Petrachi, prima le uscite. Il Genoa offre Pinamonti

IL MESSAGGERO - Il mercato è iniziato ma la musica per la Roma non cambia. Il ds Petrachi dovrà pensare prima alle uscite. C'è Kalinic che, al netto degli endorsement delle ultime ore di Fonseca e dei dirigenti, continua a deludere in campo e a rifiutare ogni destinazione: dopo Verona, Genoa e Newcastle, l'ultimo no al Bordeaux.

Confermata l'impossibilità di muoversi, se non attraverso prestiti, se non verranno ceduti i calciatori che non rientrano nel progetto tecnico. Juan Jesus ha ricevuto un paio di sondaggi dalla Fiorentina e dal Galatasaray, che a Trigoria ha chiesto informazioni anche su Perotti (che non vuole lasciare il club prima della scadenza del contratto) e Cetin. L'impressione è che il ds stia aspettando gli ultimi giorni del mese per strappare un prestito stile Smalling per il reparto avanzato. Intanto Nicola, nuovo tecnico del Genoa, domenica non ha nemmeno convocato Pinamonti. L'attaccante piace anche alla Fiorentina.


Allarme Roma, tanti tiri e pochi gol. E Dzeko segna sempre meno

LEGGO - BALZANI - La Befana della Roma porta (quasi) sempre carbone. Lo ha dimostrato il tonfo col Torino di domenica che mette a rischio il quarto posto e certifica un dato: solo 3 le vittorie nelle 10 ultime riprese dopo le feste natalizie.

Cabala a parte, il dato più preoccupante riguarda l'attacco fin qui autore di 33 gol. Pochi per un allenatore di vocazione offensiva. Nessuno ha segnato meno tra le prime sei della serie A. Più che un problema di gioco, però, c'è carenza di qualità. I dati, infatti, parlano chiaro. In campionato, la squadra di Fonseca ha totalizzato 213 tiri ma solo 116 in porta: in pratica servono sei conclusioni e mezzo per fare un gol. La Lazio segna una volta ogni 5,6, l'Atalanta ogni 5,5, l'Inter 5,2. Poca precisione quindi come accaduto col Torino quando da 31 conclusioni sono scaturiti 0 gol e 7 tiri in porta. L

'emblema dell'apatia da gol è ovviamente Edin Dzeko, nel bene e nel male. Senza i gol del bosniaco sono arrivati sette pareggi, 4 sconfitte e 3 vittorie. Nelle 10 volte in cui ha segnato, invece, ecco otto vittorie e due pareggi. Il problema è che Dzeko, rispetto alla concorrenza, segna poco. Nell'ultimo anno e mezzo appena 16 gol in 51 gare di campionato. Una media da 0,3 a partita. Pochi anche se non va trascurato il lavoro fuori dall'area di Edin. Immobile ne ha segnati 34 in 53 partite, una media di 1,6 a match. Numeri simili per Cristiano Ronaldo (34 in 46 partite), Lukaku (24 in 49, considerata la Premier) e Zapata (29 in 44). Alla Roma manca un vero bomber d'area di rigore, ma di fatto manca anche una spalla. Appena 9 spalmati su Under, Perotti, Kluivert, Pastore, Mkhitaryan e Kalinic. I dubbi di Petrachi su una squadra difficilmente migliorabile hanno una risposta: alla Roma serve un rinforzo di peso lì davanti visto che nessuno ha raccolto l'eredità da 10-12 gol stagionali di El Shaarawy. Si allontana Petagna ("Resto alla Spal") mentre Mariano Diaz ha lo scoglio ingaggio. Resta in ballo Politano e spunta Caputo. 


Like di Totti contro Florenzi, poi la smentita

LEGGO - Frecciata o malinteso social? Il like anti-Florenzi di Totti ieri ha alzato un polverone. Tutto è nato dal “cuore” messo su Istagram dallo storico capitano a un commento di un tifoso che chiedeva la cessione di Florenzi. Dopo pochi minuti Totti ha tolto il “mi piace”, ma il pasticcio era fatto. Tanti tifosi hanno stigmatizzato l’atteggiamento di Francesco che ha chiarito: “Non ho mai messo “like” a quel commento di cattivo gusto. Ho profonda stima di lui, come amico e giocatore. I tifosi della Roma dovrebbero saperlo. Ciò che sto leggendo su articoli e social mi rattrista”. Florenzi ha risposto col sorriso: ‘Capitano, ora metto mi piace anche io”.


De Rossi lascia: «Sono triste»

GAZZETTA DELLO SPORT - Sapeva che avrebbe donato «una sola carriera alla Roma». Non sapeva che l'avrebbe dovuta lasciare prima del previsto. Sapeva che avrebbe amato solo un'altra squadra poi, cioè il Boca. Non sapeva che ci avrebbe giocato, lo ha capito col tempo e quando è rimasto a piedi. Un rapporto breve ma intenso con gli argentini, finito con qualche mese di anticipo, dicono, per incomprensioni con la nuova società (la cordata di Jorge Ameal guidata dal Mudo Riquelme tra i dirigenti). Daniele De Rossi dice addio al calcio.

Daniele ha dato alla Roma un'anima, parecchie fibre muscolari, caviglie, per non parlare delle presenze (616, solo Totti ha fatto di più) e dei gol (63). Ha regalato spessore, romanismo, romanità, senso di appartenenza. Al Boca non è andata benissimo, se parliamo di presenze (solo sette) con un gol (all'esordio, anche qui), ma è andata benissimo per come è stato accolto e per quello che ha rappresentato in pochissimo tempo. «E' un giorno triste», ha detto in conferenza stampa, dopo aver comunicato al club che avrebbe ripreso la strada di casa (dei campioni del mondo in attività è rimasto solo Buffon). «Non ho problemi fisici, ho solo voglia di tornare dalla mia famiglia. La mia figlia più grande è rimasta in Italia. E una ragazza ha bisogno che suo padre le sia vicino. A Baires siamo lontani, fare quattordici ore di volo non è come andare in auto da Trigoria a casa mia. Se avessi avuto venticinque anni avrei deciso altro. E' un giorno triste avrei voluto giocare altri dieci anni. Il mio futuro è tracciato farò l'allenatore e studierò nei prossimi mesi. La Roma è stata la mia vita, non pensavo di amare un'altra squadra come è successo con il Boca. Sarò sempre parte di questo club. Potrei avere aperto una strada, spero che altri calciatori europei possano venire qui». 


Roma, inverno caldo: occhi su Mertens, attesa per Friedkin

GAZZETTA DELLO SPORT - La ripresa degli allenamenti avverrà oggi, per iniziare a preparare la sfida con la Juventus e e per la Roma si preannuncia un mese caldo su più fronti, non solo sul campo. C'è il mercato, ora in una fase di stallo: eventuali mosse saranno possibili solo nel caso riesca a pizzare qualche pedina. Ci sono alcune situazioni 'ballerine': una di queste, ad esempio, è quella legata a Under, che in Inghilterra piace all’Everton di Ancelotti e al Tottenham di Mourinho. Perotti piace al Galatasaray, come Cetin, che però la Roma vorrebbe dare eventualmente in prestito in Italia.

Sulle mosse in entrata, Fonseca vorrebbe Mertens, ai ferri corti con il Napoli, ma l'ingaggio è un ostacolo serio: il belga chiede un triennale a 4 milioni di euro l’anno, più bonus vari (sparsi tra lui e l’agente). A complicare tutto anche la resistenza di Kalinic, che ieri ha detto ufficialmente no ad un’offerta del Bordeaux del suo ex tecnico Paulo Sousa.

Gennaio, però, potrebbe essere anche il mese delle fumate bianche su stadio e società, ma i tempi sembrano destinati ad allungarsi. Sullo stadio perché il sindaco Virginia Raggi è alle prese con problematiche legate alla futura discarica di Roma, cosa che potrebbe appunto rallentare l’iter dello stadio. Sulla società perché la due diligence legale sembra destinata ad avere bisogno di più tempo rispetto alle premesse iniziali. Friedkin vorrebbe chiudere entro il 26 gennaio, giorno del derby.


Oggi la ripresa, Fonseca pronto alla strigliata. Piace Ibanez

IL TEMPO - BIAFORA - La Roma è chiamata ad archiviare immediatamente la brutta sconfitta rimediata contro il Torino e a voltare pagina in vista del big match con la Juventus. Questa mattina a Trigoria riprenderanno gli allenamenti e certamente Fonseca, sbollita la rabbia nel giorno di riposo, si farà sentire con la squadra, nonostante nella conferenza post-partita si sia detto soddisfatto dell’atteggiamento dei suoi. Il tecnico portoghese spera di ritrovare sin da subito Cristante e Fazio con il resto del gruppo e monitora attentamente anche la situazione di Santon, ormai prossimo alla guarigione.

Fonseca si augura poi che Petrachi gli regali almeno un rinforzo nella sessione di gennaio, un mercato in cui il ds sta lavorando in modo serrato con il Manchester United per riscattare Smalling. Intanto ha chiesto all'Atalanta il centrale classe ’98 Ibanez. In uscita resta vivo l'interesse della Fiorentina per Juan Jesus, mentre Terim, tecnico del Galatasaray, ha cercato di calmare le acque con Nzonzi dopo la. rottura degli scorsi giorni. È poi da segnalare l'ennesimo infortunio del giovane Chierico: il classe 2001 sarà costretto a subire la quinta operazione ad una spalla da marzo 2017 ad oggi.


DDR, è stato bello. De Rossi: «Ora voglio allenare». Ma la Roma non pensa a un ritorno

GAZZETTA DELLO SPORT - «Mia moglie Sarah si è svegliata alle 3 di notte e mi ha trovato che guardavo il soffitto senza riuscire a prendere sonno». Daniele De Rossi lascia così il calcio giocato e il Boca Juniors, dopo l'addio alla Roma di sei mesi fa.

«Smettere è difficile, ma ci pensavo da ottobre-novembre – spiega da Buenos Aires  –. È stata una decisione che non è legata a problemi di salute o familiari. Devo avvicinarmi a mia figlia (Gaia, la più grande, ndr), solo questo, non c’è altro. Se avessi avuto 25 anni avrei deciso in modo diverso, ma così è. Nessun problema con la nuova dirigenza, ho lavorato con loro solo due giorni, hanno provato a convincermi a restare, ma la mia decisione è definitiva».

Ora per De Rossi comincia il futuro. Presto frequenterà il corso da allenatore a Coverciano. Da escludere al momento un suo ritorno a casa, a Trigoria. Se alcuni intermediari si sono mossi autonomamente verso referenti di Dan Friedkin, contatti fra De Rossi e il club non ce ne sono stati. Anzi, suggeriscono a Trigoria, è possibile che Friedkin chieda «referenze» allo stesso Pallotta su De Rossi, non ricevendo grandi peana. Il presidente, infatti, si è sentito tradito (e messo in difficoltà) dall’addio di Daniele più che da quello di Totti, con cui il feeling non era mai nato. Da quello che filtra, comunque, pare che Friedkin non sia molto interessato alle bandiere in sé, bensì alla funzionalità che possono o meno avere all’interno della nuova struttura. Chi invece sarebbe pronto ad accogliere a braccia aperte De Rossi sarebbe la Nazionale di Mancini, con la benedizione federale.


De Rossi lascia il Boca e smette: «Mi manca mia figlia, ora voglio allenare». Ritorno a Trigoria? Non adesso

IL TEMPO - BIAFORA - Daniele De Rossi lascia il calcio giocato dopo un'avventura di sei mesi con il Boca Juniors e le 616 presenze con la maglia della Roma. La notizia  è arrivata co me un fulmine a ciel sereno dall’Argentina, coni me dia locali che hanno seguito  il centrocampista mentre  usciva in anticipo dalla sede del ritiro del club di Buenos Aires, squadra con cui aveva appena svolto le visite mediche in vista della seconda metà di stagione.

A spiegare i motivi del grande passo è stato lo stesso De Rossi in una conferenza stampa in cui ha affrontato a fondo l'argomento Gaia, unica dei tre figli ad essere rimasta in Italia: «Ho bisogno di avvicinarmi alla mia famiglia, mia figlia maggiore è l’unica rimasta in Italia. Ha 14 anni e ha bisogno di suo padre, mi manca molto. Non ho discusso con Riquelme o la nuova dirigenza, ho avuto il piacere di lavorare con loro due o tre giorni, hanno cercato di convincermi a restare. La mia decisione era definitiva e loro mi hanno dato altro tempo per vedere se avessi potuto risolverla diversamente. Devo andare a casa. Dico addio al calcio e ad un club che è entrato nel mio cuore. Lascio il mio lavoro, il mio sport, la mia passione. Non avrei mai pensato che avrei potuto amare così tanto un club che non fosse la Roma. Una parte del mio cuore resterà qui».

De Rossi, nominato dal presidente Ameal come ambasciatore del Boca nel mondo, inizierà ora il percorso per diventare allenatore: «Sicuramente continuerò a lavorare nel calcio in Italia, è la mia vita. Vorrei fare l’allenatore, ma dovrò studiare». DDR, che a maggio 2019 aveva dato il suo addio alla Roma con un commovente giro di campo e un bacio in ginocchio davanti alla Curva Sud, seguirà le lezioni a Coverciano ed è pronto ad intraprendere la classica gavetta dal basso: tra le opzioni più quotate c'è quella di compiere i primi passi in questa nuova veste facendo l'assistente di uno dei migliori tecnici europei.

La speranza di molti tifosi giallorossi è quella di un suo ritorno alla Roma - il contratto del padre Alberto, tecnico della Primavera, è in scadenza alla fine dell’anno - ma almeno in un primo momento e con l’attuale management appare uno scenario che ha poche chance di realizzarsi. Da parte della società guidata in questo momento da Pallotta e Fienga - in attesa dell’arrivo di Friedkin - c'è sempre una disponibilità a parlare di un ingresso nello staff di Trigoria, ma andrebbe trovato un ruolo che al momento non c'è.

Intanto dal mondo del calcio sono arrivati i primi messaggi delle persone che hanno avuto modo di trascorrere accanto a lui una fetta della carriera, con la Roma che gli ha dedicato un video-tributo: «Una carriera sportiva fantastica giunge al termine. Grazie per così tanti incredibili ricordi». «De Rossi è un punto di riferimento, lui e Totti sono stati  l’anima della squadra e dei tifosi», le parole di Ranieri, che lo ha allenato in due diversi momenti. Quella di DDR è una scelta che ha sorpreso Nainggolan: «L'avevo sentito una settimana fa, mi aveva detto degli infortuni ma che aveva voglia di giocare. Non me l'aspettavo. È stato un grande compagno e un grande giocatore oltre che un amico, è perfetto per fare l'allenatore». Osvaldo, molto legato a De Rossi, ha invece svelato un retroscena: «Domenica ho parlato con lui e mi ha detto che si sarebbe ritirato. Sono rimasto sorpreso, ma la sua decisione va rispettata». Di certo quello che resterà nella memoria di tutti i romanisti è una carriera da bandiera e simbolo, che si è conclusa con due Coppa ltalia e una Supercoppa ma senza il tanto ambito scudetto e ha trovato il suo culmine in Nazionale con la vittoria del Mondiale del 2006 insieme all'amico e leggenda Francesco Totti.


Capitan Ritorno. De Rossi si ritira, Friedkin lo attende: «Ma io lo faccio per stare con mia figlia»

LEGGO - BALZANI - «Avrei voluto giocare altri 10 anni, sono triste ma è ora di lasciare il mio lavoro, il mio sport, la mia passione». Prima l'addio (forzato) alla Roma, ora l'addio quasi inevitabile al calcio, tutto per stare vicino alla figlia maggiore che dovrebbe tornare a vivere con lui. Daniele De Rossi a 36 anni appende gli scarpini al chiodo a soli 6 mesi dall'inizio dell'avventura al Boca Juniors, appendice agro-dolce di una vita spesa tra lacrime, sorrisi e sudore in giallorosso.

Daniele avrebbe voluto prolungare il suo rapporto col club argentino, ma le priorità della vita hanno avuto il sopravvento: «Non ci sono stati problemi e non lascio per motivi fisici. Da ottobre sento la mancanza dei miei familiari. La dirigenza voleva convincermi, ha fatto tutto il possibile. Non ho bisogno di aiuto o tempo, devo andare a casa. Mia figlia maggiore (Gaia avuta dalla prima moglie, ndr) è l'unica rimasta in Italia. Ha 14 anni e ha bisogno di suo padre. Continuerò a lavorare nel calcio. Ho amato tanto la Roma ed è un'altra cosa, ma ho amato anche il Boca. Questo popolo mi lascia più di quanto io abbia lasciato a loro».

De Rossi col Boca è sceso in campo appena 7 volte segnando un gol. Gli infortuni non lo hanno mai abbandonato. De Rossi chiude una carriera straordinaria: 616 partite e 63 gol con la Roma, 117 e 21 con l'Italia in cui brilla la vittoria del mondiale 2006. Il palmares di club poteva essere più ricco: 2 coppe Italia, 1 Supercoppa e 3 scudetti sfiorati in giallorosso. Colori che Daniele rivedrà da vicino già oggi nel viaggio di ritorno nella capitale. E che potrebbe vestire con la nuova società di Friedkin. Il magnate texano, che tra un mese diventerà presidente della Roma, lo vuole nel suo staff. De Rossi, però, ha in mente altro: «Voglio diventare allenatore e sfrutterò questi mesi per studiare i migliori tecnici del mondo». Magari partendo proprio da Trigoria. In serata anche i messaggi di Ranieri («Lui e Totti anima della Roma. Due uomini leali e sinceri») e Nainggolan («E' troppo intelligente per star fuori da questo mondo, era già allenatore in campo»).


Tra la Roma e gli arbitri i conti non tornano

IL TEMPO - AUSTINI - Nessun complotto. Nessuna scusa. La Roma ha i punti che si è guadagnata sul campo e poteva vincere contro il Torino - idem con il Cagliari - a prescindere dagli arbitraggi. La premessa è necessaria e rispecchia i pensieri di Fonseca e dei dirigenti, ma la direzione di gara del signor Marco Di Bello, sezione di Brindisi, 38 anni, da 5 in Serie A, è la conferma di una tendenza per certi versi inspiegabile in questa stagione: la Roma e gli arbitri hanno un brutto rapporto. Tanti episodi, troppi errori, spesso cancellati dalle vittorie dei giallorossi capaci di andare oltre le decisioni contrarie come fanno le grandi squadre. Stavolta no, c'è una sconfitta che brucia da gestire e ripercorrendo la partita persa con il Torino non si può non considerare il fattore-Di Bello. Che di bello ha fatto poco o nulla (come la Roma sotto porta).     

Un primo tempo diretto all'inglese, uno dei tanti luoghi comuni del calcio perché se c’è un fallo anche in Premier devono fischiarlo, il nervosismo crescente dei giocatori e di Fonseca, uno stop di mano di Verdi davanti all’assistente non sanzionato che ha dato il via a una ripartenza granata costata il giallo a Veretout, il recupero di un minuto fatto scattare dal momento della ripresa del gioco, applicando in realtà una norma che la maggior parte delle volte è ignorata, il gol di Belotti a tempo teoricamente scaduto, la farsa di far giocare per altri cinque secondi prima dell’intervallo, i cartellini che venivano sventolati solo ai giallorossi sempre più indispettiti (alla fine 5 gialli per 11 falli commessi, contro i soli 2 mostrati ai giocatori del Torino su 23 falli), il metro diverso sulle trattenute (Diawara e Veretout ammoniti, Lukic e Meitè no), ma soprattutto la mancata seconda ammonizione a Izzo per aver interrotto un'azione potenzialmente pericolosa ribattendo con il braccio un cross. La ciliegina sulla torta il rigore solare per fallo di Smalling che Di Bello ha visto solo al Var.

Fonseca ha perso la testa come gli era successo solo contro il Cagliari e stavolta se l'è cavata con l’ammonizione: un motivo ci sarà. Poi, sbollita la rabbia, il portoghese ci ha tenuto a spiegare che la sconfitta non è da attribuire all'arbitro ma ai gol mancati dalla Roma. Ed è il giusto messaggio da trasmettere ai calciatori.  Detto questo, in pagina trovate gli errori più eclatanti degli arbitri quest'anno contro i giallorossi, sia in Italia sia in Europa con la «perla» del rigore inesistente fischiato da Collum, ai quali va aggiunto il gol assegnato in Germania al Borussia col pallone che era uscito in fallo laterale a inizio azione. Qualcosa non torna. L'auspicio è che i prossimi siano più attenti e meno condizionati. Da cosa, non si sa.


De Rossi pronto per il corso Uefa a Coverciano. Ma a Trigoria per ora non c'è posto

IL MESSAGGERO - Roma torna ad essere la sua base, per riscrivere quella seconda carriera che De Rossi merita e che insegue. Non è detto, però, che la casa torni ad essere Trigoria. La sua convinzione è fare l’allenatore. L’ha detto e ribadito anche il giorno che ha lasciato la Roma. Ora torna a Roma, poi andrà a studiare a Coverciano, come hanno fatto i suoi colleghi campioni del mondo (aver vinto un Mondiale dà diritto a un’abilitazione base da tecnico) come Gattuso, Nesta e Inzaghi, che hanno ottenuto il patentino di allenatore Uefa Pro, cioè il massimo livello, quello che ti consente di sederti in panchina, senza essere “accompagnati”. Nè Mancini né la Federazione, se Daniele lo vorrà, gli negheranno un’esperienza in azzurro, all’Europeo, al fianco del ct.

Il discorso Roma, per adesso, non è d’attualità. E’ vero che Pallotta è dato in uscita, ma è anche vero che con il nuovo designato proprietario, Friedkin, DeRossi ancora non ha avuto contatti. In futuro non si esclude nulla, ma per adesso a Trigoria dicono di no, specie perché sette mesi fa aveva rifiutato un ruolo dirigenziale. Daniele è disposto a prendere in considerazione pure ipotesi di esperienze all’estero ma non oltre oceano.


L'addio di De Rossi al calcio: «Mia figlia ha bisogno di me»

LA REPUBBLICA - Daniele De Rossi ha capito di non aver la forza di cominciare un’altra stagione. Ieri ha detto basta e ha annunciato il ritiro dal calcio giocato e l'addio al Boca: «Mi costa molto, ma ho deciso di lasciare il calcio, la mia passione, ora sarà dura guardare le partite». Curioso che l’ultimo saluto alla sua vita da atleta De Rossi l’abbia dato in spagnolo da Buenos Aires: lì quattro giorni fa ha invitato a cena Tevez e altri tre compagni.

Una storia durata appena 164 giorni: colpa del fisico logoro e della voglia di tornare dalla figlia maggiore Gaia, 14 anni, avuta dal primo matrimonio e di cui si occuperà in prima persona, ora: «Torno a Roma, mi manca la mia famiglia, mia figlia, ma nessuno ha problemi di salute, è solo che una ragazza della sua età ha bisogno di un padre vicino. E a 36 anni la mia carriera l’ho vissuta». 

La decisione definitiva è arrivata dopo un colloquio con la nuova dirigenza, sapendo quanto sarebbe stata dura ripartire. De Rossi ora seguirà il corso da allenatore a Coverciano. Chi immagina di rivederlo presto alla Roma, magari sulla panchina della Primavera al posto del padre Alberto, pecca di ottimismo: il futuro proprietario Dan Friedkin non ha queste intenzioni e la permanenza del management attuale - l’ad Fienga gli propose un contratto da dirigente, lui rifiutò - non aiuta.