La Sampdoria ha cercato Totti per un ruolo da dirigente

La Sampdoria ha cercato Francesco Totti per un ruolo da dirigente. A riferirlo su Twitter è il giornalista Nicolò Schira, in seguito alle dichirazioni in conferenza stampa dell'ex numero 10, secondo il quale alcuni club di Serie A lo avrebbero contattato per offrirgli un posto. Una "pazza idea" di Massimo Ferrero, che avrebbe provato a convincere anche Daniele De Rossi. 


Conferenza Stampa Totti: "Ho rassegnato le dimissioni. Non ho mai avuto la possibilità di lavorare operativamente. Non è un addio, ma un arrivederci"

Dal Salone D'Onore del Coni, con diretta su Rai 2, TGcom24 e Sky, andrà di scena la conferenza di addio alla Roma di Francesco Totti. Dopo due anni dalla fine della carriera da giocatore, l'ex capitano giallorosso lascerà anche il ruolo da dirigente e saluterà la sua amata Roma. Paolo Condò farà da moderatore alla conferenza. Non sarà presente nessun rappresentante della società Roma; mentre parteciperanno gli ex giallorossi Aquilani, Candela, Cassetti, Chierico e Nela.

"Ringrazio il presidente Malagò per avermi dato questa possibilità a questo posto bellissimo e importante per gli sportivi. La comunicazione è meno bella rispetto al posto. Alle 12:41 del 17 giugno 2019 ho mandato una email al CEO della Roma, dove ho scritto un po’ di parole e frasi per me impensabili ed inimmaginabili. Ho rassegnato le mie dimissioni dall’AS Roma. Speravo che questo giorno non ci fosse stato, ma è arrivato. Per me è un giorno brutto e pesante, ma viste le condizioni è stato doveroso e giusto prendere la decisione così brusca. Non ho avuto mai la possibilità di lavorare operativamente sull’area tecnica. L’ho pensata per mesi, ma è la più coerente e giusta. Davanti a tutti deve esserci la Roma, che è la squadra da amare. Non devono esserci fazioni pro Totti, Pallotta o Baldini. L’amore nei confronti di questi colori solamente. E’ normale che poi i presidenti, gli allenatori ed i giocatori passano, ma le bandiere no. Questo mi ha fatto pensare tanto ed ho preso questa decisione non per colpa mia. Non so più che dirvi poi".

Iniziano le domande dai giornalisti presenti

Hai fatto sognare Roma e sei nel mondo. Quando ti ho visto in giacca e cravatta ho pensato “ma chi gliel’ha fatto fare?”. Sei come Caravaggio, ci hai fatto sognare. Hai mai pensato, durante tutto questo periodo, “ma chi me l’ha fatto fare”? 
"No. La Roma l’ho messa davanti a tutto. E’ la mia seconda casa, se non la prima. Prendere questa scelta è stato difficilissimo. Li ho sempre voluti portare ad alti livelli e volevo fargli fare bella figura".

Di chi è stata la colpa? 
"Non è stata mia, perché non ho mai avuto la possibilità di esprimermi, non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico. Il primo anno ci può stare, nel secondo già avevo capito che cosa volessi fare, ma non ci siamo mai trovati né aiutati l’uno con l’altro. Conoscevano la mia voglia e quello che volevo dare alla società, ma loro non hanno mai voluto: mi tenevano fuori da tutto".

La gente rimarrà traumatizzata. Quale messaggio vuoi mandare a coloro che sono disorientati?
"Alla gente di Roma devo dire solamente grazie per come mi hanno trattato. C’è stato sempre un reciproco rispetto sia in campo che fuori. Posso dire solamente di continuare a tifare questa squadra. Per me è la squadra più grande del mondo e vederla in difficoltà mi rattrista e mi dà fastidio. Roma è Roma. I tifosi sono diversi dagli altri: la passione e la voglia che mettono dentro questa squadra non potrà mai finire. Io continuerò sempre a tifare Roma. E’ un addio o un arrivederci? E’ un arrivederci, non un addio. Da fuori penso che è impossibile vedere Totti fuori dalla Roma e non posso pensare che accadrà. Io prenderò altre strade, è un momento significativo. Se un’altra proprietà punterà forte su di me sarò pronto".

Che hai deciso di fare? 
"Posso fare tante cose. Sto valutando tranquillamente, questo mese valuterò le offerte e quella che mi farà stare meglio la prenderò col tutto il cuore. Ho sempre dato il massimo e se prenderò una decisione sarà definitiva".

C’è qualcuno che è più colpevole di altri? 
"Non indico di chi è la colpa. E’ stato fatto un percorso che non è stato rispettato ed alla fine ho fatto questa scelta".

Ti avevano promesso qualcosa? 
"Tutti sappiamo che hanno voluto che io smettessi. Avevo un contratto di sei anni da dirigente, sono entrato in punta di piedi perché era un altro ruolo. Sono due cose completamente diverse anche nella stessa società. Di promesse ne sono state fatte tante, ma alla fine non mantenute. Loro sapevano che cosa io volessi. Col passare del tempo giudichi e valuti, anche io ho un carattere ed una personalità, non sto qui a fare quello che mi chiedono di fare. Lo facevo per la Roma, ma non volevo mettermi a disposizione di altre persone che non volevano facessi questa cosa".

C’è stata una sorta di “deromanizzazione”? E’ un’operazione congiunta o casuale? 
"E’ stato un pensiero fisso di alcune persone quello di togliere i romani dalla Roma. E’ prevalsa alla fine, perché hanno ottenuto quello che volevano. Da otto anni a questa parte, con gli americani, hanno cercato in tutti i modi di metterci da parte. Hanno cercato in tutti i modi di farlo. Hanno voluto questo e ci sono riusciti".

Che rapporto c’è con Franco Baldini? 
"Non c’è mai stato e mai ci sarà. Ho preso questa decisione anche per dei problemi interni. Andava scelto uno dei due, quindi mi sono fatto da parte io. Non servono troppi galli a cantare. Le persone che mettono bocca e fanno danni. Ognuno dovrebbe fare il suo. Quando canti da Trigoria, non senti mai il suono. L’ultima parola spettava sempre a Londra. Era inutile dire quello che volevi cambiare, era tempo perso".

Che futuro vedi per la squadra? 
"I problemi della società li conosciamo tutti, soprattutto per il fair play finanziario e le cessioni entro il 30 giugno. Hanno fatto questa scelta difficile, ovvero di vendere calciatori più forti, perché è più facile prendere soldi e tamponare i problemi. Bisogna essere trasparenti, soprattutto con i tifosi. Ho detto ai dirigenti: “Alla gente bisogna dire la verità, è brutta ma bisogna dire la verità”. Quando qualche anno fa dissi la verità, mi dissero che ero incompetente e che levo i soldi ai tifosi ed ai giocatori. Se dici la verità sei inattaccabile, io sono abituato a dire la verità. Se è così, io non posso stare qua dentro".

L’assenza di Pallotta pesa? 
"Per me pesa tantissimo. Il giocatore trova sempre un alibi, una scusa. Quando le cose vanno male dicono che manca il presidente, il direttore sportivo e così via. Questo va a dar problemi alla squadra ed alle partite. Per me crea un danno. Il presidente deve essere più sul posto: quando vedi un capo stai sull’attenti e lavori come dovresti lavorare. Quando non c’è il capo fanno tutti come gli pare. Quando ti alleni senza il mister, con il secondo allenatore fai lo stupido, col mister vai a 300 all’ora".

La Roma ti ha messo nelle condizioni di fare il tuo lavoro?
"Ho preso la decisione perché non ho potuto fare niente. Non potevo sopratutto sull’area tecnica. Non voglio fare il fenomeno, ma capisco di più rispetto a qualcuno a Trigoria. Ho le basi e l’occhio per guardare direttamente. Io penso di saperlo fare bene, anche sbagliando, ma la parola mia è diversa da quella della Roma. Ho sempre messo la faccia e sempre la metterò, sopratutto quando le cose vanno male come quest’anno".

Sei stato negli Emirati Arabi. Il Qatar può prendere la Roma?
"Ho girato spesso in vari continenti. Soprattutto in Kuwait, a Doha o Dubai. Ci sono tante persone che farebbero investimenti, ma se non c’è il nero su bianco non ci credo. La Roma è amata e stimata in tutto il mondo. Stare qui però a dire che c’è uno o l’altro è inutile. Non so niente su tutto ciò".

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
"Il vaso ormai si era riempito. Tante cose mi hanno fatto riflettere e pensare. Non sono mai stato reso partecipe, solamente quando erano in difficoltà. In due anni avrò fatto dieci riunioni, mi chiamavano sempre all’ultimo, come se volessero accantonarmi. Il cerchio si stringe dopo un po’ e subentra il rispetto verso la persona. Io ho cercato di mettermi a disposizione e di portare qualcosa in più alla società, ma dall’altra parte c’era un pensiero diverso".

Che cosa serve per riportarti alla Roma?
"Un’altra proprietà. Dipende poi se mi chiameranno e se crede nelle mie potenzialità e che posso fare qualcosa di buono. Non ho mai fatto né farò del male alla Roma, che viene prima di tutto, anche ora. Oggi potevo anche morire, era meglio che staccarmi dalla Roma. Meglio così, perché tanti dirigenti hanno detto che sono troppo ingombrante in questa società".

La proposta di direttore tecnico e la limitazione alle tue attività esterne è arrivata? 
"Non ho chiesto soldi, né mai di comandare tutto. Ho chiesto di dare un contributo e di metterci la faccia. Ho chiesto di decidere come gli altri. Fanno il direttore sportivo, l’allenatore e non mi chiamano. Non sono andato a Londra perché mi hanno avvertito due giorni prima. L’allenatore era già fatto, il ds quasi. Che vado a fare senza decidere? L’unico allenatore che ho chiamato è Antonio Conte. Sinisa, Gasperini, Gattuso e così via non li ho mai chiamati. Una persona ho chiamato: Conte. Se fanno passare che ho chiamato tutti e che l’unico che non ho chiamato è Fonseca non va bene. Io per stupido non ci passo. Questa è la realtà".

Se andasse via Baldini potresti tornare? 
"No. Se il vaso è rotto non si possono rimettere i cocci al posto giusto. Potevano fare questa scelta prima, è giusto che rimanga così se non ci hanno pensato prima. Rispetto, ma a malincuore".

Pallotta dice che hai avuto un peso nella scelta dell’allenatore. Seguendo quello che hai detto, Pallotta mente?
"Guido Fienga è l’unico che ci ha messo la faccia. E’ l’unico che mi ha fatto questa proposta, se non ci fosse stato lui sarei rimasto così. E’ inutile continuare su questa strada. L’unico che ho chiamato con Fienga è Claudio Ranieri. Oggi lo ringrazio Ranieri, perché ha fatto il massimo per noi ed è un uomo vero. Non abbiamo parlato di niente e mi ha detto “domani sono a Trigoria”. I tifosi gli hanno dato un contributo all’addio di Daniele ed è doveroso fargli un saluto. Le dichiarazioni di Pallotta? Non sono qui ad andare contro di lui, non mi serve dare bugie. A che pro? Dico la verità".

Non hai mai pensato a lavorare e ripartire da zero? 
"Fienga me lo disse qualche mese fa. Tutti sanno che avrei voluto fare il direttore tecnico. Se c’è però uno che ti mette il bastone tra le ruote e trovano ogni volta un intoppo… Io non sono stupido. Se io non avessi voluto Fonseca? L’ultimo parere tocca al DT. Hanno scelto tutto loro, se le cose vanno male che dico? Non ho scelto il direttore sportivo, non ho scelto Fonseca. Se fosse venuto Conte sarei rimasto, anche se mi avessero chiamato prima di scegliere l’allenatore. Avrei voluto vedere la fiducia in me. Con Conte è successo perché lo abbiamo fatto io e Guido Fienga. “L’unico che può cambiare la Roma in questo momento è Conte”, ho detto a Fienga. Lui ci aveva dato l’ok. In secondo piano l’ha saputo Pallotta ed era contento che si potesse fare".

Ti hanno chiesto un parere su De Rossi? 
"Io non ci ho mai messo bocca. Io già da settembre dissi: “Se pensate che è l’ultimo anno di De Rossi, diteglielo subito”. Lui va rispettato, tutti mi dicevano che dovevano valutare e così via. I risultati non venivano, c’era un contesto difficile. Il problema di Trigoria è che le cose vanno fatte subito. Lì però la gente ha paura a fare le cose, deve esserci uno che prende le decisioni. Io con Daniele ci ho parlato da amico, non da dirigente. Gli ho detto di guardare al di là, perché io pensavo che fosse il suo ultimo anno. Non potevo esprimermi più di tanto perché ero un dirigente e gli parlavo per fargli aprire gli occhi ed il problema è arrivato. Io non riesco ancora a capire se è voluta o se non ci pensano. Se è voluta è brutta, ma da quello che ho capito era quello che hanno sempre voluto: togliere i romani dalla Roma".

Hai parlato di Sarri?
"Io mai. Non so quali fossero i suoi obiettivi o le sue (di Baldini, ndr) idee. So che Sarri era un suo pupillo ed è un grande allenatore, che avrebbe fatto comodo. C’erano un po’ di problemi con il suo club, in questo momento però parliamo del nulla e dell’attualità. Fonseca deve trovare un ambiente sereno e tranquillo, senza intoppi. Deve essere bravo, lo è e spero che possa fare bene con la Roma".

Perché Conte doveva venire qui? 
"Perché non voleva rivoluzioni, ma una continuazione. In questo momento dovevi fare una squadra dal quarto posto in su".

Verrai allo stadio?
"Sì, perché no. Sono sempre tifoso della Roma, può darsi che vado in Curva Sud, anche se lì non si vede la partita. Anzi, prendo De Rossi e la vado a vedere da lì".

La proprietà americana avrebbe potuto fare di più? 
"E’ un dato di fatto. Se devi vendere perché sei a -50 devi vendere e la squadra si indebolisce. Da parte mia c’è sempre stato il 100% dell’impegno".

Hai qualcosa da rimproverarti? 
"Avrei potuto dare un contributo, non cambiarla, ma un contributo sicuramente. Di promesse ce ne sono state tante e da tifoso mi dispiace, ho dei sogni da tifoso. Avrei voluto vedere la Roma competere ad alti livelli".

E’ necessaria una società con Totti?
"Se io fossi il presidente della Roma ed ho due bandiere come Totti e De Rossi, gli darei in mano tutto. C’è la romanità, glielo possono spiegare che cosa significa. Si contornano di persone sbagliate, ascolta solo loro (Pallotta, ndr). Se sbaglio per otto anni, posso farmela una domanda? Io questo giudico come tifoso. Se sbagli dieci interviste, all’undicesima capisci che c’è qualcosa di sbagliato. In questo momento non ci sono altre risposte".

Qualcuno ti ha pugnalato dentro Trigoria? 
"Sì, ci sono persone che non vogliono che sia là dentro. Ci sono persone che fanno il male della Roma dentro Trigoria e Pallotta si fida di loro. Io conosco Trigoria come i miei jeans, conosco tutti e so come va gestita. Ci sono cresciuto là dentro: conosco i problemi e le soluzioni, chi parla male e chi parla bene. Come fai ad andare avanti ed essere coesi per aiutare una società? Ognuno fa il bene di sé stesso".

Che ruolo ha avuto Baldissoni nella tua carriera da dirigente? 
"E’ stato un dirigente della Roma. Ha cercato di indicarmi la strada, non so quale. Mi ha aiutato in qualche modo, ma non ce l’ho con lui. Lui fa parte dei dirigenti. E’ una carica importante quella del vice presidente".

Qualcuno dice che hai fatto troppe vacanze e troppo padel. Che rispondi? 
"Padel, calcetto e vacanze (ride, ndr). E’ normale che devo rispondere a queste cose? Io quando faccio beneficenza e partite, loro sono al corrente. Dicono che è importante perché porto la Roma nel mondo. Vogliamo parlare della settimana bianca? Tutti ci vanno. Il problema è che non li riconosce nessuno e non si sa. Io sono andato fuori tre giorni prima del derby, ma venerdì ero a Trigoria. Questo è quello che dite voi".

Come commenti l’email uscita su La Repubblica?
"Ci sta. Io mi fido al 100% di Daniele De Rossi, ci metto la mano sul fuoco che non è stato lui a dire queste cose".

Perché non sei riuscito a creare un rapporto diretto con Pallotta?
"Nelle ultime settimane ha cercato di trattenermi, sempre per terze persone. In due anni non ho mai sentito nessuno, né Pallotta né Baldini. Io che cosa devo pensare? Che sono benvoluto? Non è mai successo".

Se Pallotta rimane dieci anni? 
"Spero che possano vincere quello che dicono. Sono otto anni che lo dicono. Oggi sono 18 anni dallo scudetto".

Malagò vuole fare il presidente della Roma? 
"Spero che mi chiamerà in quel caso, mi basta un po’ più di potere. Quando dico io una cosa non va bene, io non voglio stare davanti a tutti, loro sì".

Ti fa più male essere considerato un freno o il fatto che loro non credessero nelle tue potenzialità di dirigente? 
"Io sono stato un peso per questa società. Mi hanno detto che sono troppo ingombrante, sia da calciatore o da dirigente. Mi hanno fatto male entrambi, ma questa è più significativa: quando ti stacchi dalla Mamma è dura".

Pallotta è qui per lo stadio o per la Roma? 
"Lo dovresti chiedere a lui. Non ti posso rispondere. La farei anche a lui, non posso entrare nel suo pensiero, è sbagliato quello che dirò".

Prenderesti in considerazione di andare in altri club? 
"Ci sono state alcune offerte da squadre italiane, una stamattina. Io sono libero. Tante cose le ho sapute leggendo i giornali: di alcuni allenatori, dirigenti o giocatori. Pensa che considerazione che avevo".

Vuoi ringraziare Pallotta per qualcosa? 
"Mi ha tenuto qui e mi ha fatto conoscere tante cose. Io non sputo sul piatto dove ho mangiato, è giusto che la Roma rimanga là su. Deve essere bravo a recuperare la fiducia della gente. Spero che gli diano consigli giusti".

Perché non viene Pallotta?
"Non ci ho mai parlato a quattrocchi, solamente dopo aver smesso a Londra. Dopo l’addio non ho mai avuto modo di parlarci. Mai".

Dopo le tue parole i dirigenti faranno autocritica o sarà accettata come la tua verità?
"L’effetto deve essere positivo, deve ripartire il progetto Roma. Deve capire i problemi dentro Trigoria, ma non ho mai avuto modo di fargli capire certe cose. La Roma è la Roma, il resto non conta. Lui deve essere bravo a cambiare registro".

Hai scelto il 17 giugno casualmente? 
"Sì, non era voluta. Pensavo ci fosse un solo 17 giugno. Non pensavo di poter dire “ciao Roma”, non lo avrei mai pensato".

Hai sentito Florenzi e Pellegrini?
"Florenzi no, Lorenzo sì. Non ci credeva, ma ci crederà. A lui ho promesso tante cose, che spero possano avverarsi, è un ragazzo speciale, può dre tanto a questa maglia. La onorerà fino alla fine. E’ tifoso della Roma e qualche romano dentro serve sempre. Vedere alcuni giocatori che quando perdono ridono, ti girano le palle. Alcuni tifosi queste cose non le sanno. Oppure dirigenti felici di perdere, di cui non farò mai i nomi. La Roma deve essere sempre davanti a tutti, se ci sono questi a Roma non vai da nessuna parte. Se siete uniti vai dritto, se qualcuno esce dal binario sei finito".

Roberto Mancini? 
"Ti saluta (ride, ndr). Ha una grande nazionale ed io che faccio l’Ambasciatore e cerco di dargli un aiuto".

Secondo te si sono resi conto di che cosa stanno togliendo alla Roma ed alla città?
"Non si rendono conto perché non vivono la quotidianità. Stando qua è completamente diverso, a loro arriva l’1% di quello che succede qui. Sarà una cosa diversa, sicuramente. Per la Roma e per me lo sarà, ma per loro in un’altra città non cambia niente. Spero che se ne possano rendere conto, ma è tardi".

Sei ex dirigente. Sembra che tu stia parlando da futuro dirigente… 
"No, io faccio la conferenza perché ci sono stati dei problemi tra me e i dirigenti. Se potessi rientrare, non adesso, ma con un’altra proprietà, io sarò dirigente a 360 gradi. Non c’era bisogno, se avessero fatto quello che ho chiesto, non mi sarei mai dimesso".

Le scelte? 
"Non nominerò i giocatori per rispetto. Tornavo dalle vacanze e mi hanno chiesto un parere riguardo un giocatore ed io ho detto che non avrebbe fatto bene. Di Francesco gioca col 4-3-3 e non gioca da un po’, per me andava preso un altro giocatore. Mi hanno detto che dico sempre di no, ma ho solamente risposto. Non chiedetemi il nome del giocatore però. Io ci avrei azzeccato però, perché l’altro è dell’Ajax".

Monchi? 
"Non l’ho sentito".

Nainggolan hai provato a tenerlo? 
"Ho preso posizioni forti, molti non volevano così. Nelle altre società non succede. Chi sbaglia paga, può essere anche Messi o Ronaldo. Nello spogliatoio deve esserci rispetto reciproco, se hai sbagliato è giusto che paghi".

Ai tempi dei Sensi, c’era già un ruolo definito? 
"Sì, Direttore Tecnico".

Dopo la semifinale c’era la sensazione che si sarebbe potuto fare qualcosa?
"Sì, c’era questa sensazione. Difendo Di Francesco ora, anche se l’ha scelto Monchi. Lui ha chiesto 4-5 giocatori, ma non glieli hanno mai presi. Le cose si devono sapere, è inutile nascondersi. La verità fa male. Io non sto difendendo il mister, che ha sbagliato scelte. Lui però ha chiesto 4,5 scelte e gliene hanno presi zero".

Che diresti ad un calciatore che vuole venire ora alla Roma? 
"La verità. Se vieni è una scelta tua, io non ti dico che è tutto bello ed i fiori. Dirò le cose belle e le cose brutte, poi la scelta sta a lui".

Quali sono le cose belle? 
"Città, mare, montagna ed i tifosi della Roma che sono i più belli di tutti".


Under 21, Pellegrini: "La nostra forza è il gruppo, continuiamo così. Totti? Lo ringrazio per le belle parole, mi mancherà"

Lorenzo Pellegrini, centrocampista della Roma, impegnato con l'Under 21, torna a parlare in vista della sfida di mercoledì contro la Polonia. Il giocatore giallorosso ha parlato anche dell'addio di Francesco Totti. Queste le sue parole:

"La mia presenza qui, per il mio punto di vista, era scontata. Se il mister mi chiama, io ci sono, contentissimo di essere qui. Ho trovato un gruppo fantastico, veramente. Ci stiamo divertendo, stiamo veramente bene. Spero che questa unione si veda anche in campo, perché fuori siamo un bel gruppo. Dobbiamo ragionare partita dopo partita, cercando di vincere come contro la Spagna. Dobbiamo dare seguito al risultato contro la Spagna. Ieri abbiamo fatto vedere che anche noi possiamo giocare e vincere. E' stata una partita impegnativa, siamo questi, dobbiamo dare intensità, ma ci siamo anche divertiti, e per divertirci dobbiamo avere il pallone. E' una rivoluzione che prima o poi doveva succedere. In questi anni abbiamo visto che chi mantiene il possesso, sbaglia meno passaggi, si diverte di più. Chi si diverte rende meglio. Dobbiamo migliorare ancora tanto, ieri la Spagna ci ha fatto vedere che sono fenomeni in questo. Dobbiamo continuare così. Ieri mi abbassavo per toccare di più il pallone, per non dare punti di riferimento. Stiamo tentando di dare importanza al nostro possesso palla. Poi è normale che dobbiamo essere incisivi davanti. Ma tenere il pallone e far correre gli altri è importante".

Su Chiesa...

"È un grandissimo ragazzo che fa parte del gruppo. Per quanto riguarda il giocatore, i fatti parlano per lui. Ieri, oltre i gol, ha avuto un atteggiamento da vero leader, aiutando molto, combattendo. Mi è piaciuto veramente tanto e gli ho fatto i complimenti. Siamo un bel gruppo e cerchiamo di avere il sorriso ogni volta che si può".

Sulla serata di ieri...

"Non era facile reagire ieri. Ora dobbiamo dare continuità ai nostri risultati. Il pubblico è stato pazzesco, sinceramente non me lo aspettavo. Quando canto l'inno mi vengono sempre i brividi. Giocare in casa davanti ai nostri tifosi è bella, e ci hanno dato importanza, non era scontato".

Sull'addio di Totti...

“Non entro nel merito delle sue parole ma sicuramente lui e Daniele De Rossi mi mancheranno molto. Volevo ringraziare Francesco per quello che ha detto su di me. Abbiamo un bel rapporto ed oggi era una giornata particolare per chi gli vuole bene”.

Sul gruppo dell'Under 21...

"Tutto il gruppo ha fatto benissimo, anche chi è subentrato. La nostra forza è il gruppo, dobbiamo continuare così. Siamo tutti bravi ragazzi. Giocare con i più grandi ha aiutato a crescere più in fretta".


Pallotta in attesa della traduzione della conferenza di Totti, poi possibile replica

Dopo la lunga conferenza stampa di Francesco Totti, dalla società non è ancora arrivata alcuna replica. Ma, come riferisce Sky Sport, il presidente James Pallotta è in attesa di ricevere la traduzione in inglese dell'ex numero 10. In seguito il numero uno del club giallorosso valuterà una risposta.


Arriva la risposta della Roma alla conferenza di Totti (leggi qui)

A seguito dell’annuncio in data odierna da parte di Francesco Totti di dimettersi dal Club e di non accettare il ruolo di Direttore Tecnico, l’AS Roma ha rilasciato la seguente nota ufficiale:

Il Club è estremamente amareggiato nell’apprendere che Francesco Totti ha annunciato di lasciare la Società e di non assumere la posizione di Direttore Tecnico dell'AS Roma. Gli avevamo proposto questo ruolo dopo la partenza di Monchi ed eravamo ancora in attesa di una risposta.

Riteniamo che il ruolo offerto a Francesco sia uno dei più alti nei nostri quadri dirigenziali: una posizione che ovviamente richiede dedizione e impegno totali, come ci si aspetta da tutti i dirigenti all'interno del Club.

Eravamo pronti a essere pazienti con Francesco e ad aiutarlo a mettere in pratica questa trasformazione da grande calciatore a grande dirigente. Il ruolo di Direttore Tecnico è la carica in cui credevamo potesse crescere e in cui ci siamo proposti di supportarlo durante la fase di adattamento.

Nonostante comprendiamo quanto sia stato difficile per lui decidere di lasciare l’AS Roma dopo trent’anni, non possiamo che rilevare come la sua percezione dei fatti e delle scelte adottate dal Club sia fantasiosa e lontana dalla realtà.

Riguardo ai ripetuti riferimenti al suo possibile ritorno con l’insediamento di una nuova proprietà, in aggiunta alle informazioni raccolte da lui stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al Club, ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che l’AS Roma è una società quotata in borsa.

La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro.

Auguriamo a Francesco buona fortuna per quello che deciderà di fare.


Sabatini sulle dimissioni di Totti: "Con la sua esperienza avrebbe potuto fare il DT"

Anhe Walter Sabatini, ex DS della Roma, dice la sua sulle dimissioni odierne di Francesco Totti, d seguito le parole del neo coordinatore tecnico del Bologna:

Dopo l’addio da calciatore è arrivato quello da potenziale dirigente, qual è la sua valutazione del secondo addio di Totti?
"Premesso che non voglio entrare nelle faccende interne della Roma, una cosa posso dirla. Quello di Francesco Totti dirigente è un caso dovuto all’ambiguità perenne della Roma, che sottoscrive un contratto con il calciatore Totti molti anni fa. Contratto che rappresentava una sanatoria, che entra in vigore quando Francesco smette di giocare. Da quel momento si sarebbero dovuto avere delle direttive, invece si è andati avanti senza strategie condivise. L’hanno lasciato vivacchiare".

In che senso?
"Lo ha detto lui oggi: “Mi chiamavano solo quando erano in difficoltà”. E noi conosciamo la piazza di Roma e sappiamo in certi frangenti cosa voglia dire avere Totti al proprio fianco".

La proprietà avrebbe dovuto provare a investire sul Totti dirigente?
"Totti meritava di essere testato in questi mesi, meritava che lo portassero dentro le cose. La sua sensibilità calcistica è innegabile e lo avrebbe aiutato a dare il suo apporto. Il direttore tecnico non si limita a scegliere i calciatori".

Esattamente, qual è il compito del direttore tecnico? Cosa avrebbe potuto o dovuto fare il Totti dirigente?
"Partecipare alla costruzione della squadra, alle decisioni su chi allenerà la squadra, alla scelta dello staff tecnico e medico. A tutte le incombenze che ha chi gestisce la squadra. Per la sua esperienza ventennale avrebbe potuto farlo".

Si può dire che è stata un’occasione persa per entrambi? Per la Roma e per Totti?
"È indubbio che ci hanno perso entrambi. Difficile però stabilire chi ci ha perso di più".

 


Zeman: "Fonseca ha fatto benino con lo Shakhtar, speriamo faccia bene anche a Roma"

Zdenek Zeman, ex tecnico della Roma, ha rilasciato alcune battute ai microfoni di Sky Sport: Conte poteva fare un buon lavoro alla Roma, poi bisogna vedere se la società era in grado di accontentarlo almeno in parte. Ha dimostrato di essere bravo in tutte le situazioni, penso abbia deciso per l’Inter perché ha più possibilità di lavorare meglio. Fonseca è un allenatore che ha fatto benino con lo Shakhtar Donetsk, speriamo faccia bene anche se inserirsi nel clima romano… bisogna vedere se riesce a capire. Per me è sempre la piazza più bella“


InsideRoma Daily News | Oggi l'addio di Totti alla Roma, si attende risposta dalla società. Zaniolo nel mirino della Juve, per la porta piace Cillessen

NOTIZIE DEL GIORNO | 17 giugno 2019

QUI ROMA

Dal Salone D'Onore del Coni Francesco Totti ha dato l'addio alla Roma. CLICCA QUI PER LA CONFERENZA INTEGRALE

Dopo la lunga conferenza stampa di Francesco Totti, dalla società non è ancora arrivata alcuna replica. Ma, come riferisce Sky Sport, il presidente James Pallotta è in attesa di ricevere la traduzione in inglese dell'ex numero 10. In seguito il numero uno del club giallorosso valuterà una risposta.

Nicolò Zaniolo è sempre nel mirino della Juventus. Secondo quanto riportato da Tuttosport,  la Roma non vorrebbe commettere lo stesso errore fatto dall'Inter nell'affare Nainggolan ma alle cifre giuste, il giocatore potrebbe prendere la via di Torino. I bianconeri potrebbero inserire contropartite tecniche che fanno gola ai giallorossi: Gonzalo Higuain primo su tutti. Un altro giocatore che potrebbe essere messo nella mischia èMattia Perin. La Roma tuttavia, dop aver ricevuto un’offerta dal Tottenham, preferirebbe cedere il giocatore in cambio di soldi cash.

La Roma punta forte su Cillessen per sostituire Robin Olsen. Il secondo portiere del Barcellona non trova spazio nella formazione blaugrana vista la forte concorrenza di Ter Stegen e così una soluzione alternativa lo potrebbe accontentare. La valutazione che il club catalano è di circa 30 milioni di euro e sul giocatore è forte l'interesse del Valencia. 

INTERVISTE

 

Under 21, Pellegrini: "La nostra forza è il gruppo, continuiamo così. Totti? Lo ringrazio per le belle parole, mi mancherà"

 

 

 


Totti stavolta sarà 'Franco'

IL MESSAGGERO - TRANI - James Pallotta fa ancora centro. Quando c'è da prendere la mira e inquadrare il bersaglio, non fa mai cilecca. Ed è lucidissimo se c'è da abbattere il simbolo della Roma e del romanismo. Tra metà maggio e metà giugno il presidente è stato infallibile. Colpo grosso. Perché doppio. Fuori Daniele De Rossi, il capitano dell'ultima stagione. E adesso Francesco Totti, da due anni dirigente senza alcun potere. Eliminati e umiliati, senza curarsi della piazza e della storia. La loro e quella del club. Anche se poi sono stati loro a farsi da parte, sentendosi improvvisamente indesiderati e comunque sviliti dalla proprietà Usa, indirizzata dal suggeritore scelto Franco Baldini che dal 2011 ispira ogni decisione impopolare presa poi a Boston.

AL FORO ITALICO Totti, insomma, va via. L'addio, dopo aver vissuto da giallorosso per 30 anni(entrò a Trigoria nell'89), è in programma nella casa dello sport italiano. Il giorno è domani, alle ore 14. Ma simbolica è la data: 17 giugno. La stessa dell'ultimo (3°) scudetto, vinto nel 2001 con Capello in panchina e Batistuta al fianco. Francesco non potrà mai essere felice, come lo fu 18 anni fa in campo e per strada, quando si presenterà invece nel Salone d'Onore, al primo piano del Palazzo H. E' stato Giovanni Malagò, il presidente del Coni, a concedergli il palcoscenico ideale per dar forza al suo divorzio da Pallotta e dai suoi seguaci che lo sostengono in ogni luogo, nella capitale e anche fuori. Nella conferenza stampa in cui ufficializzerà la sua uscita di scena ha già garantito che cercherà di entrare nei dettagli per evitare malintesi o scambi di persona. Sarà chiaro e definitivo. Lo ha promesso anche a chi, all'interno della società, gli è stato vicino in questi mesi. Avrebbe voluto salutare all'Olimpico, aprendolo ai suoi tifosi, come fece il 28 maggio del 2017. Non è stato possibile, per (ovvi) motivi di ordine pubblico. Non avrà accanto nessuno del Media Center giallorosso, a cominciare da chi, in passato, gli mise il silenziatore quando avrebbe già voluto essere sincero con la sua gente.

NESSUN RIPENSAMENTO La decisione è datata. Il Messaggero, lo scorso 16 maggio, titolò: Tottilo sposo dimesso. Solo 2 giorni prima, l'amico De Rossi, vedendolo in disparte durante la sua ultima conferenza stampa, lo citò come esempio per spiegare come mai non aveva accettato di fare il dirigente perché «Francesco incide poco». Un mese dopo Totti ha seguito l'ex compagno, rifiutando il ruolo di direttore tecnico (proposta ricevuta a voce, mai con bozza di contratto: quindi nessuna limitazione alle attività personali messa per iscritto) e rinunciando a 4 anni di stipendio (2,4 milioni). Ha telefonato a Guido Fienga, con il quale il rapporto è stato leale e diretto. E costruttivo: a marzo ha individuato e convinto Claudio Ranieri. Il Ceo ha accettato il consiglio, affidando in corsa la Roma all'allenatore di San Saba. L'altro ieri Fienga ha invece dovuto prendere atto che niente e nessuno avrebbe potuto ricucire lo strappo. Anche perché l'ennesima intervista di Pallottaal sito del club giallorosso ha avuto l'effetto boomerang, peggiorando la situazione già precipitata il 4 giugno quando Francesco è stato escluso dal summit di Madrid, dove il Ceo e Petrachi hanno presentato il progetto tecnico a Fonseca. Il tentativo di coinvolgerlo nel vertice di Londra è andato a vuoto. Anche per la presenza di Baldini, considerato (non solo da lui) il presidente occulto. Che, in 2 anni, gli ha fatto chiudere la carriera di calciatore e, per ora, anche quella di dirigente. Missione compiuta e allargata a De Rossi. Che alluse al consigliere durante lo sfogo del 14 maggio in sala Champions, ma mai come fece Ranieri, incontrando il giorno dopo i tifosi a Trigoria. Claudio, davanti al cancello del Bernardini, insieme con Daniele fu inequivocabile: «Ha deciso testa grigia a Londra».

CONVIVENZA IMPOSSIBILE Totti ha riconosciuto a Fienga il merito di aver ottenuto il sì di Pallotta per la promozione. Ma ha anche capito che il presidente avrebbe ascoltato sempre e comunque Baldini e non lui. Fiducia limitata, fino al punto di spingere in ferie il futuro dt durante il mercato. Francesco si è sentito sopportato e ha detto basta. Prendendo le distanze dalla nuova restaurazione: non è stato coinvolto nella scelta né di Petrachi né di Fonseca. Ecco perché parlerà lontano da Trigoria (e dall'Eur). Casa sua non è più lì. Meglio essere ospite dell'amico Malagò. «Del resto è una questione personale». Con il consigliere esterno di sicuro. E, chissà, anche con qualcuno più interno. Consiglio ai curiosi: domani è solo un altro giorno. Di questa Roma che non fa più sventolare le bandiere.


Totti, separarsi dal passato

LA REPUBBLICA - MENSURATI - «Sono Francesco Totti e mi hanno fatto smettere». Era il primo giorno del corso allenatori di Coverciano, e ogni candidato era stato invitato a presentarsi agli altri con una breve sintesi della propria carriera. Il capitano si alzò dalla sedia e con quella faccia spenta e senza sorriso che gli abbiamo visto tante volte da quando ha dovuto sostituire la fascia sul braccio con la cravatta sociale, disse solo questo: «Sono Francesco Totti e mi hanno fatto smettere». A pensarci oggi, quelle poche parole appaiono rapide e illuminanti come certi assist. Dentro c’era tutto. La consapevolezza del proprio ruolo e del proprio talento, l’accusa esplicita nei confronti di una società, la Roma made in Usa che, a suo avviso, non lo ha mai amato o, almeno non quanto doveva, la voglia incontenibile di continuare a giocare a pallone. Ma soprattutto, nascosta nella scelta di guardare al passato piuttosto che al futuro, a quello che era stato piuttosto che a quello che avrebbe potuto essere, c’era evidentissima la paura. Del resto, parlando direttamente al suo popolo, in quella sera commovente del maggio 2017, lo aveva ammesso lui stesso: «Adesso ho paura. E non è quella che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un calcio di rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà “dopo”».

Aveva ragione Francesco ad aver paura. Perché “dopo”, c’era solo questo. C’era la noia e la fatica di un nuovo mestiere difficile da imparare, c’erano le complessità e i sotterfugi di un ambiente che sotto i riflettori e lontano dal talento vive di lotte di potere e, spesso, di colpi bassi, ma c’era soprattutto la malinconia del tramonto, della gloria che, alla fine, dura sempre solo un attimo. E così, oggi che Totti si separa, forse per sempre, da questa Roma non più sua, sarebbe disonesto non chiedersi di chi sia davvero la responsabilità di una storia finita male. Se sia di una società che, dopo l’ennesima stagione sacrificata sull’altare di quel dio bizzoso e imprevedibile che è lo Spogliatoio, ha deciso di cambiare pagina affidandosi a un allenatore “esterno” e senza amici italiani, uno nato in Mozambico, cresciuto in Portogallo, maturato calcisticamente in Ucraina. Oppure se sia del dirigente Francesco Totti che in due anni non ha saputo reinventarsi, e comunque non è riuscito a recuperare alcun tipo di centralità all’interno di un progetto. Da domani e chissà per quanto tempo, Roma — una città maledetta da una strana inclinazione all’autofagia — non parlerà d’altro. I tottiani rinfacceranno agli americani, il ruolo di Baldini (il consulente societario da sempre individuato come il “nemico di Totti” numero uno), l’ipocrisia di Pallotta, finanche le scelte di Spalletti. A loro risponderanno quanti, in questi mesi, a Trigoria e non solo, hanno vissuto con insofferenza la vita mondana dell’ex Capitano, sempre pronto a mettere la Roma in secondo piano a favore di qualche evento personale — la presentazione di un libro, le riprese di una docufiction, i tornei di calcetto. L’impressione è però che quello che si preannuncia come l’ennesimo drammone sportivo della Capitale, in realtà non sia altro che la versione romana dell’eterna tragedia personale del grande campione che, arrivato al momento di chiudere la propria carriera, semplicemente non ci riesce, o comunque non riesce a farlo come vorrebbe o dovrebbe, e che, dunque, dopo tante luminose vittorie, finisce per conoscere la più amara delle sconfitte.


Salutando disse: «Ho paura». Adesso sappiamo perché… Aspettative, dubbi e veleni hanno divorato l’ultimo re

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Trent’anni d’amore, vissuti nell’adorazione laica di una città, sono stati un anestetico formidabile verso il male di vivere che alla fine, in qualche maniera, cresce fino a presentarti il conto. Il capitano di una generazione, d’altronde, aveva iniziato a capirlo quando la sua parabola calcistica stava giungendo alla conclusione (…). Il tramonto della sua carriera di artista del calcio, sublimato in quell’addio che ha fatto il giro del mondo, lo aveva fiaccato nell’anima per quello che certificava: il senso della fine e la necessità di un rito di passaggio. Totti infatti due anni fa, in uno dei momenti più struggenti del suo discorso alla gente, lo aveva detto chiaramente: «Adesso ho paura». Niente poteva essere più sincero, niente poteva rendercelo più fratello (…). Chissà quante volte Francesco avrà riattraversato quella linea d’ombra che lo riportava con la memoria ai giorni del calcio giocato. Belli a prescindere, perché i problemi si risolvevano con un assist, un tacco, un tiro che scuoteva la rete e l’anima della città. Quello che a quasi tutti era impossibile, al Capitano veniva naturale. Niente a che vedere con ciò che è venuto subito dopo. Che fare? Un corso da allenatore? Sì, no, magari più tardi. Da direttore sportivo? Più avanti. E l’inglese che serve per parlare col mondo del calcio fuori dalle Alpi? Verrà anche quello. Il problema è che nella vita ciò che non afferri, viene preso da altri. Gli uomini in grigio (copyright Ranieri), quelli che sanno far di conto, hanno conoscenze giuste, fanno un passo indietro e uno di lato (…).

Non è escluso che abbia peccato d’ingenuità, credendo davvero che sarebbe bastato indicare la bravura o meno di un calciatore - come se fosse uno scout di alto livello - per materializzare un percorso da direttore tecnico. Non è andata così, e persino i suoi stessi tifosi non hanno mai avuto certezze sulla sua grandezza da manager, anche se tutti di sicuro hanno pensato: visti i risultati degli altri, almeno lasciate provare lui. Quel giorno non è mai arrivato. Come nel «Ritratto di Dorian Gray» ad un certo punto Totti deve essersi guardato allo specchio scoprendo di essere diventato ciò che aveva sempre detto di non voler essere: solo una bandiera buona da sventolare ai sorteggi e in tv. Troppo poco per uno che voleva essere grande con la Roma, scoprendo però che, se da calciatore almeno conosceva la strada, da dirigente avrebbe dovuto impararla (…).Se è vero che gli eroi muoiono tutti giovani, forse la gioventù di Francesco termina davvero solo adesso.


Totti lascia la Roma «matrigna». Mai più con Pallotta e Baldini

CORRIERE DELLA SERA - Era il 26 maggio scorso: Bruno Conti, Daniele De Rossi e Francesco Totti stretti nell'abbraccio della romanità calcistica. Ultima partita in giallorosso di DDR, ma, a pensarci, anche ultima apparizione di Totti come dirigente. Da lì in poi, una discesa a perdifiato verso l’addio che sarà sancito domani, alle 14, nel Salone d’onore del Coni. Quanto a Bruno Conti, ha il contratto in scadenza... Non è bastato il lavoro diplomatico di Guido Fienga, il nuovo Ceo giallorosso che in un mese ha dovuto mettere la faccia su decisioni che hanno portato ai minimi storici l’indice di popolarità della dirigenza (…). Totti si è sentito preso in giro per l’ennesima volta, descritto come un «talent scout» buono per valutare i ragazzini e non come un vero dirigente. E anche l’offerta della carica di d.t. è stata vista come una scatola vuota, arrivata quando le decisioni sul nuovo d.s. (Petrachi) e sul nuovo allenatore (Paulo Fonseca) erano già state prese da altri senza ascoltare le sue indicazioni (…). Data e luogo scelte per l’addio sono simboliche. Il 17 giugno 2001 è stato il giorno del terzo e ultimo scudetto della Roma, conquistato all’Olimpico con il 3-1 al Parma, aperto dal gol del numero 10 all’amico Gigi Buffon. Il Salone d’onore del Coni, diciotto anni dopo, è la nuova casa al posto di Trigoria «detottizzata» (…).

Totti sarà il testimonial della parte italiana di Euro 2020, l’edizione itinerante che vedrà la partita inaugurale proprio all’Olimpico. Da escludere, per ora, un incarico con la Nazionale di Roberto Mancini, che ha già i suoi delicati equilibri. Più che probabile, invece, lo sbarco tra gli opinionisti di Sky: nessun ex calciatore «buca» lo schermo come Totti. In questo momento, però, l’unico pensiero è staccare in vacanza con la famiglia.

Fino a quando ci sarà Pallotta presidente — e Franco Baldini consigliere — Totti non rientrerà più nella Roma (…). Riletto oggi, il saluto di Francesco all’amico Daniele De Rossi diventa profetico: «Torneremo grandi insieme!». Sottinteso: quando Pallotta non ci sarà più.