Il fuoco amico di Baldini per una Roma senza romani

LA REPUBBLICA - PINCI - «Deromanizzazione». È la parola che da otto anni circola a Roma ad ogni scricchiolio dei rapporti. Figurarsi ora che in un mese saltano le due teste coronate più ingombranti, i simboli della romanità nello spogliatoio e nella dirigenza: De Rossi prima, Totti poi. Era l’estate 2011 e Franco Baldini tornò a Roma al timone della nuova proprietà americana. Il primo atto pubblico fu un’intervista a Repubblica in cui appiccicò a Totti un’etichetta: «Pigro». Ne voleva sottolineare le potenzialità inespresse, per Francesco fu una coltellata. Peggio, la traccia di un intento concretizzato nel 2017: nella sua testa chi lo ha «fatto smettere» di giocare è uno solo: Franco Baldini. Chi c’era, all’epoca, ancora ricorda la prima riunione operativa: Baldini da una parte della sala, i “romani” della dirigenza dall’altra a evidenziare una distanza non solo filosofica. E l’annuncio del direttore generale: «L’ufficio di Totti a Trigoria? Nella sede del Real, Raul non ne ha uno». Il proposito di spogliare Totti della sua stanza fu il primo vero terreno di scontro di Baldini con il mito. La scelta di Luis Enrique di mandarlo in panchina nella prima partita della nuova gestione a metà agosto, per far posto a Okaka e Caprari, sembrò a Francesco la prova, una dichiarazione di intenti: fare a meno di lui. I sussurri di quell’estate del 2011 raccontavano che l’idea dei nuovi proprietari fosse di liberare dei totem per tornare vincenti. Pensieri che i fatti di lì a poco avrebbero smentito, visto che il contratto in scadenza di De Rossi fu rinnovato a cifre record e che a Totti fu “regalato” il ritorno dell’amico Zeman dopo la prima stagione.

A Baldini sono state imputate tante decapitazioni, all’ombra del ruolo da consulente che Pallotta gli ha cucito su misura. Quella dell’ex direttore sportivo Sabatini. Quella del Totti giocatore. Quella di Di Francesco e quindi quella di Monchi. Infine, quella più netta, del Totti dirigente. Londra, sua sede operativa nei mesi caldi, è vista universalmente come il centro di un potere parallelo a Trigoria, quello da cui passano le decisioni, soltanto subite a Trigoria. «Fa tutto Franco», è il ritornello. Ma il peso specifico che Roma riconosce a Baldini nelle scelte del presidente è un macigno che lui rigetta riducendolo a mera leggenda, sentendosi semmai alternativamente il capro espiatorio di chiunque fallisca o incontri il giudizio negativo del vulcanico Pallotta o la scusa di chi abbia bisogno di un alibi. Ai suoi occhi, forse, pure Totti lo ha usato come pretesto per giustificare la rinuncia a un ruolo impegnativo. C’era una festa ieri sera a casa di Totti: la organizza tutti gli anni, per festeggiare l’inizio dell’estate. Baldini non era nella lista degli invitati.


Liti, sgarbi e divergenze: un amore lungo 30 anni logorato negli ultimi tre

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Torneremo grandi insieme». A rileggerle adesso le parole scelte da Totti per salutare De Rossi, un mesetto fa, suonano come un prematuro addio alla Roma, legato alla promessa di rientrare, un giorno, da protagonisti. È in quel momento che l’ex numero 10 ha forse davvero maturato la volontà di lasciare dopo trent’anni Trigoria, la sua seconda casa, stanco di essere usato solo come una bandiera da sventolare nei momenti di difficoltà. D’altra parte gli ultimi tre anni e mezzo di Francesco in giallorosso non sono stati dei più semplici, costretto ad avvicinarsi prima all’addio al calcio, e poi alla società, in mezzo a troppe incomprensioni. Tutto comincia con l’arrivo di Spalletti sulla panchina, scelto da Baldini — come svelerà lo stesso Francesco nella sua biografia — proprio per spingerlo ad attaccare gli scarpini al chiodo. È il 14 gennaio 2016, al posto di Garcia torna il toscano, e il feeling con il capitano non decolla. Totti, un mese dopo l’arrivo del tecnico, rilascia da Trigoria un’intervista a Rai Uno in cui parla di un rapporto freddo con l’allenatore, fatto solo di «Buongiorno e buonasera», chiedendo da lui più rispetto e correttezza. Spalletti reagisce così: non convoca Francesco per la partita col Palermo, e lo allontana da Trigoria. Seguono mesi complicati, nei quali il giocatore si rivela ancora decisivo nonostante l’età e Pallotta si ritrova costretto, a furor di popolo, a rinnovargli per un anno il contratto. Scelta mal digerita da Spalletti che comincia una battaglia dialettica con i giornalisti sulla questione Totti. Per i quarant’anni del capitano, arriva poi l’intervista alla Gazzetta della moglie Ilary, che scuote di nuovo le acque semi-calme. «È un piccolo uomo», l’accusa della showgirl a Spalletti. L’ultima stagione da giocatore è complicata, tra tantissime panchine e passerelle negate, come quella di Milano. Fino al 28 maggio 2017, giorno di Roma-Genoa e di quello straziante addio al calcio che ha fatto il giro del mondo. Dopo qualche settimana Francesco, ancora sotto choc per la fine della sua carriera, accetta di restare in società senza un ruolo definito. Esce la sua biografia in occasione dei 41 anni, con la parte dedicata a Baldini («Mi ha detto a Londra che voleva vendermi da anni, ma tutti gli allenatori gli chiedevano di tenermi. Fino a Spalletti»), e la richiesta di diventare vice-presidente.

Negli ultimi mesi si è parlato molto della possibilità di una promozione a direttore tecnico, con Tottia dichiarare: «Se avrò più potere cambierò qualcosa», dopo aver scelto e contattato Ranieri per sostituire Di Francesco. Arriva però la decisione da Londra di non lasciar fare un altro anno da calciatore a De Rossi, decisione a cui Francesco era contrario («Deve decidere Daniele») e che ribadisce all’amico il giorno di Roma-Parma in un audio rubato dai microfoni («Io non volevo»). De Rossi nella conferenza stampa di addio auspica maggior operatività per Francesco. Lui resta in silenzio, ormai sempre più vicino all’idea di andarsene. Poi l’inchiesta di Repubblica, la pubblicazione della mail che racconta di una fronda guidata da De Rossi proprio contro Totti, che fa infuriare l’ex capitano, avvicinandolo ancora di più a Daniele perché convinti di essere vittime, con la fuga di notizie, di una manovra societaria per metterli uno contro l’altro. Fino all’incontro di Madrid con Fonseca, presenti Fienga e Petrachi, dal quale viene escluso, salvo essere invitato a Londra, a giochi fatti, da Pallotta. Lì il rifiuto, non solo al summit, ma alla carica di dt e a un’ulteriore permanenza nella Roma.


Verdone: «Non posso pensare a una Roma senza più Francesco»

LA REPUBBLICA - MONTINI - «Se era difficile immaginare una Roma senza Totti in campo, è quasi impensabile pensare a Totti lontano dalla Roma». Le parole di Carlo Verdone esprimono un sentimento diffuso fra i tifosi giallorossi. «Sono interdetto — prosegue l’attore e regista impegnato sul set del suo nuovo film in Puglia — e ovviamente dispiaciuto. Conosco Francesco, ma di questi argomenti non abbiamo mai avuto occasione di parlare. Pertanto azzardo solo delle ipotesi: credo che Totti non riesca ad identificare un proprio ruolo nella società e non abbia voglia di continuare a funzionare semplicemente come uomo immagine. Francesco è una persona sincera e onesta e, se la situazione non è di suo gradimento, è giusto che esprima dubbi e perplessità».

Del resto non è il solo ...
«Tutti i tifosi della Roma sono giustamente preoccupati: in questi giorni si parla solo di cessioni. Pare scontato che se ne andranno i giocatori più talentuosi e, forse, anche i nomi più promettenti. Stando ad alcune indiscrezioni stampa, perfino Zaniolo sarebbe in procinto di partire, destinazione Juventus. La Roma in questo momento ha un nuovo allenatore, ma non ha una squadra. Non credo si possa pensare di affrontare il prossimo campionato senza alcuna ambizione: sarebbe un suicidio».

Il rischio è che si ingigantisca ulteriormente il contrasto fra la dirigenza e i tifosi?
«Più che la contestazione nei confronti della società, che può essere perfino un segnale di amore e di vitalità, mi preoccupa il progressivo disamoramento nei confronti della squadra. Non vorrei che i tifosi giallorossi si siano già rassegnati al peggio. Ora tocca alla società mandare qualche segnale: personalmente mi auguro qualche mossa a sorpresa, in grado di fornire un’iniezione di entusiasmo ad un ambiente complessivamente depresso».

Non pensa che, come accaduto in passato con Giacomo Losi, Paulo Roberto Falcao, Agostino Di Bartolomei, a Roma ogni volta che un giocatore bandiera abbandona tutto viene eccessivamente esasperato?
«Forse è così: il fatto è che il tifoso giallorosso brucia di passione pura, autentica, irrefrenabile».


Totti dice basta, ha vinto Baldini. Addio alla Roma dei romanisti

CORRIERE DELLA SERA - La Roma romana e romanista non esiste più. Via Daniele De Rossi, a cui non è stato rinnovato il contratto. Via Claudio Ranieri, al termine del suo periodo in panchina da traghettatore. Via Francesco Totti, che domani alle 14 spiegherà nel Salone d’onore del Coni perché ha deciso di separare la sua strada da quella di James Pallotta e Franco Baldini. Basta rileggere qualche passo di «Un capitano», l’autobiografia scritta con Paolo Condò, per capire che la rottura che sarà sancita tra poche ore era il fuoco che covava sotto la cenere. Per descrivere il suo addio al calcio, per esempio, Totti ha usato addirittura il paragone della rivelazione dell’assassino: «Quando io e Ilary andiamo a Londra per incontrare Pallotta troviamo all’incontro anche Franco Baldini... “Sono stato io, Francesco”. “A fare cosa, Franco?”. “A farti ritirare. (…) Vedrai che dalla prossima stagione, la Roma, liberata da una presenza così ingombrante, e per la quale nutre una profonda gratitudine, aprirà un nuovo capitolo della sua storia. Un capitolo felice e tu ci sarai comunque”». Totti c’è stato, come dirigente, per due anni. Ma non è stato certo un capitolo felice. Il gruppo di lavoro con Di Francesco e Monchi è stato smantellato con l’esonero dell’allenatore e il ritorno a Siviglia del direttore sportivo. L’ultimo campionato si è chiuso con la Roma fuori dalla Champions League e in mezzo a polemiche di tutti i tipi. La società, ora, è «detottizzata» e «deromanizzata».


Amendola: «Ha sopportato a lungo è stato l'omicidio perfetto»

IL MESSAGGERO - CARINA - Il 26 maggio, giorno dell'addio di De Rossi, Claudio Amendolaera all'Olimpico. Forse, nemmeno lui, poteva attendersi tre settimane dopo di dover sopportare un'altra lacerazione.

Domani Totti annuncerà l'addio dalla Roma.
«E' la ciliegina sulla torta. Si conclude finalmente il teorema bostoniano-londinese. Credo che Francesco abbia sopportato il sopportabile. Uno come lui non può figurare come un semplice gagliardetto. Mi sembra di assistere all'omicidio perfetto. Hanno ucciso la Roma».

Un punto di non ritorno tra la piazza e la proprietà Usa?
«Questo non lo so, so solo che in venti giorni la Roma ha perso De Rossi e Totti».

Pallotta era disponibile a far diventare Totti dt.
«E' proprio questo l'errore che si commette quando si giudica questa vicenda. Non tocca a me dirlo e magari ci penserà Francesco ma il problema è che lo hanno messo nella condizione di dire di no. E' come quando un marito o una moglie non hanno coraggio di lasciare il coniuge e si fanno lasciare. E questo è il comportamento dei codardi, degli uomini o delle donne che non hanno il coraggio di affrontare la realtà e di assumersi direttamente le conseguenze delle loro azioni. C'è sempre stata, dall'inizio, la volontà di deromanizzare la Roma. E ora ci sono riusciti».

Eppure, sino a poco tempo fa, la tifoseria era divisa nella valutazione dell'operato del club. Ora è nuovamente unita.
«In passato sono stato molto criticato quando pronunciai una frase infelice (‘Mi dimetto da tifoso della Roma', ndc). Ma già all'epoca s'intravedeva la piega che stava assumendo la questione. Io ad esempio ero molto offeso con il club perché aveva concesso l'utilizzo di Trigoria alla Juventus. Ero molto dispiaciuto anche quando si cambiò lo stemma. Noi siamo sempre stati questo tipo di tifoseria, molto tradizionalista. Il problema è che dall'avvento di questa nuova proprietà s'è voluto educare e cambiare il modo di pensare di una città che non andava modificato ma semplicemente rispettato».

Non pensa che sia anche una questione generazionale? Che il 20enne di oggi che non può fare a meno dei social viva la passione per la Roma in modo diverso dal 50enne e che il club abbia deciso di rivolgersi proprio a questo target di pubblico?
«Questo discorso lo accetterei soltanto se si fosse vinto qualcosa. Ok, mi vuoi cambiare? Mi vuoi educare? A me non sta bene ma se serve a vincere a malincuore ti dico va bene. Ma in questi 8-9 anni che abbiamo vinto? La Lazio ha vinto tre trofei, noi zero. Se non vinci, preferisco restare quello che sono».

Ci sono i presupposti per vincere nel prossimo futuro?
«Il divario ormai è incolmabile. Qui si rischia anche la prossima stagione di lottare per l'Europa League».

Cosa ne pensa di Fonseca?
«Sarà l'ennesimo allenatore che nel momento di difficoltà verrà sacrificato sull'altare del club. Ci siamo già passati con Garcia...Poi sia chiaro, io rimango sempre della Roma. Però è innegabile che ci hanno tolto tanto. Troppo. Sarà il primo anno da quando la tifo, che inizieremo la stagione senza una bandiera».

Ritiene che Pallotta si renda conto della disaffezione maturata in città?
«Dall'addio di De Rossi il malumore è arrivato a Boston. Credo però che né lui, tantomeno Baldini, lo tengano in considerazione. E la lontananza li agevola».

C'è qualcosa che vuole dire a Totti?
«Grazie».

E a Baldini?
«Non ho niente da dirgli».


Se la bandiera sventola e fa ombra

IL MESSAGGERO - MEI - Il ‘la’ che sta accompagnando l'ultimo ammainabandiera a casa della Roma l'ha suonato non qualche delicato strumento ma probabilmente qualche trombone: un suono che arriva da lontano, di là dalla Manica. La Roma, che delle bandiere aveva fatto il suo brand del cuore, quello che tutto il mondo tifoso invidiava alla squadra giallorossa, sta scomparendo. Insieme con questa Roma sempre più scombiccherata, l'Araba Fenice (ma senza arabi, ahilei), quella che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. E' un percorso contromano, per esempio rispetto al Milan, americano anch'esso, azienda anch'esso, il quale però sta cercando il recupero del cuore, che non è quello del cliente, arruolando Paolo Maldini, un nome che fa famiglia, e Boban, che fu un cervello in campo. E la Roma? Quella Roma che Bernardini che fa scuola all'argentini, come cantavano; o la squadra di Amadei, il fornaretto che pure la politica cercò di utilizzare come acchiappavoti; o di Giacomino Losi, insuperabile; o di Giuseppe Giannini, che non fu l'ottavo re di Roma, ma il principe per antonomasia; o l'amore sconfinato di Agostino Di Bartolomei.

IL NOMIGNOLO Poi venne Totti, il Pupone che non gli piaceva come nomignolo, mentre lui piaceva a tanti, forse a tutti, come s'è visto quando nell'ultimo giro, quello dell'addio programmato da fuori e condotto in porto contro Totti se non contro tutti, negli stadi del mondo ci si alzava in piedi per salutarlo. E' successo anche al capitan Futuro cresciuto all'ombra (ma che luce la sua!) del Capitano, c'è solo un capitano, che era Totti. Ma le bandiere non solo sventolano: fanno ombra, ormai, sotto il sole della Roma. Che vallo a capire quale sia in questo momento: Londra non è città di sole. E lassù qualcuno non la ama. O almeno la ama d'altro tipo. Dicono i negazionisti che quel che amano i romanisti è la maglia: ma quale ragazzino, oggi adulto, ha la maglia senza nome? Chi si è innamorato del giallorosso (e d'altri colori) l'ha sempre fatto seguendo qualcuno, un sentimento con gli scarpini. I cognomi citati sono stati quelli che di più hanno tirato l'appartenenza. Erano come un'ideologia. Certo, al tempo delle ideologie scomparse o quasi, come le idee forse, al tempo del tweet, del last minute, arriva la mentalità dell'usa e getta, o forse dell'Usa e getta con la maiuscola. La bandiera la puoi mettere in naftalina, cacciare, o costringere da andarsene, se non vuole recitare la parte che qualcuno vuole assegnare: la foglia di fico. La foglia di fico, solitamente, copre le cosiddette vergogne. C'è chi è al soldo di tutte le bandiere, ma ci sono state, e ci sono, bandiere che non stanno a tutti i soldi.


L’addio di Totti

LA REPUBBLICA - FERRAZZA, MORRONE - «Dopo De Rossi, adesso anche Totti: questo è un incubo senza fine». Quello che stanno vivendo in queste ore i tifosi romanisti sembra davvero un incubo da cui sarà difficile svegliarsi: Francesco Totti domani annuncerà il suo addio alla Roma. I titoli di coda su una storia d’amore arrivano per colpa delle sue divergenze con la proprietà americana. La stessa che neanche un mese fa ha scelto di separarsi da Daniele De Rossi, a cui non ha voluti rinnovare il contratto. Domani, in una conferenza stampa che si terrà nella sede del Coni, l’ex capitano racconterà la sua verità e spiegherà le ragioni che lo hanno spinto a questo divorzio. Agli amici, Totti ha confidato di non aver più alcuna intenzione di vestire i panni del “gagliardetto” senza nessun potere decisionale: l’unico dirigente della Roma ad aver tentato fino all’ultimo a fargli cambiare idea, provando a fargli accettare l’incarico di direttore tecnico, è stato il ceo Guido Fienga. Ma non c’è stato verso. Non sono servite a nulla le parole di stima pronunciate 48 ore fa da James Pallotta, che ha provato a ricucire lo strappo con l’ex capitano: «Francesco è parte integrante della nostra dirigenza sportiva, se ha bisogno di tempo, noi glielo daremo», aveva spiegato il presidente, rimarcando però la centralità di Franco Baldini (nemico giurato di Totti) nelle strategie societarie.

Dire che la tifoseria romanista è sotto shock è un eufemismo. La notizia che Totti sta per sta per dire addio mettendo fine a una favola lunga trent’anni ha sconquassato l’ambiente come un terremoto, cogliendo tutti di sorpresa. Tra i principali bersagli delle critiche, ci sono il presidente Pallotta e il suo consulente Baldini, colpevoli secondo la piazza di aver architettato l’allontanamento del più importante idolo romanista. «Mi auguro che Totti lunedì non lasci nulla in sospeso e lanci la scarpa con tutti i sassolini su quel traditore di Pallotta», si scaglia un tifoso su Twitter. Gli fa eco un altro romanista su Instagram: «Capitàno, lunedì puoi ancora una volta fare la differenza: coraggio Francè, fagli il cucchiaio quando meno se lo aspettano». Anche sulle radio, il dibattito va avanti tutto il giorno, con le principali emittenti romaniste prese d’assalto dai supporter col cuore spezzato. Il sentimento più diffuso è la rabbia verso la società, ma c’è anche tanta tristezza per doversi separare da una sorta di eroe che ha regalato sogni a intere generazioni di romanisti. «Questa società ha distrutto il sentimento di un popolo, le sue bandiere e la sua squadra», commenta Franco, 71 anni, mentre Simona invita «tutti i dirigenti a scomparire da Roma e a farsi da parte il prima possibile». Per boicottare la proprietà americana, c’è perfino chi invita a disertare lo stadio Olimpico per tutta la prossima stagione. «Ora basta — urla un tifoso in radio — adesso che è iniziata la campagna abbonamenti sarebbe meglio non regalare più un centesimo a questi usurpatori e lasciare vuoto l’Olimpico ogni domenica». Se la maggior parte della tifoseria giallorossa si schiera con Totti, c’è però anche qualcuno che non gli risparmia critiche. Sui social e in radio c’è chi imputa all'ex capitano di essere stato poco partecipe delle decisioni del club, oppure di non essersi applicato a sufficienza per calarsi nel nuovo ruolo da dirigente. «Fare il dirigente vuol dire accettare il tempo che passa e tu ancora ti comporti da calciatore tra partite di calcetto e vacanze», accusa Micky88 su Twitter. A prescindere dagli schieramenti, l’estate calda della Roma sembra essere soltanto all’inizio.


Ciao Roma. Totti non cambia idea: domani sarà addio. C’è ancora Baldini dietro il suo strappo

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Totti ci stava pensando su da un po’, da quando ha capito che la sua capacità di incidere sarebbe rimasta sostanzialmente la stessa di prima. E cioè minima. Nonostante le parole e le promesse. Il progetto (apprezzabile) del nuovo Ceo giallorosso Guido Fienga era quello di creare un asse Totti-De Rossi, con Francesco direttore tecnico e Daniele vice-Ceo. In meno di un mese gli si è sgretolato tra le mani e proprio dalla conferenza di De Rossi anche Totti ha iniziato a ragionare sul suo futuro. Perché poi è successo che c’erano da fare delle scelte relative al nuovo allenatore e al d.s. e le soluzioni prospettate da lui (la conferma di Massara e i nomi di Conteprima e Gattuso poi per la panchina) non si sono concretizzate, seppur per motivi diversi. Così Tottiha iniziato a riflettere, facendosi delle domande. E i dubbi sono cresciuti. Fino all’intervista di Pallotta, dove si è sentito in parte preso in giro. L’intento del presidente, ovviamente, non era quello. Il risultato è stato però drammatico, soprattutto a causa dei continui riferimenti a Franco Baldini. Già, perché poi Totti lascia la Roma sostanzialmente anche e per questo: il fatto di non contare nelle scelte, al contrario invece di chi – secondo lui – lo ha costretto a smettere di giocare (…).Così Totti ha deciso, se è così meglio mettersi da parte. E per il suo addio non ha scelto Trigoria (…). Inizialmente aveva optato per l’Olimpico, per aprire anche i cancelli alla gente per un saluti finale. Ma (…) i motivi di ordine pubblico gli hanno suggerito un’altra soluzione. Così è venuta fuori l’idea del salone d’Onore del Coni. (…) In quanto campione del mondo 2006 e titolare del Collare d’oro (la massima onorificenza sportiva italiana), Totti ha diritto a questa opportunità (…). E poi bisognerà capire cosa farà Francesco Totti più avanti, una volta lasciata la Roma. Ieri il presidente della Figc Gabriele Gravina è stato chiaro: «Aspetto un cenno da parte sua, la Figc è la casa della memoria e della storia (…)». Totti, così, sarà quasi sicuramente testimonial azzurro dell’Europeo2020, possibile che decida di intraprendere anche la carriera televisiva, come commentatore Sky. E poi all’orizzonte ci sono tanti altri progetti: la corte del Qatar per renderlo ambasciatore del Mondiale, la serie tv e gli inviti in ogni parte del mondo.


L’ultimo dribbling contro l’ambiguità

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Soltanto il tempo, forse, ci racconterà la verità. E cioè a chi avrà fatto realmente comodo arrivare a questa soluzione. Nell'attesa, ecco l'incredulità, il dolore per un altro addio: Francesco Totti lascia la Roma. Due anni dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo, il Capitano ha deciso, spinto a farlo, di mollare il club di James Pallotta. Non se la sente più di continuare ad essere soltanto un vessillo da esporre a secondo delle occasioni e delle necessità del bostoniano: meglio il distacco, traumatico e per certi versi impensabile, che l'essere sopportato per il fatto di essere stato il più grande calciatore della storia della Roma. Totti dice basta agli equivoci, alle parole non dette, ai compiti mai ricevuti; dice basta alle ambiguità di una società che ha un proprietario negli States e il dirigente più influente, più potente, a Londra, e neppure nell'organigramma ufficiale. Chi oggi sostiene che Pallotta comunque gli ha offerto il ruolo di direttore tecnico, e che quindi sarà Totti ad andare via e non la Roma a cacciarlo, dimentica che al dirigente Francesco in due anni è stato concesso poco o niente; e che quel poco, è stato sempre subordinato al giudizio, alla verifica di Franco Baldini, il presidente ombra del club, l'anti Totti per eccellenza. Amatissimo e ascoltato da mister Jim come nessun altro.

DICIOTTO ANNI DOPO Totti saluterà 18 anni esatti dopo la conquista del terzo scudetto giallorosso e lo farà a due passi da quello spogliatoio che, il 17 giugno del 2001, lo vide in lacrime per un successo inseguito una vita. La scelta di parlare nel cuore di Roma, con l'Olimpico sullo sfondo, e in casa del suo amico fraterno Giovanni Malagò non può essere casuale. Il Coni come (nuovo) punto di riferimento, il che significa mettersi a disposizione di tutto lo sport nazionale. Un rinnovato patrimonio dell'intero movimento italiano. Scegliere di non parlare a Trigoria, che per una trentina di anni è stata casa sua, è un segnale chiarissimo: lì ormai si sente un estraneo. Esagerato? Provate voi a mettervi nei panni di chi ha scelto sempre e comunque la Roma. Ben pagato, certo, ma altrove probabilmente avrebbe guadagnato e vinto di più. James Pallotta (o forse è meglio dire Franco Baldini) è libero di ritenere Totti un pessimo dirigente ma, come accaduto nel caso dell'ultimo capitano Daniele De Rossi, scartato dal club, tutto dovrebbe avere un tempo e una modalità. E la massima sincerità, la massima trasparenza senza supercazzole di alcun tipo. Oggi di tutto avrebbe avuto bisogno la Roma tranne che di un altro choc emotivo, ma quello che mister Jim non sa è che la Roma non è un'azienda di stampo americano all'interno della quale tutto è possibile sempre e comunque. Se oggi, ad esempio, Pallotta rinfaccia a Totti di non sapere una parola di inglese, indispensabile per essere un manager di valore, resta da chiedersi quante parole di italiano conosca lui. Che non si fa vivo da queste parti da tredici mesi. Forse per questo chi è nato a Porta Metronia dopo essersi tolto la maglia della Roma adesso deve staccare la Lupa dalla giacca. Chi sostiene che da domani la Roma sarà sempre la stessa, anche senza Totti (e De Rossi), racconta una bugia. Una di quelle che, non solo questa estate, vanno tanto di moda a Boston.


Tifosi dalla parte di Francesco. Ma c'è chi non è dispiaciuto

IL TEMPO - VITELLI - La città è divisa. Non equamente, ma comunque divisa. La notizia della conferenza stampa che terrà Francesco Totti domani ha fatto tremare l'urbe, con reazioni diverse, contrastanti, figlie del dolore, della rabbia. Ma anche meno emotive, diverse. Ed è il termometro dei social network a misurare l'improvvisa febbre che ha colpito i tifosi romanisti e non solo. Già, perché anche chi non ha il cuore giallorosso sta comunque vivendo questo passaggio epocale per la storia della AS Roma cercando di capirne i motivi. Sul web sono in moltissimi a schierarsi contro la presidenza americana. «Far finire la carriera a Totti, cacciare De Rossi, cacciare Totti. Questo è il triplete di Pallotta». E ancora. «De Rossi se n'è andato, Totti se ne va, Baldini ancora gira intorno alla Roma. Eusebio Di Francesco vuole la buonuscita, Petrachi ancora non si libera, Manolas al Napoli per Mario Rui, Preliminare di Euro-pa League. Sparatemi».

Ma c'è anche chi non si schiera dalla parte dell'ex-capitano. «Quanti altri addii di Totti dobbiamo sorbirci?», scrive una donna su Twitter. Qualcuno gioca d'ironia, come un utente che si firma con un nickname. «Adesso a Totti, poveraccio, senza più un lavoro nella Roma je darà un lavoro Malagò. Meno male perché m'ha detto mio cugino che er reddito de cittadinanza non lo poteva pijà perché c'ha una macchina de proprietà». Un tifoso analizza a modo suo la situazione. «Ci sono tanti motivi per criticare la società e questa dirigenza, soprattutto negli ultimi mesi. Ma la vicenda di Tottinon rientra tra questi. Francè, l'amore per te resterà sempre e per sempre. Detto ciò, fai come ti pare, noi restiamo qui a tifare la Roma nostra». Un altro supporter giallorosso si regala un amarcord. «Davvero incredibile, Francesco Totti mandato via il giorno dell'anniversario dello scudetto. Non ci posso credere». Altri cercano di scherzarci su come un ragazzo che su Facebookscrive: «Giusto mandarlo via, non sa l'inglese, come fa a fare il direttore tecnico?». Un altro cerca invece di analizzare la situazione con pragmatismo. «Un rinnovo a 37 anni, un rinnovo a 40, un contratto da dirigente e una promozione a direttore tecnico. Cos'altro vuole? Sarò impopolare ma non capisco». Una tifosa prova a fare un paragone tra la situazione di Totti e quella di De Rossi. «Se Daniele dice che non vuole restare a fare il dirigente perché non conterebbe nulla va bene, se Francesco chiede tempo perché evidentemente ha capito che ciò che ha detto Daniele è vero invece è un ignorante. Fate pace col cervello». Per nulla criptico, come ci ha abituato, Vittorio Feltri. «Mandare via Totti dalla Roma è come cacciare di casa il padre. Vergogna». Ora non resta che attendere poche ore per sapere dalla bocca di Francesco Totti i motivi di quella che sarà la sua decisione e cercare di capire come e perché ci sia arrivato. Qualunque cosa dirà, comunque, difficilmente farà cambiare idea a chi già ha deciso da che parte stare.


Gasparri: «Il presidente è come Attila. Adesso è ora che vada via»

IL TEMPO - SCHITO - Senatore della Repubblica, è stato Vice Presidente del Senato, ma soprattutto romanista. Maurizio Gasparri non ha mai nascosto di essere uno sfegatato tifoso della Roma, così come si è spesso espresso in maniera negativa nei confronti della proprietà americana. L'affaire Totti, dopo il recente addio di De Rossi, non ha lasciato indifferente il senato-re: «Io mi sono espresso più volte in termini molto critici nei confronti del presidente Pallotta, credo che sia veramente l'Attila della Roma. Penso a come è stato trattato Totti durante il periodo di Spalletti, all'addio di De Rossi con tutti gli equivoci che ci sono stati. Capisco che non è facile individuare un ruolo per Francesco, se il simbolo, il direttore tecnico, vicepresidente o altro, ma se Totti lascerà la Roma, credo che il disprezzo della città nei confronti di Pallotta dovrebbe essere clamoroso e totale. Dobbiamo auspicare che Pallotta lasci la società in qualsiasi modo. Se questo addio si verificasse, Roma dovrebbe lanciare una sorta di anatema su Pallotta: possiamo discutere per ore su cosa far fare a Totti, è legittimo che la società lo faccia e si confronti con lui. Tra Totti e Pallotta, la città di Roma ama Totti e vitupera e disprezza Pallotta con tutti i suoi sodali. Mi trattengo perché voglio evitare il codice penale, ma è solo questo a frenarmi dal dire quello che penso fino in fondo».

Se fosse lei a decidere, che ruolo darebbe a Totti? 
«O una funzione nell'area tecnica, visto che parliamo di un giocatore che aveva grande visione di gioco e un'esperienza forte di campo,oppure un ruolo altamente rappresentativo della società, che può essere rappresentanza esterna in Lega, con gli organismi internazionali e tanti altri. Tra Pallotta e Totti, per me è Totti a dover decidere. Per quanto mi riguarda, potrebbe anche prendere Pallotta a calci nel sedere per due ore al giorno, essendo un calciatore. Sarebbe una funzione che noi tifosi della Roma apprezzeremmo».

Qualora Totti dicesse che la sua storia con la Roma è finita, ci sarebbe un modo da parte della società per recuperare il rapporto con i tifosi? 
«Certo, andarsene via. Sarebbe l'unico modo. Se ne devono andare tutti, sono una sciagura. Se venisse a Roma, saremmo noi a mandarlo via. È un problema di ordine pubblico, il questore dovrebbe dargli il foglio di via. A volte vengono bloccate delle manifestazioni per motivi di ordine pubblico, ci sono autorità che hanno questo potere: credo lo debbano cacciare dal ruolo di presidente della Roma gli organi preposti all'ordine pubblico perché sono veramente dei provocatori, dei nemici del popolo e della città. Inizio a chiedermi per conto di chi agiscano».

Pensa che la figura di Baldini abbia un ruolo in questa vicenda? 
«Un ruolo nefasto nella storia recente della Roma».

Il discorso legato allo stadio può cambiare qualcosa?
«Lo stadio sta diventando una maledizione per la Roma, hanno pensato soltanto a quello, evidentemente non gli interessa altro. Non ho dubbio che la vicenda Totti possa creare reazioni forti in città, è una provocazione, l'ultima goccia di veleno che forse dovrebbero bere loro».


Gol, scudetti e sfottò: ma il lieto fine non c'è

IL TEMPO - BIAFORA - Trent'anni d'amore che si concluderanno il 17 giugno, una delle date simbolo della sua carriera. Francesco Totti ha deciso di rifiutare la carica di direttore tecnico e di lasciare la Roma, squadra in cui è entrato a 12 anni, senza poi lasciarla più. Il primo ingresso al centro sportivo di Trigoria è datato 1989, quando l'allora giovanissimo talento è stato acquistato dal settore giovanile della Lodigiani, con i giallorossi che hanno superato sul filo del rasoio la Lazio, che aveva già l'accordo per un trasferimento a Formello. Dopo tre annidi giovanili e la conquista di uno scudetto con gli Allievi e di una Coppa Italia con la Primavera, a soli sedici anni Totti ha esordito in Serie A con la squadra del suo cuore, mandato in campo da Boskov il 28 marzo 1993nel finale della sfida con il Brescia. Da allora le sue giocate, che hanno estasiato tutti nel corso dell'intera era Sensi, hanno incantato milioni di amanti del calcio e per 307 volte (il primo gol nel settembre del 1994 contro il Foggia) hanno fatto esultare i tifosi giallorossi, che per una scellerata gestione di Bianchi, intenzionato ad acquistare Litmanen per sostituirlo, hanno anche rischiato di vederlo indossare la maglia della Sampdoria.

Totti, conosciuto universalmente come «Il Capitano», ha indossato la prima fascia entrando al posto di Aldair in un match con la Fiorentina del 1998, con il brasiliano che gli ha in seguito lasciato definitivamente i gradi nel Roma-Udinese del 31 ottobre dello stesso anno. La stagione della consacrazione è sicuramente stata quella a cavallo tra il 2000 e il 2001, in cui insieme a Batistutae Montella, sotto la sapiente guida di Capello, è riuscito a vincere lo scudetto, strappandolo dalla maglia dei cugini laziali. L'indelebile successo, arrivato il 17 giugno 2001 con il 3-1 sul Parma, e la vittoria nella Supercoppa con la Fiorentina lo hanno portato ad essere tra i più votati del Pallone d'Oro di quell'anno, classificandosi alla fine quinto. Gli altri trofei alzati con la sua Roma sono le due Coppa Italia e l'altra Supercoppa, vinte sotto la prima gestione Spalletti. Con il toscano il numero 10 è riuscito a siglare 32 reti stagionali e a vincere la Scarpa d'Oro pochi mesi dopo il grave infortunio causato dall'intervento di Vanigli, trovando un incredibile exploit dal punto di vista tecnico e realizzativo grazie allo spostamento nel ruolo di prima punta, una trasformazione che lo ha accompagnato per tutto il prosieguo della carriera.

Nel 2009/10 Totti sfiora il secondo scudetto con la maglia giallorossa, un'impresa mai riuscita a nessuno, con la squadra di Ranieri fermata soltanto da una sfortunata prestazione con la Sampdoria. Pochi anni dopo ottiene due importanti risultati personali: la seconda piazza alle spalle di Piola nella classifica dei più grandi marcatori della storia della Serie A (alla fine sono 250 i gol totali in campionato con la Roma) e il record di giocatore più anziano a segnare una rete in Champions. Il proprio finale di carriera, raccontato con do-vizia di particolari nel libro autobiografico pubblicato nel 2018, Totti lo vive con il management americano (e soprattutto Baldini), allenato nuovamente dal maestro Zeman, poi da Garcia e infine da Spalletti, per quello che è stato un finale tormentato e travagliato per il pessimo rapporto con il tecnico toscano. La partita con il Genoa del 28 maggio 2017 rappresenta la sua ultima da calciatore: l'abbraccio della Curva Sud non si può scordare «Totti è la Roma».

Indimenticabili le sue esperienze con la maglia della Nazionale: il cucchiaio a Van der Sar ad Euro2000 il gol più incredibile,il rigore segnato all'Australia e la vittoria della Coppa del Mondo nel 2006 i punti più alti dell'avventura azzurra, terminata subito dopo il successo a Berlino. «Torneremo grandi insieme» ha detto Totti nel salutare l'amico ed ex compagno De Rossi: di certo la loro assenza sarà un vuoto incolmabile per i tifosi della Roma. Impossibile escludere un loro ritorno in futuro, ma ora resta soltanto l'amarezza di un doppio addio difficilissimo da digerire e superare.