Rosella Sensi: «Il mio Capitano trattato come fosse una figurina»

IL MESSAGGERO - LENGUA - Rosella Sensi fa il suo ingresso al Coni in punta di piedi, quando Francesco Totti nel Salone d’Onore ha terminato la conferenza stampa. I due si lasciano andare a un lungo abbraccio, non serve parlare perché entrambi sanno cosa c’è nel cuore dell’altro. Un feeling mai scomparso anche dopo tutti questi anni, ma che non è mai sbocciato tra l’ex numero 10 e la proprietà americana.

Se Rosella Sensi fosse stata presidente come avrebbe reagito alla conferenza di Totti?
«Credo che un mio giocatore non sarebbe mai arrivato a questo punto perché ci avrei parlato prima. Specialmente con un giocatore come Totti, sapendo il valore che ha Francesco per questa società e nel calcio mondiale».

Come si fa ad arrivare a una rottura del genere con una bandiera come Totti?
«Si è tirata troppo la corda. Bisogna conoscerlo e parlarci perché il suo aspetto un po’ sornione e bonario nasconde la sua determinazione. Quando dovevamo rinnovare il contratto, pur essendo circondato da personaggi competenti, era lui che aveva l’ultima parola. È determinatissimo nelle sue cose, non bisogna mai sottovalutare la sua volontà, competenza e determinazione. Andava tenuto in considerazione, senza trattarlo da gagliardetto o da figurina. È buono e tranquillo, ma il troppo aspettare e pazientare non ha portato a nessun esito, perché poi è arrivato al punto di rottura e non ha dato motivo di ritorno».

La “deromanizzazione” di cui ha parlato Totti dove porterà?
«Non è un’idea giusta e non so dove porterà perché a noi tifosi non è stata spiegata. In questo mondo del calcio oltre al business, devono essere portati avanti dei valori importanti e questi giocatori sono stati simbolo di qualcosa di grande per i bambini che approcciano al calcio non solo qui in Italia, ma in tutto il mondo. Sono persone attaccate alla propria città e che sono rimaste nella stessa società per molti anni. Questi sono valori che non stridono con il business e la modernizzazione del calcio. I tifosi della Roma vogliono vedere una continuità, ma dove sta? La continuità sono Totti e De Rossi».

È difficile parlare con trasparenza ai tifosi?
«Ci va messa la faccia e spiegare. Ha ragione Francesco quando dice che le cose ai tifosi vanno dette come stanno. Ma è anche difficile dirle perché puoi essere soggetto a critiche. Quando si fa calcio succede anche questo, a me è accaduto e soffrivo io per i tifosi. Ma poi i nostri piccoli grandi successi li abbiamo portati casa, lottavamo sempre e qualche Coppa Italia l’abbiamo vita. Però dovevamo dire la verità».

Percepiva la tristezza di Francesco in questi due anni?
«Non riuscivo a vederlo lì seduto allo stadio in quel modo».

Perché?
«Io ho un grande affetto per Francesco, l’ho sempre coinvolto ma non perché fosse necessario, ma perché capivo già all’epoca che era importante coinvolgerlo. Non era necessario interpellarlo, ma sapevo che era importante farlo, ma non per qualche vantaggio ma perché poteva darti consigli importanti. In momenti difficili, lui c’è sempre stato ma perché c’è sempre stato un legame con la famiglia Sensi».

Quando le ha fatto il contratto da dirigente a che ruolo aveva pensato per lui?
«Non potevo pensare a Francesco fuori dalla Roma e pensavo potesse avere un ruolo fondamentale. Direttore tecnico poteva essere quello giusto per lui e se non fosse stato quello sarebbe potuto essere un altro».

Quanto incide l’assenza di Pallotta a Roma?
«Quando vuoi fare il proprietario di una società di calcio devi essere presente. Il calcio non è un business normale, ma è a 360 gradi. Non gestisci numeri, ma parli con le persone, devi vederle, devi capire se un giocatore sta in un certo modo. L’allenatore e i dirigenti non vanno lasciati soli. È una cosa complessa perché devi parlare con gli altri presidenti, devi interloquire con quel mondo. È chiaro, però, che devi avere anche bravi dirigenti perché non puoi fare tutto da solo».

Che uomo era Baldini quando lei lo ha conosciuto?
«Sembrava un uomo mite, poi il calcio lo ha trasformato. Mi dispiace che non abbia ringraziato mio padre che gli ha dato questa opportunità, perché lui all’epoca faceva il procuratore. Penso che abbia un carattere particolare e comunque credo che dopo tanti anni che fai calcio sei cosciente che devi metterci la faccia».

 


La dinastia Totti a Trigoria continuerà con Cristian

IL MESSAGGERO - CARINA - Per un Totti che se ne va, ce n’è un altro che rimane a Trigoria. Fino a prova contraria. Si tratta di Cristian, primogenito di Francesco, che essendo nato del 2005 quest’anno giocherà negli Allievi élite. L’allenatore è Rubinacci, un fedelissimo di Bruno Conti, e al momento - nonostante la querelle tra il club (come dimostra il comunicato di ieri sera) e Francesco stia salendo di tono - nulla lascia pensare che il ragazzo non farà parte della Roma. Toccherà proprio a Rubinacci constatare se e come Cristian potrà proseguire il suo cammino in giallorosso. Di certo, Totti Jr s’è finora contraddistinto, oltre che per i gol (gioca nel ruolo di attaccante), anche per un bel gesto di fair play che ha fatto poi il giro delmondo. Partecipando ad un torneo Under 14 a Madrid lo scorso settembre, rinunciò a segnare perché il portiere avversario era rimasto a terra dopo uno scontro di gioco. Subito andato a sincerarsi delle condizioni dell’avversario e a scusarsi, attirò su di sé l’attenzione dei media spagnoli con un filmato che poi invase il web.

IL SOGNO CONTINUA Più volte interpellato sul figlio, Francesco ha sempre glissato come solo un buon padre sa fare, consapevole che il cognome che si porta dietro può pesare come un macigno. Per informazioni, chiedere ai fratelli Conti, che avevano un papà che è diventato campione del mondo nel 1982 e un’icona indiscutibile del calcio mondiale. Come poi ha però dimostrato soprattutto Daniele a Cagliari, si può cullare la propria passione e farla diventare un lavoro, anche con qualità minori rispetto al genitore. Quello che ambirebbe fare Cristian anche se il padre più volte gli ha ripetuto che il calcio deve rimanere una passione. A Trigoria, si sussurra che di Francesco abbia ereditato lo stesso modo di calciare. Stesso piede, il destro, stessa incisività con le porte avversarie. Accostarlo al papà è inevitabile. Toccherà a lui provare a rimanere con i piedi per terra e non soffrire i paragoni che inevitabilmente da qui in avanti saranno sempre più frequenti. Debuttare all’Olimpico per ora è un sogno ancora lontano. Cristian s’è dovuto ‘accontentare’ di fare il raccattapalle in diverse gare casalinghe della Roma. La prossima stagione sarà però importante. Quattordici anni infatti è l’età nella quale avviene (o meno) il salto di qualità. O meglio: in un club strutturato e così attento alla maturazione dei giovani come quello giallorosso, il prossimo anno sarà quello nel quale si intuirà se il cammino potrà continuare o meno. La volontà di Cristian è provarci. Ed eventualmente essere giudicato soltanto per quello che farà in campo. Semplicemente come Cristian e non come ‘il figlio di Totti’.


Un boom mondiale: il saluto del Capitano visto dall’estero

IL MESSAGGERO - Francesco Totti e la Roma, una storia solo italiana? Macchè. La conferenza stampa ha fatto il giro del mondo. In particolare la frase «Oggi potevo anche morire, forse sarebbe stato meglio», ha catturato l’attenzione delle testate internazionali.

È il caso di AS, che titola proprio così. Mundo Deportivo si limita alla cronaca: «Totti spiega i motivi per cui se ne va dalla Roma».In Inghilterra si scomoda addirittura la BBC, che piazza la notizia di spalla a quella principale. Il DailyMail invece si sofferma nel titolo sulle dichiarazioni nei confronti della proprietà americana.«Lasciare la Roma è come morire. Totti si dimette e attacca la proprietà americana». Titoli identici, «FrancescoTotti lascia il suo ruolo di dirigente della Roma», (e persino la stessa foto!) per L’Equipe e France Football, che informano la Francia nel pallone della decisione di Totti di lasciare la Roma.

In Germania Kicker parla di «Big Bang nella città Eterna». In Portogallo invece ci si concentra sulle dichiarazioni che riguardano il nuovo tecnico romanista e O Jogo esagera, sostenendo che «Totti lascia la Roma e la ragione è l’arrivo di Paulo Fonseca». E addirittura negli USA, sebbene sia appena iniziata la giornata, interviene l’Idaho Statesman, che chiosa:«L’addio di Totti mette pressione alla proprietà americana».

 


Stadio e mercato, Pallotta rilancia così

IL TEMPO - BIAFORA - James Pallotta non ha nessuna intenzione di vendere la Roma. Il presidente giallorosso, descritto come più carico che mai dai suoi collaboratori più stretti, lo ha ribadito per l'ennesima volta con un comunicato apparso sul sito ufficiale del club e in via informale a chi gli domandava se fosse arrivato il momento di un disimpegno dopo le pesanti parole pronunciate da Totti in conferenza stampa.

L'imprenditore di Boston, a quasi otto anni di distanza dal closing con Unicredit del 18 agosto del 2011, ha smentito in molteplici occasioni qualsiasi trattativa perla cessione del club a fondi legati all’emiro del Qatar e ora guarda con fiducia alla prossima stagione, ben consapevole de gli errori commessi negli ultimi anni, da non ripetere più in futuro. La prima mossa per cercare di risollevare la squadra ed un ambiente con il morale ai minimi termini è stata la scelta di Fonseca, reduce dall'esperienza allo Shakhtar, nella quale ha portato a casa sette trofei in tre anni.

Nel faccia a faccia di Londra il tecnico portoghese ha conquistato Pallotta, pronto ad accontentarlo sul mercato grazie ad acquisti mirati effettuati in sintonia con Petrachi. Il direttore sportivo entrerà ufficialmente in carica dal 1° luglio, ma entro quella data avrà già dovuto risolvere l’arduo compito di reperire le plusvalenze necessarie per chiudere il bilancio nei limiti imposti dal Fair Play Finanziario. Nelle dichiarazioni di ieri Totti ha parlato di 50-60 milioni da reperire, cifra che dovrebbe essere raggiunta con le cessioni di Dzeko, Manolas e Ponce. L'attaccante argentino ha già trovato l’accordo con lo Spartak Mosca ed è pronto a salutare a titolo definitivo i colori giallorossi per poco meno di 8 milioni di euro. Non si registrano passi avanti per il trasferimento del centravanti bosniaco all'Inter, la cui offerta è ben distante dalla richiesta di Petrachi: il ds ha fatto chiaramente capire al collega Ausilio che i 10 milioni messi sul piatto non basteranno per arrivare alla fumata bianca. Ancora tutto da decidere il destino di Manolas, la cui mancata partenza (è corteggiato dal Napoli e seguito dal Milan) potrebbe essere colmata dall’addio di Florenzi, che ha un valore residuo a bilancio di appena 1,8 milioni di euro e rappresenterebbe una grossa plusvalenza.

Ultimo ma più importante tassello da sistemare è quel lo sullo Stadio della Roma, il cui iter per la costruzione è iniziato nel lontano 2012, prima con il conferimento a Cushman & Wakefield del mandato per l’individuazione dell’area dove costruire l'impianto e poi con la firma ad Orlando con il costruttore Parnasi per l'accordo su Tor di Valle. Domani andrà in scena il 109° incontro trai tecnici dei proponenti e quelli del Comune di Roma per trovare una quadra sulla Convenzione Urbanistica, ovvero il contratto che regola il rapporto tra Campidoglio e proponenti. L'intenzione della giunta Raggi è quella di portare a casa la realizzazione del progetto, senza arrivare ad una rottura nelle trattative, guidate in casa Roma da Baldissoni. A viale Tolstoj, dopo i quasi 90 milioni di euro spesi fino ad oggi - che si aggiungono agli oltre 200 investiti dalla proprietà tra acquisto e aumenti di capitale effettuati - per la futura casa dei romanisti c'è ottimismo, soprattutto dopo l’ultima riunione, nella quale sono stati compiuti alcuni passi in avanti. È da qui che si ripartirà domani, con la speranza di arrivare ad un accordo. «Non vedo l’ora che abbia inizio un nuovo futuro», ha detto Pallotta qualche giorno fa.


Baldini, l'uomo ombra che muove i fili da lontano

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Impossibile avere un rapporto con chi non vuole avere rapporti, e soprattutto pensa di essere al centro di tutto e tutti. Non l'ha detta così, Francesco Totti, ma in sintesi è questa la spiegazione che ha dato alla sua storia-non storia, alla travagliatissima e al tempo stesso chiarissima relazione a distanza con il nemico Franco Baldini. Uno che in due anni non l'ha mai cercato, mai l'ha considerato, mai l'ha voluto incontrare per parlare realmente della Roma e che spesso e volentieri (praticamente sempre...) l'ha sorpassato a destra. Forte, ovviamente, del solidissimo legame con Jim Pallotta. Se Totti dopo trenta anni d'amore ha mollato la Roma, Baldini, il presidente ombra che muove i fili da lontano e che si vede nella Capitale ancor meno del suo superiore bostoniano, rappresenta la spinta più forte che il Capitano ha ricevuto per farlo.

LA DETOTTIZZAZIONE Un processo di detottizzazione cominciato, in pratica, otto anni fa e che ha visto il toscano sistematicamente in prima fila. Francesco, una volta smessi i panni del calciatore (A dire il vero mi hanno fatto smettere di giocare, e sapete pure chi è stato...), ha provato a lavorare per la Roma in giacca e cravatta ma, di fatto, non c'è mai riuscito: forse un po' per colpe dovute all'inesperienza, ma tanto per la forza contrastante di Baldini. Che, sia chiaro, aveva tutto il diritto di non condividere le scelte di Francesco: bastava dirglielo, però. E così dopo mesi e mesi di amara inutilità, Totti ha alzato le mani: via io o via lui, il bivio estremo. E, ovviamente, via io. Con Pallotta silenzioso spettatore, ammaliato da sempre dal canto del gallo toscano.

OBIETTIVO CENTRATO La Roma, anzi Baldini voleva arrivare esattamente a questo punto: deromanizzare la Roma (via De Rossi e Totti in meno di un mese: record probabilmente imbattibile), e Francesco, comportandosi da uomo non disposto ad accettare tutto, gli ha dato una mano. Dandola anche a se stesso, seppur con la morte nel cuore. Ma con grande, immensa dignità. Si è separato dalla sua Roma pur di non condividere, o solo tentare di farlo, idee e programmi con un dirigente che non ha mai stimato e che mai l'ha stimato. E che non ha perso occasione per ribadire pubblicamente al mondo, e a Totti in primis, la sua centralità.
Adesso, però, mister Franco non avrà più l'alibi dell'ingombrante Totti, non subirà più il peso di un uomo scomodo in squadra o in sede e, quindi, avrà tutte le possibilità per aiutare la Roma a vincere qualcosa. Cosa che non capita da molto prima di quel giorno di otto anni fa in cui, a Trigoria, il rientrante Baldini disse: non so perché sono tornato alla Roma. Tranquillo, adesso lo abbiamo capito tutti.


La reazione della società: «Visione distorta, volevamo promuovere Totti. E il club non è in vendita»

IL TEMPO - AUSTINI - La botta è dura, impossibile reggere l’urto. La Roma ascolta da spettatrice lontana lo sfogo di Totti dal Salone d'Onore del Coni - unico presente in sala un giornalista dei media ufficiali del club - ma decide comunque di parlare dopo oltre quattro ore dalla fine della conferenza stampa. Non poteva subire e basta e replica con un comunicato formale, freddo e schietto sui più delicati delle accuse di Totti.

«Il Club - si legge nella nota affidata al sito online - è estremamente amareggiato nell'apprendere che Francesco Totti ha annunciato di lasciare la Società e di non assumere la posizione di Direttore Tecnico dell’AS Roma. Gli avevamo proposto questo ruolo dopo la partenza di Monchi ed eravamo ancora in attesa di una risposta. Riteniamo - scrive ancora la società - che il ruolo offerto a Francesco sia uno dei più alti nei nostri quadri dirigenziali: una posizione che ovviamente richiede dedizione e impegno totali, come ci si aspetta da tutti i dirigenti all’interno del Club. Eravamo pronti ad essere pazienti con Francesco - sottolinea la Roma - e ad aiutarlo a mettere in pratica questa trasformazione da grande calciatore a grande dirigente. Il ruolo di Direttore Tecnico è la carica in cui credevamo potesse crescere e in cui ci siamo proposti di supportarlo durante la fase di adattamento».

Poi la frecciata: «Nonostante comprendiamo quanto sia stato difficile per lui decidere di lasciare la Roma dopo trent'anni, non possiamo che rilevare come la sua percezione dei fatti e delle scelte adottate dal Club sia fantasiosa e lontana dalla realtà». Insomma, Totti non ha capito i veri intenti della Roma e si è costruito una realtà tutta sua, questa l’idea di Pallotta & Co., provati dal colpo subìto a livello d'immagine che sarà davvero duro da recuperare.

Quanto al futuro, gli americani mettono le cose in chiaro: la Roma non è in vendita. E avvisano Totti dei rischi di farsi potenziale portavoce di acquirenti più o meno fantasiosi. «Riguardo ai ripetuti riferimenti al suo possibile ritorno con l'insediamento di una nuova proprietà, in aggiunta alle informazioni raccolte da lui stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al Club, ci auguriamo che questa non sia un'anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che l’AS Roma è una società quotata in borsa. La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro».

La chiusura è gelida e dà il senso di distacco ormai totale tra la società e il suo (ex) simbolo: «Auguriamo a Francesco buona fortuna per quello che deciderà di fare».

 


Raggi: «Le bandiere restano sempre»

IL TEMPO - LO RUSSO - Stupore, incredulità, rammarico, ma anche estrema lucidità sono i sentimenti che uniscono e dividono un'intera piazza, una città come Roma, dove Francesco Totti, volenti o nolenti, resterà per sempre una bandiera.

Le reazioni ad una conferenza stampa dove è emersa tutta la verità targata Totti, sono state tante. «Totti, le bandiere restano sempre. I tifosi sanno riconoscere le persone vere. Tu lo sei. Daje France» è il commento a caldo della sindaca Virginia Raggi. Non poteva non dire la sua in un momento storico la vecchia proprietà.

Rosella Sensi ha letto tanta malinconia nelle parole del pupillo di papà Franco: «Francesco non può stare della Roma lontano dalla Roma- ha commentato la ex presidente non ha deciso a cuor leggero, lo conosco troppo bene. Con lui si è tirata la corda. Si è perso qualcosa di unico». Poi l’affondo diretto a Baldini: «Quando si soffre una personalità come Totti si manca di personalità».

I messaggi di stima nei confronti dell’ex capitano cominciano a piovere nell’arco di pochi minuti dopo la conferenza. Resta neutro Silvio Berlusconi: «Non posso entrare in casa d'altri, non conosco la situazione Totti-Roma e Roma-Totti per poter dare giudizi». Su Instagram Vincenzo Montella scrive: «Caro France'’...capire le ragioni, il perché, dare un senso a questa scelta forse è impossibile (o forse no). Soprattutto per chi sa cosa rappresenta la Roma per te. Non ci hai mai spiegato a parole cosa fossero Roma e la Roma. Non era necessario. Lo facevi con i gesti e con l'emozione, coni gol e le imprese. Sei la bandiera della Roma. Sei e resterai per sempre, l'VIII Re di Roma». C'è anche chi prende in prestito la letteratura per dare un giudizio su quanto deciso dall’ex capitano della Roma, come Arrigo Sacchi: «Shakespeare diceva: chi perde la dignità è un miserabile tutta la vita. Totti è stato un grande giocatore, ha dato tanto alla Roma, è stato in compenso idolatrato dai tifosi, amato come nessun altro, e la società lo ha tenuto sempre pagandolo anche copiosamente. Dispiace».

Tra gli allenatori che non hanno avuto la fortuna di averlo c'è Roberto Mancini che al momento non sa rispondere su un eventuale futuro di Totti nelle file azzurre. Più lucida invece l’analisi di Fabio Capello, lui che per diversi anni lo ha visto compiere imprese: «L'addio di Totti mi sorprende un po', ha capito che fare il dirigente è una cosa diversa che giocare. La squadra ha sempre voluto bene a Totti per ciò che ha fatto e dato, ma quando ti viene proposta la giacca e cravatta e la scrivania, è un lavoro completamente nuovo».


Dietro lo show l’amico Malagò e l’affare stadio

LA REPUBBLICA - MENSURATI - Se l’obiettivo di Totti era davvero quello di “fare il bene della Roma”, allora si può dire che la sua conferenza stampa d’addio è stata un evidente fallimento. Basti pensare che da oggi ogni operazione di calciomercato in entrata sarà ancora più difficile di prima (chi vorrebbe andare a lavorare in una polveriera?). E che nelle due ore successive al suo sfogo, mentre social, radio, siti internet si gonfiavano di odio nei confronti della società, il titolo del club ha perso in Borsa il 3,78% (poi ha chiuso a +1,59%).

Se invece, come in molti a Trigoria (e non solo) pensano e ormai dicono esplicitamente, il vero scopo dell’ex dirigente giallorosso era quello di inviare un preavviso di sfratto “agli americani”, la lettura dello show di Totti è allora molto diversa. Nell’inchiesta pubblicata da Repubblica lo scorso 29 maggio sui veri motivi del turbolento divorzio tra la Roma e l’altro capitano, Daniele De Rossi, il giornale aveva riferito di come il club e il relativo progetto per costruire un nuovo stadio avessero scatenato in città enormi appetiti. Ieri, durante i 90 minuti di conferenza, l’impressione che questi appetiti abbiano finalmente trovato una loro espressione è stata a tratti molto forte.

Così forte che la Roma, in una nota ufficiale, si è lamentata dei “ripetuti riferimenti” di Francesco a “una nuova proprietà” e delle “informazioni raccolte da Totti stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al club”. Attività — si specifica — “svolta senza alcun mandato”, perché Pallotta “non ha alcuna intenzione di mettere in vendita il club adesso o in futuro”. L’irritazione, tanto a Boston quanto a Trigoria, è ormai così palese che si sta pensando di segnalare le parole di Totti direttamente alla Consob, chiedendo all’ente di vigilanza di valutare eventuali profili di aggiotaggio.

A sostanziare i sospetti del club, oltre alle parole esplicite di Totti, anche il profilo non proprio basso tenuto in tutta questa vicenda da Giovanni Malagò. Storico amico del Capitano, grande tifoso romanista, il presidente (in uscita) del Coni sta da tempo lavorando per riposizionarsi. Venerdì scorso in una intervista a Tuttosport aveva fatto scivolare lì una frasetta di quelle che balzano all’occhio: «Non conosco un tifoso di calcio che non sogni di diventare il presidente della sua squadra». Da allora Malagò ha ripetuto ad amici e giornalisti che quella era solo una battuta e che non ha alcuna mira sul club. Anzi, ancora ieri, diceva che lui aveva addirittura sconsigliato “l’amico Francesco” di fare una conferenza stampa con quei contenuti. E però, se così stanno le cose, non si capisce allora come mai Malagò abbia deciso di contraddire nei fatti il suo stesso pensiero, ospitando nel suo studio il debriefing della conferenza stampa, per la quale aveva deciso di “prestare” all’ex Capitano nientemeno che il Salone d’onore del Coni. Una scelta, quest’ultima, ostinatamente difesa da Malagò anche di fronte ai numerosi segnali di contrarietà arrivati nelle ultime ore dai vertici di Sport e Salute, l’ex Coni servizi Spa, già proprietaria della “Sala” nonché legata all’As Roma da un contratto di locazione dello Stadio Olimpico (valore 3,5 milioni di euro annui).


Totti via: «Preferivo morire». I veleni e la promessa dell'ex capitano: «Torno con una nuova proprietà»

LA REPUBBLICA - PINCI - Un testamento di 90 minuti, anche per durata la sua ultima partita: non con la Roma ma contro. Il divorzio di Francesco Totti dalla società giallorossa è già una lotta per chi vivrà nella casa che condividevano. «Meglio morire che dare questo annuncio, ma non lascio per colpa mia, mi mettevano i bastoni tra le ruote sempre».

In 8 anni gli americani gli hanno sottoposto due rinnovi da giocatore, un contratto da dirigente, il ruolo da direttore tecnico che aveva chiesto. Nel suo saluto armato però c’è spazio solo per ciò che ha ingoiato nei due anni da dirigente: calciatori che aveva bocciato (Pastore) e ha visto acquistati, il sostegno a Di Francesco che avrebbe voluto 5 giocatori (Ziyech, Berardi, Consigli, fra questi) «ma non gliene hanno preso uno», i ringraziamenti al Ceo Fienga e a Ranieri, le parole a De Rossi «a lui ho detto da amico che era il suo ultimo anno» e il tentativo di portare Conte alla Roma, salvo essere ignorato nelle decisioni che hanno portato all’arrivo di Fonseca in panchina e di Petrachi ds. Lì s’è arreso, sentendosi «un peso», per il presidente Pallotta e il grande nemico, Franco Baldini: «Uno di noi due doveva andarsene. Erano 8 anni che volevano noi romani fuori dalla Roma, vediamo se vinceranno ora».

“Tornerò con nuova proprietà” L’arrivederci nasconde un desiderio, più forte della volontà di ricollocarsi altrove («Qualche altra società in Italia mi ha già chiamato, valuterò», dice pensando alla Samp) o di accettare il ruolo da supervisore delle Academy azzurre che ha in mente per lui la Federcalcio. «Tornerò con una nuova proprietà». L’avvocato Taormina in prima fila gli chiedeva se sapesse qualcosa di una cordata romana interessata a prendere la società, strappandogli un sorriso complice. Totti evocava invece i petrodollari arabi su cui da mesi si specula in città, con voci di imminenti offerte qatariote mai arrivate a Pallotta. «Ho girato spesso per Emirati, Kuwait, Dubai, lì tanti vorrebbero fare investimenti, tutti vorrebbero prendere la Roma». E la suggestione di immaginarlo frontman di un nuovo proprietario ricchissimo è dilagata in fretta, nella città in ebollizione.

La denuncia alla Consob Di fronte allo scenario però Pallotta non poteva restare a guardare: ha voluto prima farsi tradurre ogni parola, filtrandola. Poi con i vertici della società ha disposto una replica gelida: «Ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario molto delicato in considerazione del fatto che l’As Roma è una società quotata in Borsa. La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro». Tra le righe, un monito che nasconde un pensiero: il club da ieri valuta seriamente la possibilità di una segnalazione alla Consob delle parole del suo ex capitano, anche per le oscillazioni significative del titolo in Borsa, che dopo una flessione significativa ha chiuso in rialzo.

Il ruolo da dt Ma è l’orizzonte da cui guardano la stessa storia Totti e la Roma, che è ormai distorto. Pure quel ruolo di direttore tecnico: per Totti, «ciò che voglio fare, perché so che posso incidere », ma a cui ha rinunciato. Sorprendendo la Roma: «Glielo avevamo proposto dopo l’addio di Monchi, aspettavamo una risposta». Il club nella verità di Totti non si riconosce. Convinto di averlo coinvolto non solo nei colloqui con Conte (con cui Totti ha parlato, ma al contrario di quanto dice l’unico ad incontrarlo è stato Fienga, a Siena, l’8 aprile in una sede di Mps). Ma pure nella bocciatura di Mihajlovic, in quella di De Zerbi, nel viaggio per conoscere Fonseca, a cui Totti non ha voluto partecipare. In fondo, dice la Roma, il ruolo da dt «richiede dedizione e impegno totali». Un’altra lettura, forse, dei motivi del divorzio.

 


Stadio, tentazione Raggi: strappo entro l'estate

IL MESSAGGERO - DE CICCO - Arrivare allo strappo, ma senza intestarsi il «no». Tenere il punto sulle opere pubbliche promesse, rigettando accordi al ribasso e lasciare che siano i privati a sfilarsi. Quando? «Se rottura sarà, avverrà entro l'estate», dice chi lavora negli uffici di Virginia Raggi. La sindaca è pronta a cogliere l'assist di Totti, a sfruttare cioè il malcontento contro il patron giallorosso James Pallotta, già finito sulla graticola per il mancato rinnovo di De Rossi, per giocare da una posizione di forza il match finale sul progetto stadio a Tor di Valle. La partita aveva preso una piega pericolosa, negli ultimi mesi, perché i proponenti, al tavolo con i dirigenti del dipartimento Urbanistica del Comune, da aprile hanno iniziato a pretendere di ritrattare alcuni punti cardine del progetto, quelli giudicati essenziali perché sussista l'«interesse pubblico».

BRACCIO DI FERRO I privati vorrebbero sganciarsi da alcuni obblighi fissati dalla delibera del 2017, quella con cui i grillini hanno dato il via libera preliminare all'operazione. I proponenti vorrebbero per esempio far sparire la condizione che lega l'apertura dello stadio (e del mega complesso di negozi, uffici e alberghi) al fatto che «contestualmente» siano pronte tutte le infrastrutture promesse. E cioè l'unificazione dell'Ostiense-Via del Mare e il riammodernamento della disastratissima ferrovia Roma-Lido, che da delibera del 2017 dovrebbe viaggiare con «16 treni l'ora», cioè una corsa ogni tre minuti e mezzo, mentre oggi se va bene passa un convoglio ogni venti minuti. I privati evidentemente non si fidano degli investimenti ipotizzati sin qui, cioè i 45 milioni di «contributo per la mobilità» che dovranno tirare fuori loro, più i 180 milioni che si è impegnata a spendere la Regione, ma su tutta la tratta, non solo a Tor di Valle. Raggi ha fatto capire che non accetterà sconti. Il Campidoglio, con una mail ufficiale del 13 maggio firmata dalla direttrice del Dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, ha già messo in chiaro che se non ci sarà un riavvicinamento sarebbero «rimessi in discussione gli elementi qualificanti del già dichiarato interesse pubblico». Insomma, l'amministrazione virerebbe dal sì al no. Come vorrebbe una fetta sempre più larga dei 5 Stelle. Tutto questo mentre va verso l'archiviazione l'inchiesta sul IX Municipio.
Roberta Lombardi, prima, storica capogruppo grillina alla Camera, traslocata ora alla Pisana, ieri lo diceva dritto: «Totti ha ragione, questa dirigenza è lontana dalla città, non le vuole bene. E infatti si è incaponita su un progetto insensato, che dopo gli arresti e tutti i problemi alla viabilità riscontrati dal Politecnico di Torino, non farebbe che peggiorare le cose. Meglio ritirare l'interesse pubblico».

Anche nella giunta di Raggi più di un assessore ormai scommette sulla fine del progetto. «Ma tocca trovare il modo». Capire cioè come sganciarsi. Raggi, dicono i suoi, non vorrebbe intestarsi la bocciatura del progetto. Ma se la Roma, come pare, non farà passi in avanti sostanziali sulle opere pubbliche promesse, potrebbe essere più che sufficiente per far saltare la trattativa. Anche perché ormai nemmeno i tifosi difendono più il progetto: «Noi lo stadio non lo vogliamo», gridano in coro dal 17 maggio scorso, giorno della contestazione per l'addio di De Rossi. E lo stesso viene scritto sugli striscioni. Insomma, Raggi in questo si sente rafforzata. Ieri, nel giorno dell'addio del Capitano, si è schierata con Totti. «Le bandiere restano sempre. I tifosi sanno riconoscere le persone vere. Tu lo sei. Daje Francè», ha scritto su Twitter. Oggi il vicepresidente esecutivo del club, Mauro Baldissoni, sarà di nuovo in Comune, al dipartimento Urbanistica, per un vertice tecnico sulla convenzione. Si riparte dalla «distanza marcata» filtrata ampiamente nei giorni scorsi. Con la sindaca invece il numero due di Pallotta si dovrebbe rivedere la prossima settimana. Il clima è da resa dei conti.


Stadio a Tor di Valle più lontano: centro sportivo, è lite col Comune

LA REPUBBLICA - D'ALBERGO / SALVATORE - Che venga realizzato davvero a Tor di Valle o che il progetto del nuovo stadio della Roma finisca a Fiumicino, la prima squadra giallorossa continuerà ad allenarsi a Trigoria. Rimasto fino ad ora sotto traccia, l’argomento è saltato fuori durante gli ultimi incontri tra il club del presidente James Pallotta e i dirigenti del Campidoglio: il centro sportivo che dovrebbe affiancare il nuovo impianto e il business park non diventerà il nuovo Fulvio Bernardini.

La Roma è stata chiara al tavolo con i tecnici capitolini: sono passati sette anni dall’inizio dell’iter e nel frattempo la società ha investito molto a Trigoria, rendendola uno dei migliori poli per il calcio in termini di spazi e attrezzature. Quindi, se mai il sogno di Tor di Valle dovesse diventare realtà, nel nuovo centro finirebbero per allenarsi i ragazzi delle giovanili o la As Roma femminile. Oppure, altra ipotesi, i campi di allenamento potrebbero anche essere affidati a terzi.

Apriti cielo. Perché, anche se dai piani alti di palazzo Senatorio suggeriscono di mollare la presa almeno su questo aspetto, i manager del Comune tengono il punto. Dopo aver detto «no» alla costruzione di alloggi per atleti e custodi, chiedono che la Roma si impegni a utilizzare il futuro centro sportivo per la prima squadra. Un’idea che al club non va giù: in termini sportivi, il pubblico interesse dell’intera si regge sul vincolo che legherà i giallorossi allo stadio per 30 anni. Lo stesso non vale per il centro sportivo. Florenzi & co., insomma, dovrebbero raggiungere in pullman anche il nuovo stadio. Proprio come accade oggi con l’Olimpico.

Ecco, allora, un altro punto da analizzare nel vertice di domani tra Campidoglio e As Roma. Un pungolo in più in una trattativa che per ora si è arenata sul dossier trasporti: assicurata la bonifica del fosso di Vallerano e l’unificazione di via Ostiense e via del Mare, i privati si sono detti pronti a investire 45 milioni per i treni della Roma-Lido. Ma non a subordinare l’apertura dello stadio ai 180 milioni di interventi sulla linea — più volte “premiata” come peggiore d’Italia — di cui deve occuparsi la Regione. Se la contrattazione dovesse saltare, avanti con il piano B rivelato da Repubblica: Fiumicino è ormai l’alternativa ufficiale a Tor di Valle. Sui terreni a ridosso del Gra, intanto, continua l’inchiesta della procura sul presunto abuso d’ufficio commesso dalla sindaca Virginia Raggi per arrivare all’approvazione del progetto. Ieri in procura è stato sentito Marco Cerisola, grillino e numero uno del consiglio del IX Municipio: «Il parere sull’impianto doveva passare in commissione Urbanistica? Il presidente Mancuso (pentastellato poi uscito in polemica dal M5S, ndr) si oppose in tutti i modi. Quindi abbiamo inviato le carte alla commissione Sport». Via libera assicurato per la felicità dello stesso Campidoglio 5S che ora sembra volersi sfilare dall’affare. Una volontà che peserà nelle valutazioni della procura, che potrebbe archiviare l’indagine.


Totti: «Sono stato pugnalato». Addio alla Roma made in Usa

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Avrei preferito morire piuttosto che lasciare la Roma». Non fa giri di parole, non cerca scorciatoie dialettiche: Francesco Totti punta dritto al cuore di Trigoria e scoperchia una pentola piena di malumori e faide interne, offrendo ai tifosi la sua verità. Seppure questa fa male e innesca un terremoto senza precedenti nel mondo giallorosso. «Se c’è qualcuno che mi ha pugnalato a Trigoria? Sì, ma non ne farò mai il nome. Ci sono persone lì dentro che fanno il male della Roma e il problema è che Pallotta tante cose non le sa e si fida sempre di quelle persone. A Boston arriverà un decimo di quello che succede: ci sono dirigenti che esultano quando la squadra perde». La sua conferenza è un fiume in piena difficile da arginare. Proviamo ad andare con ordine.

Deromanizzazione «Ripulire la Roma dai romani è stato fin da subito l’obiettivo di questa società e, alla fine, ci sono riusciti. Se io fossi il presidente e avessi due bandiere come Totti e De Rossi, gli darei in mano tutto, per rispetto e perché io conoscono Trigoria meglio di tutti». L’ex numero 10 descrive il centro sportivo come il male degli ultimi anni, un posto in cui tutti si parlano male alla spalle, pensando solo ai propri interessi. «E a me non mi hanno mai permesso di esprimermi, non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico».

Baldini, il nemico «Il rapporto con Baldini non c’è mai stato e mai ci sarà — ammette Totti — uno dei due era di troppo, e ho deciso di farmi da parte io. L’ultima parola arrivava sempre da Londra». Come sulla scelta del nuovo tecnico, Fonseca. «Io ho chiamato solo Conte, il resto è fantascienza — rivela — Mihajlovic, De Zerbi, Gasperini, Gattuso, non ho sentito nessuno di loro. Al summit di Londra non sono andato perché mi hanno chiamato solo due giorni prima e perché tanto ormai avevano deciso già. Con Fienga ho contattato e preso Ranieri, che è stato un signore».

De Rossi, la bandiera Totti spiega che aveva provato a metterlo in guardia. «Da settembre ho detto ai dirigenti di esser chiari con lui, non dovevano fare quello che hanno fatto a me facendomi smettere: Daniele è una bandiera che andava rispettata. Poi la situazione è precipitata. Magari la prossima stagione prendo De Rossi e andiamo in curva sud a vedere la Roma. Di lui mi fido al cento per cento ».

Il testimone a Pellegrini Spende poi parole per Lorenzo Pellegrini, mentre liquida velocemente Florenzi. «Non l’ho sentito, mentre ho sentito Lorenzo, un personaggio che può dare tanto a questa maglia e la onorerà sempre: qualche romano serve sempre, fidatevi, perché ti girano quando vedi qualche giocatore che ride quando perdiamo ».

Un arrivederci Come promesso da De Rossi, anche Totti annuncia che il suo non è un addio, ma un arrivederci. «Ora prenderò altre strade, poi, nel momento in cui un’altra proprietà punterà forte su di me, io sarò sempre pronto a tornare. Ho girato spesso in altri Paesi e la Roma è stimata, tutti la vorrebbero prendere, ma non so niente di arabi o altro».

La risposta della società Dura la replica della Roma che parla di “una percezione dei fatti fantasiosa”. A Totti sarebbe “stato offerto uno dei ruoli più alti nei quadri societari che richiede dedizione”. Sui possibili interessamenti all’acquisizione del club, poi: “Ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che l’As Roma è quotata in borsa”. Infine: “La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita, adesso o in futuro”.