La Roma viaggia a tripla velocità

IL MESSAGGERO - CARINA - Un calcio totale nel quale si segna, tanto, con interpreti diversi. «La squadra ha capito la mia idea di gioco», è il messaggio lanciato da Fonseca dopo il secondo poker rifilato nel giro di cinque giorni dalla Roma. Otto gol, equamente distribuiti tra campionato e Europa League, tra Sassuolo e Basaksehir, che hanno confermato la filosofia offensiva del portoghese. Contro i turchi è arrivata anche la prima gara ufficiale senza subire reti. Non accadeva dall'amichevole estiva del 27 luglio contro il Rieti (7-0). Quattro partite ufficiali e 12 reti all'attivo (media di 3 a match: bisogna tornare indietro nel 2009-10 per un avvio ancora più travolgente con 15 gol). Tendenza già chiara dall'estate che ora - al netto degli accorgimenti tattici - non ha intenzione di venire meno. Non considerando i primi test contro il Tor Sapienza, il Trastevere, il Gubbio e il Rieti, dal match con la Ternana in poi - eccezion fatta per il derby, conclusosi 1-1 - i giallorossi hanno sempre realizzato più di un gol a partita. Due reti contro l'Athletic Bilbao (2-2) e il Real Madrid (2-2). Tre alla Ternana (3-1), al Perugia (3-1), al Lille (3-2), all'Arezzo (3-1) e al Genoa (3-3). Quattro al Sassuolo (4-2) e al Basaksehir (4-0). Il totale è considerevole e in linea con le gare ufficiali: 27 centri in 9 partite. La media è sempre quella: 3 centri ogni 90 minuti. Con il derby, scende di un nulla: 2,8.

MAI UGUALI Quello che sorprende è anche la varietà di soluzioni che Fonseca regala alla squadra. Perché la Roma segna sempre in modo diverso. Limitando l'analisi alle ultime 4 partite (Genoa, Lazio, Sassuolo e Basaksehir), i giallorossi sono andati in gol in qualsiasi modo. Su punizione (Kolarov), da calcio d'angolo (Cristante), dentro l'area piccola (Dzeko), in contropiede (Mkhitaryan e Kluivert), calciando con il piede destro (c'è la fila...), di sinistro (Under e Zaniolo), di testa (Cristante), addirittura su autogol (Caiçara). Manca soltanto il tiro da fuori aerea su azione (altrimenti c'è la punizione di Kolarov contro il Genoa). La sensazione, considerando i due pali colpiti da Zaniolo nel derby, è che sia soltanto questione di tempo. A proposito di Nicolò: «Sono cresciuto molto, Fonseca mi chiede sempre di prestare attenzione alla fase difensiva - ha spiegato al match program del club - Il ruolo che preferisco? Quello di trequartista ma anche giocando esterno mi trovo bene, come ho dimostrato in Europa League. Ora ci attende un ciclo importantissimo. A partire da Bologna. I rossoblù stanno facendo molto bene, hanno 7 punti e sono davanti a noi. Dobbiamo batterli e superarli in classifica. Siamo la Roma, siamo forti e dobbiamo imporre il nostro gioco ovunque».

ESAME TRASFERTA Sinora in effetti, fatto mai accaduto nella storia del club, le prime 4 partite ufficiali disputate in stagione i giallorossi - che intanto hanno sottoscritto una partnership triennale con la federazione calcistica nigeriana - le hanno disputate sempre all'Olimpico. Davanti al proprio pubblico. Che tuttavia, almeno a livello di presenze, ha risposto in modo tiepido. Alla crescita della Roma di Fonseca fa da contraltare un calo nelle presenze dei tifosi: 38.779 al debutto col Genoa, 34.407 con il Sassuolo e 21.348 (complice anche la diretta televisiva in chiaro) con il Basaksehir. Senza considerare che al derby, dopo tantissimi anni, il Distinto sud lato tribuna Tevere, è rimasto malinconicamente chiuso. Una prima risposta arriverà domani: esaurito il settore ospiti del Dall'Ara. Gol, punti e spettacolo: la ricetta di Paulo per invertire il trend.


Bologna, Fenucci: «Pallotta vorrebbe fare di più per la Roma, non vivendo qui non si fa capire dai tifosi»

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Sta come un principe, il direttore. Claudio Fenucci, ad del Bologna, braccio destro di Joey Saputo, per tre anni lo è stato di Pallotta (e prima ancora di DiBenedetto). Là dove sono gli americani, lui c'è. L'uomo dei conti, e dei sogni: «Vogliamo tornare in Europa», confida, Claudio che di romano ha tenuto solo il nome, ormai. E' sorridente, rilassato. «Sono a casa, qui resterò a vivere». Si storce alla domanda, banale ma doverosa: amatriciana o tortellini in brodo? «A Bologna è tutto perfetto, funziona ogni cosa, c'è ricchezza, ordine: è in piccolo come dovrebbe essere l'Italia. Ma non mi faccia certe domande, io all'amatriciana non rinuncio».

Bologna è tutto un altro ambiente rispetto al fuoco di Roma.
«Non creda. Certo, la dimensione è diversa, ma anche qui la tifoseria bolle. Nei periodi di contestazione - e ce ne sono stati - si fanno sentire, ci sono un paio di radio molto attente. A Roma ho imparato a gestire le parole, ho studiato il linguaggio del calcio, come fanno i politici nel loro mondo».

Ah, quindi Bologna come Roma. Il famelico ambiente romano che porta via tutto, sogni e vittorie. 

«Chiariamo subito. Non che non si vinca per colpa delle radio, i successi sono figli di altro: di una buona gestione amministrativa, di scelte tecniche corrette e di un investitore pronto a coprire le perdite».

E' difficile colmare il gap?
«All'epoca dei Sensi, la forbice con le big era meno ampia, era più facile inserirsi nel giro scudetto, lo fecero sia la Roma sia la Lazio. Negli ultimi tempi si è allargata e molte società sono soggette alla tirannia del fatturato. Se non aumenti i ricavi, è difficile competere. Ma non bisogna sempre appoggiarsi a questo, a volte serve qualche idea in più. In Italia c'è una netta connessione tra fatturato e vittoria, altrove gli incassi sono più equi. Le faccio un esempio: oggi i soldi distribuiti dalle varie competizioni europee si aggirano intorno ai dodici miliardi, ma più della metà sono finiti a soli quindici club».

Allora evviva la Superlega...

«Quella sarebbe la pietra tombale. Impoverirebbe i campionati nazionali, li svuoterebbe della loro tradizione».

La sensazione che lei sia un po' scappato dalla Roma, ancora ce l'abbiamo.

«Avevo capito che era il momento di andare via».

Motivo?

«Diciamo che c'erano rapporti problematici con alcuni consulenti di Pallotta (Pannes, ndi). Non avevano, secondo me, reali competenze sportive».

I suoi rapporti con Pallotta? 

«Per un po' ho sbagliato a non crearne uno diretto con lui, era sempre molto filtrato. Magari sarei riuscito a fargli capire certe dinamiche italiane, l'importanza di alcune situazioni ambientali».

Pure lui, però, si fa vedere poco. Saputo è più presente.

«Viene a Bologna più o meno una volta al mese. Ma non è questo il punto. Un presidente non deve stare sul posto per le riunioni o perché deve rimproverare la squadra oppure cacciare un allenatore. Deve frequentare l'ambiente per capirlo, per conoscerlo da vicino, per comprenderne le dinamiche. Insomma, per acquisire una sensibilità sulla nostra cultura dello sport, che è diversa da quella americana. Jim vorrebbe fare tanto di più per la Roma, ha grandi ambizioni, ma non vivendoci dà modo ai tifosi di non farsi capire bene. Gli avrei spiegato che per arrivare al traguardo ci voleva tempo. Che il lavoro sarebbe stato complesso, che tutto sarebbe dovuto arrivare gradualmente. Anche attraverso una comunicazione dello stare con i piedi per terra».

Lo sloganismo, insomma, non ha funzionato. Ma andiamo avanti. Capitolo Franco Baldini.

«E' un consulente del presidente. E credo che sul ruolo non ci sia nulla di strano, anzi, nelle aziende certe figure sono preziose. Poi, ci devono essere dirigenti con deleghe per decidere».

E qui utilizza il calcese, in parole povere: finché consiglia bene, se interferisce nel lavoro degli altri è un problema. Che dirigente è Sabatini?
«Un genio. Un uomo complesso, che va capito e accettato. A Roma ha lavorato bene».

E Baldissoni?

«Uomo intelligente, che può fare il dirigente. E' un innamorato della Roma».

Poi c'è Fienga, che pronti via ha dovuto annunciare lui l'addio a De Rossi.

«All'epoca mi stava per capitare la stessa cosa. Daniele era a scadenza, poi rinnovò».

Lo avrebbe preso a Bologna, De Rossi?

«Gli ho consigliato di non restare in Italia».

E Totti?

«Non è facile crearsi una figura diversa da quella del calciatore, dal giorno alla notte. Di Vaio, amico di Francesco, da noi ha smesso, ha studiato, ora può fare il direttore sportivo».

Domani arriva la Roma.

«Bella squadra, sempre una grande partita. Specie per Sinisa, da ex laziale».

La vicenda Mjhajlovic vi ha prima distrutto, poi vi ha dato una grande forza.

«Sinisa è un uomo eccezionale, abbiamo investito su di lui e guai a chi lo tocca. La malattia ci ha dato una bella botta, ma non abbiamo mai pensato che ci avrebbe mollato per curarsi. Lui è in ospedale, ma è sempre presente. Telefono, video, chiama si informa, è in contatto continuo con i suoi collaboratori e con noi. Siamo nelle sua mani, lo aspettiamo. Intanto è nato il Bologna United. E la nostra filosofia è we are one».

La sera di Verona è stato un impatto incredibile per voi e per il mondo del calcio.

«Emozioni forti. Vederlo in panchina, all'improvviso, dopo un mese in quasi isolamento è stato eccezionale, come la settimana scorsa quando la squadra lo ha voluto salutare sotto la finestra dell'ospedale».

Ma qualcuno di voi gli ha mai detto: mister stia calmo, pensi a riposare, non faccia questi sforzi.

«Provi a dirglielo lei».

Mihajlovic in estate doveva venire alla Roma. Poi?

«Poi sono sceso io nella Capitale a fare le scritte contro di lui... Sto scherzando ovviamente».


Zaniolo e Kluivert, eroi in Europa: Fonseca si gode i gioielli ritrovati

LA REPUBBLICA - MORRONE - In attesa di ulteriori conferme dalla trasferta di domani a Bologna, Fonseca si godela miglior versione della sua Roma vista contro l’Istanbul Basaksehir. La truppa giallorossa ha un attacco in stato di grazia, viaggia alla media di tre gol a partita e, cosa ancor più importante, ha ritrovato il contributo di chi si era smarrito. I titoli se li è presi Nicolò Zaniolo che contro i turchi ha realizzato un gol e un assist spingendo la Uefa a inserirlo nella top undici dell'Europa League. Il centrocampista ha fatto tesoro delle punzecchiature del tecnico eora sembra pronto per fare il grande salto anche a livello europeo.

Stesso discorso per il suo coetaneo Kluivert, che con le reti contro Sassuolo e Basaksehir ha già pareggiato il misero bottino realizzativo della scorsa stagione. Segnali di speranza arrivano pure da Pastore: il trequartista è stato rigenerato da Fonseca che intende sfruttarne il talento sperando di non perderlo per i soliti infortuni. Chi invece con gli infortuni continua a fare i conti è Chris Smalling, che da quando è arrivato dallo United non ha ancora giocato neanche un minuto e salterà pure il Bologna. «Rimanere allo United sarebbe stato semplice per me — ha detto il difensore — ma cercavo una sfida e la Roma è un’occasione perfetta».


È una Roma camaleonte

IL TEMPO - AUSTINI - Ha usato due maglie, passando dal rosso con i fulmini al blu-vintage che ha stregato tutti, e a Bologna sfoggerà quella bianca. In campo sono già andati venti calciatori diversi. Sempre con lo stesso modulo, ma accorgimenti tattici l'hanno resa ogni volta diversa dalla versione precedente. E allora l’abusata metafora della «squadra-camaleonte» è davvero perfetta per questa Roma.

Altro che dogmatico, Fonseca si sta dimostrando un allenatore capace di modellare un’idea di calcio, seppur chiara e ben strutturata, a seconda delle esigenze. Sia del suo gruppo, sia rispetto all'avversario. Dalla Roma a trazione totalmente anteriore vista al debutto col Genoa, con i terzini altissimi e, di conseguenza, tanti spazi dietro, a quella fin troppo accorta nel derby, fino alla difesa «tre e mezzo» sperimentata dal portoghese contro Sassuolo e Istanbul Basaksehir che ha portato due vittorie, otto gol segnati e il primo «clean sheet» della stagione con i turchi. Ma anche nelle ultime due occasioni è cambiato qualcosa: se contro la squadra di De Zerbi è stato Florenzi a rimanere più bloccato a destra, giovedì scorso toccava a Kolarov limitare le avanzate, mentre Spinazzola si alzava addirittura oltre i centrocampisti formando una linea offensiva di quattro uomini con Zaniolo, Pastore, Dzeko e Kluivert. Palla alla Roma, la difesa si è sistemata con tre uomini: Kolarov a sinistra, Juan Jesus al centro e  Fazio allargato a destra con licenza di impostare. Quello che è rimasto sempre uguale è il lavoro dei mediani: Cristante il «play» più basso ma spesso in pressione avanzata sul portatore avversario, il suo partner di volta in volta diverso (Pellegrini, Veretout e Diawara) con maggiore libertà di azione.

La rosa è più profonda del previsto sia a livello numerico che qualitativo, nonostante la piaga degli infortuni muscolari. Pastore e Kluivert sono due risorse riscoperte, Veretout l’uomo conle caratteristiche che mancavano nel centrocampo, Cristante sta mostrando una solidità inattesa in quel ruolo, Mkhitaryan ha alzato il livello del reparto offensivo, Spinazzola e Diawara rappresentano alternative utilissime nei rispettivi ruoli, Mancini studia già da titolare. Aspettando i progressi di Kalinic e l'esordio di Smalling: l'inglese, insieme ai giovani Cetin e Antonucci e all’infortunato Perotti, è l’unico giocatore di movimento della rosa a non essere stato ancora utilizzato. Oggi dovrebbe partire in treno con la squadra verso Bologna ma è destinato alla panchina. Possibile il rientro dal 1’ di Mancini che martedì scorso ha però accusato un fastidio al flessore (poi rientrato), Cetin bloccato dall'influenza. A destra si rivede Florenzi, in mediana Veretout mentre il quartetto offensivo dovrebbe essere composto dai «magnifici 4»: Zaniolo, Pellegrini, Mkhitaryan e Dzeko, con Kluivert pronto a subentrare. Per Fonseca squadra che vince si può cambiare comunque.


I bambini ritrovati grazie ai tweet di Pallotta

IL TEMPO - BIAFORA - Se i successi in campo devono ancora arrivare, di certo nell’ambito sociale la Roma di Pallotta ha realizzato più di una vittoria negli ultimi anni. Il club giallorosso - sempre in prima linea nelle attività di beneficenza con la fondazione Roma Cares - ha lanciato a inizio luglio una campagna in collaborazione con Telefono Azzurro, Missing Kids e Missing People che ha aiutato a ritrovare una sedicenne avvistata per l’ultima volta a Londra un paio di mesi fa,  E, raggiungendo quota cinque nel totale dei «missing children» tornati dalle rispettive famiglie.

Il reparto social del club, su spinta dell’Head of Strategy Paul Rogers, da quest'estate ha associato gli annunci ufficiali dei giocatori acquistati nel corso del calciomercato alle foto di bambini di cui fossero state persele tracce, con lo scopo di dare un’eco mediatica alle ricerche. L'iniziativa ha identificato fino ad oggi 109 bambini provenienti da dodici paesi e sono stati realizzati 72 video che hanno raggiunto nove milioni di visualizzazioni. Intanto il club di Trigoria ha annunciato di aver sottoscritto una partnership triennale con la Federazione nigeriana.


Cuore diviso per l'ex diesse Sabatini

IL TEMPO - BIAFORA -  A quasi sei mesi di distanza dall’ultimo confronto, le strade della Roma e di Walter Sabatini tornano ad incrociarsi. Il responsabile tecnico del Bologna sfiderà per la quinta volta la sua ex squadra, da quando, il 6 ottobre del 2016, ha rescisso consensualmente il contratto che lo legava ai giallorossi.

Lo score recita una vittoria e un pareggio per Sabatini ai tempi dell'Inter e due successi della Roma nella passata stagione, quando la squadra diretta dal dirigente umbro, accolto nella gara di ritorno dai calorosi abbracci di Manolas e De Rossi, era la Sampdoria. Quello tra l’ex ala del Perugia e il club capitolino è stato un matrimonio burrascoso, fatto di tanti alti e bassi, soprattutto nei rapporti con Pallotta, ma il dirigente umbro avrà per sempre nel cuore i cinque anni vissuti come ds dei giallorossi: «Emotivamente e sentimentalmente - ha dichiarato a TRS qualche mese fa - sentirò la Roma sempre mia, perché tutto quello che è successo poi è un prosieguo di quanto è successo prima. La Roma è una cosa che mi riguarda e mi riguarderà sempre».

Per l'occasione domani al Dall'Ara Sabatini ha invitato familiari e amici allo stadio: una sfida col cuore diviso. Un altro ex della partita sarà Destro, che a Roma ha siglato 29 gol (gli stessi segnati in maglia rossoblù) in 68 presenze, prima di essere ceduto in prestito al Milan allo stesso Bologna. Non la vivrà direttamente dalla panchina per via delle cure mediche a cui è sottoposto, ma domani sarà un match particolare anche per Mihajlovic, ad un passo dal diventare il primo tecnico scelto da Petrachi nell’avventura romana a fine maggio.


Fonseca, non solo attacco: ora si lavora al bunker

LA GAZZETTA DELLO SPORT - L’esordio in Europa League ha regalato ai tifosi una Roma non solo prolifica, ma anche ragionevolmente accorta in difesa: per la prima volta non ha subito nessuna rete e nello specchio della porta è arrivato un solo tiro dai turchi dell’Istanbul Basaksehir. Un grande passo in avanti per una squadra che aveva subito 6 gol nei primi 3 incontri.

«In Italia si vince soprattutto lavorando bene in difesa», aveva detto Fonseca. Tant'è che i gol incassati (3 reti ad opera del Genoa, quella della Lazio nel derby e le 2 inflitte dal Sassuolo) erano parsi troppi. In realtà Fonseca (si dice anche lavorando a stretto contato col d.s. Petrachi) ha rivisto alcune idee iniziali, apportando cambiamenti non banali, innanzitutto sul fronte dei terzini. Adesso gli esterni generalmente salgono a turno, mentre il posizionamento dei centrocampisti senza palla sembra più efficace, in principal modo quando il primo pressing alto finisce superato.

Si passa secondo punto tattico: niente più aggressività esasperata sugli avversari, ma al momento giusto, così da non farsi scavalcare troppo facilmente. Infine il terzo aspetto, legato strettamente agli uomini. La scelta di far avanzare Pellegrini sulla linea dei trequartisti, ha fatto calare ancor più nel ruolo di mediano Bryan Cristante.


Pastore rinasce e piano piano riconquista i tifosi

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Prove tecniche di ripresa per Javier Pastore. L'argentino ha cercato, in queste settimane, di evitare qualsiasi tipo di stress per farsi trovare pronto da Fonseca. In estate ha rinunciato a tornare a casa in estate per restare in Italia (Sardegna) e Europa (Spagna) ed evitare lunghi viaggi. «Datemi una possibilità», ha chiesto alla Roma e a Fonseca. Ed è stato accontentato.

Fonseca lo ha messo in campo sempre, ha chiesto a Petrachi di poterci lavorare e con il suo staff ha previsto un piano personalizzato. Al primo accenno di fastidio fisico, Pastore è stato fermato, non gli sono stati chiesti esercizi che potevano essere dannosi per lui, anche se in alcuni test recenti ha dimostrato una forma più che buona. E' stato considerato a tutti gli effetti uno del gruppo, non un esubero. Le risposte, per adesso, viaggiano nella direzione sperata da tutti.


Smalling out, torna Miki. Partnership con la Nigeria, c'è l'idea amichevole

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Cambi in arrivo. Dopo il turnover in Europa League, Fonseca prepara qualche cambio per la trasferta di Bologna. Rientrano Florenzi, Mancini, Veretout e Mkhitaryan, mentre Smalling non sembra ancora pronto.

Intanto la Roma ha annunciato una partnership triennale con la Federcalcio nigeriana. Pallottapensa anche ad una amichevole da disputare proprio in Nigeria.


Conferenza stampa De Leo: "Con la Roma squadra spavalda ma sempre concentrata". Tanjga: "Con la Roma fondamentale l'apporto del pubblico"

Miroslav Tanjga, vice di Sinisa Mihajlovic, ha parlato in conferenza stampa alla vigilia di Bologna-Roma. Ecco le sue dichiarazioni:

"Ogni partita fa storia a sé. Noi anche contro la Roma cercheremo di tenere vivo il pallino del gioco e di seguire i nostri principi fondamentali. Il primo tempo di Brescia? La partita è iniziata male poi ci sono stati errori a livello individuale. Siamo stati fortunati a rimanere in 11 contro 10 e la squadra anche per questo ha cambiato totalmente registro. Siamo stati molto più aggressivi e reattivi. Tutte le squadre di A sono di buon livello, anche quelle che abbiamo affrontato. Non abbiamo paura nello sfidare la Roma, siamo convinti del nostro livello di gioco. Abbiamo possibilità di vincere anche grazie all'apporto del pubblico".

Insieme a lui anche Emilio De Leo, collaboratore di Sinisa Mihajlovic. Le sue parole:

"Io credo che nella sostanza sia stata un'esperienza la partita di Brescia che serve per crescere. Un processo che è iniziato a gennaio dell'anno scorso e sta proseguendo. È normale che ci siano delle difficoltà in una partita. A Brescia sapevamo che avremmo dovuto partire con un atteggiamento diverso e maggiore concentrazione; quando poi ci siamo trovati di fronte al dover rimontare ci siamo ritrovati. Per me è importante dare un cambio di marcia quando le cose non vanno bene. Fare la partita contro la Roma? Abbiamo quella leggerezza che non ci deve mai mancare. La squadra deve essere spavalda in modo sano e magari incosciente ma sempre concentrati. Per un gruppo giovane e coraggioso la spavalderia non deve mai mancare. Senza naturalmente dimenticare le qualità degli avversari ma consci delle nostre. La partita contro il Brescia? Il nostro gruppo diventa squadra nel momento in cui tutti pensano con la stessa testa. A Brescia non eravamo tutti concentrati sul momento, sul qui e ora. Se davanti non ci sono tempi corretti di pressione a ruota tutti i reparti vanno in difficoltà e la squadra si allunga. Nella ripresa, oltre alla superiorità numerica, c'è stato un coinvolgimento di tutti e abbiamo recuperato. Chi giocherà in avanti? Ah, il nome non lo dirò (ride, ndr). Sono tutti molto calati nel nostro lavoro. Credo che le loro risposte sono state professionali e legati al lavoro che si sta facendo. Ci aspetta una partita complicata, bisognerà cambiare spartito e quindi proveremo a sfruttare le caratteristiche di ognuno. In difesa Bani e Denswil ci sono, poi avremo nei prossimi giorni anche Danilo. Soriano in mediana? È chiaro che lo possiamo usare quando dobbiamo recuperare ma è importante un concetto: noi non abbiamo preclusioni nello giocare con tanti giocatori offensivi ma dobbiamo avere umiltà ed equilibrio tattico. Saremmo fin troppo spavaldi e sprovveduti".


Allenamento Roma, rifinitura in vista del Bologna. Parte del lavoro in gruppo per Smalling, ancora individuale per Perotti, Under e Zappacosta

La Roma ha svolto stamattina l'allenamento di rifinitura in vista del match di domani contro il Bologna. La sessione odierna è iniziata in sala video, la parte in campo ha visto la squadra effettuare il riscaldamento di rito per poi proseguire con un focus tattico. Particolare attenzione sui calci da fermo. Smalling ha sostenuto parte del lavoro in gruppo e parte personalizzato. Individuale per gli infortunati Under, Perotti e Zappacosta. Lo riporta Roma TV. 


Sabatini senza filtro: «Al derby del 26 maggio ho pensato di morire. A Bologna la mia 'bolla di felicità'»

IL FOGLIO - BURREDDU - Cominciò con l’odore di cioccolata e tabacco: suo padre tornava dal turno alla Perugina e lui lo abbracciava mescolando dentro tutti quegli aromi. “Papà fumava le Esportazione senza filtro, le nazionali col pacchetto verde, e quando le spegneva all’ultimo respiro, per non risparmiare nemmeno quel mezzo centimetro, rimaneva del tabacco nel portacenere. Allora io rubavo le cicche, le rompevo, recuperavo il tabacco e lo mettevo nei pezzi di giornale, li arrotolavo e andavo a fumarmeli in bagno. La prima sigaretta fu un pezzo di cartone, in garage. Lo accesi, lo tiravo come una fisarmonica, venivano certe folate aspre che mi girava la testa, ma provavo un’eccitazione enorme, uno stordimento bellissimo”.

Nel nostro immaginario Walter Sabatini ha la sigaretta in bocca, la tiene fra due dita mentre pensa altrove, come nel quadro che tiene nel suo ufficio di Roma. Nel quadro fumano tutti, Van Gogh e Rita Hayworth, Mastroianni e Audrey Hepburn, Marlon Brando e ovviamente Sabatini. Però Walter - oggi coordinatore delle aree tecniche del Bologna e del Montréal Impact di Joey Saputo - le sigarette non può toccarle più, “ho fatto una promessa a mio figlio, non posso disattenderla”, racconta al Foglio Sportivo.

Il mercante del talento è ancora l’uomo che succhia l’esistenza in ogni sua forma, in ogni suo momento. Dall’odore di cioccolata e tabacco di suo padre, a un certo punto il fumo è diventato persino di più, la sua misurazione del mondo, di tutto, delle sue giornate, del tempo, delle sue alterazioni sensoriali, di una qualche gravità momentanea, del calcio. E dunque la sua condanna. “Giocavo in B, il venerdì smettevo educatamente di fumare perché la domenica c’era la partita, quando andavo in ritiro mi mettevano in camera con un senior, Vanara, che aveva dieci anni più di me. Tossiva come un bolso tutta la notte e un giorno mi fa: “Tanto lo so che fumi, tira fuori le sigarette, testa di cazzo”. Una volta il rapporto tra i giocatori  grandi e i giovani era diverso, ti mettevano sotto, gli portavi la valigia. Tirai fuori un pacchetto di Muratti. “Queste non so’ sigarette, le Marlboro devi fumare”La volta dopo per fare bella figura mi presentai con quelle, lì mi sono condannato a morte”.

E da questa dolcissima, invidiabile celebrazione del fumo che Sabatini ha imparato a vivere, a resistere, perfino a sognare. Fumava tre pacchetti al giorno, la scorta la teneva nei cassetti, nei ripostigli, sulle mensole. “Ogni sigaretta per me ha rappresentato qualcosa. Avevo quella celebrativa, lenta, di una voluttà incredibile, e mentre la fumavo rivedevo i fotogrammi di una partita nella testa. E poi c’era quella consolatoria, fumata disperatamente ogni volta dopo una sconfitta. O quella introduttiva del mattino con il caffè. Quella immaginifica, quando non hai niente da fare e pensi a un grande campionato o a una bella donna”. Quando stava alla Roma teneva la porta del suo ufficio aperta giorno e notte, e c’era sempre una bottiglia di champagne, di Berlucchi o di Ferrari. “Io sono un festaiolo, mi trovo bene con la mia gente, sempre pronto a cazzeggiare perché il calcio ha un lato divertente. Non quando perdi, quando perdi non c’è niente di divertente. Ma il calcio non è drammaticità”. Da allora è cambiato tutto, “sono cambiate le mie frequentazioni, i miei ristoranti, è cambiata tutta la mia vita. Quando sto in mezzo alla gente a un certo punto mi folgora l’idea delle sigarette, allora sciolgo la seduta, mi alzo e me ne vado”.

Quello che non è mai cambiato è l’idea del calcio, “per quelli della mia generazione Coverciano era Camelot, quando ci sono andato la prima volta pensavo che non esistesse, i pochissimi fotogrammi che avevo visto erano in bianco e nero, quando mi hanno aperto il cancello ho pensato mo’ svengo. Ero stato selezionato come miglior calciatore giovane della mia categoria in Umbria, nei Nagc, e invece fu la mia più grande delusione calcistica, quando ho sentito che non ero tra i primi tre qualificati di quella infornata di gioca tori mi si è spaccata la bottiglia dentro, sono andato in frantumi”. Calcio, sempre calcio, “che non capisco come possa non essere fumoso, può esistere un direttore sportivo che non fuma? O un allenatore? Qualche giorno fa ho chiamato Sarri. "Non ti dico di smettere di fumare, non te lo posso dire proprio io, però rallenta", gli ho detto, "non ti condizionare tutta la vita futura". "Ma come cazzo faccio?", mi ha risposto "Io non lo so, ho smesso anche di prendere il caffè perché non posso fumarci la sigaretta". Zeman era uno che mi stava dietro, quando veniva nel mio ufficio nessuno si azzardava a entrare, c’era una cortina di fumo. Ma come uno possa allenare senza fumare non l’ho mai capito”.

Lo hanno chiamato santone, pazzo, scellerato, genio, guru, illuminista, edonista, alchimista del pallone, ma Sabatini è solo un uomo accerchiato dai sentimenti. E il calcio glieli ha amplificati. “Ho fumato più sigarette per Nainggolan che per tutti gli altri: passai la notte al telefono con il direttore sportivo del Cagliari, con Cellino dall’altra parte che spaccava la trattativa, ma sentivo che la voleva fare. Finì alle cinque del mattino, fu dura e fumosa. La sigaretta più dolorosa è stata per il derby Lazio-Roma di Coppa Italia all’Olimpico, ho pensato di morire, se non avessi avuto le sigarette sarei morto realmente”.

Invece tutto in Sabatini è vita, vita esagerata, amata, strapazzata, quella vita che ti afferra e ti scuote, ti squassa, ti stordisce. Così forte che nemmeno la morte è riuscita a portarselo via, un anno fa. “Mi sono sentito male a casa, ho avuto la certezza di morire. Ma non mi ricordo se ho avuto paura. Sentivo la dottoressa nell’ambulanza che diceva non ce la facciamo, non ce la facciamo, e io cercavo di darle dei calci, stai zitta, e poi mi giravo verso il mio dottore e chiedevo: “Ma è vero?”, e lui mi rispondeva: “No, non stasera, non adesso”.

Se Roma gli è entrata dentro con tutta quella intensità, a Bologna Sabatini sta cercando un’altra dimensione, “una bolla di felicità” la chiama lui. Prima che cominciasse il campionato è salito su un palcoscenico in mezzo a Piazza Verdi, la piazza del teatro, assieme al suo amico Giorgio Comaschi, hanno fatto uno spettacolo letterario e lui ha letto un brano di Pasolini. Ha tossito un po’, il fiato era corto. Ha chiesto scusa al pubblico, ma si vedeva che si divertiva. Bologna per Sabatini è una sorta di regressione all’infanzia, a un calcio antico, che ricorda negli slogan e nelle trovate di Gino Villani, uno dei tifosi più coloriti della storia rossoblù. “A Bologna ho trovato una grandissima organizzazione sportiva. Qualsiasi cosa sia stata detta qui, in passato, io posso dire quello che ho visto e quello che ho visto io vale: Bigon e Di Vaio hanno una maniera di fare il calcio molto evoluta, e io sono un fruitore finale del lavoro che hanno fatto loro due. Skov Olsen, Tomiyasu li avevano già presi, io ho solo avallato le scelte. Se il Bologna farà grandi cose non sarà stato merito mio, ci sono grandi presupposti per cui questa cosa possa avere luogo, perché si realizzi questa mia necessità di essere felice”.

Prima si perdeva in una nuvola di fumo, adesso si accontenta di una bolla di felicità. “Mihajlovic è un soggetto difficile da replicare. A Verona, quando è uscito la prima volta dall’ospedale, l’ho trovato in questo stanzone, su una sedia, da solo. Entro e mi fa: vuoi la sedia? Ma come, tu che non stai in piedi... Provo un desiderio fortissimo di poterlo aiutare, assecondare, cosa che farò e che faremo tutti. Della vita ho capito parecchie cose, non tutte, ho capito che bisogna vivere lealmente e con generosità. Trascuro di dire l’onestà che per me non è una qualità, è la normalità. Alle sigarette ci penso sempre, è un pensiero fisso, anche stamattina mi sono svegliato alle 4.Oh, se ci fosse mia moglie si arrabbierebbe molto per questa chiacchierata. Speriamo che non legga il Foglio”.