La Roma è matematicamente in Europa League, ma il sogno rimane la Champions

La Roma, dopo il pareggio di ieri sera contro il Sassuolo, ha complicato ulteriolemente la propria qualificazione in Champions League. Un obiettivo ancora vivo, ma realizzabile solo se le dirette rivali perdessero.
La buona notizia però arriva da Empoli, dove i ragazzi di Andreazzoli hanno battuto il Torino. Con questa sconfitta i granata sono ufficialmente fuori dalle competizioni europee; garantendo alla Roma un posto in Europa League. Infatti anche in caso di parità di punti al termine del campionato, il Torino sarebbe in difetto rispetto alla Roma per scontri diretti.
L'unico nodo da sciogliere riguarda come entrare in Europa League: se dalla porta principale (quinto posto in classifica e quindi subito ai gironi) o se dopo i preliminari (sesto posto in classifica).
Già sicura dei gironi di Europa League la Lazio che, con la vittoria della Coppa Italia, ha tolto alla sesta classificata la possibilità dei gironi diretti di EL.
Ma nulla è ancora deciso, con una giornata da disputare e la speranza sempre viva di arrivare in Champions League.


Capello: "Ranieri farebbe bene al Celtic, magari vincendo un altro titolo"

Fabio Capello al Sunday Post ha parlato della possibilità che l'attuale tecnico giallorosso, Claudio Ranieri, possa allenare il Celtic: "Claudio è una persona eccellente e un grande uomo. Per me, è uno dei migliori allenatori in circolazione, poiché ha guidato squadre di alto livello in Italia, Francia, Inghilterra e Spagna. Claudio è al top della sua carriera e, dopo quello che ha fatto con il Leicester, può fare qualsiasi cosa, anche in Scozia. Per lui sarebbe un'altra bella sfida, e considerando la qualità del Celtic potrebbe forse vincere un altro titolo da aggiungere alla sua collezione. Sarebbe una grande opportunità per lui, molto diversa dall'Inghilterra e dagli altri grandi campionati europei. Ho sentito che Ranieri é interessato e capisco il perché. È un uomo di calcio, è molto esperto ed ha avuto successo in molti paesi. Non avrebbe alcun problema ad adattarsi al calcio scozzese, che è più fisico e meno tecnico di quello italiano e inglese. Certamente, a Glasgow dovrebbe trovare stimoli diversi. Ma per un uomo come lui, con il suo passato, sono sicuro che non sarebbe un problema. Il lavoro del Celtic è prestigioso e dovrebbe essere affidato a una persona come lui, un grande nome e un uomo che ha un grande carisma ed è molto competente. Sarò molto curioso di seguire i suoi progressi lì".


La curva della Juve omaggia Ddr: "Ciao De Rossi, prima uomo, poi calciatore".

La Curva Sud della Juventus omaggia Daniele De Rossi: infatti è comparso uno striscione per il Capitano della Roma, all'inizio del match contro l'Atalanta, con scritto "Ciao De Rossi, prima uomo, poi calciatore".


Serie A, Il Napoli travolge l'Inter, finisce 1 a 1 Juve-Atalanta, corsa Champions ancora aperta

Il match di Serie A delle 18, tra Milan e Frosinone, è terminata per 2-0 in favore dei rossoneri. Un Milan non brillante ma che, soffrendo in avvio, porta a casa i tre punti. Dopo un primo tempo povero di emozioni, la ripresa si apre subito (50') con un rigore per i ciociari; ma Ciano si fa ipnotizzare da Donnarumma che mette in corner. Sfiorato lo svantaggio il Milan si sveglia e sette minuti più tardi trova il vantaggio con Piatek. Al 60' è Suso a trovare la rete direttamente su punizione chiudendo i giochi. La squadra di Ancelotti saluta il proprio pubblico nell'ultima partita stagionale al San Paolo trionfando 4-1, doppietta di Fabian Ruiz. Nerazzurri raggiunti in classifica a quota 66 punti dall'Atalanta, che ha pareggiato 1-1 contro la Juventus allo Stadium. Milan a -1: la corsa Champions si deciderà nella prossima e ultima giornata. Termina in parità la sfida a Torino, pareggio che regala il 3° posto ai nerazzurri a 90 minuti dalla fine del campionato complice il crollo dell'Inter al San Paolo. Apre Ilicic al 33', rimedia Mandzukic nella serata dedicata alla festa bianconera. Cori, striscioni e applausi per Allegri e Barzagli, difensore omaggiato con una standing ovation durante la sostituzione. Presenti allo Stadium Buffon e Ramsey, CR7 premiato come miglior giocatore della stagione dalla Lega Serie A

  • Udinese-SPAL 3-2 (6' Samir, 31' e 35' Okaka, 53' Petagna, 59' Valoti)
  • Genoa-Cagliari 1-1 (40' Pavoletti, 89' rig. Criscito)
  • Sassuolo-Roma 0-0
  • Chievo-Sampdoria 0-0
  • Empoli-Torino 4-1 (27' Acquah, 56' Iago Falque, 65' Brighi, 70' Di Lorenzo, 89' Caputo)
  • Parma-Fiorentina 1-0 (80' aut. Gerson)
  • Milan-Frosinone 2-0 (57' Piatek, 66' Suso)
  • Juventus-Atalanta 1-1 (33' Ilicic, 80' Mandzukic)
  • Napoli-Inter 4-1 (16' Zielinski, 61' Mertens, 71', 79' Fabian Ruiz, 81' rig. Icardi)

 


C’era una volta la Roma

INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Termina a Reggio Emilia, con lo 0-0 contro il Sassuolo di Roberto De Zerbi, la corsa Champions della Roma allenata da mister Ranieri. Un pareggio a reti bianche che è parso assurgere a simbolo di questa disastrosa stagione a tinte giallorosse, con tante occasioni fallite e una rete annullata per fuorigioco a Federico Fazio proprio allo scadere.

Incredibile ma vero, il misero punto con cui si torna dal Mapei Stadium sembra attualmente essere l’ultimo dei problemi per la società capitolina.

La settimana che ha condotto alla sfida contro i nero-verdi è stata caratterizzata dall’ufficializzazione del ‘no’ al rinnovo del contratto di Daniele De Rossi da parte dei vertici del club e poi dalle feroci contestazioni dei tifosi in merito a tale decisione.

Prima che ricostruire la squadra, un compito che sarà con ogni probabilità affidato al duo Petrachi-Gasperini, è necessario tentare di capire come si sia arrivati alla distruzione dell’ambiente Roma in ‘soltanto’ otto anni di gestione americana.

E dire che il primo obiettivo dichiarato dalla proprietà ‘made in Usa’ era stato proprio quello di riavvicinare squadra e tifoseria, dopo gli anni di proteste nei confronti della precedente gestione, affidata a Rosella Sensi.

In principio, ad esempio, l’allora presidente Tom Di Benedetto e il suo entourage scelsero di ridurre drasticamente il costo dei biglietti per assistere alle partite interne della compagine della stagione 2011/2012 affidata a Luis Enrique. Una mossa apprezzata quasi unanimemente dal pubblico di fede giallorossa, che riempì l’Olimpico sin dal debutto contro il Cagliari ed accolse la sconfitta contro i sardi per 2-1 addirittura con applausi scroscianti per l’idea di gioco che era comunque emersa sul manto erboso.

La campagna acquisti dell’estate del 2011, inoltre, fu assai difficoltosa per Walter Sabatini, appena insidiatosi come ds a Trigoria, mentre la società viveva ancora una fase transitoria prima del definitivo closing tra Unicredit e il consorzio statunitense.

Nonostante le firme arrivate unicamente sul finire del mese di agosto, con i giallorossi impegnati nella trasferta inerente al preliminare di Europa League contro lo Slovan Bratislava, Di Benedetto & co. decisero di presentarsi al pubblico romano con investimenti importanti, quali il portiere Stekelenburg, il centrale difensivo Kjaer, Il giovane talento del Lione Pjanic, gli argentini Gago, Lamela e Osvaldo, il promettente ex Barcellona Bojan Krkic. Molte di queste trattative furono concluse proprio al limite della scadenza del calciomercato, quasi a voler indicare: “La nuova proprietà c’è”.

Andò male. Luis Enrique fu poi definito da chi nella Roma ancora comanda (seppur nell’ombra), dando direttive talvolta da Londra e in altri casi dal Sudafrica, un “magnifico errore”. Per porre rimedio a tale sbaglio, si puntò sul cavallo di ritorno Zdenek Zeman.

Nessuna cessione eccellente, però, nessuno stravolgimento: la rosa della squadra capitolina rimase sostanzialmente intatta e venne anzi puntellata dall’arrivo di Mattia Destro, ritenuto uno dei grandi colpi di quell’estate di mercato, del terzino sinistro Federico Balzaretti, risultato tra i migliori con la maglia dell’Italia di Prandelli nell’Europeo appena svoltosi, del centrale di centrocampo americano Michael Bradley, tra i migliori della precedente Serie A per rendimento, dei difensori brasiliani Castan e Marquinhos e dal ritorno del promettente Alessandro Florenzi, reduce da una stagione pazzesca in Serie B con il Crotone.

Ancora una volta, il messaggio pareva chiaro: “La Roma c’è e non lascia, raddoppia”.

Finì ancora peggio dell’annata precedente, con il 26 maggio e tutto ciò che sappiamo. In quel momento, si presentò la prima, vera frattura importante tra nuova gestione americana e tifoseria: impossibile, d’altronde, far passare sotto silenzio la sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio, per giunta dopo due anni sportivamente disastrosi.

Ecco, allora, il cambio di strategia: tante plusvalenze effettuate con cessioni eccellenti (Marquinhos, Lamela, Osvaldo) e parte dei soldi reinvestiti in calciatori soprattutto giovani, magari da poter rivendere per generare nuove plusvalenze. Un metodo del genere, però, può avere successo unicamente se non si sbaglia alcuna mossa, come avrebbero dimostrato gli anni a venire.

Grandiosa annata nella stagione 2013/2014 (con il colpo a effetto di Nainggolan subito dopo la cocente sconfitta in casa della Juventus, una mossa veramente da grande società), faticoso secondo posto raggiunto nel 2014/2015 (caratterizzato dalle polemiche per la cessione del beniamino della tifoseria Mehdi Benatia), poi quello che a oggi pare essere stato il vero all-in della presidenza Pallotta: l’estate del 2015.

Rudi Garcia traballa sulla panchina giallorossa, soprattutto dopo aver apertamente criticato la società perché “bisogna dire come stanno le cose davvero ai tifosi. Qui si deve vendere prima di comprare e così il gap con la Juve non lo si riduce”; tuttavia, la Roma conferma il francese e rilancia. Vengono ceduti Romagnoli e Bertolacci, di ritorno dai rispettivi prestiti con Sampdoria e Genoa (di fatto due calciatori che mai avevano fatto parte della rosa giallorossa), ma arrivano il terzino sinistro Digne, il portiere polacco Szczesny, il centrale difensivo Rudiger, l’esterno offensivo Iago Falque e soprattutto i due ‘botti’: ‘Momo’ Salah ed Edin Dzeko.

Il tifo romanista si infiamma e in massa si sposta a Fiumicino per accogliere i due campioni. Purtroppo, qualcosa si è ormai rotto tra Garcia e la squadra, così la Roma naviga in acque sempre poco calme fino a gennaio, quando Pallotta decide di esonerare l’ex Lille per aver criticato i preparatori atletici imposti dalla presidenza durante la precedente estate al termine del pareggio per 1-1 contro il Milan.

Torna Spalletti e con lui una grande Roma. Il toscano riesce nel miracolo di portare i giallorossi al terzo posto a fine campionato, sfiorando addirittura una seconda piazza che avrebbe voluto dire Champions League diretta. Diviene opinione comune il fatto che basterebbe mantenere intatta la rosa messa a disposizione del mister di Certaldo dal precedente gennaio per continuare a divertirsi e magari portare finalmente un trofeo a casa.

Non sarà così, poiché alla fine Miralem Pjanic saluta la Capitale per approdare alla Juventus. Spalletti resta spiazzato e con lui la squadra, che perde i preliminari di Champions League contro il Porto e ‘retrocede’ in Europa League. L’annata è comunque stratosferica: 87 punti in campionato, che significano nuovo record nella storia giallorossa.

Tuttavia, quella 2016/2017 passa alla storia soprattutto come l’ultima stagione da calciatore di Francesco Totti, trascorsa tra mille polemiche e soprattutto con la netta sensazione che la società non sappia come gestire una patata tanto bollente; deve arrivare in fretta e furia un nuovo direttore sportivo dalla Spagna, Monchi, per annunciare chiaramente a mezzo stampa che la Roma non ha intenzione di rinnovare il contratto come calciatore al capitano di Porta Metronia.

Come se non bastasse il dolore per la perdita del numero dieci più grande della storia romanista, durante l’estate del 2017 la società pensa bene di salutare altri ‘pezzi da novanta’: partono Salah, Rudiger, Paredes e in gennaio pure Emerson Palmieri (con Dzeko in bilico fino all’ultimo sempre nel corso della sessione invernale).

Per fortuna, però, i risultati arrivano. I giallorossi finiscono terzi in campionato e a un passo dalla Finale di Champions League, dopo la storica notte vissuta contro il Barcellona del marziano Messi.

Soprattutto, tuttavia, grazie alle splendide nottate di Champions, l’elemento più importante ritrovato pare essere l’unione viscerale, l’empatia fortissima tra pubblico e squadra. Una compagine in grado di raggiungere certi risultati andrebbe solo puntellata e invece no: via all’ennesima rivoluzione.

Addio a Alisson, Radja Nainggolan e Kevin Strootman (quest’ultimo, peraltro, ceduto quando il mercato in entrata è ormai chiuso e quindi senza possibilità di essere sostituito).

Si tratta dell’inizio della fine.

La disastrosa stagione che per fortuna sta per concludersi è soltanto il naturale risultato di quanto combinato in precedenza.

Più della sciagura sportiva, però, il vero problema oggi è la distanza siderale tra la Roma e i suoi tifosi.

Un elemento che un tempo era il tratto distintivo di questi meravigliosi colori e della sua gente.

C’era una volta la Roma.


Baldini, l'uomo nell'ombra

INSIDEROMA.COM – SARA BENEDETTI - Franco Baldini non ha perso il gusto per la battuta, infatti quando gli è stato riferito che in un ponte di Londra era stato esposto qualche notte fa uno striscione contro di lui, ha commentato: «Sarà successo sicuramente al Blackfriars». Sotto al bridge dei Frati Neri, fu trovato impiccato il 18 giugno 1982 il banchiere Roberto Calvi, figura chiave del crac del Banco Ambrosiano. Immagine lugubre, ma lo striscione ha invece come sottofondo le luci del Tower Bridge.

UN ALTRO "RECORD" - In una stagione negativa, con l’esonero di Eusebio Di Francesco, le possibilità di qualificazione in Champions ridotte al lumicino, il derby di ritorno perso 3-0, le dimissioni dell’ex direttore sportivo Monchi e l’addio di Daniele De Rossi, la Roma ha centrato il record di essere la prima squadra ad essere contestata all’estero: lo striscione contro Baldini apre una nuova frontiera. Non c’è una firma, ma un nome: Roma. A Londra esiste un club, i Lupi di Londra, che si è limitato a riprodurre sulla pagina Facebook lo striscione contro il dirigente toscano sotto la scritta «Mai un’azienda».

REGNA IL SILENZO - Baldini non vuole parlare. Da tempo ha scelto la strada del silenzio, anzi dell’oblio, più precisamente dal lontano 5 giugno 2013, quando si dimise dal ruolo di amministratore delegato della Roma. In questi sei anni, zero interviste. Il dirigente toscano ha lavorato al Tottenham fino alla primavera del 2016 ed è poi rientrato nell’orbita della Roma nell’estate 2016, come consulente del presidente Pallotta. Neppure lo striscione londinese spinge Baldini ad aprire bocca. E’ convinto che sia questa la scelta migliore per il bene della causa. Ci sarebbero da spiegare diverse cose sulla vicenda De Rossi, ma il rifiuto, nonostante le sollecitazioni, è totale. Chi ha deciso di non confermare il capitano della Roma? Perché dopo 18 anni di maglia giallorossa il presidente Pallotta o lo stesso Baldini non si sono assunti la responsabilità di comunicare in prima persona le decisioni dell’azienda Roma, al calciatore? Baldini è convinto che la linea seguita sia stata corretta e che rientri nelle prerogative di un club fare scelte scomode, anche con i «totem». Lo sostiene in privato, ma non vuole dirlo in pubblico.


Capitano in panchina, contro il Sassuolo servono punti e testa

GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - Sono arrivati a Reggio Emilia poco prima dell’ora di cena, con i volti stanchi, a tradire la fatica di giorni difficili. Claudio Ranieri ha chiesto ai giocatori di provare a mettere da parte tutto quello che è accaduto (e accadrà) per pensare alla partita contro il Sassuolo, ma è il primo a sapere che non sarà facile. Ecco perché alcune delle scelte di formazione saranno dettate - anche, se non soprattutto - dalla testa dei calciatori. A centrocampo, infatti, dovrebbero giocare dall’inizio Nzonzi e Cristante, certamente più liberi mentalmente rispetto a capitan De Rossi, provato più di tutti, come è logico. In attacco, dietro a Dzeko (con Kolarov e Florenzi uno dei più nervosi e delusi) dovrebbero esserci il capocannoniere della squadra, El Shaarawy, Ünder, entrato benissimo contro la Juventus, e Zaniolo, che sembra aver smaltito l‘affaticamento al polpaccio.

Dubbio in difesa

Ieri ha pubblicato una foto su Instagram dal treno insieme ad alcuni membri dello staff tecnico: i sorrisi c’erano, così come la sensazione che fossero molto di facciata perché, per tutta la Roma, i 90’ di questa sera saranno particolari. Toccherà ai più esperti prendere per mano i compagni: Mirante quindi, in porta, Fazio in difesa, insieme ad uno tra Jesus e Marcano, con il brasiliano favorito. Manolas è rimasto a Roma per un fastidio alla caviglia e non è detto che recuperi per l’ultima contro il Parma. E’ invece disponibile Pellegrini, non al meglio e quindi pronto ad entrare solo a gara in corsa. La Roma dovrebbe giocare col 4-2-3-1, alternato nella rifinitura al 4-3-3. Dettagli, in fondo: Ranieri sa che oggi conterà molto più la testa che il modulo.


I tifosi sotto la sede: Pallotta nel mirino

GAZZETTA DELLO SPORT - PUGLIESE - Due ore o giù di lì. Tra cori, striscioni, fumogeni e bandiere. Con un unico comun denominatore, manifestare il proprio dissenso in maniera netta nei confronti della dirigenza della Roma. Una contestazione organizzata giovedì pomeriggio dalla parte calda della tifoseria giallorossa, sulla scia della vicenda-De Rossi, e che ha portato sotto la nuova sede della Roma (in zona Eur) circa un migliaio di persone, forse qualcosa in più. Una manifestazione che è scivolata via senza alcun problema di ordine pubblico, forte nei contenuti ma corretta nella forma. Nonostante la Roma abbia giustamente allertato la polizia, presente in stato anti-sommossa. Ma non c’è mai stato bisogno di intervenire,con i tifosi che hanno fatto presente a chiare note come la pensino. Con un piccolo errore nel timing, perché a quell’ora i dirigenti della Roma erano già in viaggio per la stazione Termini, dove poco dopo sarebbero partiti alla volta di Reggio Emilia.

La rabbia

La contestazione è iniziata verso le ore 15 e, appunto, è andata avanti per quasi due ore. Presi di mira dagli ultrà soprattutto il presidente James Pallotta e il vicepresidente esecutivo Mauro Baldissoni, invitati entrambi a lasciare immediatamente la guida della società. Ma tanti cori di scherno (eufemismo, ndr) sono stati dedicati anche a Franco Baldini (consulente personale di Pallotta) e un paio a Guido Fienga, nuovo Ceo giallorosso. Insomma, ci è andata di mezzo un po’ tutta la dirigenza, i tifosi non hanno risparmiato nessuno in tal senso. Alternando i cori «contro» a slogan di amore e affetto per Daniele De Rossi. Perché la rabbia della tifoseria romanista è esplosa proprio sulla scia della comunicazione del mancato rinnovo del contratto al capitano giallorosso. Forse più per la forma che per la sostanza, anche se per qualcuno restano valide entrambi. Poi alcuni striscioni, tra cui i primi «Pallotta-Roma mai stati uniti», «DDR è la Roma», «Le bandiere non si ammainano, si difendono e si onorano. Dirigenza di cialtroni senza rispetto», «L’As Roma appartiene a noi», «Stemma, barriere e simboli di Roma. La vostra azienda deve finire ora» e «L’As Roma è la nostra leggenda... solo gli indegni la chiamano azienda».

Lo stadio

E tra i vari striscioni ce n’era uno fisso, proprio con lo sguardo rivolto alle finestre della sede: «No allo stadio», accompagnato spesso da cori contrari alla costruzione del nuovo impianto di Tor di Valle. Questo perché nella tifoseria romanista si è oramai consolidata l’idea che Pallotta sia a Roma solo per un interesse economico legato proprio al nuovo stadio. E, quindi, viene da sé l’equazione no stadio-no Pallotta. Come dire, è un modo per mandare via il presidente il prima possibile, anche se forse – in caso – è vero soprattutto il contrario. E, cioè, che se Pallotta un giorno deciderà davvero di vendere la Roma è più facile che succeda con l’okay in mano per lo stadio che non senza.

L’amico

In tutto questo, tra l’altro, ieri ha parlato anche Aleksandar Kolarov, uno dei più vicini a Daniele De Rossi nell’attuale organico giallorosso. E il terzino serbo per l’amico ha riservato solo dolci parole. A tratti anche molto intense: «Io ho vissuto tante cose nella mia carriera, ma uno così legato alla sua squadra come lui non l’ho mai visto. Daniele sperava di finire la sua carriera qui a Roma, questo lo sanno tutti. Poi è andata come è andata, la società ha deciso in modo diverso. Ma credo che tra 3-4 mesi, quando inizierà l’anno nuovo, un po’ tutti si renderanno conto di ciò che è ed è stato Daniele De Rossi per la Roma». Intanto, però, oggi c’è da battere il Sassuolo...


Roma, futuro avvelenato

MESSAGGERO - TRANI - Il futuro della Roma si scrive nella Capitale e, al momento, si legge a Reggio Emilia. Ma la piega presa è la peggiore, dentro la società e in campo: in 2000, davanti alla sede di via Tolstoj all'Eur, urlano la loro rabbia e chiedono a Pallotta e il suo management di andar via; in 24 (i 23 convocati e Ranieri), stasera allo stadio Mapei contro il Sassuolo, cercano il successo per restare in corsa per la zona Champions e sono però consapevoli che nemmeno l'en plein nelle ultime 2 partite (il 26 maggio la chiusura all'Olimpico contro il Parma) li mette al riparo dai fastidiosi preliminari di Europa League. Se il presente, dunque, è avvelenato, il domani è indecifrabile e, di conseguenza, al buio.

NESSUNA MEDIAZIONE - La tifoseria giallorossa, quindi, toglie definitivamente la fiducia alla proprietà Usa. Al presidente e a chi lo rappresenta, qui e soprattutto a Londra. Basta con Pallotta, Baldissoni, Fienga e Baldini: è l'input della piazza dopo il mancato rinnovo a De Rossi. Ma la contestazione della gente, pur di forte impatto mediatico, non fa cambiare idea a chi governa la società dall'America e dall'Inghilterra. Gli striscioni e i cori, rimbalzati nel pianeta via Internet, sono agli atti proprio come le decisioni e i programmi. Nessuna modifica in vista, ascoltando la protesta che non è solo degli ultrà. «Non si torna indietro, alla Roma gestita, fino a qualche anno fa, come fosse un bar» la sintesi del pensiero di chi suggerisce ogni strategia dalla City. E che il presidente gira ai suoi dipendenti italiani. Presto a Trigoria si presenterà l'8° allenatore dell'era statunitense (iniziata nel 2011): il candidato con più chance resta Gasperini, anche perché somiglia a Conte che ha, invece, scansato il progetto giallorosso. Va bene a Pallotta, al management romano e al nuovo ds Petrachi. Pure al presidente-ombra Baldini che, però, insiste per Sarri, tentando il ribaltone last minute.

ROSA AZZERATA - Ma, a prescindere dal prossimo tecnico, la Roma ripartirà da zero. Via i senatori. De Rossi è stato solo il prologo. L'addio è scontato pure per Kolarov e Dzeko. Da verificare alcune posizioni dopo aver interpellato Gasperini o chi per lui: Fazio, Nzonzi, Pastore, Perotti, Santon e Olsen. La società giallorossa considera i big logori, fisicamente e mentalmente. Si volta, dunque, pagina. Largo ai giovani. Quelli che sono già a Trigoria e gli altri che arriveranno. Ma il piano è senza rete: le clausole di Manolas (36 milioni) e Pellegrini (30 milioni) mettono a rischio i titolari della squadra che verrà. E chissà se Zaniolo ed El Shaarawy, in attesa di rinnovare i rispettivi contratti, insisteranno per restare.

TRASFERTA INSIDIOSA - Il penultimo match di campionato, intanto, passa in secondo piano, anche se la Roma è chiamata a risalire la classifica: contro il Sassuolo entra in campo al 6° posto. Disorientati i giocatori arrivati ieri sera a Reggio Emilia. Con loro, Baldissoni. Non Totti che, rientrato nella Capitale, rinuncia al viaggio: impegno personale (versione ufficiale). Ranieri, perso Manolas (distorsione alla caviglia) e recuperato Pellegrini, vorrebbe salvaguardare De Rossi, psicologicamente provato, e preservarlo per la partita contro il Parma. Pastore insidia Zaniolo, ma solo se il sistema di gioco sarà il 4-2-3-1. Possibile la conferma per il centrocampo e l'attacco decisivi nel finale contro la Juve: nel 4-3-3 spazio a Cristante, Nzonzi e Zaniolo dietro al tridente con Under (in ballottaggio con Kluivert), Dzeko ed El Shaarawy.


Duemila tifosi inferociti sotto la sede. Cori contro Pallotta, Baldissoni e Baldini

MESSAGGERO - Sono bastate meno di 24 ore per radunare circa 2000 tifosi in piazza Guglielmo Marconi all’Eur sotto la sede amministrativa della Roma. L’obiettivo era contestare pacificamente l’operato della società per il mancato rinnovo di contratto di Daniele De Rossi, simbolo di un’intera tifoseria. L’appello ha avuto successo, anche se all’interno dell’edificio non c’erano dirigenti perché in partenza per Reggio Emilia con la squadra, solo Fienga era a Roma ma impegnato in appuntamenti di lavoro. Poco prima delle 15 i capi ultras hanno distribuito delle locandine con impressa l’immagine di De Rossi (la stessa che si trova su un murale a Ostia) con la scritta «le leggende non si toccano». Al grido “Pallotta vendi la Roma” sono cominciate le rimostranze che non hanno risparmiato nessuno: il vicepresidente esecutivo Baldissoni, l’ad Fienga e il consulente Baldini. Qualche dipendente del club si è affacciato dal balcone al secondo piano della sede filmando con una telecamera, ma dopo poco è stato fatto rientrare per evitare di surriscaldare gli animi dei tifosi.

DELUSIONE VIRALE -  La protesta è poi proseguita pacificamente davanti agli occhi di polizia in assetto antisommossa e personale della Digos, non sono state esplose bombe carta o petardi ma è stato accesso solo qualche fumogeno. Decine di giornalisti, cameraman e fotografi sono stati liberi di riprendere la contestazione diventata virale sui social. E probabilmente era questo l’intento: diffondere il messaggio il più possibile per convincere l’attuale management a passare la mano. Messaggi già lanciati nella notte con altri striscioni, e nelle varia città del mondo, vedi Londra e Sidney. Il primo striscione esposto dai tifosi all’Eur recitava «Le bandiere non si ammainano. Si difendono e si onorano. Dirigenza di cialtroni senza rispetto», lungo circa 20 metri e sorretto da più di 50 persone. Il termine azienda, utilizzato più volte da Fienga, per definire la Roma, non è stato digerito da chi ritiene il club molto di più una fredda impresa «L’AS Roma è la nostra leggenda. Solo gli indegni la chiamano azienda», è il testo del secondo striscione esposto in cima a una scalinata. Dietro enormi bandiere e decine di persone con la maglia del numero 16. Il terzo messaggio recapitato al club riguarda il progetto del nuovo impianto su cui sta lavorando Pallotta «No al nuovo stadio» è lo striscione che è stato esposto fino alla fine della contestazione durata un’ora e 45 minuti. Poi ancora «L’AS Roma appartiene a noi», «Stemma, barriere e simboli di Roma. La vostra azienda deve finire ora». Messaggi forti, che magari resteranno inascoltati. Forse.


Il fallimento è senza fine

MESSAGGERO - LIGUORI - Questa rubrica, per il nome e la storia che porta, non può proseguire indifferente tra le macerie della Roma giallorossa. Con l’uscita di De Rossi – e ancora una volta è agghiacciante il modo – la gestione Pallotta-Baldini tocca un nuovo vertice di vergogna. Naturalmente, assumo personalmente l’intera responsabilità di quello che penso e scrivo: Il Messaggero porta soltanto l’onere di ospitarmi con gentilezza e spirito di libertà. È del tutto inutile parlare della partita di stasera dopo un bombardamento che la Roma subisce ormai da tempo con la gestione Pallotta, soprattutto dopo che è stata ridimensionata la cubatura monstre del primo progetto. È superfluo anche sprecare parole per ricordare la statura di De Rossi. I romani e romanisti non hanno più casa a Trigoria. Da quando c’è questa nuova gestione la Roma non vince più nulla, siamo tornati drammaticamente nei periodi più bui. Chi pensa di portarci Pallotta nel nuovo stadio, tifosi stranieri? L’unico vantaggio è che la storia recente ci ha permesso di valutare meglio le persone: avete chiara la differenza tra Ranieri e Spalletti? Claudio ci è piaciuto subito, questa settimana si è confermato. Se Pallotta tace, Baldini sussurra: su di lui non ci sentiamo di aggiungere nulla allo striscione esposto a Londra, rude ma efficace.


In 2.000 contro Pallotta: “No al nuovo stadio”. E Gasperini è a un passo

REPUBBLICA - FERRAZZA - Auspicava una Roma che diventasse internazionale, varcando i confini italiani, e in un certo senso c’è riuscito. La contestazione scatenata dal mancato rinnovo del contratto a De Rossi è arrivata fino a New York, passando per Londra e coinvolgendo Sidneysotto forma di striscioni d’insulto al presidente giallorosso esposti dai tifosi locali. E ieri si sono ritrovati in duemila davanti alla sede amministrativa all’Eur del club, richiamati dal comunicato diffuso dai gruppi della Curva Sud, per protestare, duramente, contro la società. “Le bandiere non si ammainano. Si difendono e si onorano. Dirigenza di cialtroni senza rispetto”, la lunghissima scritta a spiegare il perché della manifestazione. “L’as Roma appartiene a noi”, e ancora “No al nuovo stadio”, la presa di posizione che più ferisce Pallotta, immerso da sei anni nella battaglia per la costruzione dell’impianto a Tor di Valle. E che proprio ai tifosi aveva chiesto aiuto per sollecitare le istituzioni. Il dissenso è invece totale. “Pallotta- Roma ma stati uniti”, più tantissimi cori – molti non riferibili – contro il numero uno di Boston, Baldini e Baldissoni. Nessuno di loro presente in quei momenti di contestazione in sede. Baldissoni era infatti sul treno con la squadra in partenza per Reggio Emilia. Già, perché stasera la Roma giocherà contro il Sassuolo (ore 20,30, diretta Dazn) la sua penultima gara di una stagione devastante, che potrebbe concludersi con i preliminari di Europa League. E chissà se davvero interessi a qualcuno impiccarsi la preparazione estiva – tournée americana compresa – per cominciare a giocare il 25 luglio. La testa dei tifosi è tutta alla sfida col Parma, l’ultima di De Rossi (anche lì proseguirà la contestazione), mentre quella dei giocatori a un “fuggi fuggi” che la vicenda di Daniele sta generando. «Presto tutti si renderanno conto di cosa è ed è stato lui per la Roma», dichiara a Dazn con disappunto Kolarov. «Non ho mai visto un giocatore così legato alla sua squadra. Sperava di finire la sua carriera qui, poi la società ha deciso in modo diverso», conclude il terzino, uno dei più arrabbiati per questa vicenda. Manolas non è partito con i compagni perché ha riportato una distorsione alla caviglia in allenamento, mentre c’è e dovrebbe giocare, De Rossi. Il futuro racconta di un Gasperini pronto a sedere sulla panchina giallorossa (triennale a 2 milioni a stagione), con l’annuncio che dovrebbe arrivare dopo l’ultima contro il Parma. Il tempo di lasciare l’Atalanta, con la quale ha ormai un legame affettivo, e di trovare l’accordo definitivo con i giallorossi. E poi comincerà a lavorare con quello che sarà il nuovo ds, Petrachi, cercando di capire cosa salvare e da quale giocatore ripartire. Consapevole che non sarà un’estate semplice, vista la netta rottura tra tifoseria e proprietà. Senza De Rossi e, chissà, forse anche senza Totti, che sta seriamente pensando di allontanarsi anche lui da Trigoria, subito dopo l’ultimo saluto dell’Olimpico da giocatore al numero 16. La piazza lo sta pressando per arrivare a questa decisione, lui è pieno di dubbi che verranno risolti al termine del campionato. Qualsiasi sarà la sua decisione, la spiegherà al popolo giallorosso.