Roma, la notte dei grandi saluti

IL MESSAGGERO - TRANI - Non è ancora tempo di saldi, pericolosissimi nel calcio per i paletti imposti dal Financial Fair Play. Di sicuro è quello degli addii. E la notte di Roma-Parma, 48° match stagionale dei giallorossi, diventa l'appuntamento per salutare all'Olimpico chi andrà via. L'abbraccio della tifoseria a De Rossi che si sfilerà per sempre la maglia del cuore ha, dunque, la priorità sul risultato che probabilmente non andrà a incidere sulla classifica. Esce di scena, accompagnato dalla contestazione che sta portando Pallotta in giro per il pianeta, il capitano, solo 2 anni dopo Totti che gli lasciò in eredità la fascia. Da Francesco a Daniele, è già finita. Da non crederci, ma la proprietà Usa è fatta così. Prendere o lasciare. E la gente, in questo senso, l'ha già scaricata.
CICLO AZZERATOAnche De Rossi, insomma, scende dalla giostra, ultimo di centinaia e più giocatori che, dal 2011, hanno fatto parte della gestione americana. Campioni e comparse: a Trigoria sono passati calciatori per tutti i gusti. La Roma a stelle&strisce è stata la Regina del ribaltone. In ufficio e in campo. È cambiato addirittura il presidente: Pallotta al posto di Di Benedetto. E già siamo al 2° vice con Baldissoni appena promosso dopo l'esperienza ormai lontana di Tacopina e al 3° Ceo con Fienga incoronato dopo Pannes e Zanzi. Fenucci e Gandini hanno avuto il ruolo, ora vacante (o meglio, assorbito da Fienga), di amministratore delegato e Sabatini, Monchi e Massara di diesse, ai quali si accoderà Petrachi. Baldini e Baldissoni hanno occupato quello di direttore generale, altra carica scoperta (gli unici, con mansioni diverse, negli 8 anni fedeli e quindi dal giorno dello sbarco americano a Trigoria). Calvo è invece l'ultimo di 5 direttori commerciali dopo Winterling, Barrow, Colette e Danovaro (e ieri nel Cda, sostituito il consigliere Gold con Martin). Soprattutto sono 7 gli allenatori (e saranno presto 8 in 9 stagioni): Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli, Garcia, Spalletti, Di Francesco e Ranieri che saluterà domenica sera con il suo capitano. E con altri big della rosa: Kolarov e Dzeko di sicuro, ma probabilmente pure Manolas, avendo la clausola da 36 milioni che richiama club di primo piano. E chissà se il pubblico dell'Olimpico rivedrà in giallorosso Olsen, Santon, Marcano, Nzonzi, Pastore, Under, Schick, El Shaarawy e Perotti. Dovrebbero sventolare nella prossima stagione le bandiere del futuro e oggi di scorta: Florenzi, con la fascia al braccio, e Pellegrini, con la clausola da 30 milioni che non dà alcuna garanzia.
DISCORSO COL SILENZIATORE«Entro sempre in campo dopo l'inno, altrimenti mi emoziono troppo. Voglio restare freddo e lucido fino in fondo. Dato che è l'ultima ci tengo a ringraziare il presidente: mi ha dato l'opportunità di guidare ancora una volta la squadra del mio cuore». Ranieri, sul sito della Roma, fa il tenero nei confronti della proprietà Usa, dopo essere stato picconatore negli ultimi 10 giorni. Meglio non esagerare: non tira certo aria di festa per l'Evento del 26 maggio. Ma, pure se addolcita, la sentenza è la stessa: la prossima non sarà un'annata da vertice. «Bisogna vedere come cambierà la squadra e capire che allenatore verrà. Io non voglio caricare di responsabilità il mio successore e di aspettative la tifoseria. Sarebbe troppo facile, visto che negli ultimi anni la squadra è sempre andata in Champions. E allora diciamo che dovrà entrare in Europa League, voliamo più in basso».


Petrachi, percorso tutto in salita per piazzare i sopravvalutati

IL MESSAGGERO - CARINA - «Rivoluzione» è il termine maggiormente accostato alla Roma in queste settimane. È una rivoluzione pensare ad una squadra senza più De Rossi, che saluterà presumibilmente Manolas e Dzeko e che avrà un nuovo allenatore (Gasperini) più un nuovo direttore sportivo. Il lavoro che attende Petrachi non è facile. Il ds è pronto a liberarsi dal Torino. Anche il presidente Cairo, dopo aver fatto muro in questi mesi, si sta arrendendo: «Non posso sapere cosa farà Gianluca nei prossimi giorni. Dimissioni? Ma che ne so, ma cosa m'importa, chiedetelo a lui Comunque ancora non ha presentato nessuna lettera». Lo farà, nei prossimi giorni. A quel punto, se la nomina ufficiale potrebbe slittare al 1° luglio visto che il Torino non vorrebbe concedergli sconti (ed è favorito in questo dalla modulistica federale), sarà comunque libero d'iniziare a lavorare per il club giallorosso.
LAVORO IMPROBOIn primis dovrà abbassare il monte-ingaggi (ora, senza Luca Pellegrini al Cagliari, è di 90,9 milioni lordi) e poi acquisire calciatori che s'integrino negli schemi di Gasperini. L'allenatore piemontese non è Sarri, più malleabile in generale nell'adattarsi alla rosa a disposizione. Per il suo 3-4-3 ha bisogno di elementi specifici. L'ennesimo ribaltone di mercato è dunque alle porte. Il rischio, però, rispetto al passato - quando la Roma poteva mettere in vetrina i propri prezzi pregiati, raccogliere plusvalenze e poi investire nuovamente anche grazie ai soldi della Champions - è che stavolta il modus operandi (al netto di qualche cessione inattesa, leggi Zaniolo) possa rivelarsi più difficile. Perché il problema non è trovare un acquirente per Dzeko. Il bosniaco, anche se 33enne e con uno stipendio importante (4,5 milioni, 8,3 al lordo), ha ormai ammortizzato (4,2) il suo costo originario più i bonus maturati (21,053). E non lo sarà nemmeno per Manolas che ha una clausola rescissoria di 36 milioni. Paradossalmente neanche per Marcano, arrivato a parametro zero.
CONTI IN SOSPESOCi sono altri calciatori della rosa, però, dei quali sarà difficile liberarsi. Prendiamo ad esempio il caso di Pastore, l'emblema del flop estivo di Monchi. L'argentino, 30 anni a giugno, è stato pagato 24,6 milioni (più 1 di commissioni) e ha un contratto sino al 2023. Percepisce un ingaggio di 4 milioni (7,4 al lordo). Tradotto: a breve il valore residuo a bilancio sarà di 19,5 milioni. Nel suo caso, l'unica strada percorribile appare il prestito, con il rischio però di doversi sobbarcare gran parte dello stipendio. Ma non finisce qui. Perché se Schick (e Karsdorp), flop dell'era monchiana, potrebbe forse ritagliarsi un ruolo alla Ilicic (e in quest'ottica i preliminari di Europa League potrebbero agevolare il lavoro di Petrachi e Gasperini: se si ritrova, rimane, altrimenti cessione/prestito in Germania), improbabile che ce la facciano calciatori come Olsen e Nzonzi. Il francese classe '88 è costato 27,9 milioni (più 1,5 di commissioni), guadagna 3,1 milioni (5,7 al lordo) e a bilancio pesa ancora per 22 milioni. Il portiere, invece, è costato meno (9 milioni più 2,3 di commissioni). Chi li vuole, però, giocherà al ribasso. C'è poi Perotti (ingaggio di 2,7 milioni, 5,0 lordi). Già la scorsa estate a Trigoria provarono a trovargli una sistemazione, scontrandosi con il parere negativo del calciatore. L'argentino adora Gasperini («Mi ha cambiato la carriera») ma sono trascorsi ormai tre anni e Diego a luglio ne farà 31, reduce da una stagione nella quale è stato più in infermeria che in campo. Rischia di diventare un boomerang anche la valutazione (9,5 + 0,5 di commissioni) data a Santon. Per non fare minus-valenza, Petrachi dovrebbe cederlo a 8 milioni. Non pochi. 


Pallotta contestato anche nella sua Boston

IL MESSAGGERO - James Pallotta contestato anche nella sua Boston, dove i tifosi della Roma sono arrivati grazie ai social. Sfruttando le pagine dei Boston Celtics, The Boston Herald, WBZ-Tv e persino quella del ristorante Nebo di proprietà delle sorelle del presidente (sospeso da Tripadvisor per un afflusso di recensioni che non descrivono un’esperienza in prima persona), migliaia di utenti hanno scritto post di protesta per il mancato rinnovo di Daniele De Rossi. Ad accorgersene sono stati i giornalisti del Boston Globe, che hanno dedicato alla vicenda un articolo indagando sui motivi di tanta indignazione. Il quotidiano statunitense ha anche provato a contattare Pallotta che, peró, ha preferito non commentare


Rimpatriata Roma Daniele «scortato» dai ragazzi dell’83

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Chissà se la loro presenza servirà ad alleviare un po’ la malinconia di Daniele De Rossi. Ci proveranno, i suoi ragazzi. E per suoi si intendono quelli della classe 1983, che con lui hanno iniziato a giocare a Trigoria più di venti anni fa. Qualcuno ce l’ha fatta ad esordire in A e anche in Nazionale (come Cesare Bovo e Simone Pepe), qualcun altro è rimasto nel mondo del calcio (come Fabio Morelli, preparatore dei portieri, o Simone Beccaccioli, da anni match analyst della Roma), qualcun altro invece ha fatto sì che il calcio restasse solo una passione. Tutti, nel corso degli anni, sono però rimasti legati a De Rossi: c’è chi ne è diventato amico fraterno e c’è chi invece è rimasto un semplice conoscente, perché è così che va la vita.

Con Daniele

Tutti, però, domenica saranno allo stadio. Si sono organizzati via Whatsapp, all’inizio pensavano di fargli una sorpresa ma conoscendo il carattere riservato di De Rossi, e la situazione delicata di questi giorni, hanno preferito evitare. Daniele sa della loro presenza, e va bene così. Anche perché in questo momento al loro amico servono serenità ed equilibrio: «Chi è professionista sa che determinate storie ad un certo punto finiscono - dice Morelli -. Daniele ha giocato 18 anni con la stessa maglia, più che un giocatore ha rappresentato qualcosa. Ma in cuor suo credo che sappia che certe storie sono determinate a finire in una carriera. Probabilmente sul modo si può parlare, ma Daniele è un ragazzo serio, una persona intelligente, ha capito cosa è successo. Ora andrà in vacanza e poi si proietterà nel suo futuro». Qualunque scelta farà, però, di certo avrà i suoi amici accanto. Da sempre e per sempre.


Boom Mirante, nell’Europa che conta nessuno come lui

GAZZETTA - PUGLIESE - Italia, Spagna, Germania, Inghilterra e Francia. Girovagando nei numeri dei cinque campionati top d’Europa non c’è un portiere come lui dal punto di vista del rendimento. Nel senso che nessuno in questi campionati qui ha una percentuale così alta di clean sheet come ce l’ha invece Antonio Mirante: esattamente 6 su dieci partite di campionato, vale a dire il 60% delle gare disputate dal numero uno campano. Per il portiere giallorosso un altro piccolo grande vanto, dopo che con l’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina romanista ha ribaltato le gerarchie di Trigoria, togliendo di fatto il posto da titolare allo svedese Robin Olsen.

I suoi ricordi

Insomma, per Mirante è un finale di stagione sicuramente positivo, a prescindere da come vada a finire la stagione per la Roma. E ci terrà a mantenere inviolata la sua porta anche domenica sera, contro il Parma. Un po’ per orgoglio personale, un po’ perché gli emiliani sono stati la squadra dove Mirante ha giocato più a lungo in carriera: in tutto sei stagioni, dal 2009 al 2015, sempre in Serie A. Ottenendo sul campo una qualificazione all’Europa League nel 2013-14 (poi impedita per il mancato ottenimento della licenza Uefa da parte del club) e vivendo la drammatica stagione successiva, quella che segnò la retrocessione dei gialloblù e il fallimento del club, con la ripartenza successiva dalla Serie D. Non ci fosse stato tutto questo, chissà se Mirante si sarebbe mai separato dal Parma.

Aspettando domenica

Mirante quindi ci tiene anche per questo, perché quei colori lì non gli sono certo indifferenti. E chiudere con un’ulteriore partita senza prendere gol vorrebbe dire di fatto portare quella percentuale dal 60% attuale al 63,6%. Roba quasi da far tremare i polsi, anche se poi il range di gare è ovviamente minore rispetto a moltissimi dei suoi colleghi, più o meno illustri. E anche se, ovviamente, il merito di tutto ciò non è solo suo, ma anche di una ritrovata solidità difensiva, dovuta al muovo atteggiamento tattico voluto da Claudio Ranieri. Poi, dal prossimo luglio Mirante tornerà a fare quello per cui è venuto a Roma. E, cioè, il secondo, la riserva. Ma adesso un po’ tutti sanno di avere comunque un cambio di livello, quasi di lusso. Per alcuni versi una sicurezza. E il fatto che sia al top come clean sheet nei campionati top europei sta lì a dimostrarlo.


Pallotta rifà la Roma e la offre a Gasp terza rifondazione

GAZZETTA - CECCHINI - Invece che l’inizio della fine, in fondo potrebbe essere solo la fine dell’inizio. Un doloroso rito di passaggio che porta a guardarsi indietro e a sussurrare un malinconico «come eravamo» come solo Barbra Streisand sapeva fare. Una cosa è certa: dal punto di vista tecnico il divorzio da Daniele De Rossi chiude una pagina della Roma a trazione statunitense, visto che il capitano era l’ultimo giocatore rimasto della prima annata «yankee», quella 2011-12. Per gli amanti della statistica è bene ricordare che Florenzi aveva esordito nell’annata precedente, ma poi era stato mandato a farsi le ossa al Crotone senza quindi poter vivere i sogni e i bisogni lievitati con la presidenza di Tom DiBenedetto e la guida innovativa di Luis Enrique.

Terza rifondazione

Otto anni più tardi la Roma ha cambiato pelle in tutti i settori. Se leggete i nomi sopra, è facile notare come dirigenti e allenatori sono stati come grani di un rosario adoperato per di una preghiera laica inascoltata. Negli uffici come sul campo, ognuno dei personaggi (non banali) che ha lavorato a Trigoria potrebbe raccontare una «Spoon River» di grandi progetti da antologia della managerialità. «Vogliamo fare della Roma una regina», diceva infatti il presidente DiBenedetto. Il problema è che la monarchia si è insediata stabilmente a Torino (sponda Juventus) e a fare da ancelle sono state Milan, Lazio e Napoli e nessuno più. Quanto basta perché il popolo giallorosso – sull’onda di De Rossi – abbia cominciato a vivere un disamore che ieri è arrivato persino sui media di Boston, stupiti del livore nei confronti di Pallotta. Eppure il presidente non ci sta proprio ad indossare la divisa del perdente e così – dopo aver portato in otto stagioni oltre un centinaio di calciatori a Trigoria e aver fatto registrare la più alta media punti della storia del club– è pronto a fare una terza rifondazione tecnica che segue quelle del 2011 e del 2013. La prima fu una sorta di colpo di scopa. Intorno ai capitani Totti e De Rossi niente più reduci più o meno attempati ma solo giovani di belle speranze guidate da un allenatore esordiente in prima squadra. La linea verde durò due stagioni, poi con la sconfitta contro la Lazio nella finale di Coppa Italia, l’allora d.s. sabatini disse: «Occorre un mix tra calciatori esperti e ragazzi talentuosi». Cominciò allora la stagione dei Maicon e degli Strootman, che – tra più alti che bassi – arriverà fino a domenica prossima contro il Parma, quando appunto De Rossi dirà addio. Nel frattempo la società si è rafforzata in modo esponenziale, sui social ha un appeal da far invidia a livello internazionale e il fatturato ha superato ogni record, arrivando a circa 250 milioni.

Assalto a Gasperini

Adesso si volta ancora pagina e, se la Roma sarà convincente, toccherà a Gian Piero Gasperini tenere il timone per pilotare la Roma verso quell’approdo che le manca da 11 anni: la vittoria. All’allenatore saranno chieste essenzialmente due cose: 1) valorizzare i tanti giovani di talento che ci sono già, 2) togliere la ruggine agli esperti che hanno ancora molto da dare. Tutto questo, secondo le intenzioni, servirà a riavvicinare quella gente che in questo momento è sfiduciata verso tutto il progetto che – non dimentichiamolo – ha bisogno del nuovo stadio come passaggio fondamentale. Cosa porterà Gasperini con i suoi metodi? Corsa, alta intensità negli allenamenti e in partita, tattica mirata a rischiare e vincere gli uno contro uno, a dare a ciascuno tante soluzioni di passaggio e a modernizzare il concetto di gruppo. Se ci sarà pazienza – ma ci sarà? – potremmo dire che si cercherà di «inglesizzare» la Roma, quello che Ranieri non ha potuto fare.

Ranieri saluta

Ecco, le parole di ieri del tecnico ieri al sito del club, per certi versi rappresentano la cartina di tornasole del nuovo progetto. «Questa squadra ha un futuro – dice –, perché ci sono dei giovani molto interessanti: sono sicuro che potrà far bene. Certo, bisogna vedere come cambierà la rosa nel prossimo anno. In generale, dico che questa è una buona squadra e infatti negli ultimi anni è sempre andata in Champions. Così meglio pensare la prossima Roma dovrà entrare in Europa League, voliamo più in basso. Se poi arriverà l’anno buono, vorrà dire che entrerà in Champions e sarà una bella sorpresa. Io sono sempre stato così: meglio non caricare di aspettative i tifosi e, di conseguenza, allenatori, società e il resto. Questo club ha sempre messo in chiaro di voler mantenere il bilancio a posto e credo sia giusto. Quando sono tornato ho visto tantissimi cambiamenti, cose che prima non c’erano. Vuol dire che i soldi qui sono stati spesi e le cose sono state fatte bene. Ovviamente ai tifosi, com’è giusto, di tutto ciò che non si vede non importa nulla, perché loro vogliono vedere solo la squadra lottare sul campo. Ma io che sono allenatore dico che qui c’è un’ottima struttura, una grande società e una grande crescita». Quasi un modo per suggerire che con la lettera «A» cominciano sia la parola «azienda» che la parola «amore». Entrambe indispensabili, in fondo, per coniugare il verbo «vincere».


Petrachi vuole la Roma: decide il Presidente

GAZZETTA - Ieri Petrachi non c’era alla conferenza di addio di Moretti. Una sua presenza avrebbe spostato l’attenzione su altri temi e lo stesso Petrachi voleva che fosse solo il Moretti-day. I rapporti tra il d.s. e Cairo restano buoni, come ha dimostrato l’abbraccio alla festa di compleanno del presidente. Dopo dieci anni di Toro, Petrachi che ha ancora un anno di contratto vorrebbe andare alla Roma. Deciderà Cairo.

 


De Rossi, l’ansia cresce. Protesta dei parlamentari

GAZZETTA - L’ansia gli salirà appena salirà le scalette dell’Olimpico, quel percorso che Daniele De Rossi ha fatto centinaia di volte per andare dallo spogliatoio al campo. Lì il cuore quasi gli si fermerà e d’improvviso, magari, gli passeranno davanti agli occhi le tante emozioni vissute su quel prato verde. (...) Ma se questa è l’ansia, il magone per De Rossi arriverà anche prima. E sarà sabato, quando farà l’ultimo allenamento a Trigoria – quella che è stata casa sua per oltre venti anni – e poi anche l’ultimo ritiro. Daniele lì svuoterà l’armadietto, visto che il 27 ha già un volo pronto per le vacanze. E magari a Trigoria ci tornerà al suo ritorno dalle ferie. Ma non sarà ovviamente più la stessa cosa.

Intanto domenica ci sarà la festa, ci sarà il saluto d’amore (...) La festa sarà sobria, semplice, un giro di campo e poco altro. Di certo la Roma gli consegnerà una targa ricordo o qualcosa del genere, con le immagini più significative della sua storia romanista proiettate direttamente sui megaschermi dell’Olimpico. (...)

Fa sorridere ciò che è successo ieri in un’aula del Senato, dove una ventina di parlamentari (tra deputati e senatori dei Roma club Montecitorio e Palazzo Madama ) si sono radunati per protestare contro il club. «Siamo qui per dire basta – il commento di Paolo Cento di Sinistra Italiana –. La Roma ha bisogno di un presente e di un futuro. Totti e De Rossi, sono due bandere che si vogliono ammainare e noi le vogliamo rialzare, perché Roma è sentimento, tifo e passione. E questa proprietà deve ascoltare i tifosi». Duro anche Maurizio Gasparri di Forza Italia: «Non possiamo non esprimere lo sdegno per come è stato trattato un simbolo e una bandiera come De Rossi. L’insoddisfazione verso Pallotta è totale, la speranza è che le forze imprenditoriali della città prendano a cuore la Roma e finalmente ci sia una proprietà non più estranea e ostile alla città». Rispettabile, ma in Parlamento una volta ci si andava per altro...


Zeman: "Mi spiace che De Rossi abbia fatto con me la peggior stagione della sua carriera: non so ancora se per colpa mia o sua"

Zdeněk Zeman ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, affrontando anche i temi che riguardano la Roma, parlando anche del suo rapporto con Daniele De Rossi. Queste le parole del tecnico boemo:

Cosa è successo alla Roma?

«Troppe cose non hanno funzionato. A partire dalla campagna acquisti, non mirata. Mi è dispiaciuto per Di Francesco ottimo ragazzo e tecnico. Se prendi uno come lui poi devi seguire le sue indicazioni. Ma oggi i tecnici contano poco».

Dopo Totti la Roma ha salutato anche De Rossi

«Capisco la delusione dei tifosi, ma cerco di capire anche il club. Un giocatore che ha dato 18 anni alla Roma meriterebbero di decidere lui quando smettere. Ma il calcio di oggi non lo permette. Mi spiace che De Rossi abbia fatto con me la peggior stagione della sua carriera: non so ancora se per colpa mia o sua».


Ranieri: “Roma mia riparti dal basso, ma la squadra ha un futuro”

LEGGO - Non solo De Rossi. Domenica sera contro il Parma, in un Olimpico tutto esaurito, saluterà un altro grande romanista come Claudio Ranieri che ha accettato di traghettare una squadra allo sbando verso un posto in Champions oggi quasi impossibile da raggiungere. Il tecnico, al quale non è stato proposto il rinnovo, ha salutato ieri i tifosi, tramite il sito del club, ed è tornato a parlare del futuro della Roma dopo le polemiche dichiarazioni post Sassuolo: «I programmi futuri dipenderanno molto dal nuovo allenatore. Dico solo che questa è una buona squadra e che negli ultimi anni è sempre andata in Champions. E allora diciamo che la prossima squadra dovrà entrare in Europa League, voliamo più in basso. Se poi c'è l'anno buono, vorrà dire che entrerà in Champions League e sarà una bella sorpresa. Io sono sempre stato così, meglio non caricare di aspettative i tifosi e, di conseguenza, allenatori. Quando sono tornato ho visto tantissimi cambiamenti, tante cose che prima non c'erano, vuol dire che i soldi qui sono stati spesi e le cose sono state fatte bene». Non si placano però le contestazioni a Pallotta che sono arrivate ieri pure sui giornali di Boston. Poi Ranieri passa al bilancio del suo lavoro: «Qui ho avuto l'appoggio di tutti. E anche della squadra, perché ha saputo reagire a un periodo di scoramento. Non si arriva con la bacchetta magica. Gli aspetti positivi sono legati alla solidità difensiva che prima mancava. Un aspetto negativo è il gol subito a Genova nei minuti di recupero che forse ci è costato la Champions. Credo che Fazio e Nzonzi hanno fatto passi in avanti». Infine su De Rossi: «Ogni tifoso si è identificato in lui, per quella voglia che ha, per quello spirito combattivo che ha sempre fatto vedere. Mi auguro che domenica sia una giornata caratterizzata da un saluto pieno di amore». Anche per Claudio: «I panni da tifoso non me li sono mai tolti, lo sarà sempre e sono stato onorato di poter allenare di nuovo la Roma».


Roma-Torino andata e ritorno. Zaniolo verso la Juve, ma puó arrivare Belotti

LEGGO - BALZANI - Due treni, lo stesso itinerario. Il mercato giallorosso viaggia tra Torino e Roma tra affari fatti, trattative e voci. Chi di sicuro lascerà la vecchia capitale d'Italia (tra il 1861 e il 1865) per la città eterna è Gianluca Petrachi. Il dirigente salentino lunedì rassegnerà le dimissioni da ds del Toro per accasarsi a Trigoria e firmare un contratto triennale. Con sé Petrachi porterà due uomini di fiducia: Longo (il segretario generale con passato alla Lazio) e il capo scout Cavallo. E forse il difensore Izzo, in pole per il dopo-Manolas. Più difficile sarà strappare ai granata il suo bomber. Ovvero Andrea Belotti. Il Gallo è il primo nome della lista per sostituire Dzeko (destinato all'Inter). Cairo difficilmente farà sconti rispetto ai 60 milioni chiesti finora, ma nella trattativa potrebbero rientrare giocatori graditi al Toro come Perotti e Juan Jesus. Decisivo sarà il volere di Belotti che in granata guadagna 1,8 milioni.

La metà di quello che chiede El Shaarawy per rinnovare il contratto in scadenza nel 2020. E qui entra in ballo l'altro club di Torino: la Juventus. I bianconeri sono in pressing su Sarri che stima il Faraone già richiesto ai tempi del Napoli. Lo stesso El Shaarawy ha dubbi sul progetto Roma dopo le parole di Ranieri e il trattamento riservato ai senatori (da Strootman a De Rossi). In caso di offerta dalla Juve (che in cambio può mettere sul piatto uno tra Perin e Rugani) Stephan potrebbe fare muro e costringere Petrachi alla cessione per non rischiare di perdere il giocatore a parametro zero. Ma la preda grossa è Zaniolo. A testimoniarlo un nuovo incontro tra il ds Paratici e l'agente Vigorelli andato in scena tre giorni fa a Milano. La Juve vuole anticipare l'offerta del Tottenham (circa 60 milioni) e convincere Nicolò a non firmare il rinnovo con la Roma. Un doppio assalto che Petrachi cercherà di bloccare sul nascere per accontentare Gasperini, un altro che Torino la conosce bene essendo nato a Gurgliasco ed essendo cresciuto proprio nelle giovanili bianconere.


Massara saluta. Martin nel Cda al posto di Gold

GAZZETTA - Con l’imminente arrivo di Petrachi come direttore sportivo – lunedì si dovrebbe dimettere dal Torino per poi approdare alla Roma – anche Massara sembra andare verso l’addio alla società giallorossa. Inoltre, sul fronte societario, Stanley Gold, manager della Shamrock Holdings – fondo della famiglia Disney – verrà sostituito nel Cda della Roma da Gregory Martin, membro dello stesso fondo.