Candela: «Una situazione surreale: ma io sto con Francesco»

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Pronto, Vincent, ha saputo? «No, cosa?». Totti lascia la Roma. «Non ci credo, è sicuro?». Beh, uno che convoca una conferenza stampa all'Olimpico... «Io ancora non ci credo, Totti lontano dalla sua Roma: surreale».

Surreale, inaccettabile per una città che vive di sentimenti e non di vittorie.
«Francesco ha fatto un percorso di trenta anni con gli stessi colori addosso. Non è facile pensarlo lontano dalla Roma. Ha fatto tanto per quella maglia, la sua storia è nei numeri, non nelle chiacchiere. Poi, come tutti, ha i suoi difetti, ma questo è normale».

Poteva essere una risorsa.
«Lo era, doveva continuare ad esserlo, poi non so cosa sia successo...».

Come, lei, suo amico, non sa?
«Immagino che molto sia dipeso dal rapporto con Baldini, così ho letto, così dicono. Due figure, a quanto pare, incompatibili».

La Roma ha fatto le sue scelte.
«Totti è un simbolo, uno che capisce di calciatori come pochi, ma il padrone della Roma è Pallotta».

Ma cosa voleva fare Francesco?
«Occuparsi di calcio, far parte di uno staff che potesse prendere decisioni tecniche. Ripeto: Totti capisce di pallone. Poi, ovvio: non poteva fare tutto lui. C'è un ds, un allenatore. Ma il suo parere poteva contare molto».

E poi c'è Baldini?
«Baldini fa parte della Roma?».

Ufficialmente no.
«Quindi è un uomo influente, questo sì. Io sto con Totti, magari il presidente sta con Baldini».

Ecco, appunto.
«Magari potevano lavorare insieme, ma forse non era possibile in questo momento».

Ha sbagliato Totti in questi due anni?
«No. Si è sempre messo a disposizione. E' chiaro, non era facile diventare un manager in poco tempo».

C'è chi gli rimprovera che non abbia studiato, che non sappia l'inglese?
«Mica deve parlare con Trump. Per individuare un calciatore o un allenatore e dire se siano in grado di venire alla Roma, bisogna parlare l'inglese? Il linguaggio del calcio è uno, Francesco lo conosce molto bene».

Che ne sarà della Roma senza romani?
«Si va avanti. Per me nulla viene a caso. Francesco troverà una dimensione altrove. Come ho letto di recente, non tutte le tempeste arrivano per distruggerti la vita. Alcune arrivano per pulire il tuo cammino. Chissà».

Totti via, De Rossi via, via anche Ranieri.
«Per Daniele situazione diversa rispetto a Francesco: uno voleva giocare, l'altro voleva essere più al centro delle idee tecniche. Quanto a Ranieri, meglio lasciar perdere. Ha sparato sulla Roma appena ha saputo di non essere confermato. Non si fa, così troppo facile. Comunque i romani non sono mai un problema nella Roma».

Che cosa penserà quando rientrerà a Trigoria e non troverà più il suo amico?
«Mi dispiacerà. Per la Roma. E per lui».

Dove lo vede in futuro?
«Lo vedo come un uomo libero. Tra i campioni come Figo e Ronaldinho, a rappresentare il calcio nel mondo. Ovunque, sarà sempre il mio capitano».

 


Il giorno più triste. Totti incendia la Roma

IL TEMPO - AUSTINI - Come rovinarsi un anniversario. Ai romanisti non è più consentito neppure di godersi il ricordo dell'ultimo scudetto vinto il 17 giugno 2001, una data che da oggi diverrà anche quella in cui Francesco Totti lascia il club dopo trent'anni. Ore 14, Salone d'Onore del Coni, l’addio della bandiera giallorossa si consumerà in diretta televisiva nazionale (Rai 2, Sky e Tgcom24) in una conferenza stampa che si annuncia pesantissima.

Non bastava lo straziante (e forzato) saluto da giocatore del 2017, con l’Olimpico in lacrime e costretto a viversi lo stesso copione neppure un mese fa con De Rossi. Una «tragedia» popolare dietro l’altra, come se la Roma non riuscisse a trovare una via d'uscita per guardare al futuro con positività.

Non aiuterà di certo a migliorare il clima quanto dirà oggi Totti al Coni. Ha intenzione di chiarire senza peli sulla lingua i motivi dell'addio, c'è da aspettarsi bordate al «nemico» Franco Baldini, freddezza con Pallotta e la proprietà americana, più altri sassolini sparsi e
magari qualche rivelazione a sorpresa. E probabile che dallo sfogo lascerà fuori il Ceo Guido Fienga, colui che si è speso più di tutti negli ultimi mesi per provare a coinvolgerlo nella gestione societaria. Totti ha apprezzato, ma non basta: nella Roma come dirigente si sente sopportato, mai realmente incisivo e ha deciso di proseguire la sua vita professionale lontano dalla «casa» di sempre, stracciando con qualche anno d'anticipo il contratto e lasciando 2.4 milioni sul tavolo di Trigoria, con contestuale rifiuto del ruolo di direttore tecnico.

Il suo staff, guidato dalla cognata Silvia Blasi che cura da tempo la comunicazione per lui, è stato inondato di richieste di accrediti, i presenti in platea saranno oltre 200 e al fianco di Totti ci sarà il giornalista Paolo Condò, scelto come moderatore. Lui che ha scritto insieme a
Francesco l’autobiografia «Un capitano» che ha preceduto fiction e docu-film attualmente in produzione per portare sugli schermi la vita del simbolo romanista, oltre a una sit-com con la moglie Ilary. Oggi inizia un nuovo capitolo, all'insegna della freddezza e della polemica. Totti ha ottenuto l'ospitalità del Coni grazie al rapporto speciale che ha col presidente Giovanni Malagò e non ha voluto coinvolgere la Roma, che infatti non avrà rappresentanti in sala.

E il primo passaggio ufficiale del Totti post-giallorosso, in attesa di scoprire cosa gli riserverà il futuro. A livello economico ha costruito una sorta di industria personale grazie alle presenze da star ai più svariati eventi, progetti e spot pubblicitari: già firmati nuovi contratti milionari. La Figc gli offre un ruolo come direttore delle Academies, intanto sarà testimonial di Euro2020 perl’Italia e in futuro per il Mondiale in Qatar. Diversi amici procuratori gli propongono di lavorare insieme e l’idea lo stuzzica, Domani inizierà le vacanze a Ibiza, a inizio luglio, mentre la Roma starà sudando a Pinzolo, lui è atteso come testimonial (dal 1° al 7) del torneo Gillette Padel Vip a Sabaudia, la sua storica residenza estiva. Il padel è l’altra grande passione sportiva, con l'ex compagno Alberto Aquilani inseparabile spalla sui campi e possibile partner di un progetto a breve. Insomma a Totti non mancano motivi per guardare avanti con entusiasmo, dopo essersi tolto un macigno dallo stomaco. La Roma, invece, resta orfana dei suoi simboli più riconosciuti, nel giro di venti giorni perde il Dieci e De Rossi, ma una volta assorbito il colpo, che mediaticamente e a livello ambientale sarà durissimo, avrà più spazio di manovra per imporre le proprie idee. Con qualche condizionamento in meno.


Totti e la Roma: sarà addio al veleno

LEGGO - BALZANI -  Dallo Stadio Olimpico al Salone d'Onore del Coni distano pochi metri. E due anni. Di frustrazioni, silenzi, sopportazioni e addii. L'ultimo quello di De Rossi meno di un mese fa, il primo quello di Totti il 28 maggio del 2017. Da calciatore, perché quello definitivo alla squadra che ama da quando è nato e che rappresenta dal 1989 arriverà alle 14 di un 17 giugno mai banale (18 anni dal terzo scudetto) in una conferenza che si preannuncia carica di veleno. Zitti tutti, quindi, ora parla Totti. Si fermerà la città, e si fermerà pure un pezzetto di Londra da dove lo ascolteranno Pallotta, Baldini e Fienga. I dirigenti temono che le rivelazioni di oggi possano agitare ulteriormente l'ambiente. Il presidente aveva provato a buttare acqua sul fuoco venerdì scorso, ma ormai l'incendio era divampato. Totti dice addio alla Roma perché nella Roma da dirigente si è sentito messo all'angolo. «Sopportato e mai supportato», il succo del discorso. Lo pensa da mesi, lo ha deciso circa 30 giorni fa dopo il no di Conte, l'addio di De Rossi e la scelta Fonseca. Decisioni prese da Baldini, nemico più che avversario. Francesco racconterà la sua verità, dirà che è stato interpellato solo nei momenti d'emergenza (vedi Ranieri). Totti ha mal digerito scelte tecniche (vedi le cessioni di Nainggolan ed Alisson), forme comunicative e un organigramma societario poco chiaro in cui Baldini ha spesso indossato il ruolo di gestore senza nomina. All'ex capitano non è mai stato chiesto un parere vero e proprio tanto che non è stato invitato nei tre precedenti summit tra Boston e Londra. Nell'ultimo l'invito è arrivato, ma le decisioni erano state già prese. E Totti non vuole mettere la faccia su un progetto di totale ridimensionamento. Parlerà al Coni, dall'amico Malagò. I due potrebbero ritrovarsi a lavorare insieme, magari proprio nella Roma. Ovviamente con un'altra proprietà. Ma ora cosa farà Totti? Intanto si godrà un mese di vacanza, poi prenderà una decisione. La Figc gli ha proposto un ruolo importante in vista dei prossimi europei. Non solo di rappresentanza, ma pure di supporto al ct Mancini. L'ex numero 10 dovrebbe accettarlo. Un antipasto dei Mondiali in Qatar vista la corte degli sceicchi nel ruolo di massimo rappresentante della kermesse del 2022.


Rischiano di lasciare il club anche Manolas e Zaniolo

LEGGO - BALZANI - Non solo Totti e De Rossi. La Roma continua a perdere pezzi. Dopo Dzeko (a un passo dall’Inter) e Kolarov (vicino al Fenerbahce) è la volta di Manolas che in settimana potrebbe trasferirsi al Napoli. Il difensore ha già accettato lo stipendio da 4 milioni, ora gli azzurri devono pagare l’intera clausola da 36 o inserire Martens nell’affare. Entro venerdì l’incontro decisivo anche perché la Roma ha bisogno di liquidità entro il 30 giugno. Occhio a un colpo di coda della Juve che intanto si avvicina a Zaniolo. A luglio arriverà la maxi offerta (50 milioni) che potrebbe far traballare Pallotta. In entrata si avvicina Veretout. Intanto, nonostante tutto, è boom abbonamenti: già sottoscritte 13 mila tessere.


Non è più il tempo delle bandiere

IL TEMPO - LENZI - Non è più tempo di simboli, neppure nel mondo del calcio. La gratitudine, quella poi l'hanno sepolta (e non solo nel pallone) da una vita. Eppure sono anni che sentiamo blaterare nei talk e in televisione che i calciatori di oggi sono diventati troppo mercenari, che non esiste più l’attaccamento per la maglia e per la città in cui giocano. Balle. Almeno nel caso di due campioni italiani, due fenomeni. Francesco Totti, romano e romanista. E Alessandro Del Piero, juventino. Il primo, il capitano della Roma, dopo aver passato una vita con i giallorossi, sino a diventare un corpo e un’anima coi tifosi
e la gente romana, si ritrova a lasciare tutto quello che è stato il suo mondo. La sua vita.

Dopo 30 anni rifiuta il ruolo di direttore tecnico offertogli dalla società giallorossa perché di rimanere senza veri poteri decisionali non gli va. L'altro, Alessandro Del Piero, anni fa, dopo aver speso tutto il proprio talento per la causa juventina, terminò la propria carriera in giro per il mondo: prima in Australia, tra i canguri e poi a Delhi, a tirar calci al pallone con gli indiani. Roma e Juventus, Totti e Del Piero, due miti, due eroi sportivi del nostro tempo, che si sono fatti simbolo, per passione, e da simboli sono stati sfrattati. Con una differenza: a Torino, in casa Juventus, la società è sempre stata sacra, molto più importante dei singoli calciatori. Ma a Roma, allenatori e giocatori, sono sempre venuti prima della società, nel cuore dei tifosi e persino nelle vittorie. La Roma di Liedholm e Falcao, di Bruno Conti e Di Bartolomei, poi quella di Totti e De Rossi.

Già, Daniele De Rossi, anche a lui arrivederci e grazie. Perché più sono romantici, i calciatori del XXI secolo e più sono fuori dal tempo. In queste ore, mentre a Napoli i tifosi azzurri sono arrabbiati per il passaggio del tecnico Maurizio Sarri alla Juventus, loro (o almeno una parte) che lo avevano confuso con un Che Guevara del pallone, Totti lascia la Roma. Potevano pro- porgli di più (e non parliamo di soldi), per farlo rimanere. Come potevano chiedere a De Rossi di restare, per giocare ancora. Ma i simboli, oggi, sono ingombranti.

Nel 1990 a Firenze, era di maggio, una città intera scese in piazza a protestare contro il passaggio di Roberto Baggio dalla Fiorentina alla Juventus. Una ferita sportiva all'orgoglio di una città. Alla conferenza stampa di presentazione con i bianconeri, Baggio rifiutò di mettersi al collo la sciarpa juventina. Era già un simbolo Baggio - nonostante la brevità
del tempo trascorso con la Fiorentina, dal 1985 al 1990 - per la città. Un alibi sulla fine di
quel simbolo peri fiorentini, diventerà, con il tempo, il fatto che a portarlo via furono “i gobbi”, a Firenze i cattivi per eccellenza, la Juventus insomma.

Ma con Totti e De Rossi, i gobbi non c'entrano. E fa tanta tristezza osservare che i simboli, nel calcio del 2019, danno più fastidio di un calciatore mercenario pronto a cambiare squadra come muta il vento. Fastidio, sì, ma non ai tifosi che in tutto questo circo, alla fine, restano fregati più di tutti. Anzi, di Totti.


Tutti i nodi del post-bufera

IL TEMPO - BIAFORA - Per un'era che si chiude, subito se ne apre un’altra. Dal 1° luglio Petrachi sarà ufficialmente il direttore sportivo della Roma, il quarto sotto la proprietà americana, dopo Sabatini, Massara (per due volte ds ad interim) e Monchi. Il dirigente di Lecce, da tempo al lavoro per il mercato, sarà annunciato dal club giallorosso immediatamente dopo la chiusura anticipata del contratto in essere con il Torino. L'accordo con i granata scadrebbe nel giugno 2020, ma Petrachi, dopo che Cairo non ha accettato le dimissioni presentate a fine campionato, ha deciso di rescindere unilateralmente il vincolo
con il Toro. Tale scelta però rischia di far finire la vicenda in tribunale: secondo i legali del ds la mossa sarebbe valida e blindata dalle clausole presenti nel contratto tra le parti, ma non si esclude una reazione dura di Cairo, pronto a portare Petrachi davanti al collegio arbitrale o a un giudice del lavoro.

L'imprenditore milanese è intenzionato a far leva sulle tempistiche e le modalità della separazione, arrivata ormai diverse settimane fa dopo quasi dieci anni di collaborazione tra i due, oltre che sulle testimonianze degli operatori di mercato con cui il dirigente ha avuto contatti negli ultimi mesi. L'eventuale contenzioso non influirebbe però sull’operatività di Petrachi alla Roma, poiché fino alla sentenza definitiva non ci sarebbero problemi nel lavorare, a partire dal 1° luglio, per i giallorossi.

Risolte le questioni del direttore sportivo e dell’allenatore con la firma di Fonseca, a Trigoria sono da sistemare diverse altre situazioni, come quella del contratto del vice-presidente esecutivo Baldissoni. L'accordo dell'ex direttore generale scadrà tra quattordici giorni, ma è già pronto il rinnovo, che dovrebbe essere ufficializzato a ridosso della fine del mese. Baldissoni sta agendo in prima persona in alcune trattative di mercato e continuerà ad occuparsi della vicenda dello stadio a Tor di Valle: mercoledì sarà una giornata cruciale
per il destino del progetto, visto che è in programma un nuovo incontro con i tecnici
del Comune di Roma per superare una volta per tutte le divergenze sulla Convenzione Urbanistica. Un altro rinnovo (annuale) atteso a stretto giro di posta è quello di Bruno
Conti, che manterrà la carica di coordinatore tecnico delle attività di identificazione e sviluppo dei giovani giocatori. La struttura del settore giovanile resterà, almeno per un'altra stagione, sostanzialmente invariata con la conferma di Tarantino come responsabile dell’area e la permanenza di Alberto De Rossi sulla panchina della Primavera. Il tecnico, nonostante l’addio del figlio Daniele, continuerà ad allenare i giovani talenti romanisti, rispettando il contratto, rinnovato fino al 2020 da Monchi.

L'area scout subirà una profonda rivoluzione e sarà guidata da Antonio Cavallo, braccio destro di Petrachi, che ha già avviato i colloqui per la sostituzione degli attuali osservatori. La riorganizzazione societaria non prevede la nomina di un direttore tecnico: tale ruolo era stato ritagliato nello specifico per Totti, che non sarà sostituito. Bisognerà infine nominare un nuovo medico sociale ed il responsabile dei fisioterapisti, mentre Morgan De Sanctis viaggia verso la conferma da team manager.


Diawara e Mancini nel mirino

IL TEMPO - BIAFORA - Non solo mercato in uscita, ma anche in entrata. Le prime mosse di Petrachi hanno come obiettivo quello di reperire le plusvalenze necessarie entro il 30 giugno, però il direttore sportivo è al lavoro per regalare qualche acquisto a Fonseca e ai tifosi, che hanno già toccato quota 13.103 abbonamenti.

Nel mirino della nuova coppia della Roma ci sono in primis un portiere, due difensori ed un centrocampista. Tra i pali l'avventura di Olsen è al capolinea (la speranza è quello di piazzarlo in Inghilterra grazie ai buoni uffici di Baldini) e i nomi sono quelli di Lopez del Betis Siviglia e di Lopes del Lione. L'estremo difensore spagnolo ha una valutazione molto alta e gli andalusi stanno respingendo qualsiasi offerta, convinti di poter monetizzare maggiormente un'eventuale cessione rispetto alle proposte attuali. L'altro profilo seguito con attenzione è quello del portiere del Lione, che ha un contratto in scadenza nel 2020.
Negli ultimi mesi ci sono stati alcuni attriti tra il vulcanico presidente transalpino Aulas e gli agenti di Lopes, ma nella città francese sono tutti convinti che si arriverà ad un rinnovo, permettendo al classe 1990 di continuare a giocare per la squadra che ha sempre tifato.

Per la difesa, visto il possibile addio di Manolas, il ds è a caccia di due calciatori in contatti con Mancini. Il centrale, impegnato con l'’Under 21, era uno dei primi nomi sul taccuino di Monchi, ma dopo la rescissione dello spagnolo si erano interrotte le trattative, ripartite con il nuovo agente del toscano. In mediana, con Nzonzi in uscita, viene seguito con attenzione Diawara del Napoli che lo offre che lo offre come contropartita per Manolas, un acquisto che non escluderebbe la ricerca di un centrocampista come Fred del Manchester United. Come detto la priorità di Petrachi è quella di monetizzare per circa 45 milioni di euro di plusvalenze prima della chiusura del bilancio. La prima cessione, ormai imminente, è quella di Ponce allo Spartak Mosca, pronto a versare ai giallorossi 7-8 milioni di euro, con l'argentino già convinto ad accettare il trasferimento in Russia grazie ad una proposta di ingaggio di due milioni netti all'anno.

Altro giocatore con cui si vuole fare cassa è Defrel, cercato con insistenza dal Cagliari e dall’Atalanta. La Sampdoria avrà tempo fino a mercoledì per esercitare (è difficile che lo faccia) il diritto di riscatto da 12,75 milioni, dopo di che verrano intavolate le trattative con gli altri club interessati.

Gli addii più pesanti dovrebbero però essere quelli di Dzeko e Manolas. L’attaccante bosniaco ha già un accordo per un biennale con opzione per un terzo anno con l'Inter, ferma però ad un'offerta sui 10 milioni di euro. L'obiettivo della Roma è quello di raddoppiare tale cifra, per un tira e molla che si concluderà sicuramente entro la fine del mese. Tutta in divenire la situazione Manolas, che può liberarsi tramite il pagamento della clausola rescissoria da 37 milioni: il Napoli, alla ricerca di un partner di Koulibaly che possa sostituire Albiol, è la società più interessata, ma fin ad oggi ha solo parlato con Raiola, agente del difensore greco. Saranno quattordici giorni incandescenti per Petrachi.


Dzeko, è stallo. La Roma rilancia: vuole 22 milioni, l'Inter è ferma a 13

GAZZETTA - Tra Roma e Inter la trattativa per Dzeko fatica a decollare. Vuoi perché il club giallorosso ha in questi giorni urgenze di natura differente. Vuoi perché la trattativa tra i due club è a un binario morto. La Roma ha alzato la richiesta per il bosniaco di due milioni di euro, rispetto ai 20 fissati inizialmente. Siamo alle schermaglie, ai messaggi che fanno da preludio a un affare che non salterà, questo è sotto gli occhi di tutti. [..] La Roma, con l’imminente chiusura dell’affare Manolas, ha meno fretta nella ricerca dei 45 milioni di plusvalenze necessarie per il bilancio. Da qui l’asticella alzata fino a quota 22, molto più rispetto ai 13 offerti dall’Inter. La distanza non è poca. E fin qui tutte le contropartite prese in esame per avvicinare le due partite sono state via via tolte dal tavolo: Radu, Pinamonti, Sebastiano Esposito, nomi graditi al club giallorosso ma sui quali l’Inter non ha neppure voluto aprire la discussione. Da non escludere, al contrario, l’inserimento dell’attaccante Merola. E l’Inter è attenta anche all’evoluzione della situazione Kolarov, grande amico di Dzeko, anche lui in scadenza 2020 e non certo della permanenza a Roma.


Losi: «Dava fastidio e lo ha capito»

LEGGO - «Questa Roma non ama le sue bandiere, Francesco ha fatto bene». Dopo Giannini anche un altro capitano come Giacomino “Core de Roma” Losi, appoggia la decisione di Totti. «Francesco doveva contare di più, altrimenti, è inutile. Chi più di lui conosce la Roma? Chi meglio di lui può dare indicazioni? Evidentemente dà fastidio a qualcuno. Non poteva fare altro. Sono molto amareggiato».


Totti: la deromanizzazione procede

CORRIERE DELLA SERA - Francesco Totti racconterà la sua verità sul divorzio dalla Roma e per la stragrande maggioranza dei tifosi sarà «la verità». Sconfitto dal grande nemico Franco Baldini nei fatti, Totti è già vincitore nel racconto della separazione. Può essere che nei due anni da dirigente non abbia fatto tutto quello che poteva fare, ma nessuno potrà mai cancellare quello che Totti ha dato alla Roma sotto forma di gol, emozioni e senso di appartenenza. [..] Oggi non andrà in onda solo il dolore di una tifoseria. C’è in ballo una trasformazione molto più profonda di quello che è e che sarà la Roma.


Al Napoli piace Manolas, ma la trattativa è dura. La Roma vuole solo cash

GAZZETTA - L’accordo trovato col giocatore è soltanto un aspetto relativo, di certo non determinante ai fini della trattativa. Il Napoli vuole Kostas Manolas e la Roma pretende i 36 milioni della clausolarescissoria: basta questo per far capire quanto sia complicata l’operazione. [..] Il Napoli sarebbe stato disposto a scarificare Dries Mertens pur di avere il difensore greco, ma da Roma è arrivato un secco no. L’attaccante belga è un ottimo esterno, ma il club giallorosso ha la necessità di fare cassa e, dunque, vuole il cash. Il tempo stringe, comunque, e c’è il rischio concreto che un’altra delle pretendenti possa trovare l’accordo col duo Pallotta-Baldini e soffiare il difensore al Napoli. Si, perché oltre alla Juventus, che al momento è alla finestra, per Manolas si è fatto avanti pure il Milan che lo affiancherebbe a Romagnoli.

A favore del Napoli, in ogni modo, ci sono diversi aspetti. Il primo, è economico, De Laurentiis s’è già accordato con Mino Raiola per un’intesa quadriennale a 3,5 milioni di euro a stagione. Il secondo, è tecnico, perché con Ancelotti avrebbe la certezza di giocare titolare al fianco di Koulibaly, mentre alla Juventus sarebbe soltanto la prima riserva del duo Bonucci-Chiellini.


Pruzzo: "Ha avuto troppa fretta"

LEGGO - Capisce lo stato d’animo di Totti, ma comprende pure le ragioni della società. Roberto “Bomber” Pruzzo la pensa diversamente: «Per diventare davvero dirigente ci vogliono anni di esperienza e un percorso di formazione preciso. Non è una passeggiata di salute». Quindi avrebbe aspettato: «Ci voleva tempo, già nell’ultimo anno credo sia cresciuto molto come aveva detto Ranieri. Non ha mai digerito alcune cose del passato».