Lo saluteremo con leggerezza, ma è stato uno dei più grandi

INSIDEROMA.COM - MATTEO LUCIANI - La stagione sportiva appena terminata, con ogni probabilità, verrà ricordata come l'ultima di Edin Dzeko con la maglia della Roma. Il centravanti bosniaco, infatti, con il contratto in scadenza nel 2020, è pronto ad accasarsi all'Inter di Antonio Conte, da sempre suo grosso estimatore, tanto che nel bollente gennaio del 2018 fu proprio il mister salentino a provare a portarlo in tutti i modi nell'allora suo Chelsea: un tentativo sfumato a un passo dalle firme, principalmente per volontà dell'attaccante ex City e della sua famiglia, che fece infine virare i Blues sul francese Giroud.

Peccato che il commiato durante Roma-Parma sia stato consumato in modo non adeguato rispetto a quanto Dzeko ha rappresentato per i colori giallorossi nei suoi quattro anni di militanza: un'uscita dal campo polemica nei confronti di Claudio Ranieri, reo di averlo sostituito troppo presto secondo il bosniaco, condita inizialmente pure da qualche ingeneroso fischio, subito coperto, tuttavia, dagli scroscianti applausi della maggioranza del pubblico capitolino.

L'avventura romanista di Edin Dzeko è stata sostanzialmente un lungo percorso quadriennale sulle montagne russe.

Tutto inizia nell'estate del 2015. Nonostante le dichiarazioni infuocate di mister Rudi Garcia nei confronti della dirigenza del club e del suo modus operandi in sede di calciomercato, la Roma effettua operazioni in entrata davvero sontuose, tra cui quelle inerenti all'egiziano 'Momo' Salah (reduce da sei mesi eccezionali alla Fiorentina), al portiere Wojciech Szczęsny dall'Arsenal, all'esterno Iago Falque (proveniente dal Genoa e da un campionato superbo con tredici gol all'attivo), al centrale difensivo tedesco Antonio Rudiger, al terzino sinistro Lucas Digne (fortemente voluto dal tecnico romanista, che lo aveva già avuto alle proprie dipendenze in quel di Lille) e appunto a Edin Dzeko.

La trattativa per strapparlo al Manchester City è tutt'altro che semplice, ma alla fine l'allora ds della Roma Walter Sabatini raggiunge un accordo con i Citizens: quindici milioni di euro complessivi (quattro versati subito e i restanti undici nell'estate seguente per il riscatto obbligatorio) e il bosniaco diventa il nuovo centravanti giallorosso.

I tifosi romanisti sognano, d'altronde un vero centravanti di tale levatura non si vedeva dalle parti di Trigoria probabilmente dai tempi del 'Re Leone' Gabriel Omar Batistuta. Dzeko sbarca a Fiumicino sommerso dall'affetto del suo nuovo pubblico, che si reca in massa ad accoglierlo all'aeroporto. Il debutto all'Olimpico, nell'amichevole di presentazione della squadra contro il Siviglia del futuro direttore sportivo della Roma, Monchi, è da sogno: passano soltanto pochi minuti e l'ex City 'spacca' la porta con un destro al fulmicotone. "È arrivato l'uomo giusto" pensa il popolo giallorosso.

La prima stagione in Serie A, però, è tutt'altro che felice per Dzeko. La Roma di Garcia, dopo un illusorio primato in classifica tra ottobre e novembre, crolla e il centravanti resta sepolto dalle macerie insieme a molti dei suoi compagni, incapace di reagire forse anche a causa di un carattere non proprio da leader.

A gennaio del 2016, Luciano Spalletti torna sulla panchina giallorossa e mostra subito grande fiducia nei confronti di Dzeko, che definisce "il centravanti ideale. Se l'estate scorsa mi avessero chiesto chi avrei voluto al centro dell'attacco, avrei fatto un solo nome: quello di Edin". Dichiarazioni forse anche esagerate da parte dell'allenatore toscano, volte tuttavia a tentare in ogni modo di valorizzare ancora un patrimonio economico e tecnico del club.

Neppure Spalletti riesce inizialmente nel 'miracolo' di rigenerare Dzeko, che finisce la stagione frequentemente in panchina per lasciare spazio al nuovo arrivato Diego Perotti, che giostra nel ruolo di 'falso nueve', poiché il tecnico di Certaldo vede volare la sua nuova Roma senza un centravanti vero.

Un'estate dopo l'arrivo in pompa magna tutto è cambiato e l'ex City finisce al centro di svariate voci di mercato. Alla fine, Dzeko rimane e risulta essere in miglior acquisto possibile per la squadra di Spalletti versione 2016/2017. Dopo un inizio ancora scarsamente incoraggiante, infatti, il bosniaco mette il turbo e non smette più di segnare, terminando la propria annata con trentanove gol in cinquantuno partite.

La separazione da Luciano Spalletti, che avviene durante l'estate del 2017 al culmine di una stagione fatta di sin troppi veleni con Francesco Totti, per Dzeko è un duro colpo. Il calcio di Eusebio Di Francesco, nuovo mister giallorosso, mal si sposa con le sue caratteristiche e il calciatore in principio non ne fa mistero neppure davanti alle telecamere.

Anche se non più a grappoli come nella stagione precedente, i gol arrivano, ma Dzeko, come detto, si ritrova ugualmente a un passo dall'addio a gennaio del 2018: l'ingaggio è troppo pesante per le malandate casse giallorosse e il Chelsea propone una somma che permetterebbe alla Roma di effettuare anche una discreta plusvalenza con il cartellino dell'attaccante. Il bosniaco, però, non è convinto di volare a Londra e sceglie la causa romanista, diventando poi uno dei grandi protagonisti del cammino in Champions League che conduce la compagine capitolina a un passo dalla finalissima di Kiev.

L'ultima, tremenda annata della Roma, però, sembra resettare tutto ciò che Edin Dzeko è stato in grado di mostrare al pubblico giallorosso. Il numero di gol cala sensibilmente (sono comunque quattordici) e spesso a indispettire i fan romanisti è l'atteggiamento in campo dell'ex attaccante del Manchester City. Tornano i fischi della prima annata romana e anche il pensiero, tanto da parte della società, quanto a questo punto dello stesso calciatore, che il percorso in giallorosso sia ormai da considerare concluso.

Edin Dzeko, dunque, si appresta a iniziare una nuova avventura, con ogni probabilità a tinte nerazzurre.

Restano i fischi e le contestazioni subite in giallorosso, ma anche i tanti gol.

Lo saluteremo probabilmente senza troppi rimpianti. Eppure, quando ci guarderemo indietro, scopriremo che Dzeko è stato un attaccante in grado di segnare 87 gol in 178 partite disputate e di entrare nella top ten dei migliori marcatori romanisti di sempre in soli quattro anni: insomma, forse unicamente allora saremo consapevoli che Edin Dzeko è stato uno dei più grandi centravanti della storia della Roma.


Roma, tutte le strade portano a Fonseca

INSIDEROMA.COM – SARA BENEDETTI – Tanti dubbi si addensano sul futuro della Roma, dopo la fine di una stagione che ha portato come magro risultato un sesto posto in campionato, oltre all’addio di De Rossi. Una certezza però si fa sempre più largo nelle ultime ore. Paulo Fonseca, tecnico portoghese in forza agli ucraini dello Shakhtar Donetsk che, a meno di sorpresone dell’ultima ora, diverrà il nuovo allenatore della Roma. Fonseca è uno che sa come si vince. In Ucraina ha messo in bacheca 3 campionati, 3 coppe nazionali e una Supercoppa, a cui occorre aggiungere anche una Coppa e una Supercoppa di Portogallo (con Braga e Porto). Insomma, nonostante la giovane età l’esperienza non gli manca, così come l’ironia. Indimenticabile, infatti, la sua performance del dicembre 2017 in cui, per onorare una promessa di caso di vittoria col Manchester City e relativa qualificazione agli ottavi di Champions (ai danni del Napoli), si presentò vestito da Zorro in conferenza. Il suo Shakhtar ha mostrato sempre un buon calcio, improntato su un 4-2-3-1 che ha soprattutto nella fase offensiva il suo fiore all’occhiello. La Roma, comunque, in lui vede soprattutto una cosa: un allenatore straniero lontano dalla bufera scatenatasi nelle ultime settimane e proprio per questo senza scorie da dover metabolizzare per portare avanti il proprio lavoro. Se vogliamo, una scommessa simile a quella fatta con Rudi Garcia, arrivato nel 2013 - dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia contro la Lazio - e capacissimo di ricostruire il gruppo sia psicologicamente che tecnicamente.

CHI SE NON LUI? - Viste le recenti esperienze naufragate per motivi diversi (Conte, Gasperini, Mihajlovic), la società giallorossa si riserva un Piano B. Così, se le congiunture astrali si disponessero nel verso giusto, per De Zerbi il prossimo potrebbe essere uno dei compleanni più belli della sua vita. Il tecnico, che il 6 giugno compirà 40 anni, è il prediletto dal d.s. Petrachi, ma al momento è dietro nelle preferenze, anche se l’allenatore del Sassuolo sembra avere davvero le stimmate del predestinato. Finora ha guidato Darfo Boario, Foggia, Palermo, Benevento e Sassuolo, vincendo una Coppa Italia di Serie C proprio alla guida della squadra pugliese. Una cosa però è certa: in tutte le piazze in cui ha lavorato ha portato un’idea di calcio offensivo, spettacolare, assumendosi anche tutti i rischi del caso. Certo, De Zerbi sa bene che l’ambiente romanista – in fibrillazione dopo gli ultimi casi che hanno ulteriormente stressato i tifosi – non lo accoglierebbero come un salvatore della patria, ma con parecchio scetticismo, però le scommesse hanno un lato affascinante a cui la Roma, nella sua storia recente, non ha mai voluto sottrarsi. Intendiamoci, le qualità ci sono tutte, ma l’esperienza di Fonseca appare superiore. Occhio però ai colpi di scena. Se la situazione s’ingarbugliasse, ci sarebbe anche l’ipotesi di un (difficile) ritorno di Di Francesco, nonostante le offerte non gli manchino. Ma la Roma, si sa, è anche una questione di cuore. Ancora pochi giorni e i tifosi, sapranno su chi poter aggrappare, le proprie speranze di risalita dopo una stagione obiettivamente deludente.


Real su Zaniolo. Dzeko all'Inter: si cerca l'intesa

IL TEMPO - BIAFORA - Entro la fine di giugno si separeranno le strade della Roma e di Dzeko. Al termine di quattro stagioni fatte di alti e bassi ed il settimo posto (in coabitazione con Balbo) nella classifica dei migliori marcatori giallorossi di tutti i tempi, l'attaccante bosniaco e pronto a trasferirsi a Milano, sponda Inter. La rottura finale del rapporto tra la società e il bomber si è consumata nelle scorse settimane: a Trigoria l'idea era quella di puntare ancora su di lui, ma Dzeko non ha preso in considerazione l'ipotesi di un rinnovo triennale con ingaggio spalmato, insoddisfatto della stagione appena conclusa e delle prospettive future. Il centravanti, legato alla Roma fino al 2020, ha già trovato un'intesa di massima con i nerazzurri per un contratto di due anni con opzione per il terzo, con una base di stipendio di circa 4 milioni pin bonus. Ancora tutta da definire la trattativa tra i club, molto distanti tra domanda e offerta. L'Inter non vorrebbe andare oltre i 10-12 milioni di euro, Petrachi ne vuole almeno 20 per realizzare una buona plusvalenza. Una quadra si troverà, magari con l'inserimento di un giovane nerazzurro.

Nessun passo in avanti per il rinnovo di Zaniolo, con il ds leccese che non ha finora incontrato Vigorelli, il procuratore del classe '99, limitandosi ad un contatto telefonico. La Roma non ha aintenzione di cederlo e lo blinderà, resistendo agli assalti delle big europee, in particolare quello del Real Madrid. I blancos hanno puntato Pogba ed Eriksen come primi obiettivi, ma Zaniolo piace a Zidane. 


Barella ha scelto: vuole solo Conte e Dzeko dice sì a un triennale

GAZZETTA - STOPPINI - La posizione di forza in cui si è messa da tempo – da marzo, almeno – l’Inter con Edin Dzeko è parente stretta del vantaggio accumulato nella corsa a Nicolò Barella. Se non ci saranno intoppi, che pure nel mercato sono all’ordine del giorno, saranno loro due i prossimi acquisti per Antonio Conte. Operazioni accomunate da un’esigenza, quella dell’Inter di produrre plusvalenze entro il 30 giugno, e dunque da concludere nei prossimi giorni,

Nicolò avviato

Tra i due, c’è un po’ più di strada da fare per Barella. Si parte da un dato di fatto: l’Inter ha l’accordo con il centrocampista del Cagliari, il gradimento totale alla destinazione, ribadito anche ieri in un incontro tra il direttore sportivo Piero Ausilio e l’agente del calciatore, Alessandro Beltrami. Barella vuole l’Inter, l’Inter vuole Barella e in Italia oggi è difficile intravedere soluzioni alternative al club nerazzurro. Cosa manca al sì? Ovviamente l’accordo con il Cagliari. E in questo senso a breve andrà in scena un incontro tra le due società: inizialmente in programma in queste ore – domani era il giorno prescelto – il meeting potrebbe slittare alla prossima settimana. Ma la tempistica non sposta i termini della questione. Il Cagliari valuta Barella 50 milioni, l’Inter non vuole andare oltre i 30 di cash. La parte restante sarà coperta con alcune contropartite, cosa che consentirebbe all’Inter di realizzare una quota plusvalenze. E in questo senso il nome che potrebbe sbloccare l’operazione è quello di Federico Dimarco, di rientro dal prestito al Parma. Ma sul piatto, per ragioni puramente tecniche e non legate a questioni di bilancio, sono finiti anche i nomi di Eder (per il quale servirebbe una triangolazione con lo Jiansu) e quello assai gradito al Cagliari di Alessandro Bastoni, che l’Inter è orientata a dare in prestito ancora una stagione per proseguire il processo di crescita.

Edin c’è

Più vicina alla conclusione invece la trattativa Dzeko. Non è in dubbio l’esito,il bosniaco giocherà nell’Inter: l’attaccante ha un accordo da tempo per un triennale a 4,5 milioni più bonus, ha il gradimento totale di Conte che lo reputa centravanti ideale per caratteristiche tecniche e per esperienza. Il sì arriverà la prossima settimana, dopo gli impegni con la nazionale. E anche in questo caso sarà decisivo l’inserimento nella trattativa di un giovane, che andrà ad affiancare la cifra di 10-12 milioni che vuole spendere l’Inter. In sostanza, l’idea è ripetere più o meno la stessa operazione messa in piedi tra le due società un anno fa per Zaniolo, affare che poi ha provocato non poche polemiche. Magari, stavolta, con contorni diversi. In stand-by con la Roma il discorso legato a Kolarov: l’Inter interverrà in caso di rottura tra il serbo e i giallorossi. A proposito di plusvalenze: il Parma si è interessato a Karamoh, di rientro all’Inter dal prestito al Bordeaux. Smentite secche su Xhaka, accostato dai media svizzeri all’Inter. A centrocampo, oltre a Barella, arriverà sì un altro giocatore, ma con caratteristiche diverse.


Il rinnovo non c’è ancora ma Bruno Conti resterà

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Dopo De Rossi, e con il ruolo di Totti ancora da definire nello specifico, la Roma sembra non avere intenzione di perdere un altro simbolo. Nonostante gli arrivino offerte da mezza Italia, dalla Fiorentina al Cagliari, dove c’è suo figlio, alla Figc, Bruno Conti vuole continuare a lavorare nella Roma e la Roma vuole continuare ad averlo in organico. La firma sul rinnovo di contratto, in scadenza il 30 giugno, però ancora non c’è. Arriverà, salvo sorprese, quando si insedierà il nuovo direttore sportivo e verrà messa a punto, definitivamente, tutta l’area. Fino al 2015, dal 1994, Bruno Conti era stato responsabile del settore giovanile, poi dall’anno successivo, è diventato responsabile della Academy giallorosse in giro per il mondo. Adesso il ruolo potrebbe e dovrebbe diventare leggermente più operativo a Trigoria, dove c’è il suo ufficio, ma questo si deciderà solo dopo una firma che appare inevitabile. Anche, e soprattutto, per il legame che ha con i tifosi e per la capacità di individuare giovani talenti.

Simbolo

Nella squadra del prossimo anno, ad esempio, i due Pellegrini e Florenzi sono stati scelti da lui, così come Riccardi. O anche quel Frattesi che tanto bene sta facendo nel Mondiale Under20. Non solo, però: Bruno Conti per i romanisti è un simbolo, non a caso c’era lui, con Totti, a premiare De Rossi il giorno della sua ultima partita con la Roma. Le sue lacrime, la maglietta di Daniele indossata sopra la divisa e la sua emozione sono state quelle di qualsiasi tifoso. Anche per questo appare impossibile immaginarlo lontano da Roma.


Perotti, messaggi d’amore «Voglio rispettare il contratto»

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Quando è a Roma Diego Perotti cerca sempre di evitare le interviste. In patria, invece, si sente evidentemente più a suo agio, tanto da essere intervistato con regolarità quando attraversa l’oceano per le vacanze in Argentina. Stavolta ha parlato a Fox Sports, ribadendo quanto già detto nelle scorse settimane: «A Roma sto bene, voglio rispettare il contratto». L’attuale accordo, da tre milioni a stagione, scade nel 2021, quando Diego avrà 33 anni. A quel punto probabile il ritorno a Buenos Aires per chiudere la carriera con gli amati colori del Boca. Colori che già avrebbe potuto indossare la prossima stagione, ma sembra difficile che si trovi l’accordo: un po’ per l’ingaggio, un po’ perché Perotti non vuole lasciare la Roma dopo un anno in cui ha visto più il lettino del fisioterapista che il campo. Adesso si sta riposando, ma già tra qualche giorno riprenderà ad allenarsi con un preparatore per essere pronto per la nuova stagione. Quella, almeno nelle intenzioni, del riscatto.


Fonseca-roma, si fa - Adesso la firma con il portoghese è ad un passo

GAZZETTA - PUGLIESE - Il borsino stavolta sembra in netto rialzo. E chissà che non sia la volta buona per la Roma, dopo i no incassati da Conte e Gasperini e le perplessità di Mihajlovic e Gattuso. No, stavolta sembra davvero che a Trigoria possano tirare un sospiro di sollievo, iniziando a mettere il primo mattoncino della rinascita. Già, perché l’incontro di ieri tra gli emissari della Roma e l’entourage di Paulo Fonseca sembra esser andato bene. Ancora nessuna fumata bianca, per quella ci sarà da aspettare un po’. Ma le parte si sono date le rispettive disponibilità, laddove ovviamente la Roma ha presentato il suo piano e Fonseca fatto le sue richieste. Ora c’è da andare a trattare con lo Shakthar per aggirare l’ostacolo dei 5 milioni di euro della clausola rescissoria.

L’incontro

Ieri quindi un passo avanti verso la firma di quello che, a questo punto, diventa davvero il candidato più credibile per la prossima panchina giallorossa. Le alternative restano quelle, con Roberto De Zerbi che è la principale (ma oggi c’è un incontro con l’a.d. Giovanni Carnevali per fare il punto sul Sassuolo) e Gattuso ancora lì, anche per la stima che nutre per lui Francesco Totti. Nel caso in cui non si riesca a firmare con il portoghese, allora si virerà sulle altre piste. Ma l’incontro di ieri tra l’intermediario dalla Roma e Marco Abreu, l’uomo di fiducia di Fonseca, sembra aver avvicinato le parti. La Roma ha chiesto valorizzazione dei giovani, spavalderia nel gioco e regole ferree. Fonseca ha invece fatto capire come non voglia «bruciarsi» proprio ora, chiedendo che – compatibilmente con l’esigenza di far quadrare i conti – la squadra non venga indebolita in maniera forte. L’accordo tra le parti, una volta risolto l’eventuale problema della clausola, dovrebbe essere un biennale con opzione per il terzo anno, a circa 3 milioni di euro a stagione (bonus inclusi).

Tra Amsterdam e Kiev

Del resto, ieri è emerso anche un altro tentativo della Roma andato a vuoto nei giorni scorsi, quando i dirigenti avrebbero contattato l’Ajax per sondare un’eventuale disponibilità a trattare con Erik ten Hag, ricevendo però un no dai biancorossi, ancora infastiditi per il comportamento della Roma nella scorsa estate, quando di fatto aveva preso Ziyech, per poi «mollarlo» a un soffio dalla firma preferendogli Pastore. Fonseca, invece, nel frattempo a Kiev tracciava così il suo futuro: «Allo Shakhtar sono stato bene, tre anni splendidi – le parole di “Zorro” a una tv ucraina –. Ma sono ambizioso, voglio lavorare nei migliori campionati europei: Inghilterra, Spagna o Italia. Non ho preferenze per un club in particolare. Non sono ancora vecchio, credo che possa succedere. Per me non c’è differenza tra un diciottenne o un trentenne, l’importante è essere bravi, pronti e consapevoli di giocare per un grande club. Vincere non è la sola cosa che voglio, cerco anche qualità, possesso palla, un calcio offensivo. Voglio creare qualcosa di bello per i tifosi. Non ho l’ossessione del risultato: sono uno che ama la qualità, lo spettacolo, e non solo la vittoria». Insomma, per alcuni versi okay, per altri è da vedere. Nel senso che a Roma, ora come ora, quello che serve sono proprio i risultati, per il bel gioco ci sarà tempo. Ma presto Fonseca imparerà anche questo...


Monchi, ten Hag e le colpe infinite

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Colpa di Monchi, tac. Un’altra volta, sempre sua. Dopo la lettera di Pallotta, anche lì, colpa di Monchi, ecco come dall’Olanda rimbalza una versione curiosa sul perché la Roma avrebbe in questi giorni incassato il no di ten Hag, stimatissimo allenatore dell’Ajax. Perché? Appunto, colpa di Monchi. Che in un paio d’anni a Roma e non solo è passato da ds vincente, talent scout infallibile a scemo del villaggio.

Di colpe il povero Ramòn ne ha, non ci sono dubbi ma è difficile pensare che l’Ajax - dicono in Olanda - abbia negato il proprio allenatore per la Roma perché lo scorso anno Monchi non ha più acquistato Ziyech dai Lancieri. Nel calcio ci sono storie meravigliose e verità mai svelate. Un paio di domande ce le facciamo su questa situazione. 1) Perché la Roma, interessata a ten Hag, contatta l’Ajax e non l’allenatore stesso? 2) Possibile poi, che i Lancieri si siano offesi così tanto per il mancato acquisto di un loro calciatore, che tra l’altro oggi vale il doppio di ieri e ieri, se non a Roma, poteva andare altrove? Ma tanto oggi è facile, basta dare la colpa a Monchi, anche se ten Han non vuole allenare a Roma.


Roma, in viaggio verso Fonseca

IL MESSAGGERO - C’è sempre la prima scelta, anche nel testa a testa per la panchina della Roma: è Paulo Fonseca. E non fa niente che Petrachi, dopo i no incassati soprattutto da Conte e Gasperini, abbia confessato a Baldini e Fienga di voler puntare sulla soluzione italiana e quindi su Roberto De Zerbi. Se però il club giallorosso addirittura si muove e lascia la Capitale per andare a conoscere le intenzioni e le richieste del portoghese, sta a significare che è lui il principale candidato a diventare l’erede di Ranieri. Il viaggio di Fienga e Petrachi (rientrati nella Capitale alle ore 23,35) ha avuto come destinazione Madrid e non Lisbona, sebbene sia stato smentito ieri da chi lavora nella sede di via Tolstoj all’Eur. Che però non ha potuto non confermare il contatto avuto con il lusitano e soprattutto con il suo manager e commercialista, Abreu.

GITA FUORI PORTA Smentita strategica e d’obbligo perché erano presenti un ds e un allenatore rispettivamente sotto contratto con il Torino e lo Shakhtar. Fonseca ha ascoltato la proposta giallorossa chiedendo delucidazioni sulla questione ambientale, tecnica e anche economica. S’è informato quindi sul piano acquisti-cessioni che ha in mente la società, chiedendo la possibilità di trattenere alcuni big in partenza e dando un via libera di massima all’accordo (triennale da 2,5 milioni a stagione). De Zerbi, dunque, parte dietro e resta per ora l’alternativa, nonostante l’ex ds delTorino (si libera a fine giugno, ma Cairo non esclude di portarlo in tribunale) lo abbia battezzato come predestinato. Il paradosso della doppia trattativa è che ora che è più semplice convincere lo Shakhtar Donetsk che il Sassuolo. Entrambi i tecnici sono sotto contratto, ma il presidente Achmetov, avvisato con largo anticipo, ha già dato l’okay (rimane in ballo soltanto la clausola rescissoria di 5 milioni) mentre con Squinzi bisognerebbe ancora intavolare il discorso.

ADDIO DONETSK Fonseca apre al club giallorosso. Indirettamente anche a livello dialettico con l’intervista al sito dell’Associated Press: «Mi piace stare qui allo Shakhtar, ma sono ambizioso. Voglio lavorare neimigliori campionati europei. In Inghilterra, Spagna o Italia. Non ho preferenze per un club in particolare. Ovviamente quando sei ambizioso vuoi lavorare per le migliori squadredi questiPaesi.Non sono vecchio, credo che succederà». Sembra sicuro, insomma, di lasciare presto l’Ucraina. Così è come se si presentasse ai nuovi tifosi: «Mi piace scherzare con i miei giocatori e ridere insieme a loro. La vita è troppo bella per essere presa sul serio e a volte le battute servono per infrangere i muri. Vincere non è la sola cosa che voglio. Voglio che nelle nostre partite ci sia qualità, prediligo il possesso di palla e il fatto che i miei giochino un calcio offensivo. Voglio avere il coraggio di creare qualcosa di bello per i tifosi, perché amo il mio lavoro e di sicuro non ho l’ossessione del risultato. Sono uno che ama la qualità, lo spettacolo, enon solo la vittoria».

BIG IN PARTENZA Il rosso di 23,4milioninell’ultima trimestrale (al 31marzo 2019) conferma il piano imposto dal Financial Fair Play: la Roma, entro il 30 giugno, dovrà fare plusvalenze per 40-45 milioni, anche per l’eliminazione agli ottavi di Champions. Potrebbero bastare le cessioni (più o meno) annunciate di Dzeko, incassando 13 milioni


Raggi e lo stadio, ipotesi stop: «Opere subito o salta tutto»

IL MESSAGGERO - DE CICCO - Virginia Raggi non saltella ancora insieme ai tifosi giallorossi che da settimane intonano il coro antipallottiano: «Noi lo stadio non lo vogliamo». «Ma potrebbe mancarci poco», dicono in Campidoglio. Perché ieri, per la prima volta, la sindaca della Capitale ha ventilato la possibilità di mettere fine al controverso progetto calcistico-immobiliare che tanti affanni ha arrecato ai grillini (e non solo). L’avviso ai privati che «le chiacchiere sono finite» è arrivato nel momento in cui il patron della Roma è sotto accusa per la gestione del club, a partire dalla contestatissima scelta di non rinnovare il contratto al capitano Daniele De Rossi. Proprio sulla scia di quelle proteste, gli ultrà si erano riversati, già a fine maggio, sotto al nuovo quartier generale della Lupa, all’Eur, srotolando il loro «No allo stadio» su uno striscione di svariati metri. E urlando a gran voce la contrarietà all’impianto sportivo che, assieme alle palazzine alte fino a sette piani per negozi, uffici, ristoranti e alberghi, frutterebbero al manager di Boston centinaia di milioni di euro.

IL RICHIAMO - Raggi però, ieri, ha detto che «i privati devono rispettare i patti». E cioè «prima realizzino le opere pubbliche e poi il campo di calcio». Concetto in realtà già messo nero su bianco nelle due delibere sul “pubblico interesse” votate prima nel 2014 e poi nel 2017, che però i proponenti, nei vertici con il Comune, hanno iniziato a mettere in dubbio. Chiedendo rimodulazioni e slittamenti degli impegni per la collettività. Raggi ora fa la faccia dura: «Basta chiacchiere». Il momento dell’uscita pubblica non è stato scelto a caso. Oggi è in programma un importante tavolo tecnico tra gli uffici del Campidoglio, la Roma e la Eurnova, l’impresa del costruttore Luca Parnasitravolta dall’inchiesta per mazzette e ora affidata a un nuovo Cda. «Il mio unico interesse - sono le parole di Raggi - è che la As Roma mantenga gli impegni presi con la città: prima le opere pubbliche per i cittadini, poi il campo di calcio. Prima si uniscono la via del Mare e la via Ostiense, prima si interviene per potenziare la ferrovia Roma-Lido e poi si fa lo stadio. Sono le prescrizioni della conferenza dei servizi alla quale tutti si devono attenere. Mi auguro che domani la As Roma porti una proposta definitiva e concreta». Raggi parla così perché sa che proprio su questi punti, in realtà, non c’è intesa. I proponenti all’ufficio Urbanistica del Comune avrebbero chiesto di dilazionare i 45 milioni da investire per la mobilità. Oppure di non accollarsi per intero il costo dell’abbattimento di alcuni edifici che dividono due strade già oggi ipertrafficate, l’Ostiense e la via del Mare appunto, e che neanche unite, secondo diversi esperti, sarebbero in grado di sopportare il peso del nuovo stadio. Figuriamoci separate.

IL FRONTE DEL «NO» - Sul «no» soffia poi da tempo una fronda sempre più nutrita di esponenti M5S, sia locali che nazionali. Del resto fino alla campagna elettorale del 2016, quella vinta da Raggi, l’impegno era proprio a bloccare il progetto Tor di Valle, al grido di «no alla speculazione». Lo diceva pure Marcello De Vito, il presidente del Consiglio comunale arrestato a marzo con l’accusa di tangenti. L’inchiesta ha rafforzato i contrari allo stadio. Anche sui banchi dell’Assemblea capitolina, che deve avere l’ultima parola sull’operazione, con il voto della variante urbanistica. Spinge per il no anche una figura di spicco dei 5S romani e non solo, Roberta Lombardi, prima storica capogruppo grillina alla Camera ora transitata alla Pisana. Lo va dicendo da settimane: «Sullo stadio il Consiglio comunale deve annullare tutto in autotutela. Con lo stop, il danno sarebbe solo per Parnasi, arresta- to per corruzione, mica per il Comune».


La Roma fa rotta su Fonseca

IL TEMPO - AUSTINI  - Visti i precedenti la cautela non è mai troppa, ma forse stavolta ci siamo davvero. La Roma è vicina a prendere un allenatore: da ieri Paulo Fonseca è diventato il candidato numero 1, con buone chance di fumata bianca. Merito di un incontro a Madrid, a quanto filtra positivo, tra il Ceo giallorosso Guido Fienga e il direttore sportivo in pectore Gianluca Petrachi con l' entourage dell'allenatore portoghese. Dal telefono, oltre al tecnico, ha partecipato alla conversazione anche Franco Baldini, consigliere di Pallotta. I due dirigenti romanisti sono partiti la mattina, su aerei diversi, verso la capitale spagnola e nel pomeriggio hanno avuto una chiacchierata molto fruttuosa per ingaggiare il mister dello Shakhtar.

C'è anche un agente italiano al lavoro in appoggio a Marco Abreu, procuratore portoghese di Fonseca che si sente pronto a lanciarsi nel campionato italiano dopo una discreta carriera in patria (ha portato il Pacos de Ferreira ai preliminari di Champions, vinto una Supercoppa col Porto e una coppa nazionale col Braga) e l'ascesa sulla panchina degli ucraini come successore di Lucescu. Alla guida dello Shakhtar ha vinto campionato e coppa tre volte su tre, più la Supercopa del 2017, ora vorrebbe una ulteriore svolta per entrare nel calcio che conta in Europa. La Roma aveva già pensato a lui in passato - era nella lista di Monchi per la panchina - ha incrociato la sua squadra durante la magnifica campagna Champions di due anni fa, faticando non poco per eliminare agli ottavi la squadra di Donetsk imbottita di brasiliani, adesso sembra essersi decisa a puntare su "Zorro", soprannome di Fonseca per la maschera sfoggiata dall'allenatore dopo aver battuto il Manchester City. Una svolta, insomma, dopo lunghe riflessioni e le porte sbattute in faccia da Conte e Gasperini.

Nell'incontro di ieri si è ragionato su un contratto triennale da due milioni di euro abbondanti più premi, ma servono altri due-tre giorni per sciogliere tutti i nodi. contratto ancora valido di Fonseca allo Shakhtar comprende una clausola rescissoria da 5 milioni di euro ma in virtù di un gentlemen agreement con il club valido in caso di chiamate dalle big d'Europa, il tecnico è convinto di potersi liberare senza che la Roma debba pagare alcunché. Il suo rapporto col magnate ucraino presidente dello Shakhtar, Rinat Alchmetov, è molto solido. Tra domani e venerdì toccherà all'agente Abreu incontrare il patron e convincerlo a cancellare (o abbassare) quella clausola.

Inoltre Fonseca è sposato con la capo ufficio stampa personale di Akhmetov, la 28enne Catherine Ostroushko, in dolce attesa del secondogenito (l'allenatore ha avuto altri due figli dalla moglie precedente) ma pronta a seguire il marito in Italia. "Lei mi impedirebbe di andare alla Dinamo Kiev" ha scherzato nei giorni scorsi l'allenatore classe 1973, aggiungendo che "sono ambizioso, voglio lavorare nelle migliori leghe europee e credo succederà". In netto calo l'altro candidato rimasto in corsa: De Zerbi non ha convinto del tutto la Roma (e viceversa) nell'incontro dei giorni scorsi. Da una parte il bresciano teme di "bruciarsi" nella Capitale, dall'altra la sua richiesta di inserire il suo collaboratore Salvatore Monaco nello staff dirigenziale, per poter incidere nelle scelte di mercato, ha fatto storcere il naso ai dirigenti giallorossi. Per Fonseca, quindi, sorpasso netto aspettando il lieto fine. Salvo ormai improbabili inserimenti di Sarri & Co..


Paulo Fonseca, l’istrione amante del bel calcio

MASSIMO PAPITTO - Paulo Fonseca un po’ come Rudi Garcia nella stagione 2013-2014. Il tecnico dello Shakhtar Donetsk è considerato nell’ambiente del calcio internazionale uno dei tecnici emergenti migliori in circolazione.

Portoghese di passaporto, nato in Mozambico nel 1973, Fonseca ha nel suo curriculum la fama di allenatore offensivo ma al punto giusto, capace di lavorare con i giovani e di plasmare talenti, oltre che di raccogliere trofei e successi dove si creano le opportunità per poterlo fare tipo in Ucraina nello Shakthar che da quando è arrivato lui ha saputo solo vincere. Un dettaglio non da poco in un club come la Roma che deve ripartire quasi da zero dopo la mancata qualificazione alla Champions League e che in questo momento necessita di concretezza e di idee innovative ma chiare e ben riconoscibili.

Fonseca alla guida dello Shakhtar Donetsk ereditato da Mircea Lucescu, è stato capace di vincere per tre volte di fila il titolo nazionale unendo a questo anche tre coppe nazionali ucraine e una supercoppa. Chiaramente i successi sono stati ottenuti alla guida della squadra più forte del movimento dell’Est in questo momento, ma a lui veniva anche chiesto di non far rimpiangere il predecessore che è considerato un'icona a Donetsk e non solo. Obiettivo raggiunto.

Vincere non è mai facile. Una vittoria va considerata sempre importante ovunque tu vada a centrarla. In più il tecnico portoghese ha fatto parlare anche di se in Champions League guidando la squadra agli ottavi di finale di Champions League nel 2018 proprio contro la Roma e togliendosi anche il lusso di battere il Manchester City di Guardiola nel girone. Anche in Portogallo, in condizioni diverse e agli albori della sua carriera, è stato capace di vincere: una Coppa del Portogallo alla guida dello Sporting Braga nel 2016 e prima ancora (2013) una Supercoppa con il Porto. Il profilo, insomma, è adeguato e anche vincente.

Lo Shakhtar che Fonseca ha portato in giro per l'Europa con profitto negli ultimi anni è una squadra che incarna il suo pensiero di calcio. Gioco offensivo ma compatto, il 4-2-3-1 come modulo base, l'ispirazione a Guardiola e il tentativo di costruire sempre qualcosa di propositivo e di ben riconoscibile. A questo aggiunge anche una personalità e un carisma importante e doti anche istrioniche non indifferenti: è celebre la sua maschera di Zorro in conferenza stampa dopo aver battuto il Manchester City nel dicembre 2018 in Champions League, guadagnando così l'accesso agli ottavi di finale e tenendo fuori il Napoli di Maurizio Sarri.

Alcuni giocatori grazie alla sua guida tecnica sono migliorati moltissimo e hanno raggiunto standard europei importanti: i vari Fred (acquistato poi dal Manchester United), Bernard, Marlon, Taison gli esempi più importanti. Un lavoro lungo e di grande profitto sul campo. Un po' quello che serve in questo momento alla Roma delusa dall'ultima stagione e con un progetto che - per l'ennesima volta - deve ripartire quasi da zero.