In arrivo una rivoluzione graduale

IL TEMPO - AUSTINI - Entusiasti. Curiosi. Impazienti. Dan Friedkin e suo figlio Ryan, destinato ad avere un ruolo centrale nel club e una presenza più assidua a Roma, non vedono l’ora di avviare la nuova era giallorossa e di aggiungere un tassello così prestigioso al loro impero dedicato all’intrattenimento. L'operazione è stata chiusa in fretta proprio con l’obiettivo di intervenire subito nelle strategie, a partire dal calciomercato di gennaio prossimo all'apertura. C'è bisogno di confermare le previsioni di budget della società ed eventualmente correggerle, oltre alla necessità impellente di immettere liquidità in cassa attraverso un finanziamento che copra parte dell’aumento di capitale da massimo 150 milioni di euro già deliberato dall’assemblea dei soci dell’As Roma e da concludere entro il 2020.

In una prima fase, che durerà almeno fino al termine della stagione sportiva, i Friedkin sono intenzionati a confermare in blocco l’attuale management. I contatti tra la nuova proprietà e il Ceo Guido Fienga sono in corso da mesi, l'impressione degli americani sul lavoro in corso a Trigoria è positivo e non c'è alcuna urgenza di rivoluzionare la dirigenza. A Mauro Baldissoni, teoricamente in uscita ma legato alla Roma da un contratto fino al 2021, spetterà invece il ruolo di concludere i lavori preparatori alla costruzione dello stadio. Anche lui avrà modo di parlare con Friedkin e, qualora gli venisse chiesto, di valutare la propria posizione anche in chiave futura. Franco Baldini, legato invece a Pallotta, sembra fuori dai giochi. Poi nei prossimi mesi avverrà un naturale inserimento di qualche nuova figura di riferimento della proprietà nei ruoli di vertice, ma c'è tutto il tempo per selezionarla.
In questo senso, assume un’'importanza strategica il ruolo di Alessandro Barnaba, ovvero l’uomo di JP Morgan che ha assistito i Friedkin durante tutta la trattativa con Pallotta. Dal 1996 al servizio della banca d'affari dove ora ricopre il ruolo di Global Chairman dell’Investement Banking, lavora a Londra, è cresciuto in Egitto ma è romano e romanista, si è laureato alla Luiss e tra i vari professionisti che hanno lavorato all’affare è senz'altro quello più coinvolto emotivamente vista la fede calcistica. Se Friedkin avrà bisogno di qualche consiglio, potrà contare sulle sue conoscenze della materia giallorossa. Oltre alla questione stadio, una volta messe le mani nella società i nuovi proprietari dovranno fare i conti con un club in forte squilibrio tra costi e ricavi, che da anni ricorre alle plusvalenze sul mercato per rientrare nei parametri del Fair Play Finanziario della Uefa. E visto che non sarà semplice far crescere i ricavi in fretta senza avere ancora un impianto di proprietà, si dovrà capire quale sarà la strategia di Friedkin per migliorare la competitività della squadra. Ad oggi la Roma rientra nei paletti della Uefa e quindi è impossibile parlare di accordi volontari di patteggiamento: i «voluntary agreements» sono concessi ai club che cambiano proprietà ma solo quando hanno sforato i limiti. E questo non è ancora avvenuto. Il marchio è cresciuto molto, potenziali sponsor sono pronti ad aggiungersi anche attraverso i canali dei proprietari texani, mala differenza la faranno come sempre le scelte lungimiranti in tutti i campi. Perché per vincere bisogna battere la Juve - e ora anche l'Inter - che fatturano più del doppio della Roma.


Arriva dal Texas per far sognare i romanisti

IL TEMPO - CARMELLINI - Serviranno ancora diverse settimane, ma alla fine anche la Roma avrà finalmente un «vero» presidente. Niente più patron a distanza perché l’esperienza di Pallotta è stata da esempio a tutti. Per gestire una club di prima fascia in serie A, soprattutto se legato a una città nevrotica e poliedrica come Roma, serve una presenza fissa. La società, la squadra, la gente, insomma l’intera piazza deve sentire che c'è un uomo che decide qui e non un riferimento dall'altra parte dell'oceano al quale arriva tutto in maniera, inevitabilmente, distorta e che ha tempi di reazione pachidermici. Bisogna viverci all'ombra del Cupolone, respirare l’aria che tira e percepire al volo le scelte da fare e a volte andare anche contro la logica aziendale. Per fare questo Friedkin manderà a Roma il figlio Ryan, cui sarà affidato il compito di «esserci».

A Pallotta (che esce comunque a testa alta avendo acquistato il club che nove anni fa fu valutato poco più di 200 milioni e venduto a quasi cinque volte il valore iniziale) va riconosciuto di aver fatto il lavoro «sporco», di aver ristrutturato il club trasformandolo da gestione famigliare (e qui va ricordato il grande sacrificio di Franco Sensi, presidente dell’ultimo scudetto giallorosso) in una grande azienda internazionale: con o senza lo stadio. Perché per quanto riguarda il nuovo impianto giallorosso a Tor di Valle si sta giocando ancora tutta un'altra partita fatta di colpi di scena, clamorosi dietrofront e i soliti pantani capitolini tra politica e burocrazia.

Ma è chiaro che adesso cambia tutto, perché si passa da un presidente che era a capo di un gruppo di imprenditori (tra l’altro ultimamente premevano per uscire), a un proprietario unico in grado di decidere da solo: investimenti, strategie, tutto. Un «one man show» al quale ora manca il tassello finale, quello che attendono i tifosi ormai da troppo tempo: vincere. Perché la bacheca giallorossa è rimasta a secco per troppo tempo. La strada intrapresa con Fonseca sembra quella giusta ma per andare a dama. A questa Roma serve il decisivo salto di qualità.


I tifosi con Dan: "Ma non venda i nostri gioielli"

LA REPUBBLICA - Moderato entusiasmo tra i tifosi della Roma, più o meno noti, a proposito della cessione di proprietà che vedrà James Pallotta passare il testimone a Dan Friedkin. L'investitore texano acquisirà la Roma per circa 800 milioni di euro, considerati i debiti del club e la ricapitalizzazione. Il tutto in attesa di capire cosa sarà dello Stadio di Tor di Valle.

Intanto i tifosi, che non sono mai arrivati ad amare visceralmente James Pallotta, chiedono a gran voce il ritorno di Totti e De Rossi ma anche che i pezzi migliori della rosa non vengano ceduti, dopo una trattativa per la cessione del club che è andata avanti in tempi piuttosto spediti.


La stagione delle umiliazioni e degli addi di De Rossi e Totti. Ora Fonseca dà fiducia

LA REPUBBLICA - Un 2019 non certo brillante per la Roma iniziato con prestazioni deludenti, si pensi al 7-1 in Coppa Italia contro la Fiorentina. La debacle non portò all'esonero di Eusebio Di Francesco, che fu però allontanato qualche tempo dopo e seguito dal direttore sportivo Monchi. Poi l'arrivo di Ranieri, la mancata qualificazione in Champions League ed il doloroso addio di Daniele De Rossi, almeno da calciatore con la maglia giallorossa. Quindi lo strappo con Francesco Totti, e gli arrivi di Gianluca Petrachi e Paulo Fonseca che hanno invertito la tendenza negativa. I giallorossi chiudono un anno cominciato malissimo da quarti in classifica, in zona Champions.


Totti, un ritorno difficile. La sfida: tenere i gioielli

IL MESSAGGERO - Con il passaggio di proprietà c'è subito l'idea che, uscito di scena Pallotta, Totti e De Rossi possano entrambi riprendere la strada di casa. Ad oggi, però, resta la suggestione del tifoso e niente più. E prematura, a prescindere da quanto possa accadere sul serio tra qualche mese o anno. Fienga li avrebbe voluti, in ruoli diversi, accanto a sé. Ma il divorzio, rumoroso e doloroso, è stato inevitabile per il feeling inesistente di entrambi con la proprietà Usa. Adesso però  è il momento delle nuove bandiere: Lorenzo Pellegrini e Nicolò Zaniolo.
Anche con Friedkin rimarrà il Ceo Guido Fienga che proprio su input della nuova proprietà,  dovrà confermare i migliori giocatori della rosa giallorossa, senza passare più attraverso quelle cessioni che vanno a incidere sulla competitività della squadra. Sarebbe la vera svolta della nuova gestione.


Trovato l'accordo: 790 milioni di euro. Ora tocca a Friedkin, closing in un mese

GAZZETTA DELLO SPORT - La Roma passerà di mano dopo 8 anni: nel comunicato pubblicato dal club non sono ancora menzionati dettagli specifici, ma James Pallotta lascerà la società nelle mani di Dan Friedkin. La valutazione dell'asset è di circa 790 milioni di euro, somma che il nuovo proprietario non verserà per intero: non acquisterà infatti la totalità delle quote azionarie, e per di più alla valutazione complessiva va detratto l'indebitamento del club.

Ora partirà l'ultima due diligence, che terrà occupati gli avvocati di Friedkin per 4 o 5 settimane, poi si deciderà se sarà necessario limare ulteriori dettagli sul prezzo finale. L'offerta di Friedkin prevederebbe anche il ristoro delle spese sostenute da Pallotta per il progetto stadio - circa 80 milioni - con l'inserimento nei contratti di premi importanti legati al via libera del Comune.

«Tutto quello che ho fatto è stato solo per il bene della Roma, così come quello che farò»: queste le parole che l'attuale presidente giallorosso avrebbe fatto filtrare. Sotto Pallotta il valore del club si è moltiplicato, dato che testimonia la bontà dell'operato di un presidente mai fortemente amato dalla piazza.

Nella dirigenza entrerà il figlio di Dan Friedkin, Ryan, che affiancherà Fienga. Il primo obiettivo sarà quello di aumentare i ricavi, a cominciare da una ridefinizione dell'accordo con Nike. Non ci saranno investimenti faraonici in termini di nuovi acquisti, così come c'è da aspettarsi ritorni per attirarsi subito le simpatie della piazza, come quelli di Totti o De Rossi.


Sette anni e zero titoli. Jim senza core de Roma

IL MESSAGGERO - La Roma che James Pallotta lascia dopo sette di presidenza è rimasta la stessa soltanto nella stanza dei trofei. Questa Roma americana ha vinto zero titoli,. Ma neppure questo sarebbe l'aspetto più mortificante di questa intera vicenda pluriennale. E' stata l'era della modernizzazione societaria; del nuovo stadio che restava sullo sfondo come un miraggio; l'era delle plusvalenze più che quella dei risultati. Bastasse uno stadio per vincere un campionato. Non sarebbe servito di più occuparsi un po' meno di earn out, cash flow, due diligence e altre doverose e dolorose incombenze finanziare con termini piuttosto estranei? E magari non avviarsi su quella strada che ha portato la Roma dov'è oggi, la strada der còre? La Roma aveva un'anima che non ha quasi più: aveva la romanità;  potevano crescere ragazzi ben individuati, come Marquinhos, o Salah, o Alisson.


L'obiettivo: blindare Zaniolo. Politano il primo acquisto?

GAZZETTA DELLO SPORT - Non c'è solo la cessione del club: sono ore decisive per il passaggio del testimone da James Pallotta a Dan Friedkin, ma Gianluca Petrachi lavora per il calciomercato che verrà, su obiettivi possibili come Politano e sui rinnovi di Cristante e Pellegrini, oltre che sulla permanenza di Zaniolo in giallorosso.

Il ruolo di Guido Fienga, invece, è quello di consolidare la posizione del club sotto tutti i punti di vista, anche quello economico, indipendentemente dagli introiti derivanti dalla partecipazione alla Champions League. Questo attraverso l'aumento dei ricavi, con un mercato di gennaio che per forza di cose non potrà essere scoppiettante: dovessero arrivare offerte sui 40 milioni per Under, ad esempio, la Roma andrebbe a bussare alla porta dell'Inter, offrendo circa la metà per prendere proprio Matteo Politano.

Cessioni: per Juan Jesus è passata in prima fila la Fiorentina, che però temporeggia di fronte alla richiesta di 7-8 milioni da parte dei giallorossi. Per Mert Cetin, stimatissimo da Paulo Fonseca, si pensa ad un prestito al fine di accelerarne la maturazione.

Resta da capire se Kalinic verrà tentato da nuove destinazioni, così da aprire il passaggio ad un nuovo vice-Dzeko. Nel frattempo si lavora non solo ai rinnovi di Cristante (fino al 2024) e Pellegrini (rimuovendo la clausola rescissoria), ma anche a quello di Kolarov. Ma la vera novità potrebbe essere il cambio sulla politica delle cessioni: niente più pezzi pregiati via per esigenze di bilancio, con priorità assoluta al progetto tecnico.


Zero trofei, tre secondi posti e otto tecnici cambiati

CORRIERE DELLA SERA - Il bilancio della prima Roma americana si chiude con pochi picchi e molte delusioni. Sono infatti zero i trofei conquistati dal 2011 ad oggi, con una finale di Coppa Italia persa con la Lazio. Tre invece i secondi posti ottenuti in campionato dalla squadra giallorossa, che durante la gestione a stelle e strisce ha cambiato ben 8 allenatori: Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli, Garcia, Spalletti, Di Francesco, Ranieri e Fonseca.
Sotto la presidenza Pallotta la Roma ha raggiunto il suo record di punti totalizzati in campionato: nella stagione 2016/17 la squadra di Spalletti totalizzò 87 punti, vincendo 28 partite in campionato.


Roma, il prezzo è giusto

CORRIERE DELLA SERA - Le firme arriveranno tra circa un mese, ma la notizia c'è: James Pallotta ha accettato di cedere la Roma a Dan Friedkin per la somma di 790 milioni di euro. L'attuale presidente resterà con una quota di minoranza, mentre lasceranno altri partner, su tutti Starwood. Pallotta lascia la Roma dopo 7 anni di presidenza, senza aver vinto nessun trofeo e con il rimpianto di non aver mai instaurato un rapporto d'amore con la tifoseria.

Ci sono però anche dei lati positivi: nel corso della presidenza americana il valore del club si è moltiplicato, il progetto stadio è ormai vicino ad una conclusione positiva, lo sviluppo dei social media giallorossi è stato evidente e si è portata avanti una lotta apprezzabile contro il razzismo e a favore di tematiche sociali. La più bella pagina resta quella della cavalcata in Champions League nella stagione 2017/2018.

La struttura dirigenziale rimarrà la stessa almeno fino a giugno. Non ci si aspettano colpi folli sul mercato di gennaio, ma si puntellerà con la conferma di Chris Smalling ed il rinnovo di Lorenzo Pellegrini.


Campo Testaccio, eri tanta gloria

SARA BENEDETTI - INSIDEROMA.COM - Campo Testaccio, diviso tra mito e cronaca, continua a rimanere una ferita aperta nel tessuto urbano della città e nella memoria dei tifosi della Roma. Lo stadio, inaugurato il 3 novembre 1929, ha ospitato per 11 stagioni 161 gare di campionato della Roma fino al 21 ottobre 1940, anno in cui fu demolito. Da quel momento l'area ha vissuto in uno stato di progressivo abbandono e degrado e ancora oggi si parla del futuro di Campo Testaccio. Solo nell'ottobre 2018 è stata operata una bonifica che aveva restituito speranza agli abitanti del quartiere e ai tifos, ma l'erba ed il degrado stanno riprendendo il sopravvento.


Non sarà un Mecenate

CORRIERE DELLA SERA - Era arrivato tra le più grandi aspettative dei tifosi della Roma. James Pallotta è ricco, ma non rappresenta i ricchi scemi. Per lui il calcio è stato solo una questione di affari. E di fatto con il calcio ha guadagnato almeno un centinaio di milioni netti in pochi anni, annullando l'indebitamento della Roma che si faceva via via più preoccupante.

La squadra non è andata male ma non ha vinto. Il club è sempre costato più di quanto producesse, alla fine era fatale che finisse in questo modo. Ora Friedkin, che ha idee e capitali: ma non c'è da aspettarsi il mecenate.