Io Balo da solo

LEGGO - BALZANI - Dieci anni di insulti, provocazioni e squalifiche. Quella tra Balotelli e i tifosi giallorossi è una storia poco felice che vivrà domenica all'Olimpico, in Roma-Brescia, un appuntamento ad alto tasso di pericolosità visto che la Sud è sotto diffida dopo i cori anti-Napoli (ieri scontata di 10 mila euro la multa al club) e gli ululati a Vieri a Marassi.

A patto che Grosso non decida di lasciarlo a casa dopo l'ultima balotellata di ieri che ha convinto il tecnico del Brescia a cacciare Super Mario dal campo di allenamento perché troppo svogliato. La tensione è salita a metà seduta e potrebbe portare anche a un'esclusione temporanea dalla rosa di Balotelli. Una giornata non facile quella dell'ex interista che ha saputo pure della sospensione (con supplemento di indagine) della chiusura del settore Est dello stadio di Verona, decisa dal giudice sportivo per i famigerati cori razzisti che portarono Balotelli a scagliare il pallone in curva. E se dovesse giocare domenica non sarà di certo una giornata come le altre per l'attaccante italiano.

L'ultima di SuperMario contro i giallorossi, infatti, finì con gli ululati razzisti da parte di alcuni tifosi romanisti presenti a San Siro con tanto di sospensione del match col Milan per 90 secondi. Era il 14 maggio 2016 e qualche giorno dopo il Giudice Sportivo squalificò la curva Sud e la Roma (multata di 50 mila euro) decise di non fare ricorso. Ma le diatribe tra Balotelli e la Sud hanno radici molto più profonde. Già nel 2009, infatti, alcuni atteggiamenti provocatori di Mario nel corso delle sfide scudetto con l'Inter scatenarono gli istinti più beceri di alcuni ultrà. Il 17 luglio di quell'anno l'attaccante dichiarò: «Juve-Inter? Non ci penso, adesso penso a Roma-Inter e come esultare sotto la Sud dopo il gol». Una provocazione evitabile, ma comprensibile visto che un mese prima Balotelli fu vittima di un episodio orrendo andato in scena a Ponte Milvio. Il bresciano, in compagnia di alcuni compagni dell'Under 21, fu preso di mira fuori da un gruppo di tifosi che gli lanciarono addosso due banane con tanto di ululati. Balotelli decise di non sporgere denuncia, ma la storia non finì quella sera. Il 10 maggio 2010 la Sud dedicò gli dedicò uno striscione: «Non ti insultiamo perché di colore, ma perché sei uno stronzo senza onore». Cinque giorni prima all'Olimpico, nella finale di coppa Italia, Totti venne espulso per un calcione rifilato a Balotelli dopo che quest'ultimo aveva provocato l'ex capitano per tutto il match. Altri striscioni apparvero lo scorso anno a Testaccio e Trigoria quando si vociferava di un arrivo di Balotelli alla Roma tra cui: «Mezzo giocatore e uomo senza valore che si fa scudo col suo colore. Roma non ti vuole». Domenica all'Olimpico il possibile nuovo scontro a 6 anni di distanza dall'ultima di Mario all'Olimpico. Vincerà il buon senso?

Infine, Zaniolo. Un giovane che vuole giocarsi decisamente meglio le sue carte è Nicolò che ieri a Sky ha non ha risposto alla domanda sul suo futuro: «Voglio vincere Europa League con la Roma ed Europeo con l'Italia. Under 21? Ho sbagliato, ma sono un bravo ragazzo».


Roma, Friedkin torna a Natale

IL MESSAGGERO - TRANI - «Ci vediamo tra un mese».Così Dan Friedkin ha salutato i suoi interlocutori privilegiati, a cominciare dal ceo Guido Fienga, fissando il nuovo viaggio in Italia con l’obiettivo di prendersi la Roma di James Pallotta. Arrivederci, dunque, e non addio come nel 2018. La negoziazione va avanti. Anzi, con il blitz dei giorni scorsi nella Capitale, è già entrata nel vivo con lo studio dei conti e la valutazione degli asset del club. La conferma dalla Borsa, dove vola il titolo: in mattinata oltre il 16%,poi stop e chiusura al 3,57% (più 20,17% in 24 ore). Il californiano ha fretta e vuole tornare prima delle feste, senza però avere la necessità di vestirsi da Babbo Natale: la sua immagine è stampata nel patrimonio personale (4,2 miliardi di dollari).

AVANTI TUTTA Friedkin, insomma, ha deciso di forzare la mano. E’ convinto, e anche entusiasta, a differenza del disamorato Pallotta. Non c’è ancora una data per il nuovo appuntamento che potrebbe anche slittare all’inizio del 2020. Il tycoon, del resto, ha la possibilità di vedere il presidente giallorosso negli States e di proseguire comunque la trattativa attraverso JP Morgan che lo affianca nell’affare Roma. Mercoledì pomeriggio, intanto, si è spostato con i suoi consulenti a Londra, dove a settembre ha aperto una nuova sede della Pursuit Aviation. Nella City ha fatto il punto della situazione con i manager del suo advisor. Anche Fienga è volato all’estero. In Europa. Business e mercato.

PIATTO RICCO Friedkin, quindi, si avvicina e Pallotta, in contemporanea, si allontana, avendo già fatto sapere che lui per ora non ha in programma nessun viaggio a Roma. Ma, a vedere il loro comportamento, è chiaro come il passaggio di testimone sia voluto fortemente da entrambi. Il presidente giallorosso è il vero regista dell’operazione, come dimostrano i luoghi frequentati dal californiano durante il soggiorno nella Capitale che sono gli stessi (albergo e ristorante) scelti di solito dal bostoniano. Ha insistito con il potenziale acquirente per spingerlo al grande passo. Lo ritiene il profilo ideale per la solidità del club. Adesso, però, c’è da convincerlo sulla cifra da investire. Che per Friedkin è al massimo di 600 milioni. Pallotta dice 1 miliardo per averne almeno 800. Trovare il punto di incontro a 700 non è così scontato, andando a vedere la carriera dei due protagonisti. Scaltri al momento di fare e creare business. Il californiano, però, ha già pianificato le sue mosse. Punta a prendere la massima quota disponibile dell’aumento di capitale da 150 milioni approvato dall’assemblea dei soci del 28 ottobre. Sono circa 130 milioni (qualcuno in meno). Glieli garantirebbe proprio il bostoniano che, come azionista di maggioranza, detiene l’86,577% dell’As Roma Spv Llc. Ma non basterebbe: Friedkin deve andare oltre, acquistando il 51% delle quote di Pallotta. La partita si gioca su quelle. Dal conteggio conclusivo, e partendo dall’offerta di 600 milioni, andranno defalcati i 272 milioni di debiti finanziari della Roma. Il nuovo stadio fa parte del pacchetto: As Roma Spv Llc possiede anche le società StadioTdv e Tdv Real Estate. Pallotta vuol rientrare di quanto speso finora: 70milioni. Il californiano li tiene strategicamente fuori dalla negoziazione. Intende procedere per conto proprio. Lo stadio gli interessa: il suo, però.


Da Pallotta a Friedkin, il piano per la Roma

IL TEMPO - AUSTINI - Due ricchi imprenditori americani. Le due banche d'affari più grandi del mondo. I due studi legali romani leader nella gestione dei passaggi societari. La trattativa per la cessione delle quote della Roma è una cosa seria. Questa è già una certezza. A cosa porterà, come e quando? Resta da scoprire, ma non ci vorrà molto: tra fine dicembre e gennaio saranno già più chiare le intenzioni di Dan Friedkin, l’uomo Toyota nei cinque stati del golfo Usa, che si è messo in testa di lanciarsi nel mondo del calcio entrando in uno dei club più attraenti del pianeta.

Le riunioni dei giorni scorsi sono servite ad abbozzare una valutazione degli asset in ballo, non solo ’AsRoma, ma tutto il pacchetto facente capo alla controllante As Roma Spv Llc, che comprende ad esempio le società che si occuperanno dell'operazione stadio a Tor di Valle. Dodici diverse «scatole» ognuna a uno scopo che ora verranno studiate nella due diligence avviata dagli advisor incaricati dal gruppo Friedkin: JP Morgan per la parte finanziaria, lo studio Chiomenti come partner legale, lo stesso che si è occupato ad esempio della recente cessione della Fiorentina a Commisso e degli ultimi passaggi di consegne delle due milanesi. In tutto una ventina di persone hanno preso parte agli incontri con la controparte giallorossa rappresentata dal braccio destro di Pallotta, Bob Needham, gli avvocati dello studio Tonucci e gli uomini di Goldman Sachs, che nei mesi scorsi hanno offerto la possibilità di investire nella Roma sui mercati internazionali.

Friedkin è il soggetto che ha manifestato l'interesse più concreto e dalle parole è passato ai fatti: la serietà dell’operazione è dimostrata dal suo viaggio nella Capitale insieme a parte della famiglia, un segnale interpretato dalla parte venditrice come conferma delle serie intenzioni. Ripartito mercoledì sera per Houston, ha lasciato i suoi uomini a lavorare sulla due diligence che durerà qualche settimana. Non ci sono dubbi neppure sulla solidità del gruppo  - sarebbe la Friedkin Companies Inc. a farsi carico dell’operazione - mentre sfugge ancora la reale motivazione che spinge questo signore americano a valutare un forte investimento in un mondo a lui finora sconosciuto e in un Paese così diverso dagli States. Ma in fondo, la stessa domanda si poteva fare su Pallotta nel 2011 e otto anni dopo lo ritroviamo ancora qui, disposto a trattare la cessione, ma solo a determinate condizioni.

Lo schema dell'affare è stato impostato così: Friedkin potrebbe scalare la società in diverse tappe temporali, iniziando ad esempio a sottoscrivere l’80% dell'aumento di capitale di As Roma già deliberato fino a un massimo di 150 milioni e poi, via via, allargare la sua quota fino a diventare l’azionista di maggioranza. La fase di interregno verrebbe gestita a Trigoria dagli attuali manager Fienga e Calvo, che hanno conosciuto in questi giorni Friedkin. Ma non si può escludere neppure lo scenario che vedrebbe il texano azionista di maggioranza sin dall’inizio (può sia comprare azioni della controllante As Roma Spv Llc sia creare un altro veicolo dedicato all'operazione), lasciando una quota minore a Pallotta, che fece lo stesso nel 2011 con Unicredit (60% e 40% all’inizio). Le trattative sono partite dalla valutazione globale di un miliardo di dollari fatta da Pallotta, alla quale vanno sottratti i debiti di As Roma (272 milioni di euro nell’ultima trimestrale) e la tranche di aumento di capitale che coprirebbe l’acquirente. Il prezzo finale verrebbe poi legato alla realizzazione del lo stadio, con una cifra extra («earn out» in gergo tecnico) da pagare quando il nuovo impianto sarà realtà.  E questo uno dei nodi principali da sciogliere, visto che la convenzione urbanistica è in via di definizione ma poi bisognerà attendere un altro passaggio politico in Campidoglio, previsto nei primi mesi del 2020, con relative incognite. Nelle prossime settimane, chiusa anche la due diligence, Friedkin deciderà se quello che ha visto gli piace e se presentare un'offerta vincolante  Gli investitori in Borsa ci credono: anche ieri titolo sospeso per eccesso di rialzo e chiusura a +3.75%.

 

 


Tor di Valle lontana e insulti dei tifosi: James si è stancato

IL MESSAGGERO - CARINA - «Se qualcuno pensa di farmi scappare, questo non succederà. Sfortunatamente per loro non andrò da nessuna parte». A fine maggio, il presidente Pallotta - con una lettera ai tifosi giallorossi - spiegava i motivi di un’annata deludente, garantendo un rilancio del club. Dalle sue parole sembrava scontato con lui alla guida. Sei mesi dopo, lo scenario è mutato. Cosa ha portato a questa virata? Da un lato c’è l’annosa questione-stadio che ormai si trascina dal 2012. Anche le ultime parole del vicesindaco Bergamo a Radio Radio sulla convenzione («Non transigiamo sulla contestualità tra opere necessarie e realizzazione dell’impianto») lasciano intendere le diverse vedute tra le parti. Qualcosa poi s’è rotto con le contestazioni nate per l’addio di De Rossi. La protesta infatti ha toccato anche i familiari del presidente, con le sorelle costrette a chiudere la pagina del loro ristorante ‘Pallotta Sisters’ a Boston, a causa dell’invasione di insulti e recensioni negative provenienti dai tifosi giallorossi. Che non potendo contestare in loco il presidente, hanno iniziato una singolare protesta. Da Sydney a Miami, da New York a Parigi passando per Amsterdam, Salonicco, Copenhagen, Rio, Rabat, Stoccolma e Mosca, sono iniziati a comparire centinaia di striscioni con la scritta «Pallotta go home». Malcontento che, con la fine del campionato e lo tsunami-Totti, è continuata negli eventi sportivi di grande risalto mediatico (giro d’Italia, Tour e gara Nba tra Charlotte e i Celtics) e via web. Presi di mira l’account dei Boston Celtics, di cui Jim è uno dei soci, dell’Nba e addirittura la pagina Facebook del Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università di ricerca del mondo. Eloquente l’hashtag: #SellAsRoma.

QUANTO HA SPESO Un invito che Pallotta ha preso sul serio visto quanto accaduto negli ultimi giorni. Ma quanto guadagnerebbe l’imprenditore Usa dalla cessione del club? Per capirlo, bisogna analizzare quanto ha speso sinora. All’acquisto delle quote della Roma con successiva Opa (48,3 milioni; 32,2milioni, invece, quelli finanziati da Unicredit), sono seguite tre tranche per il primo aumento di capitale (30, 14,55 e 23,45 milioni) l’acquisto iniziale del 9% di Neep da Unicredit (14 milioni) per poi comprare il restante 31% (33,5 milioni), 70 milioni per il secondo aumento di capitale, più tre finanziamenti soci diluiti negli anni (10, 10 e 8,4 milioni). Il totale è di 262,2milioni (dati calcioefinanza.it).A questi, Pallotta aggiunge i 70 milioni già spesi nel progetto-stadio. In pratica punta a triplicare l’investimento.


Friedkin ha fretta: a gennaio vuole già la maggioranza della società

LEGGO - BALZANI - Dan Friedkin ha fretta. Il magnate americano ieri è tornato a Houston dopo i 5 giorni passati a Roma per l’inizio delle trattative per l’acquisizione del pacchetto di maggioranza del club giallorosso. Ma nella capitale resteranno due emissari che proseguiranno le operazioni con l’intento di chiudere l’affare già per i primi di gennaio. Il piano è delineato: per prendere il pacchetto di maggioranza di As Roma SPV LLC Friedkin dovrebbe spendere una prima rata di poco superiore ai 400 milioni, anticipando i 150 di aumento di capitale appena approvato. La 2° seconda tranche di ulteriori 400 milioni sarebbe corrisposta in futuro, ma va considerato pure il debito con Goldman Sachs di 270 milioni. Per questo la prima offerta di Friedkin potrebbe aggirarsi sui 600-700 milioni totali. Pallotta potrebbe restare inizialmente con una piccola percentuale almeno fino a che non sarà messa la parola fine (in senso positivo o negativo) sulla questione stadio. La fretta di voler chiudere in pochi mesi è dovuta alla paura di eventuali rilanci “esterni”. Oltre a Friedkin, infatti, sono arrivate timide manifestazioni di interesse dal Qatar e da un altro imprenditore americano. Ieri, infine, è stato di nuovo sospeso il titolo in Borsa per eccesso di rialzo


Dan è attratto dal brand, ponte per l’Europa

IL MESSAGGERO - POMPETTI - Branding. Basta una sola parola per spiegare cosa solletica l’interesse di un imprenditore tanto lontano dall’Italia e dal panorama calcistico a interessarsi all’acquisto di una squadra come la Roma. Dan Friedkin dispone di enorme liquidità finanziaria e ha tutto l’interesse a sposare il suo nome a quello di un brand, di un marchio di sicura riconoscibilità mondiale. La prima tentazione per un Tycoon statunitense è di investire su uno dei quattro sport nazionali: basket Nba, football Nfl, baseball Mbl o hockey Nhl. Ma gli assetti proprietari negli Stati Uniti sono statici, le offerte di vendita sono rare, e i prezzi di conseguenza sono altissimi.

LOW COST In confronto la piazza europea, almeno sotto la soglia delle “top ten” calcistiche in Inghilterra, Francia e Spagna, è quasi un mercato delle pulci per chi ha enormi capitali da investire. E anche se la contabilità della singola squadra non quadra e i conti finiscono in rosso, allo stesso tempo l’ingresso di capitale straniero rilancia il brand fuori dai confini nazionali ed europei, verso piazze di mercato che prima si raggiungevano a stento. Il brand della Roma ad esempio è cresciuto del 40% negli ultimi due anni, e il valore di facciata del marchio è salito dal 31° al 18° posto nella classifica annuale compilata dalla società di consulenza londinese Brand Finance tra le squadre di tutte le leghe calcistiche mondiali. Quello dell’Inter è raddoppiato con l’accesso del capitale cinese del gruppo Suning. Un imprenditore che guarda a queste cifre dagli Stati Uniti capisce che il potenziale di crescita di una squadra come la Roma è enorme, almeno per quanto riguarda lo sfruttamento dell’immagine.

POTENZIALE CRESCITA E se da una parte l’ingresso nella Associazione Sportiva Roma vuol dire il coinvolgimento in un sistema complesso di cultura e di politica probabilmente alieno per un tycoon texano (californiano di nascita), sul piano della finanza nuda e cruda il linguaggio è quello ben conosciuto e scritto in dollari, di una Llc registrata nel generoso stato del Delawere.


Il fattore Champions

IL MESSAGGERO - ANGELONI - E’ già successo, la storia si ripete e le insidie sono le stesse. 1) Con i russi della Nafta Moskva di Sulejman Kerimov, anno 2004, la Roma era ormai a un passo dalla cessione, poi il colpo di scena e la retromarcia. 2) E’ accaduto all’epoca di Vinicio Fioranelli (2009), la Roma di fatto venduta ma poi, bolla di sapone finale. 3) Lo stesso ai tempi di George Soros (2008), il magnate che doveva rivoluzionare la Roma. E pure lì, nulla di concreto. Siamo a circa dieci anni fa, quando la cordata americana capitanata da Thomas DiBenedetto si avvicendò alla famiglia Sensi. E la squadra, sempre in mezzo a tutte queste turbolenze, è spesso distratta. E così è pure stavolta? Questo il rischio. Lo scossone, il comunicato con cui il club ammette la trattativa con Dan Friedkin è piombato a Trigoria, propriomentre la squadra stava cercando di mantenersi in equilibrio sull’obiettivo, raccogliendo idee e giocatori dopo la sosta per le nazionali: la qualificazione in Champions League, soldi buoni per Pallotta o per chi lo sostituirà, se lo sostituirà.

IL FUTURO Passando da un businessman statunitense all’altro cambierà poco, assicurano. Anche se si resterà sull’autofinanziamento, pensando ai bilanci e quindi alle cessioni. Il nodo è l’aspetto tecnico:il nodo Champions e, quanto al futuro, il pezzo pregiato partirà sempre per esigenze di bilancio, come è sempre accaduto in questa quasi decennale gestione a stelle e strisce. Di certo, l’esame è per tutti e nello spogliatoio se ne parla, il timore dell’allenatore è che forse se ne parli troppo. Fonseca, dunque, si trova - dopo la lunga lista di infortunati e la crisi di gioco d’inizio stagione - in un’altra “emergenza”, questa più legata all’aspetto psicologico: dovrà gestire le teste dei suoi giocatori in questa fase delicata del campionato e della storia della Roma. Dovrà riportarli all’ordine. Giocare con una società teoricamente in vendita non sarà comunque semplice: chi vende e chi compra ha interesse che la squadra sia d’alta classifica, per quello ora c’è da spingere ancor di più. Il futuro, dunque, passa dalle prestazioni, questo il messaggio dell’allenatore - e non solo - ai giocatori. In futuro poi, si vedrà. Quelli a sentirsi più a rischio, un domani, sono i pezzi da mercato, da Zaniolo a Dzeko, fino a Under, Kluivert.

COMPETITIVITÀ La turbolenza riguarda tutti, anche i dirigenti. Esempio: se l’attuale consulente di Pallotta, ovvero Franco Baldini, non diventerà consulente di Friedkin, c’è il rischio che vengano messe in discussione pure certe scelte legate alle figure apicali. Questa, dunque, è una fase delicata e Fonseca lo sa: perdere punti significa allontanarsi drasticamente dalla zona Champions. Non solo, una distrazione prolungata può essere fatale anche in Europa League, dove la Roma si giocherà, giovedì, il passaggio ai sedicesimi, a Istanbul contro il Basaksehir. All’epoca dei russi, tanto per fare un esempio, il passaggio di proprietà veniva visto da tutti come uno sfogo liberatorio: Capello si era fatto portavoce e garante con la squadra, convincendoli che tutto sarebbe cambiato, migliorato, che sarebbero arrivati i soldi. Il crollo, poi, c’è stato quando i russi sono scappati. Non siamo oggi a quella situazione, qui si parla di continuità economico-finanziaria anche in caso di cambio di proprietà. Ma gli esami, per tutti, non finiscono mai.


Zaniolo: «Ho sbagliato ma non sono cattivo»

IL TEMPO - BIAFORA - «Mi piacerebbe vincere l'Europeo dopo aver vinto l'Europa League con la Roma». Vola alto Nicolò Zaniolo, un giocatore che sta vivendo un momento magico  dopo la doppietta segnata con la maglia della Nazionale.

Il talento giallorosso ha ben chiari i traguardi da raggiungere al termine della stagione e non ha paura di alzare l’asticella: «L'obiettivo minimo è migliorare giorno dopo giorno. Vogliamo vincere tutte le partite per arrivare ai nostri traguardi. Il traguardo - ha detto il classe 1999 ai microfoni di Sky Sport - penso sia qualificarsi in Champions, migliorare giorno dopo giorno e magari conquistare anche qualche trofeo. La doppietta con l’Italia è un altro sogno che ho realizzato, però di certo non è un punto di arrivo, ma è un punto di partenza, spero di farne tanti altri».

Zaniolo, che ha già raggiunto quota sette gol in stagione tra l’Italia e la sua Roma, ha trovato la piena stabilità con il rinnovo di contratto di agosto ed ha voluto allontanare qualsiasi  tipo di voce di mercato:  «Sono felicissimo di aver prolungato, la società mi ha dato grandissima fiducia e ora devo dimostrare di meritarla. Sono molto felice di stare alla Roma, sono orgoglioso di questi tifosi. Sto benissimo qua». L'ex interista ha anche un rammarico: «Mi giocherei meglio le mie carte con l’Under 21. Devo far capire alla gente che non sono un ragazzo cattivo, ma sono uno che ha commesso un errore e vuole imparare».

Zaniolo nella sfida di domenica contro il Brescia partirà dal primo minuto nel ruolo di esterno d’attacco, probabilmente sempre con Pastore e Kluivert a completare il tridente alle spalle di Dzeko. I dubbi di Fonseca, che ritroverà tra i convocati Pellegrini e Mlkhitaryan, sono legati a Mancini, che potrebbe ritornare accanto a Smalling, e al terzino destro. Spinazzola ha proseguito il lavoro personalizzato e sarà valutato nuovamente in giornata: il portoghese, in caso di forfait, deve scegliere tra Santon e capitan Florenzi.


Balotelli a rischio, l'Olimpico pure

IL TEMPO - BIAFORA - Ad oltre tre anni e mezzo di distanza Mario Balotelli tornerà ad affrontare la Roma. O forse no. L'attaccante del Brescia ha da sempre un rapporto più che complicato con la tifoseria giallorossa e, dopo la sconfitta di maggio 2016 con il Milan, avrebbe potuto avere di nuovo la possibilità di sfidare la squadra capitolina. Ma Balotelli, confermando la fama da bad boy, ha deciso di mettere a rischio la propria convocazione per la partita.

Il classe 1990 ne ha infatti combinata un'altra delle sue abbandonando in macchina il centro sportivo mentre l’allenamento era ancora in corso. Grosso, neo-allenatore del Brescia, stava provando la formazione e Balotelli era stato inserito tra le riserve, con Torregrossa e Donnarumma tra i titolari. La scelta tecnica ha portato il numero 45 ad effettuare una seduta dai ritmi blandi e svogliati, provocando la reazione di Grosso, che ha quindi deciso di allontanarlo dal campo. Il Brescia non ha ancora preso una posizione su eventuali provvedimenti, ma si parla già di separazione a gennaio.

Rischia perciò di saltare per motivi disciplinari il ritorno a Roma di Balotelli, che nel corso delle sue esperienze all’Inter e poi al Milan - 3 gol segnati in tutto - si è sempre beccato coni giocatori giallorossi in campo e a distanza con i tifosi romanisti. L'origine della discordia risale ad un Inter-Roma del 2009 in cui Balotelli, dopo aver siglato un rigore, zittì il settore occupato dai tifosi ospiti e mostrò la linguaccia a Panucci, che non aveva per niente gradito il gesto irrispettoso. Da quel match ne sono successe poi di tutti i colori. In rapida sequenza si è passati dal primo striscione della Curva Sud «Non t'insultiamo perché sei di colore, ma perché sei ‘no str... senza onore», al calcio di Totti, proseguendo poi con la sospensione del match  da parte di Rocchi durante Milan-Roma peri cori razzisti all’indirizzo di Balotelli. Un episodio che ha portato ad un duro comunicato del club giallorosso nei confronti dei propri tifosi e alla squalifica della curva dell'Olimpico. Nella stagione successiva lo zoccolo duro del tifo romanista ha esposto poi un altro striscione: «Quanto clamore per un viziato senza onore».

Dopo un periodo di quiete le strade di Balotelli e della Roma si sono incrociate di nuovo lo scorso anno sul mercato. L'attaccante aveva aperto ad un trasferimento, prendendosi la replica di parte della tifoseria: «Mezzo giocatore, uomo senza valore che si fa scudo con il suo colore. Roma non ti vuole!».

Ora, visto il comportamento in allenamento, è possibile che salti il nuovo confronto con la Curva Sud, già nell'occhio del ciclone nell’ultimo periodo (in caso di cori razzisti la squalifica del settore sarebbe pressoché certa). Ieri la Roma ha in parte vinto il ricorso curato dall'avvocato del club Antonio Conte peri cori di discriminazione territoriale effettuati contro il Napoli e la multa è stata ridotta a 20mila euro. Resta però aperto il procedimento sui cori indirizzati a Vieira ed è sempre in corso un'indagine per individuare al meglio da dove sono provenuti i cori di Roma-Napoli. Per quanto riguarda la situazione legata a Petrachi è molto probabile che la Procura richieda una proroga dei tempi essendo vicini alla scadenza dei tempi della chiusura dell'indagine, fissata per il 26 novembre.


Stadio, Totti, De Rossi: perché Pallotta vende a Friedkin

LA REPUBBLICA - PINCI - La strada era segnata dall’estate. Quando il management della Roma propose a Pallotta un piano che rivoluzionava la strategia seguita fino a quel momento: cessioni soltanto per necessità sportive, stop alla politica di vendere giocatori strategici per sopravvivere. La conseguenza era la necessità di un aumento di capitale da 150 milioni di euro. Così è iniziata la ricerca di un socio da parte del presidente americano dei giallorossi. Ricerca culminata nel profilo di un altro statunitense, Dan Friedkin. La missione a Roma si è conclusa: lui è ripartito mercoledì, ieri mattina i suoi uomini, una ventina. Entro qualche settimana completerà la due diligence sui conti del club giallorosso e formulerà la prima offerta ufficiale: il dado è tratto.

Ma cosa ha convinto Pallotta ad aprire una trattativa per cedere la Roma? Soltanto 18 mesi fa, al club giallorosso si era interessata una delegazione di sauditi, emissari del principe Mohammed Bin Salman in persona. A loro, dopo i primi discorsi esplorativi, Pallotta aveva detto: «Non vendo». In questo anno e mezzo però ha dovuto fare i conti con una serie di delusioni che ne hanno minato le convinzioni. La prima crepa profonda è stato l’addio di De Rossi e le accuse che ne sono seguite. Era convinto di avergli offerto molto, un posto da dirigente operativo, anche più che a Totti. Il “no” con umiliazione pubblica in quella conferenza e le successive accuse dei tifosi lo hanno ferito. Ancora di più lo strappo di Totti, che magari non reputava un amico ma che avrebbe voluto aiutare a diventare un dirigente formato, salvo sentirsi sbattere la porta in faccia («In due anni Pallotta non l’ho mai sentito»).

Poi lo stadio, il vero spartiacque. Era arrivato fiducioso di chiudere la partita burocratica in tre/quattro anni. Ne sono passati sette, con due progetti diversi e 80 milioni spesi, ma a Trigoria si parla ancora di “fiducia”. Con l’urgenza di investire altri 150 milioni, Pallotta ha aperto alla ricerca di investitori. Certo lo stadio è un asset chiave anche per Friedkin: nei piani di sviluppo, una Roma senza stadio faticherà ad attestarsi sui 250 milioni annui di ricavi. Lo stadio sarebbe un volano da 400/450 milioni di fatturato. Indispensabile per evitare di dipendere ancora in futuro da altri aumenti di capitale.

Il magnate che distribuisce Toyota negli Usa è pronto a lanciare la sua scalata. Sottoscriverà parte dell’aumento di capitale, 130 milioni, diluendo la partecipazione di Pallotta, e poi andrà a trattare il 51% del club, valutato un miliardo. Certo non si accontenterà di una quota di minoranza, che invece potrebbe conservare Pallotta. I legali sono già al lavoro per strutturare la proposta economica, dopo i kick off meeting dei giorni scorsi. Ed è già partita una corsa a ricollocarsi da parte di tanti fuoriusciti della gestione Pallotta: movimenti destinati però a restare insoddisfatti. Il management della Roma ha dato il via a una “pulizia” della squadra, cedendo i giocatori non strategici o problematici. In autunno il ritocco ha coinvolto la governance, da cui presto uscirà anche il vice presidente Baldissoni. Ora c’è da ristrutturare la proprietà. E Friedkin può trasferire l’entusiasmo che nella gestione Pallotta era venuto meno.


Pellegrini: "Sono pronto, ho lavorato tanto per star bene il prima possibile"

Lorenzo Pellegrini ha rilasciato un'intervista al quotidiano sportivo Gazzetta Dello Sport. Queste alcune delle sue parole:

Le sue condizioni?
«La visita di controllo di ieri è andata bene, è la conferma che aspettavo. Sono pronto, ho lavorato tanto per star bene il prima possibile, riuscendo anche ad accorciare i tempi. Restare fuori è stata dura. Molto».

Che Roma ha ritrovato?
«Una grande squadra. Ciò che hanno fatto i ragazzi è indescrivibile: giocare così tante partite ravvicinate, sempre gli stessi... Non è facile, ho ritrovato una squadra con qualche consapevolezza in più».

Una Roma da Champions?
«Impossibile dirlo ora e forse sarà difficile dirlo anche alla penultima giornata. Di certo noi vogliamo andarci e faremo di tutto per riuscirci. È il nostro obiettivo primario».

Totti ha detto che le ha fatto tante promesse. Può svelarcene almeno una?
«Preferirei di no, per me sono dei segreti. Erano delle ambizioni che lui aveva nei miei confronti e che io ho. Ma restano tra di noi. Per il nostro rapporto e per ciò vale per me e Francesco».

In Nazionale si è rivisto Florenzi, ai margini nella Roma.
«Ale vive questo momento da campione, non si è mai lamentato e ha sempre messo la squadra prima di tutto. Sta lavorando per convincere il mister, ma merita un applauso. Ci sta insegnando tante cose».

Il suo amico Mancini lo riporterebbe in difesa?
«Quando lo vidi all’Europeo Under 21 pensai che in pochi anni sarebbe diventato uno dei difensori più forti in Italia. La cosa che mi stupisce è che non smette mai di imparare. Non ha limiti, può arrivare ovunque».

A quando il suo rinnovo?
«Non ne abbiamo ancora mai parlato, ma sono molto sereno. Conta stare bene, quando sarà il momento ci siederemo insieme. Togliere la clausola? Parleremo anche di quello...»

La Roma potrebbe diventare di Friedkin, ha visto?
«Abbiamo letto, ma queste sono cose che non entrano nello spogliatoio, sopratutto alla vigilia di una gara. Può sembrare una stupidaggine, ma noi restiamo sempre molto esterni. Il giocatore deve fare il giocatore, al resto c’è chi ci pensa».


Primavera, domattina il derby della verità

IL TEMPO - ZOTTI - Finita la pausa nazionali si riparte con il derby. Domani alle 11 al Fersini di Formello va in scena la sfida tra le formazioni Primavera di Roma e Lazio (diretta su Sportitalia, Roma Tv e Laziostyle).

I giallorossi, reduci dal pareggio ottenuto contro l'Atalanta, sono attualmente a -3 dalla vetta - occupata dai bergamaschi e dal Cagliari - e vogliono tornare a vincere per continuare a guadagnare posizioni in classifica. Mister De Rossi può contare su un Alessio Riccardi in forma smagliante dopo i quattro gol in tre partite segnati con la maglia della Nazionale Under 19.

Situazione delicata invece per la Lazio. I ragazzi di Menichini stanno attraversando un momento di crisi nera. Nelle ultime cinque partite infatti i biancocelesti hanno sempre perso, conquistando un solo punto nelle ultime sei gare in campionato.  Non è andata meglio in Coppa Italia dove i laziali sono stati eliminati dal Napoli. La classifica non sorride considerando l’attuale +1 sull'ultimo posto, la speranza è che il tecnico durante la sosta sia riuscito a ricompattare la  squadra.