Il patto del calcio: una partita in Cina e l'export del Var

MESSAGGERO - BERNARDINI - Anche il calcio italiano prova a prendere la Via della Seta. «Gare ufficiali» da disputare in Cina entro i prossimi tre anni, il progetto Var da avviare a beneficio degli arbitri locali e la diffusione delle partite del nostro campionato nello sterminato mercato cinematografico cinese. Questi i punti base dello storico incontro che si terrà domani all'ora di pranzo a Roma, nella sede della Federcalcio in via Allegri, tra il governo della Cina, che sarà rappresentato dal vice ministro della Comunicazione, Shen Haixiong, i vertici della Federazione italiana il presidente Gabriele Gravina e il suo vice Cosimo Sibilia e quelli della Lega calcio di serie A, il numero uno Gaetano Micciché e l'ad Luigi De Siervo. L'idea è quella di promuovere anche il calcio italiano in Cina, durante la visita di stato del presidente Xi Jinping che serve e cementare i legami economici e culturali tra i due Paesi.

Una collaborazione a 360 gradi con l'idea di organizzare incontri con aziende per favorire eventuali ingressi nei capitali delle squadre italiane. In Italia un grande club come l'Inter è controllato al 100% dal gruppo cinese Suning Holdings Group. I dirigenti della Lega di A e della Figc sono in trattative con quelli di China Media Group, la principale emittente statale cinese. Si parla di un'audience di oltre 1,5 miliardi di spettatori.

LO STOP DI INFANTINO - La lettera di intenti, che sarà discussa domani nell'incontro in Figc con la delegazione di Pechino, parla di «organizzare, nei prossimi 3 anni, una partita ufficiale in Cina». Nessuna specifica sul tipo di gare che potranno essere disputate. Attualmente le ipotesi più percorribili sono: la finale di Supercoppa italiana, già quattro edizioni sono state organizzate in Cina, tre a Pechino e una a Shanghai, una sfida di coppa Italia, ma non la finale, oppure amichevoli della Nazionale italiana, maschile e femminile. Niente partite di serie A, dunque. Idea che a diversi non dispiacerebbe, in passato si era parlato di disputare all'estero la prima giornata, ma che incontra la ferma opposizione della Fifa.
Da sempre contraria a questo tipo di iniziative. Per il presidente Gianni Infantino «le partite ufficiali delle leghe devono essere disputate all'interno del territorio delle rispettive associazioni». In passato la Liga spagnola ha dovuto abortire l'idea di tenere una gara di campionato negli Stati Uniti. Discorso simile l'aveva proposto la Premier League inglese nel 2008, ma l'ipotesi è stata accantonata di fronte alle feroci critiche di tifosi politici e media. Detto questo per ora, siamo alla fase ancora embrionale della progettazione ma serie A e Figc decise ad esplorare iniziative che facciano crescere il pubblico internazionale e aprano nuove vie per gli investimenti dall'estero. La Cina ha già speso 2,5 miliardi di dollari nel calcio europeo.
La Figc ha proposto perciò «assistenza e organizzazione di incontri con i club della serie A per le aziende cinesi che intendano proporre prodotti o soluzioni tecniche alle nostre squadre», e un servizio di «consulenza alle aziende desiderose di valutare sponsorizzazioni, ma anche acquisizioni e finanziamento di nostri club». Si disquisirà anche di Var: la bozza da accordo parla di «assistenza e supporto allo sviluppo della tecnologia a supporto dei direttori di gara cinesi». Infine i mondiali. Appassionato di calcio, il presidente Xi Jinping ha in mente un piano ad ampio raggio per trasformare la Cina in una potenza calcistica. L'obiettivo del governo cinese è ottenere i Mondiali del 2026 o del 2030 e la partnership con una nazione calcisticamente importante come l'Italia è vista da Pechino come un fattore chiave.


«Niente aula, va in giunta». Così De Vito aggirava l'ala dura del Movimento

MESSAGGERO - ERRANTE - Marcello De Vito sapeva come procedere per assicurarsi l'approvazione dei progetti che gli stavano a cuore, quelli dei suoi clienti. E quando il via libera dell'Assemblea capitolina era a rischio, per le posizioni dell'ala più intransigente del Movimento Cinquestelle, riusciva a bypassarla, orientando la giunta e garantendo un voto favorevole. Così, per il gip Maria Paola Tomaselli, che tre giorni fa ha arrestato il politico, sarebbe accaduto a settembre 2017 per il via libera al progetto Mercati generali dei fratelli Toti, che hanno pagato una parcella di 110mila euro all'avvocato Camillo Mezzacapo, sorprendendosi che l'approvazione non fosse passata dall'aula. Una parte di quei soldi sono finiti nella Mdl, la «cassaforte - scrive il gip - nella quale occultare gli illeciti profitti della corruzione».

L'INFLUENZA - L'ex presidente del Consiglio comunale sarebbe riuscito ad esercitare la sua influenza sull'assessore all'Urbanistica Luca Montuori attraverso i rapporti con l'allora capogruppo del Movimento Cinquestelle, Paolo Ferrara, e grazie all'intervento dell'ex sindaco ombra, Luca Lanzalone, ormai a processo per corruzione. Gabriella Raggi, la caposegreteria dell'assessore, indagata e perquisita tre giorni fa, è stata interrogata a lungo ieri dai pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, che hanno convocato in procura, come testimoni, anche Donatella Iorio, presidente della Commissione Urbanistica e Alessandra Agnello presidente della Commissione Lavori Pubblici. L'attività di De Vito sarebbe andata avanti fino alla vigilia degli arresti, per nulla scoraggiata dalla bufera dell'inchiesta Parnasi: il 12 febbraio, l'oramai ex presidente del consiglio comunale incontrava Giovanni Naccarato, nominato amministratore di Eurnova - la società di Parnasi che avrebbe dovuto realizzare lo stadio della Roma - dopo gli arresti di giugno.

BYPASSARE IL CONSIGLIO - È il 22 gennaio 2019 quando Pierluigi Toti, parlando del progetto di riqualificazione degli ex Mercati Generali, spiega come abbia ottenuto un iter inaspettato e rapido: «Abbiamo avuto un'accelerazione urbanistica tra ottobre e dicembre che non pensavo neanche io, per cui siamo arrivati», dice. Un'accelerazione dovuta - aggiunge il gip - «al mancato passaggio della pratica in Consiglio e all'adozione della decisione da parte della Giunta», dove gli equilibri erano cambiati a febbraio 2017, dopo le dimissioni del precedente assessore all'Urbanistica, Paolo Berdini, e dunque fosse più facile ottenere il via libera.

DUPLICE INTERVENTO - «L'intervento di De Vito - si legge nell'ordinanza - è stato quindi duplice: da un canto di carattere omissivo, non avendo egli rivendicato la decisione all'aula e, dall'altro, fattivo, avendo egli speso la propria influenza interloquendo con i soggetti (Lanzalone, Ferrara e Montuori) che avrebbero potuto incidere sulla situazione per indirizzare la decisione della Giunta» Sarebbe spettato al Consiglio occuparsi del progetto, visto che dall'ultima approvazione era intervenuta in commissione una significativa variante. Spiega il gip: «Vi erano forti insistenze da parte dell'ala più radicale del Movimento, che osteggiava l'approvazione dell'intervento di riqualificazione, affinché la decisione fosse nuovamente rimessa al Consiglio».

LA CASSAFORTE - La cassaforte, dove sarebbero finite le tangenti divise tra De Vito e Camillo Mezzacapo è la Mdl srl. La società dove l'avvocato raccomandato agli imprenditori dal politico metteva parte delle sue parcelle, ossia la quota destinata al presidente del Consiglio comunale. Nata nel 2016, la Mdl è controllata da due società - il cui fatturato è all'esame dei carabinieri - che fanno capo alla famiglia del legale finito in manette. L'amministratore è Sara Scarpari, segretaria di Mezzacapo. Ma nella compagine sociale compaiono anche la moglie del legale, Veronica Vecchiarelli, e la mamma, Paola Comito, finita sotto inchiesta per false fatturazioni. Il 10 per cento, invece fa capo a un commercialista, Gianluca Laconi. Indagata anche l'avvocato Virginia Vecchiarelli, cognata di Mezzacapo, utile come prestanome per non comparire in caso di consulenze sospette. Per il giudice l'esistenza della «cassaforte dà la misura della professionalità dagli indagati in tutte le fasi che caratterizzano le operazioni illecite. Dal primo contatto con gli imprenditori fino al momento percettivo dell'utilità». Così ai soci viene contestato anche l'autoriciclaggio.


Adesso Raggi teme nuovi indagati e chiede a tutti il certificato penale

MESSAGGERO - CANETTIERI, PIRAS - Il timore che non sia finita qui c'è. Anche se i vertici del M5S, da Luigi Di Maio a Beppe Grillo, serrano le fila intorno a Virginia Raggi per spronarla ad «andare avanti». La sindaca, ancora sotto choc per l'arresto del presidente del consiglio comunale Marcello De Vito, sta valutando intanto la fattibilità di una mossa dirompente: chiedere a tutti i dirigenti comunali di avanzare una richiesta alla procura (ex art. 335 del codice di procedura penale) per sapere se sono indagati. Attraverso la risposta alla richiesta si verrà a conoscenza del numero di procedimento, nome del pubblico ministero competente, data di commissione del fatto e l'articolo di legge violato, sempre che sia già in atto un procedimento nei confronti del richiedente. Una forma di autotutela, quella della grillina, per scacciare l'incubo di nuove inchieste che si potrebbero annidare tra gli uffici del Comune (23mila dipendenti). Attenzione, però. Per le ipotesi di reato più gravi, la comunicazione all'indagato potrebbe non essere possibile. Ma in queste ore, il Campidoglio cerca di vagliare tutti gli scenari per uscire dall'angolo. L'«ipotesi 335» è spuntata ieri dopo il vertice tra Raggi e il suo capo di gabinetto Stefano Castiglione.

LE SPONDE - Fin qui la reazione amministrativa, ma la situazione nel Comune della Capitale appare quanto mai complessa. Non ci sono solo l'arresto di De Vito, la spinta dei consiglieri ad «azzerare la giunta». Sul tavolo della sindaca c'è anche la posizione di Daniele Frongia: l'assessore, indagato per corruzione, si è confrontato a lungo con lei giovedì sera. Un vertice - alla presenza del braccio destro di Di Maio, Max Bugani, e della consigliera regionale Valentina Corrado come responsabile degli enti locali - con picchi di tensione. L'assessore ha chiesto alla sindaca di respingere le dimissioni («Virginia, sarà presto tutto archiviato: devi fidarti di me»), ma ha trovato davanti a sé un muro: «No, Daniele, dopo tutto quello che ho passato, non se ne parla». Sul braccio destro della pentastellata pesa anche la comunicazione «tardiva» ai vertici M5S e alla sindaca dell'indagine a suo conto. «Lo sapevi da giorni, Daniele, ma ce lo hai comunicato solo quando stava per uscire sui giornali».  Alla fine la situazione è questa: Raggi ha accettato con riserva le dimissioni dell'assessore allo Sport, ma prende tempo prima di formalizzarle in attesa degli sviluppi auspicati dai legali di Frongia. Ovvero: l'archiviazione. Al momento la pratica è congelata. Anche per evitare ulteriori scossoni. La linea del M5S è che, come spiega il vicecapogruppo alla Camera Francesco Silvestri, «non esiste un sistema-grillino». Ma in queste ore tutti si interrogano: De Vito agiva da solo o aveva sponde tra gli assessori e i consiglieri comunali? In attesa di risposte negative, non rimane che «andare avanti». Ed è proprio Di Maio a scandire la sua certezza di prima mattina, in tv. Poco dopo, in un lungo post su Facebook - rilanciato sul blog da Beppe Grillo, che così «rompe» il suo silenzio sulla vicenda - Raggi espone la sua trincea. «Non si torna al passato. Il giorno in cui sono stata eletta sapevo che il vecchio sistema che insieme al M5S sto scardinando con ogni mia forza, avrebbe opposto ogni tipo di resistenza», scrive la sindaca. Come annunciato da Il Messaggero in queste ore torna più che in bilico la costruzione dello stadio a Tor Di Valle, padre di tutte le disgrazie giudiziarie. Ma il Movimento rimane una pentola in ebollizione. Roberta Lombardi, storica nemica di Raggi e considerata la madre politica di De Vito, si difende da chi la tira in ballo per i presunti rapporti con il costruttore Luca Parnasi: «Gli dissi 4 volte no, non sono ricattabile, né in vendita: Sarò nemica di chi, anche dentro M5s, tradisce cittadini».


La squadra che pesa sul bilancio

MESSAGGERO - CARINA - C'è una Roma che piace e un'altra che gode certamente di meno appeal. Come spiegato da Ranieri, la qualificazione o meno alla Champions indirizzerà il prossimo mercato. E se tagliare il traguardo tra le prime quattro potrebbe garantire la permanenza di qualche gioiello, ora in bilico, ci sono calciatori che al di là del piazzamento finale, sembrano aver fatto il loro tempo. La situazione è più complicata di quanto possa apparire perché s'incrociano esigenze finanziare, tecniche e anagrafiche che Massara e il prossimo ds non potranno non considerare. Prendiamo ad esempio il caso di Pastore, l'emblema del flop estivo di Monchi. L'argentino, 30 anni a giugno, è stato pagato 24,6 milioni (più 1 di commissioni) e ha un contratto sino al 2023. Percepisce un ingaggio di 4 milioni (7,4 al lordo). Tradotto: a breve il valore residuo a bilancio sarà di 19,5 milioni. Domanda lecita: c'è un club nel mondo disposto a pagare questa somma ed evitare così una minusvalenza alla Roma? Improbabile. L'unica strada percorribile appare il prestito con il rischio di doversi sobbarcare gran parte dello stipendio (soprattutto se la pista River Plate venisse confermata).

DELUDENTE - C'è poi Dzeko, 33 anni, al quale il club ha già comunicato che non rinnoverà il contratto (4,5 milioni, 8,3 al lordo), in scadenza nel 2020. Edin sta vivendo una stagione deludente ma farne a meno vorrebbe dire acquistare un altro centravanti di pari livello perché Schick (5 reti in campionato in due stagioni) non ha dato le risposte che ci si attendeva. Trovare però uno che sappia fare meglio del bosniaco (85 gol in 169 presenze: media 0,50), soprattutto senza Champions, appare complicato. È il turno di Olsen, Nzonzi e Karsdorp. Il centrocampista, classe '88, è costato 27,9 milioni (più 1,5 di commissioni) e guadagna 3,1 milioni (5,7 al lordo). Se non un flop ha rappresentato una grande delusione. Come il terzino olandese (16 milioni più 3 di bonus) e il portiere (costo 9 milioni più 2,3 di commissioni). Possono avere mercato, magari con la formula del prestito con diritto di riscatto, sperando che nel nuovo club si apprezzino. E non finisce qui: perché già la scorsa estate a Trigoria provarono a trovare una sistemazione a Perotti (ingaggio di 2,7 milioni, 5,2 lordi) e Jesus (2,2 netti, 4,1 lordi) scontrandosi con il parere negativo dei diretti interessati. Discorso a parte merita Marcano: comunque vada, rappresenterà una plusvalenza.
In questo elenco, non figurano i vari Kluivert, Cristante, Coric, Bianda, Fuzato, Santon e Mirante che per costi, età e ruoli potrebbero avere un'altra chance, i rientranti Defrel e Gonalonspiù i veterani Fazio e Kolarov (spetterà al nuovo tecnico decidere). È chiaro che alla Roma sono consapevoli che cedere gran parte di questi giocatori agevolerebbe poi il mercato in entrata. Il problema è che lo sanno anche gli altri club. Pronti sì a bussare a Trigoria ma per Pellegrini, Zaniolo, El Shaarawy, Manolas e Under. 


Stadio: La Raggi resiste, Di Maio l'appoggia

GAZZETTA DELLO SPORT - PICCIONI - «Non si torna al passato», dice Virginia Raggi su Facebook. Un post rilanciato dal blog di Beppe Grillo e in perfetta sintonia con «la giunta di Roma deve andare avanti» firmato dal vicepremier Luigi Di Maio. Il vertice dei 5 Stelle fa quadrato nonostante diversi mal di pancia in giro per il movimento. Mentre si rincorrono voci su altri indagati nell’inchiesta «Congiunzione astrale». Ma la Sindaca prova l’ennesimo rilancio: «Affaristi, tangentisti, corrotti, palazzinari che da decenni hanno infettato i gangli vitali dell’amministrazione di Roma stanno provando ad adottare ogni metodo per tornare a “fare affari” anche a modo loro. A loro ho opposto le procedure di legge, i bandi di gara, i concorsi: tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione di un sindaco». Una dichiarazione che provoca la dura reazione di Roberto Morassut, ex assessore all’urbanistica della giunta Veltroni: «La Raggi dovrebbe tacere per le scelte fatte e per le persone cui ha dato responsabilità, finite nella vergogna».

VERIFICHE E RISCHI Ma non c’è solo lo scontro fuori, c’è anche un fronte dentro. La speranza della Sindaca è che l’inchiesta che ha portato in carcere il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito (peraltro suo avversario battuto alle «Comunarie» del 2016) non si allarghi. Ieri la Raggi ha riunito gli 11 mini sindaci pentastellati, ma è nel cuore degli uffici che ora scatteranno verifiche per scongiurare possibili «inquinamenti». Dal nuovo stadio della Roma agli ex Mercati generali passando per l’idea di un nuovo palazzetto a metà fra basket e polo musicale alla vecchia fiera di Roma, bisogna ripercorrere tutte le tappe dei progetti. Non è tanto il coinvolgimento del suo fedelissimo Daniele Frongia (si parla per il suo caso di un’archiviazione già martedì). Assessori saltati e minirimpasti sono stati all’ordine del giorno in questi (quasi) tre anni. Il problema è piuttosto il rischio di finire nella morsa dell’immobilismo.

SPADA DI DAMOCLE Di certo l’operazione dello stadio della Roma, che avrebbe dovuto diventare il simbolo del «fare», non potrà essere almeno per il momento una carta per recuperare il consenso perduto. Anche perché lo scenario è agitato da tutte le parti. Da una parte una possibile fronda (si parla di cinque consiglieri molto scettici) in Campidoglio (ma sulla convenzione urbanistica non si voterà tanto presto). Dall’altra anche la spada di Damocle della stessa Roma, pronta a chiedere un maxi-risarcimento nel caso saltasse tutto. Fra l’altro c’è anche un equivoco passaggio di un’intercettazione agli atti in cui l’avvocato Camillo Mezzacapo, l’altro arrestato con De Vito, dice: «Pallotta se ne deve andare...Deve capire che qua lo stadio non lo fa».

MARINO INSEGNA Ma c’è un motivo che aiuta la Raggi: il precedente di Ignazio Marino, la caduta dell’ex sindaco, per molti un «suicidio» politico del Pd che spianò la strada proprio al trionfo grillino. Sondaggi alla mano, un ribaltone ora significherebbe una sconfitta sicura per i 5 Stelle. Che probabilmente nessun piano B sarebbe in grado di evitare.


Tormenti Florenzi: infortuni, errori e nervosismo. Il futuro è incerto

GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - Un mese da dimenticare. La certezza si avrà soltanto oggi, ma la sensazione è che Alessandro Florenzi debba fermarsi, almeno, per due o tre settimane. Si teme una lesione al polpaccio sinistro, che in giornata dovrebbe essere certificata da ulteriori esami. Se non sarà oggi, sarà in ogni caso nelle prossime ore, con relativa calma, visto che fin da ora sembra impossibile immaginare Florenzi in campo contro il Napoli, tra una settimana. L’infortunio, arrivato in allenamento con l’Italia («mi dispiace lasciare i compagni», ha scritto sui social), ma evidentemente figlio di una stagione logorante, fisicamente e moralmente, chiude di fatto un marzo da dimenticare per il vice capitano della Roma: prima il fallo da rigore contro il Porto, costato carissimo a lui e ai compagni, poi l’espulsione, per doppia ammonizione, contro l’Empoli, la prima della carriera. Severa, con ogni probabilità, ma specchio di un nervosismo e di una scarsa lucidità che ha accompagnato Florenzi in queste ultime settimane.

MESI DIFFICILI Che questa sarebbe stata una stagione difficile, per Alessandro, si era capito fin dalle premesse. Il rapporto complicato con i tifosi, mai definitivamente migliorato nonostante il rinnovo di contratto annunciato quando era negli Stati Uniti in tournée, non lo ha mai fatto giocare davvero sereno, ma la cosa che più lo ha turbato, col passare del tempo, è stato un costante fastidio al ginocchio operato tra il 2016 e il 2017. Non ha mai avuto problemi seri, ma non hai mai neppure giocato libero da condizionamenti. La Roma ha provato a tutelarlo e a tenere nascosto per un po’ il dolore, poi ha ufficiosamente confermato che fisicamente Florenzi non era al massimo.

PUNTO FERMO Nonostante questo, il numero 24 non si è mai tirato indietro. Di Francesco gli ha chiesto di giocare praticamente sempre, e poi Ranieri al debutto ha fatto lo stesso, e lui ha risposto presente, tanto che è sceso in campo 31 volte in stagione. Tanto per scelta, ma anche un po’ per necessità, considerando che sulla fascia destra Karsdorp e Santon non hanno mai fornito certezze. Stesso discorso per quanto riguarda l’Italia, che da settembre l’ha visto giocare tre partite anche quando non si sentiva al 100%. Contro la Spal non c’era per squalifica, contro il Napoli sarà out per infortunio, e probabilmente anche tre giorni dopo contro la Fiorentina, la speranza della Roma è riaverlo per la trasferta di Genova contro la Sampdoria del 6 aprile.

RIFLESSIONI A fine stagione, poi, Florenzi rifletterà sul suo futuro. A 28 anni ha poca voglia di vivere un altro anno così complicato, soprattutto dal punto di vista ambientale: lui, come tutti a Trigoria, aspetta di capire chi sarà il nuovo ds e chi il nuovo allenatore, ci parlerà, e poi deciderà. Perché sulla carta sarà il nuovo capitano della Roma, quando De Rossi dirà basta, ma lui sa meglio di tutti che venendo dopo Daniele e dopo Totti chi erediterà la loro fascia dovrà essere supportato, e non sopportato, dai tifosi. Ecco perché, per la prima volta davvero negli ultimi anni, il suo futuro nella squadra di una vita è tutto da scrivere. E non è detto che il finale sia quello che ha sempre sognato, fin da quando era il capitano della Primavera.


Ritiro a Trigoria e poi gli USA, i giallorossi provano a fare bis

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Diciamolo subito: al momento non ci sono certezze, anche perché tutto dipenderà dal posizionamento finale in classifica (ovviamente, c’è una enorme differenza tra qualificarsi per la Champions oppure dover andare a fare i preliminari della Europa League). Ma la Roma in ogni caso cerca di programmare già la prossima stagione, avendo comunque una certezza: il viaggio negli Stati Uniti.

INTERNATIONAL CUP Ieri, infatti, è stato ufficializzato l’invito al club giallorosso per partecipare alla International Champions Cup, che si svolgerà appunto negli Usa. «Siamo davvero orgogliosi di rispondere all’invito dell’ICC e di tornare negli Stati Uniti – ha scritto il Ceo giallorosso, Guido Fienga –, confermando la nostra partecipazione a un torneo che negli anni ha acquisito e consolidato il suo prestigio, attestandosi su un livello di competitività e visibilità di valore assoluto». Non è un caso, infatti, che vi parteciperanno anche Juventus, Inter e Milan.

IN SEDE La tournée sarà però più breve rispetto allo scorso anno (massimo una decina di giorni contro i 17 del 2018) e sarà preceduta dal consueto ritiro, che dovrebbe svolgersi anche stavolta a Trigoria, visto che ormai il centro sportivo – per attrezzature destinate al lavoro e al recupero – non ha quasi eguali in Italia. L’ultima parola, però, spetterà anche al nuovo allenatore, che potrebbe preferire l’ipotesi di spezzare il lavoro andando anche in montagna, anche se al momento le indicazioni del club paiono differenti. Ciò che si spera, naturalmente, è che il numero di infortuni sia sensibilmente diverso rispetto a quello dell’attuale stagione.

TOTTI IN CINA Chi invece non si ferma mai è Francesco Totti, che ieri a Chengdu, in Cina, ha giocato la prima partita per la «Football Legends Cup», ricevendo un’accoglienza da vera e propria star del calcio internazionale. Nella conferenza, in cui si è detto «felice» di partecipare all’evento, sono apparse tante magliette giallorosse con il numero dieci. Tanti, poi, avevano dei cartoncini con su scritto «28 maggio», cioè il giorno in cui l’ex capitano della Roma ha dato l’addio al calcio. I «selfie», ovviamente sono stati tanti, così come le boccacce verso le telecamere. Poi c’è stata la partita, in cui l’Italia – nella cui selezione, oltre a Totti, giocavano Zambrotta, Antonini, Annoni e Fiore – ha perso contro la Francia di Vincent Candela (e tanti altri campioni) per 7-5. Ma, pur a ritmi blandi, lo spettacolo non è mancato. La «Via della Seta», in fondo, si apre anche così.


Florenzi stop: si teme la lesione

MESSAGGERO - CARINA - Claudio Ranieri perde Alessandro Florenzi in vista della partita contro il Napoli del 31 marzo. Il terzino giallorosso ha lasciato il ritiro dell‘Italia per un risentimento al polpaccio sinistro. Oggi si sottoporrà a una risonanza magnetica: si teme la lesione. Il giocatore raggiunge in infermeria Manolas, Pellegrini, De Rossi e Pastore, mentre Under sembra in via di guarigione, così come Kolarov.


Italia, tanta voglia di Euro

MESSAGGERO - TRANI - L'Italia entra in scena nelle qualificazioni per Euro 2020. Da favorita nel gruppo J, stasera affronta a Udine la Finlandia e martedì a Parma ospiterà il LiechtensteinMancini, puntando su interpreti giovani e di qualità, vuole subito dare un senso alla nuova avventura. Passano le prime 2 e quindi non dovrebbe avere problemi. La partenza (doppia) è in casa, in attesa delle trasferte di giugno in Bosnia e in Grecia. Si chiude il 18 novembre in Armenia.

MIRA DA RITROVARE - La Nazionale, dopo lo stop di 4 mesi, rimane la stessa. Soprattutto nell'impronta che già piace. Ma non è sufficiente. L'Italia crea chance, senza essere però concreta: solo 8 reti in 9 match con l'attuale ct. In 2 partite, contro i campioni d'Europa in carica del Portogallo (senza CR7, però), gli azzurri hanno addirittura fatto cilecca. E 2 gol li hanno segnati solo all'Arabia Saudita, a San Gallo e ormai 10 mesi fa, la notte del debutto di Mancini. Che, contro la Finlandia, si augura di ritrovare la precisione e la lucidità davanti alla porta avversaria. «Peccato aver perso alcuni giocatori che ci hanno ultimamente dato certezze giocando insieme. Chi li sostituirà dovrà dare il massimo e restare tranquillo». Esclusi Balotelli e Belotti e indisponibili Insigne e Chiesa, l'attacco cambia ancora: ecco il tridente con Bernardeschi, Immobile e il millennial Kean, liberi di scegliersi la posizione e la soluzione migliori. La benedizione è affettuosa e conferma quanto il ct punti sul diciannovenne di Vercelli: «Essendo giovane, non garantirà l'esperienza di Insigne. Ma ha entusiasmo, forza fisica e vede la porta. Deve solo fare quello che sa in allegria». Ma è il copione più che il singolo a rassicurarlo. Si fida di Barella, Jorginho e Verratti: «Dopo il gioco sono convinto che l'Italia ritroverà il gol. Ne segneremo da qui alla fine delle qualificazioni». Quagliarella, capocannoniere del campionato con 21 reti, è tornato in azzurro a 36 anni per aiutare il gruppo.

IMMAGINE DA RIQUALIFICARE - «Il mio debutto resta la prima partita, non lo è questa».Mancini inquadra subito il bersaglio. «L'obiettivo primario è la qualificazione all'Europeo, dopo aver comunque onorato la Nations League. Il ranking (18° posto, ndr) non ci piace. Bisogna risalire in vista del sorteggio per il mondiale. Fin qui ho cercato di riportare un po' di tranquillità e ho creduto nei nostri giovani. Dovremo poi lasciare fuori qualcuno e non sarà semplice. Ma siamo già cresciuti molto». Florenzi è tornato a Roma, al suo posto Piccini.

ISPIRAZIONE SVEDESE- Saranno più di 20 mila gli spettatori alla Dacia Arena. La gente vuole scoprire questa Nazionale. Non fa niente se la rivale è la Finlandia che, anche se scesa al 59° posto del ranking Fifa, ha comunque vinto il suo gruppo (2) della Lega C di Nations League, piazzandosi davanti all'Ungheria e alla Grecia. Dunque, promossa in B. Nel 2019 è già scesa in campo in 2 amichevoli in Qatar, vincendo contro la Svezia e perdendo contro l'Estonia, spinta proprio dalla nazionale di Kanerva 3 mesi prima in Lega D. Il 4-4-2 del ct, ex insegnate di matematica e di educazione fisica, è propositivo. Non solo il contropiede per la finalizzazione, affidata a Pukki, l'attaccante del Norwich leader in Championship. «Ci ispiriamo alla Svezia» la quasi minaccia di Kanerva, come per ricordare a Mancini il flop mondiale di Ventura nel novembre del 2017.


Stadio, lo spettro delle inchieste: un piano per evitare le penali

MESSAGGERO - MOZZETTI, ROSSI - Agire in autotutela, bloccando l'iter amministrativo dello stadio di Tor di Valle, sottolineando possibili passaggi illegittimi o viziati. La strada è tortuosa e, politicamente, difficile da percorrere. Ma da due giorni a questa parte consiglieri e dirigenti capitolini stanno cercando il modo per allontanare il rischio di dover pagare penali milionarie in caso di abbandono del progetto, dopo le ultime inchieste giudiziarie. Virginia Raggi ne ha parlato anche nel vertice di ieri, in Campidoglio, con gli undici presidenti di Municipio targati M5S. «È chiaro che qualsiasi passo indietro comporta delle conseguenze», osserva Pietro Calabrese, consigliere comunale pentastellato, in pole position per diventare nuovo presidente della commissione Mobilità dopo che sarà formalizzato il passaggio di Enrico Stefàno alla presidenza dell'aula Giulio Cesare. E le penali, appunto, sono una di queste.

LA STRATEGIA - Qualche indicazione sulla vicenda, a quanto si apprende da fonti informate, era arrivata anche nel parere dell'Avvocatura capitolina, poi secretato. Il ritiro in autotutela della delibera che riconosceva il pubblico interesse del progetto sarebbe l'unico espediente per tentare di mettere il Campidoglio al riparo da risarcimenti. Ma per fare questo bisognerebbe accompagnare il provvedimento con motivazioni a prova di ricorso. E anche fare presto: i tempi per una procedura del genere sono molto stretti e, comunque, non potrebbero andare oltre l'approvazione, da parte del consiglio comunale, del verbale conclusivo della conferenza dei servizi, propedeutica alla variante urbanistica. Cristina Grancio, capogruppo del misto, espulsa dal M5S proprio per il suo dissenso sul progetto, propone di «votare la delibera, da me proposta, che annulla la dichiarazione di interesse pubblico per lo stadio a Tor di Valle e apre un nuovo percorso che consenta di individuare rapidamente una localizzazione adeguata dell'impianto, nell'interesse comune dell'As Roma e della città».

IL DOCUMENTO - Nel caos che si è abbattuto su Palazzo Senatorio, intanto, la maggioranza dei Cinquestelle sta ragionando sulla possibilità di adottare un «disciplinare interno, ispirato alla Carta di Pisa, per definire delle regole che deve seguire un buon amministratore», spiega Calabrese. Il ragionamento è il seguente: «Se abbiamo delle regole per presentarci dice il consigliere capitolino M5S è opportuno avere anche delle regole comportamentali». Che sappiano sostanzialmente indicare l'atteggiamento opportuno da seguire e sancire delle punizioni laddove venga accertato o anche solo ipotizzato un coinvolgimento in indagini giudiziarie.

LA MAGGIORANZA - Per ora, la maggioranza è nello scompiglio. «C'è chi parla di una vicenda scioccante e maledettamente tragica» e chi con fare molto più tranchant rispolvera le parole di Giulio Andreotti: «Il potere logora chi non ce l'ha argomenta un consigliere e la vicenda ha mostrato come alcuni si siano ubriacati appena arrivati a occupare posizioni di rilievo». Sullo stadio diversi membri della maggioranza sono pronti a chiedere una revisione del progetto. Penali permettendo.


Raggi congela Frongia. Consiglieri in pressing: «Ma serve il rimpasto»

MESSAGGERO - PIRAS - Privarsi del fedelissimo non era facile. Ma Virginia Raggi ha capito che ora bisogna seguire pedissequamente il disciplinare del Movimento 5 stelle e quindi la sindaca ha accettato le dimissioni di Daniele Frongia e si è riservata di formalizzarle quando e solo se gli sviluppi giudiziari del suo assessore allo sport saranno negativi. Frongia attende infatti un'archiviazione a brevissimo. E se così sarà, i suoi legali dicono che sia questione di 48 ore, Virginia potrà riaccoglierlo in giunta. Il congelamento delle sue deleghe però apre il fronte di un rimpasto che i consiglieri di maggioranza avvertono come necessario per inaugurare un'autentica fase due, più operativa, più intransigente, più forte e pronta a reagire di fronte al minimo sospetto. Il rimpasto per voltare pagina è un'ipotesi che hanno preso in considerazione anche i vertici M5S che hanno concesso la tregua dell'autosospensione a Frongia a patto che si vada avanti in modo spedito. «Per cosa vogliamo essere ricordati?», ha domandato ai consiglieri il deputato Francesco Silvestri che è tornato a visitare il Campidoglio con regolarità. «Un rimpasto serve», gli fanno eco i consiglieri che non vedono tradotti in atti concreti i loro impulsi politici. Per ammansirli serve che quella richiesta di archiviazione di Frongia arrivi in tempi rapidi «o si galleggerà in attesa della Procura», riferisce una fonte autorevole vicina a Davide Casaleggio che è in contatto con il Campidoglio attraverso il suo staff. «Se ci tocca aspettare sei mesi non resistiamo», ribadisce. E i consiglieri sono totalmente d'accordo e anzi vorrebbero una giunta nuova di zecca, assessori con cui poter interloquire da pari a pari e senza chiedere il permesso ogni volta, «passando dalla segreteria, parlando per mozioni, invitandoli alle commissione alle quali non si presentano», sbuffa più di uno scommettendo che ci saranno altre convocazioni in procura e dunque «serve una stagione nuova».

I consiglieri sono arrabbiati per essere stati confusi con la vicenda De Vito, con operazioni amministrative non governate ad hoc e risultate illegali agli occhi dei magistrati. «Lavoro ogni giorno, mi impegno, sono onesta, è assurdo che lo debba ribadire ma lo ribadisco visto quello che sto leggendo nell'ordinanza di arresto di De Vito», strepita la consigliera Simona Ficcardi ancora scossa.

LE AUDIZIONI  - Nel pomeriggio di ieri, i pm titolari dell'indagine hanno ascoltato come persone informate sui fatti proprio due consigliere M5s: si tratta della presidente della Commissione Urbanistica Donatella Iorio e quella della Commissione Lavori Pubblici Alessandra Agnello. Le audizioni sono legate al fatto che le Commissioni, nei mesi scorsi, si sono occupate di analizzare l'iter di alcuni dei progetti al centro dell'indagine. I pm vogliono capire se prima di assumere certe scelte politiche le consigliere abbiano subito pressioni o se si fossero accorte degli appetiti famelici scatenati su dossier che seguivano in prima persona. E lì hanno capito che anche un assessore può fallire e che ora c'è bisogno di una rinnovata fiducia.


Chat segrete e sale riservate: così depistavano le indagini

MESSAGGERO - ALLEGRI - Una società-cassaforte dove accumulare le tangenti, utilizzata per schermare operazioni illecite. Le mazzette fatte passare come incarichi professionali, conferiti a prestanome. E ancora: le telefonate sempre più rare e in codice, gli incontri clandestini in una concessionaria a viale di Tor di Quinto o nelle salette riservate di due locali nel quartiere Prati, il bar Vanni e il ristorante Il Matriciano. Nelle carte dell'inchiesta che ha portato all'arresto per corruzione del presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito e del suo socio, l'avvocato Camillo Mezzacapo, i carabinieri del Nucleo investigativo ricostruiscono le strategie adottate dagli indagati per portare avanti affari opachi senza dare troppo nell'occhio. I due sono accusati di avere ricevuto tangenti da quattro imprenditori: Luca Parnasi, i fratelli Claudio e Pierluigi Toti e Giuseppe Statuto. In cambio, De Vito avrebbe sfruttato il suo ruolo in Campidoglio per agevolarli. Il primo cliente dell'asse De Vito-Mezzacapo è Parnasi. E l'evento, che convince i soci a usare maggiori accortezze, è proprio l'arresto del presidente di Eurnova.

LE CAUTELE - Quando Parnasi finisce in carcere per il giro di tangenti legato alla realizzazione del Nuovo stadio della Roma - anche De Vito è accusato di avere incassato mazzette e di averlo aiutato - il politico e l'avvocato prendono precauzioni. Continuano a chiudere affari illeciti, ma cercano di mantenere un profilo più basso. Per prima cosa, dirottano le tangenti incassate sui conti della società Mdl, riconducibile a entrambi, ma non collegata direttamente a De Vito. Le tangenti diventano consulenze fittizie intestate sempre più spesso a prestanome. Poi, i due iniziano a limitare le conversazioni telefoniche. Avvisano anche i clienti: «A quello gli ho detto di non parlare al telefono», dice Mezzacapo. «Tale atteggiamento si registra a partire dal 13 giugno 2018, data dell'arresto di Parnasi - sottolineano i carabinieri in un'informativa - Fino ad allora i contatti rilevati dai tabulati telefonici erano assolutamente frequenti, mentre da quel giorno si registra un unico contatto in data 19 settembre 2018». Il gip Maria Paola Tomaselli scrive nell'ordinanza d'arresto che «appare evidente che i due, temendo che i rapporti corruttivi da loro intrattenuti con Parnasipotessero portare gli inquirenti a focalizzare le attenzioni investigative su di loro, hanno evitato di contattarsi telefonicamente e di incontrarsi pubblicamente».

L'INCONTRO CLANDESTINO - Un evento è emblematico. Il 2 febbraio scorso De Vito e Mezzacapo - non sanno di essere pedinati e intercettati - organizzano un incontro clandestino. Li aiuta Gianluca Bardelli, titolare di una concessionaria Jaguar in viale di Tor di Quinto. Pure lui è indagato e si trova ai domiciliari. Bardelli telefona all'avvocato, gli chiede di raggiungerlo con urgenza perché deve fargli provare una Range Rover. «Senti, mi è arrivata la Range Rover elettrica, perché non passi qui da me, in Jaguar, così te la faccio provare?», dice. Mezzacapo non capisce, dice di avere un impegno. E Bardelli cerca di essere più esplicito: «Lascia perdere, ci vai dopo. Ce l'ho qui». Per gli investigatori «ribadiva in maniera criptica di raggiungerlo immediatamente perché la persona con cui doveva vedersi si trovava con lui». In quell'istante, l'utenza telefonica di De Vito «agganciava la cella che serve la zona della concessionaria» che, oltretutto, in quel momento era chiusa, sottolineano i carabinieri. Mezzacapo arriva in pochi minuti. «Nel parcheggio dell'autosalone ci sono le auto di Mezzacapo e De Vito - specificano i carabinieri - nessuna vettura è all'interno, tanto meno la Range Rover».

LE SALETTE RISERVATE - Il 4 febbraio il politico e il socio si incontrano di nuovo. «Anche in tale circostanza le modalità documentano l'attenzione prestata per rendere i rapporti non palesi», sottolineano gli investigatori. Alle 11,30 De Vito telefona a Mezzacapo «e tuttavia dopo solo uno squillo chiude la conversazione», si legge negli atti. Poi, citofona all'ufficio dell'avvocato. In quell'occasione i due soci progettano pranzi e cene con nuovi clienti e prenotano salette riservate e discrete al ristorante, per non lasciare tracce degli incontri. I luoghi prescelti sono Vanni in via Montezebio, e Il Matriciano, in via dei Gracchi. «Quello mi ha fatto la saletta apposta», dice Mezzacapo. De Vito è scettico: «Oh ma là ci vedono proprio tutti, capito?». Il socio cerca di convincerlo: «Entriamo dal coso, c'è l'ascensoretto che ti porta su e c'è la saletta, non ti vede nessuno».