del Comune di limitare ieri il numero delle domande dei giornalisti a una per gruppo (agenzie, giornali, radio, tv). «I proponenti possono aprire i cantieri entro l’anno», ha esordito la Raggi che ha aggiunto: «Il taglio delle cubature iniziale non va a impattare sui servizi. Ho richiesto questo parere, e non ero obbligata a farlo. La stessa Procura aveva detto che non c'erano problemi sul progetto. Il parere, esterno, ora rassicura e conferma questo dato. Non siamo contro le grandi opere, e lo stadio lo è, ma a favore delle opere utili che portano benefici alla città e ai cittadini come in questo caso dove si riqualifica un quadrante della città».Lontani i tempi delle accuse di speculazione edilizia, la Raggi incassa il plauso della claque mediatica grillina: da Beppe Grillo a Luigi Di Maio più deputati e senatori, è tutto un plausometro a chi si spertica di più. Le elezioni si avvicinano a grandi passi e c'è da recuperare posizioni: se lunedì era il reddito di cittadinanza (motivo per cui la conferenza Stadio è stata rinviata a ieri), oggi è lo Stadio della Roma il tema da rilanciare. Fidando che la corta memoria dei romani faccia loro dimenticare nelle urne chi ha reso necessario, tagliando le opere di mobilità, la pronuncia del Politecnico sul progetto Tor di Valle.