L'altro Marcano: era un esubero, adesso è incedibile
LA GAZZETTA DELLO SPORT - PUGLIESE - Il paradosso è che adesso è davvero insostituibile. Nel senso che se fino a lunedì si pensava ancora alla possibilità di poter cedere Ivan Marcano di fronte ad una buona offerta, oggi lo spagnolo è di fatto fuori dal mercato. Incedibile o giù di lì, più per necessità che per virtù. Con l’infortunio di Jesus, infatti, il difensore spagnolo diventa fondamentale, la prima vera alternativa a Manolas e Fazio, i due titolari al centro della retroguardia giallorossa.
Quella di lunedì sera con l’Entella è stata la sesta partita stagionale di Marcano, il che rende anche l’idea di quanto finora abbia creduto in lui Eusebio Di Francesco. Il problema dello spagnolo è sempre stato l’adattamento al sistema difensivo giallorosso, l’abitudine a difendere alto, accorciando verso il centrocampo. Lui che nasce marcatore ed è sempre stato tale, ha fatto fatica eccome. Ora se è davvero migliorato lo vedremo quando verrà chiamato di nuovo in causa. Perché l’impressione è che possa succedere molto prima del previsto.
Juan Jesus, menisco lesionato: out almeno un mese
IL TEMPO - MENGHI - Tra i «mali» del ginocchio che a Roma conoscono a memoria quello capitato a Juan Jesus è forse il meno serio, l'iperestensione innaturale dell’articolazione ha provocato una rottura meniscale e nelle prossime ore si deciderà se sottoporre il giocatore ad intervento chirurgico o tentare la cura conservativa.
L'ultima parola spetta all'esperto professor Mariani, di rientro oggi dagli Stati Uniti, che prima di esprimersi farà ripetere al brasiliano la risonanza magnetica per accertarsi che il gonfiore non abbia nascosto altre lesioni legamentose. Il menisco interno potrebbe non essere l’unico punto interessato, serviranno ulteriori esami per approfondire e capire se, come sembra, nel giro di un mese e mezzo Jesus potrebbe tornare a disposizione.
Tempi brevi che permetterebbero alla Roma di restare così in difesa, con la possibilità di utilizzare Kolarov al centro, e lascerebbero intatte le poche risorse da investire a gennaio che Monchi vorrebbe indirizzare su un centrocampista, posticipando la rivoluzione nel cuore della retroguardia a giugno. Oggi Mancini dell’Atalanta non si può prendere, il budget estivo dovrebbe invece coprire quest'eventuale spesa e dare maggiori margini di manovra al diesse, che rimane col fiato sospeso per Jesus in attesa di una diagnosi certa. Il brasiliano ha lasciato l’Olimpico in stampelle ed è andato subito a Villa Stuart, dove è tornato in mattinata per completare i test: gli hanno ordinato qualche giorno di riposo, aspettando che il ginocchio destro si sgonfi e Mariani lo visiti.
Tra oggi e domani anche Perotti si sottoporrà agli esami strumentali: si teme una nuova lesione al polpaccio sinistro, un incubo senza fine. Trattandosi nel caso di ricaduta, rischierebbe uno stop di almeno 3 settimane. Mirante resta out, Nzonzi in dubbio, Florenzi alle prese con l’influenza spera di farcela per sabato, quando torneranno sicuramente Manolas ed El Shaarawy, ieri in gruppo. Segnali incoraggianti da De Rossi, sgambata in campo e Atalanta più vicina.
Schick chiede strada a Dzeko
IL TEMPO - MENGHI - Sarà perché l'ottavo di Coppa Italia con la Virtus Entella somigliava più che altro ad un allenamento, e tutti finora non facevano che ripetere quanto fosse forte in partitella a Trigoria, meno in partita, sarà perché il mental coach con cui si è sentito anche poco prima di scendere in campo per motivarsi gli ha liberato la testa dalle paure, fatto sta che Schick è riuscito a divertirsi e a divertire, forse come mai aveva fatto prima.
Un colpo di tacco dopo l’altro s'è fatto protagonista della vittoria all'Olimpico, segnando uno dei gol più veloci della storia romanista dopo 21 secondi (è secondo solo a Totti, che ce ne mise 18 ai preliminari di Europa League contro il Kosice nel 2007) e trovando pure la prima doppietta in giallorosso. La punta ceca ha già fatto meglio dell’anno scorso, quando si era fermato a 3 reti nei 1.281 minuti giocati in stagione, adesso è a quota 4 in 1.039’ e lo stesso minutaggio racconta la sua crescita.
La mancanza (e le mancanze) di Dzeko gli hanno un po’ spianato la strada, Schick ci ha messo del suo e già nella coda del 2018 aveva cominciato l'operazione riscatto. Ora può fare molto di più, può provare a sovvertire le gerarchie e trasformarsi nel futuro titolare della Roma. Di Francesco, prima della notte di Coppa Italia, aveva in mente un piano turnover preciso per i suoi attaccanti, matra infortuni (vedi Perotti) ed exploit potrebbe doverli cambiare in corsa. Certo, la seconda esclusione consecutiva del bosniaco per scelta tecnica sarebbe pesante, è più probabile che l'allenatore lasci all'ex City la sua «poltrona» in campionato e la panchina a Schick, che già nel mettergli un dubbio in più per sabato riuscirebbe a fare una gran cosa.
AI di là del Torino, con tre competizioni vive, il ceco si è comunque guadagnato la possibilità di alternarsi con Dzeko, che nella passata stagione l’aveva oscurato ma in questa deve ritrovarsi e ritrovare il gol in fretta (manca da 3 mesi), altrimenti rischia il posto. Anche gli intoccabili come lui possono essere messi in discussione, soprattutto se ad un periodo di flessione personale corrisponde l'esplosione del proprio vice. La sana competizione interna può diventare un vantaggio per la Roma e la crescita di Schick una soluzione per un domani non così lontano, visto che Dzeko è vicino ai 33 anni e alla scadenza del contratto (giugno 2020).
L'acquisto più caro fatto un anno e mezzo fa potrebbe essere il vero nuovo colpo di gennaio. «Patrik deve coltivare la cattiveria, imparare a non accontentarsi: anche con l’Entella poteva fare qualcosa in più», Di Francesco non si stanca di spronare l'attaccante che ha «sgridato» anche a gara in corso perché aveva sbagliato un lancio. Come il mental coach, lavora sulla testa di Schick e i risultati cominciano finalmente a vedersi.
Blitz a Boston per il rush finale sullo stadio
IL TEMPO - Gli stati generali della Roma negli Usa per prepararsi al rush finale sullo stadio. Ieri i dirigenti giallorossi Baldissoni, Fienga e Calvo hanno raggiunto Pallotta negli States per unaserie di meeting programmati.
Non si parlerà di calciomercato, vista l'assenza di Monchi, ma sul tavolo vi sarà certamente il dossier di Tor di Valle: Baldissoni aveva saltato le ultime riunioni a Boston proprio per definire con il Comune alcuni dettagli del progetto, che a breve dovrebbe tornare in Aula per l'approvazione di variante e convenzione urbanistica. Pallotta si prepara anche a siglare gli accordi con Eurnova per l'acquisto dei terreni. Il futuro della Roma passa sempre per lo stadio.
La maledizione infortuni. I contrattempi a quota 35
LA GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - La stagione della Roma sembra essere maledetta, anche se Di Francesco, al termine della partita contro l’Entella, è stato onesto: “Io non cerco alibi”. Detto che segreti del genere nelle stanze di Trigoria è sempre difficile scoprirli nel dettaglio, c’è però da dire che la «Spoon River» degli stop dei calciatori giallorossi parlano di 25 infortuni di natura muscolare e 10 di natura traumatica, anche se a volte il confine può essere più labile di quello che si pensi. Tra l’altro – da Pastore a Perotti – per molti si tratta di ricadute, e questo rende il quadro clinico ancora più difficile, complicando il lavoro sia dello staff medico che di quello che si occupa di preparazione. Perotti infatti, che sarà esaminato oggi, potrebbe fermarsi ancora per tre settimane.
Qualche buona notizia non manca, prime fra tutte il ritorno tra i convocati per il match contro il Torino (se non ci saranno intoppi) di Manolas ed El Shaarawy. C’è ottimismo anche per Florenzi, anche se ieri il jolly giallorosso aveva ancora la febbre alta. Più difficile, invece, il recupero di Nzonzi, che ieri ha lavorato in campo (e correndo), ma non ancora in gruppo.
Juan Jesus, menisco ko: fuori almeno un mese. Ora caccia al sostituto
CORRIERE DELLA SERA – PIACENTINI - “Lesione del menisco interno del ginocchio destro”. È questo il responso degli esami a cui si è sottoposto la scorsa notte il brasiliano Juan Jesus. Poteva andare senza dubbio peggio, in un primo momento si temeva la rottura dei legamenti, ma comunque il difensore non sarà a disposizione di Di Francesco per almeno un mese.
Sei gare, ma potrebbero essere anche di più, in cui Di Francesco in difesa avrà gli uomini contati: Manolas, Fazio e Marcano, per motivi diversi, non sono affidabili al cento per cento. Il greco ieri è tornato ad allenarsi con il gruppo e con il Torino sarà al suo posto, ma in questa stagione ha avuto qualche acciacco di troppo (finora ha saltato cinque partite).
Un centrale di difesa, insomma, sarebbe servito anche senza l’infortunio di Juan Jesus, e ora Monchi potrebbe essere costretto ad intervenire. L’obiettivo (più o meno) dichiarato per giugno è Gianluca Mancini dell’Atalanta, che però non se ne priverà a gennaio.
Una soluzione temporanea potrebbe essere l’accentramento di Kolarov – Di Francesco lo ha provato spesso in allenamento -, ma a sinistra né Santon né Luca Pellegrini garantiscono la stessa spinta del serbo.
La gara con l’Entella ha lasciato il segno anche su Diego Perotti, che si è fatto male durante il riscaldamento. Gli esami a cui si è sottoposto ieri a Trigoria hanno evidenziato un versamento al polpaccio, per capire se c’è lesione bisognerà aspettare ulteriori accertamenti che ci saranno tra oggi e domani. Se così fosse, sarebbe l’ennesima tegola per l’argentino, che in stagione finora, tra infortuni vari, ha accumulato la miseria di 218 minuti spalmati in cinque presenze. Recuperato El Shaarawy, col Toro sarà ancora out Mirante mentre si farà un tentativo per Florenzi (ieri ancora la febbre alta) e Nzonzi.
Schick sopresa del 2019, ma sabato torna Dzeko. Jesus, menisco ko è record di infortuni
LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Stretta tra Coppa Italia e campionato, la Roma vive quasi incredula la rinascita di Schick. Continuando però a perdere i pezzi. È Juan Jesus l’ultimo infortunato (il numero 35 della stagione), vittima di un’annata, l’ennesima, tormentata dal punto di vista medico. Per lui lesione al menisco interno del ginocchio destro, come evidenziato dagli esami fatti in nottata a Villa Stuart. Un mese, almeno, l’assenza prevista per il giocatore.
Da verificare anche le condizioni di Perotti, di nuovo alle prese con i guai al polpaccio, per quello che sembra essersi trasformato in un vero e proprio calvario. Ma il sospirone di sollievo viene almeno tirato per quanto riguarda Schick, attaccante ritrovato e giocatore in ascesa. Il tecnico giallorosso lo ha pungolato dopo la doppietta e l’assist realizzati con l’Entella, chiedendogli di fare ancora di più, proprio adesso che, anche grazie al supporto di un mental coach ceco, sembra avere più fiducia in se stesso. Sabato, contro il Torino, tornerà titolare Dzeko, ma adesso le gerarchie rischiano di non essere più così nette per il posto da centravanti, per un’alternanza che sarà probabilmente più netta anche all’interno della stessa partita.
Monchi ripensa a Miranda, l'Inter chiede almeno 5 milioni
La Roma pensa ad inserire nell’organico un difensore low cost, a causa dell’infortunio di Juan Jesus. L’entità non è ancora chiara, ma si parla di uno stop di almeno trenta giorni. Secondo quanto si legge su Tuttosport, Monchi continua a monitorare Joao Miranda, in uscita dall'Inter, che per il brasiliano chiede almeno 5 milioni. Le altre alternative, tra cui Kabak, sembrano più onerose. Offerto nelle ultime ore Angelo Ogbonna: l'ex centrale di Juve e Torino, ora al West Ham, però non convince il ds Monchi.
I pirati tv all’assalto del calcio: nel 2018 crescita record del 50%
IL SOLE 24 ORE - BIONDI - Record su record. I pirati della tv vanno sempre di più all’assalto del calcio. E pazienza che il campionato concluso sia stato quello dei record di violazioni individuate: oltre 64 mila eventi live, il quadruplo rispetto al 2011-12. I numeri sulla prima metà del campionato 2018/2019, alla 19ma giornata, secondo le elaborazioni della Lega Serie A mostrano un incremento drammatico: 43.167 violazioni, +50% rispetto allo stesso periodo del campionato passato.
La Serie A alle prese con la finale di Supercoppa italiana fra Milan e Juventus che si disputerà oggi a Gedda, in Arabia Saudita, alla ripresa dovrà fare ancora di più i conti con un crescendo che sembra inarrestabile. Qualcosa fa però pensare che stia per iniziare una stagione in cui si proverà a dare una zampata al fenomeno. Del resto un tris di condizioni rende sulla carta il quadro favorevole ad accelerare su una campagna di contrasto al fenomeno: in legge di Bilancio per il 2019 sono state inserite misure ad hoc. I vertici della Lega Serie A hanno messo la pirateria fra i punti in cima all'agenda: i numeri segnalano algebricamente come il limite sia stato superato.
I numeri del fenomeno Basti pensare - e questi sono dati diffusi a novembre - che in base a una ricerca Ipsos/Fapav 4,6 milioni di italiani fruiscono illegalmente di eventi sportivi live, con una stima di circa 21 milioni di atti di pirateria compiuti nell'anno passato. Il più colpito è naturalmente il mondo del calcio: 3 pirati su 4 guardano le partite di calcio. Seguono poi Formula 1, Moto GP e tennis. Insomma, un'ondata di contenuti piratati, attraverso siti web che diffondono illegalmente le immagini live, ma anche attraverso Iptv illegali (contenuti televisivi attraverso tv online illegali) e decoder contraffatti (i "pezzotti"). Per questi esiste una vera e propria attività di riscossione in cui il confine fra gli esattori e criminalità organizzata è spesso inesistente. Le cifre sono da capogiro. Un abbonamento che può includere sport, ma anche cinema, serie tv, canali per i più piccoli, documentari, può essere pagato somme variabili fra i 10 e i 20 euro. A questo si unisce il business dei siti pirata che per sostenersi fanno leva sulla raccolta pubblicitaria.
Cosa si rischia I reati per chi organizza siti con contenuti piratati o iptv possono essere hackeraggio, riciclaggio di denaro, reati valutari, associazione a delinquere. C'è l'articolo 473 del codice penale che indica multe dai 2.500 euro ai 25mila euro, oltre alla reclusione da sei mesi a tre anni per chi vede contenuti attraverso Iptv illegali. Tutti rischi evidentemente non percepiti come tali, a giudicare da quel 50% in più di partite piratate a metà campionato che fa pensare a un altro anno record. Non una bella notizia per Sky e Dazn che sono titolari dei diritti per la Serie A (Sky 7 partite su 10 ogni giornata e Dazn per le ulteriori 3). «Tanto è stato fatto, ma molto è ancora da fare, partendo da un processo di educazione sociale, in particolare rivolto ai giovani, con l'ausilio delle autorità competenti e degli altri player interessati», dice Veronica Diquattro, Executive vicepresident Italy di Dazn. L'aumento della pirateria non è però neanche una buona notizia per gli stessi club: nei contratti per il triennio in corso con Sky e Dazn sono stati inseriti compensi variabili in funzione del numero di abbonati. Non a caso già a ottobre il presidente della Lega Miccichè ha voluto segnalare come sia «necessario che le istituzioni, le autorità e le forze dell'ordine proseguano in questa lotta, anche perché l'evoluzione tecnologica fornisce sempre nuove armi alla pirateria e rende necessario un monitoraggio costante e una risposta dinamica con nuove soluzioni, anche da un punto di vista normativo».
La politica batte un colpo. Solo qualche giorno fa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Vito Crimi, ha tuonato su Facebook contro il calcio pirata dopo aver ricevuto una proposta sponsorizzata su Telegram. «Altro che Robin Hood», ha scritto formulando un invito perentorio: «Denunciate la pirateria televisiva che danneggia le pay tv e l'economia del nostro Paese, io l'ho fatto». Per il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, intervistato da Sky Sport, «la pirateria non è un atto di furbizia, ma qualcosa che deve essere sanzionato. Certo, è un percorso su cui non bastano le leggi, ma deve crescere complessivamente il senso civico». Il riferimento sulle norme è a quanto previsto nella legge di Bilancio per il 2019 dove è stata introdotta una misura che rafforza la lotta alla pirateria, affiancando alla Lega Serie A (titolare dei diritti) anche i broadcaster e detentori di diritti che, in accordo con la Lega, possono far valere i loro diritti, denunciando i pirati e chiedendo l'intervento del giudice per chiudere il sito pirata. La nuova norma dispone anche misure per impedire la reiterazione della violazione, con un "Daspo online" per siti e server pirati.
Le altre Leghe europee. Il problema non è solo italiano, ovviamente. Lo sanno soprattutto i campionati più "esportati" come Liga spagnola e Premier League inglese. Quest'ultima ha creato un ufficio a Singapore per combattere in maniera mirata il tema della pirateria. E c'è un punto sul quale dall'Italia si guarda con un po'di invidia Oltremanica. Per i contenuti sportivi protetti dal copyright la Premier League e gli Internet service provider hanno trovato un accordo che poi è stato reso esecutivo dall'Alta Corte di Giustizia di Londra: l'inibizione non solo dell'accesso ai domini (Dns) dei siti pirata (in Italia il Regolamento Agcom, comunque apprezzato sul tema dal mondo del calcio e recentemente rafforzato, prevede questo), ma anche dell'accesso ai server che consentono a tali siti pirata di operare. Solo nella stagione 2017-2018 le violazioni bloccate sono state 200 mila.
Arrestati 5 ultras azzurri. I pm: "Guerriglia urbana" contro i tifosi del Verona
LA REPUBBLICA - DEL PORTO - Una «guerriglia urbana» esplosa a due passi dalla stazione Centrale, nel giorno dell'Epifania. «Violenze realizzate in pieno centro cittadino, in orario di punta, alla presenza di molteplici passanti, anche bambini, possibili bersagli involontari degli scontri», scrive il giudice Linda Comella nell'ordinanza che manda in carcere 5 dei circa 160 ultras violenti del Napoli protagonisti il 6 gennaio di un anno fa, all'angolo fra via Galileo Ferraris e corso Arnaldo Lucci, di un vero e proprio «corpo a corpo con la polizia» che stava scortando i tifosi del Verona diretti allo stadio San Paolo per la gara tra gli scaligeri e gli azzurri. Il bilancio degli scontri fu di tre agenti feriti, un automezzo delle forze dell'ordine danneggiato, cassonetti della spazzatura incendiati, autobus bloccati. In cella sono finiti Carmine Cacciapuoti, Tommaso Fiorillo, Gennaro Iescone, Diego Infante e Fabio Vegliante, tutti indicati come appartenenti ai gruppi Secco vive, Ultras 72 e Area Nord, sigle storiche della Curva B.
Cacciapuoti e Infante erano agli arresti domiciliari dalla fine di ottobre nell'ambito delle indagini su un altro episodio di violenza ultrà, l'assalto a una comitiva di tifosi della Roma intercettati a Capodichino lo scorso aprile mentre rientravano da una trasferta di Champions a Barcellona. Gli indagati sono in tutto dieci, durante le perquisizioni sono stati sequestrati un manganello, un passamontagna e un tirapugni.
«I nuovi violenti della Curva». L'inchiesta, condotta dalla Digos diretta da Francesco Licheri e coordinata dai pm Danilo De Simone e Stefano Capuano con il procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, ricostruisce anche i nuovi equilibri delle frange più estreme della tifoseria partenopea. Il tifo nato negli anni '70, alimentato da «mera passione calcistica» e caratterizzato da «toni folcloristici», non esiste più, scrivono i magistrati. Adesso, si legge nell'ordinanza, si sono «stratificati, nell'ambito degli originari gruppi, frange accomunate dalla stessa provenienza geografica, oltre che da vere e proprie ideologie». La conseguenza è stata di «inevitabili scissioni in sottogruppi, poi divenuti autonomi e indipendenti, espressione dei diversi quartieri». Nella ricostruzione della Digos, le «forme di aggregazione spontanea» degli anni '80 hanno lasciato il posto a una «nuova generazione di ultras organizzati» al cui interno si annidano fazioni di tifoseria «caratterizzate da una spiccata violenza» sia contro le opposte tifoserie, sia contro altri gruppi.
«Usa i coltelli». Non a caso, in un'Intercettazione fra due indagati non arrestati si parla di «usare i coltelli per rompere la curva». E nei dialoghi captati nel filone investigativo sull'assalto al van di tifosi romanisti, Infante manifesta «furia» anche nei confronti di componenti del suo stesso gruppo, forse per ragioni «inerenti il tifo esternato allo stadio con i cori», ipotizzano gli investigatori. «Qualcuno in mezzo a noi si fa male seriamente - dice - gli faccio prendere 15-16 punti addosso, non ho niente da vedere, non ho niente da perdere, non ho figli, non ho famiglia».
«L'escalation di violenze». Era sempre Infante a progettare un'altra aggressione ai danni di romanisti, anche alla stazione di Afragola: «Tornano un'altra volta qua», affermava in quella che il giudice definisce come «una escalation di violenze» del contesto nel quale erano inseriti gli indagati. E sempre Infante ad affermare: «Non hanno capito ancora questi con chi stanno avendo a che fare. Io sclero, non sto bene con la testa. Tutti i giorni li vado a prendere».
Con il Daspo in Germania. L'inchiesta conferma che anche soggetti colpiti dal Daspo, il divieto di partecipazione a manifestazioni sportive, riescono tranquillamente ad entrare negli stadi, addirittura in trasferta all'estero, come nel caso di uno degli indagati, Edoardo Moxedano (per il quale l'ordinanza è stata rigettata) che a febbraio 2018, pur essendo ancora sottoposto a Daspo, era tranquillamente a Lipsia a vedere la partita di Europa League.
L'attacco su due fronti. Il 6 gennaio, i poliziotti si ritrovarono al centro di un «attacco simultaneo da due diversi fronti». Prima entrarono in azione 150 teppisti, che, dopo essersi «compattati», presero di mira gli agenti «prima a distanza, con fumogeni e petardi, poi con uno scontro fisico diretto», si legge nell'ordinanza. Nello stesso momento, un altro gruppo composto da una quindicina di persone, di cui secondo l'accusa facevano parte anche i cinque arrestati, aggredì i poliziotti alle spalle. Gli scontri, rilevano i magistrati, rappresentarono «un grave pericolo per la pubblica incolumità», tenuto conto della giornata festiva, del traffico intenso e della presenza di passanti inermi.
Cori razzisti all'Olimpico, Lotito: "Devono essere messe in campo tutta una serie di azioni volte a reprimere certi episodi"
Claudio Lotito commenta il caso dei cori all'Olimpico. Dopo la partita di Coppa Italia una parte di ultras della Curva Nord ha dato voce a motivetti antisemiti contro i tifosi giallorossi.
"Devono essere messe in campo tutta una serie di azioni volte a reprimere certi episodi, quando questi però sono palesi, evidenti e percepibili. Invece così si rendono le società ostaggio dei comportamenti di dieci stupidi", dice il presidente della Lazio.
"In uno stadio semideserto si sarebbero sentiti. Invece chi era allo stadio nessuno ha sentito nulla, nemmeno io, tanto è vero che la giustizia sportiva ha ritenuto di non fare nessun tipo di considerazione. Sta diventando una psicosi, una situazione ridicola. La società non deve pagare nulla. Sotto la curva si può sentire qualsiasi cosa, ma in questo caso non li ha sentiti l'arbitro, non li ha sentiti la procura e nemmeno il quarto uomo".
Flachi: "Potevo essere come Totti ma ero troppo bischero"
LA VERITA' - SPRIDIGLIOZZI - La vita, quando meno te lo aspetti, ti fa trovare lungo la strada trappole di ogni tipo. Tutta una serie di tranelli che possono farti cadere, a volte rovinosamente. Alcool, droghe, scommesse, carte da gioco. Se poi hai poco più di 20 anni e sei forte, ricco e famoso ecco che allora i problemi diventano ancora di più. A un giovane calciatore inoltre si chiede spesso di essere subito uomo e di saper gestire bene l'azienda che lui stesso ha creato(basti guardare quello che fa da oltre 15 anni Cristiano Ronaldo); ma se non sei fortunato a trovare persone fidate accanto a te anche per il ragazzo calciatore, prima o poi, arriva l'attimo che può fregarti. E c'è un'ulteriore gamma di problemi che può gettarti nello sconforto: stalking, invidie, coincidenze. Oppure intercettazioni: «Era l'inizio della stagione 2006/2007, avevo iniziato bene il campionato con 3 reti. Poi per una storia di carte donate, di intercettazioni, mi ritrovai in mezzo ad un'indagine di partite combinate. La realtà è una sola: io non ho mai scommesso niente. La cosa mi devastò, persi la nazionale, iniziai a giocare male e poco. Fui squalificato due mesi!». Parole di Francesco Flachi, che di lì, nel giro di pochi mesi, incappa indue squalifiche consecutive, perché viene trovato positivo ai metaboliti della cocaina.
Amato in campo e fuori per il suo carattere allegro e sfrontato, ancora oggi a Firenze come a Genova se lo litigano tra radio, tv e Web dove collabora da tempo. Il ragazzo che sognava di essere il Totti della sua città, si ritrovò a giocare una carriera sotto la Lanterna, tanto che dopo il duo dello scudetto Vialli-Mancini, è lui il terzo realizzatore della storia della Sampdoria con 112 gol. Flachi iniziò a segnare valanghe di gol nell'Isolotto, un rione di Firenze. Aveva 13 anni: «Ancora oggi mi fermano per strada e mi ricordano di quando segnai 5 gol in una partita, 4 in un'altra. In effetti segnavo davvero tanto... Dopo qualche mese mi chiamò Moggi ed ero praticamente del Napoli. Bloccò tutto mia madre che al momento di decidere scoppiò a piangere. Non riusciva ad accettare che a soli 13 anni dovessi andare così lontano per il calcio».
E cosi si realizzò Il suo sogno: Firenze!
«Si! Giocare nella mia città. Avrei davvero voluto essere per Firenze quello che Totti è stato per Roma. Io però sono stato più bischero. Mi ritrovai a giocare con gente come Batistuta, Effenberg, Rui Costa, Baiano».
Perché andò male alla Fiorentina?
«Claudio Ranieri voleva che andassi in provincia a farmi le ossa, mentre Vittorio Cecchi Gori stravedeva per me. Oggi fa bene la Viola a puntare sui giovani».
E quindi si ritrovò alla Sampdoria.
«E nacque il più bello degli amori. Una città bellissima, una tifoseria unica».
Cosa vuol dire giocare a Genova?
«Lo stadio è meraviglioso e la città è bellissima. Mi fa male vederla oggi sfregiata dopo la tragedia del Ponte Morandi. In otto anni che ci ho vissuto mai visto un giorno che non c'era un lavoro su quel ponte».
E in otto anni quanti derby?
«Il derby è di Genova. Altri non ce ne sono. Gli altri sono diversi. A una partita che non puoi spiegare per intensità, bellezza, entusiasmo».
Ha mai sofferto le pressioni Francesco Flachi?
«In campo mai. All'Isolotto o al Franchi a me non importava nulla. Era la stessa cosa, dovevo far gol. Il calcio mi ha sempre dato quella sicurezza che invece non ho, o meglio, non avevo fuori dal rettangolo di gioco».
Cosa accadeva fuori dal campo?
«Diventavo un cacasotto. Era come se il giocatore sicuro e sfrontato scomparisse e vivevo spesso con grande disagio i problemi della vita e del calcio stesso».
In campo dava del tu al pallone, poi decise ad un certo punto della sua vita di dare del tu a qualche vizio balordo...
«Purtroppo sì! A una delle tentazioni più brutte che una vita può proporti beffardamente. La ragione? Tante, diverse».
Ma se si volesse ritrovare il momento in cui uno cede. Quand'è che mollò?
«Le insidie, le insicurezze possono fregarti in qualsiasi istante. Sei giù, ti incolpano ingiustamente e invece di reagire bene, ho reagito male. Mentre sei li che giochi, che vivi la tua vita di calciatore è tutto cosi veloce che quasi non ti rendi conto che stai buttando via tutto».
Cosa accadde tra il settembre del 2006 e il febbraio del 2007?
«Mi ero ritrovato da poco in una storia assurda riguardo carte clonate e combine, ero davvero triste, avevo perso la Nazionale. Volevo urlare che era tutta una pazzia, ma non potevo. Era inutile. E inizi a stare solo. E capita che ti rifugi in una cosa stupida».
Cosa scatta? Perché non ci si ferma subito visto che ci si rende conto che è una immane sciocchezza? «Te ne rendi conto, certo, ma pensi al calcio, solo a quello. Mentre per tutto il resto quasi ti viene da dire "si vabbè poi ci penso"».
Influisce anche il tipo di vita?
«Ma io non sono uno da vita da copertina! Mi spiace solo aver fatto male alle persone che mi amano davvero: la mia famiglia, i miei genitori. Sa la cosa più bella quale fu?».
Quale?
«Mio padre. Quando la notizia della mia sciocchezza fu data da giornali e televisioni ricordo che tornai a casa dai miei. Fu durissima vedere mio padre, ma nonostante il momento terribile, mi disse una cosa bellissima che non dimenticherò mai. Era seduto to mai a una festa. Credetemi. Andai una sola volta d'estate in Costa Smeralda, invitato da amici calciatori. C'era Lele Mora, tanti calciatori, tanti cosiddetti Vip, ma io guardai mia moglie e le dissi, "andiamocene da qui". Non ci tornai più».
In effetti a Firenze come a Genova tutti parlano di lei come una persona semplice.
«Ma certo! Ora non voglio sembrare immacolato, anche io ho commesso le mie bischerate. A quell'età per dire ti compri 27 macchine, 27 orologi, vuoi avere sempre di più, ma personalmente durò poco. Capii subito che io posso solo stare in mezzo alla mia gente. Poi capitano gli errori ma non voglio accampare storie perché si decide sempre in prima persona. Nessuno ti imbocca. Ricordo che avevo tanta gente attorno, pagavo tutto io. Cene, sul divano, si vedeva che era preoccupato, mi guardò e mi disse: "Se è una bischerata finiscila immediatamente, altrimenti ti prego andiamoci a curare". Gli ho levato 20 anni di vita per le mie c****te».
Quando si rese realmente conto della sciocchezza che stava commettendo? «Guardando i miei figli. Mi misi mio figlio piccolo sul petto, me lo guardai, scoppiai a piangere. Decisi che dovevo farla finita. Ho pianto molto in quel periodo, piangere fa benissimo».
Immagino i rimpianti...
«Tanti. Ho buttato via parte della mia carriera. A volte riguardo le cassette delle mie partite, rileggo i giornali. Ferite che mi porterò per sempre dentro».
Oggi come vive Flachi?
«Mi spiace aver sperperato soldi inutilmente, ma nonostante tutto non sto male. Certo nemmeno bene, mi sarebbe piaciuto dare qualcosa in più ai miei figli».
È stato squalificato fino al gennaio del 2022, intanto allena... da fuori.
«Sì! A seguito della squalifica non posso entrare in uno stadio, neanche a vederle partite. Alleno il Bagno a Ripoli e sogno di diventare allenatore. Spero di farcela. Se sono bravo lo dirà il campo, sennò sto in famiglia e continuerò a lavorare nella mia paninoteca a Firenze».
Cosa ha capito oggi della figura dell'allenatore?
«Che spesso non è assolutamente colpa sua. E volete sapere da quando lo penso? Da quando mi allenavo con Franco Scoglio».
Cosa aveva di speciale Franco Scoglio?
«Era un sanguigno. Parlava in maniera diretta, senza tanti giri di parole. Una grandissima persona che ha fatto tanto per me. Un paradosso, visto che poi lui diventò un mito del Genoa e formò me, che giocai nella Sampdoria».
Uno dei gesti atletici che l'hanno sempre caratterizzata è la rovesciata.
«Una volta a Perugia ne segnai due in una sola partita. La seconda la segnai al 94'. Potete immaginare la gioia».
A proposito di rovesciate...
«Ho già capito, Cristiano Ronaldo! Beh quella che fece alla Juventus in Champions è stata a dir poco spettacolare. Parliamo di un grandissimo professionista. Una macchina da guerra, uno straordinario giocatore che si può permettere di fare tutto. Immenso».
Cosa vorrebbe urlare oggi Francesco Flachi?
«Io non ho mai imbrogliato nessuno, non ho mai rubato un euro, non ho mai mancato di rispetto a nessuno se non a me stesso e a chi mi ha voluto veramente bene. Non ho mai buttato via un minuto d'allenamento. Spero di tornare in un campo di calcio senza dovermi nascondere».
A chi deve dire grazie?
«Ai miei genitori, ai miei figli e a mia moglie Valentina. Sono 20 anni che stiamo insieme. Come tutte le coppie di questo mondo abbiamo i nostri alti e bassi, ma non è una ex velina, non è una ex letterina e la amo ancora oggi come quando la conobbi tanti anni fa, da cassiera in un negozio di Firenze. Per me è la più bella del mondo».