Gasperini e Petrachi non si liberano

IL TEMPO - BIAFORA - Il futuro della Roma passa dalle mosse di Cairo e Percassi. Non si tratta di alcuna cessione delle quote in mano a Pallotta, bensì dei destini incrociati di Petrachi e Gasperini, i maggiori candidati per diventare direttore sportivo e allenatore della squadra giallorossa. A chiarire la vicenda ds ci ha pensato lo stesso dirigente pugliese: “La Roma non è stata la sola squadra a chiamarmi, non ho deciso totalmente quello che farò. Sono stato molto chiaro, dicendo al presidente che a fine campionato avrei fatto delle scelte. Chi afferma - le sue parole a Sky - che lavoro già per i capitolini non dice la verità, a fine campionato farò delle scelte, mi auguro che vengano condivise e accettate. Non ho avuto alcun incontro con i giallorossi”. Da Torino filtra la voce di un’impuntatura di Cairo, che per accettarne le dimissioni vorrebbe il giovane Pezzella come ‘risarcimento’. Nessuno a Trigoria ha però voglia di pagare penali per arrivare a Petrachi, che ha già comunicato ufficialmente alla Federcalcio l’intenzione di lasciare il Toro. Situazione simile per quanto riguarda Gasperini, che l’Atalanta non vorrebbe perdere, tenendolo anche per la prossima stagione. Decisivo l’appuntamento di lunedì con il presidente bergamasco Percassi. Nel frattempo è tornata la calma intorno a Zaniolo: il suo agente ha ribadito per l’ennesima volta l’intenzione del ragazzo di non andare via - “Nicolò vuole restare alla Roma” ha dichiarato Vigorelli - e la prossima settimana ci sarà il primo appuntamento per rinnovare il contratto, attualmente in scadenza nel 2023.


Ranieri: addio in stile libero

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Il solito garbo, l'eleganza di sempre. Un briciolo di rancore, anche. Claudio Ranieri esce da Trigoria senza aver raggiunto l'obiettivo (pochissime le possibilità di andare in Champions) massimo e gettargli addosso grandi responsabilità sarebbe pure sbagliato. Ci ha messo passione, provando a capire perché questa squadra non era una squadra: e i motivi non sono (solo) tecnico-tattici. Alla fine va ringraziato, perché - oltre ad averlo intuito - lo ha anche detto apertamente, facendo capire che le responsabilità stanno in alto. Problemi di scelte e di gestione, meno di qualità dei calciatori. «La squadra ha subito l'assenza dei senatori che sono stati venduti la scorsa estate», disse. Ieri è tornato proprio su questo aspetto psicologico. «Una volta analizzata la squadra, ho capito che avevo il compito di lavorare sull'autostima. Credo abbiamo lavorato bene dal punto di vista difensivo, cercando di prendere meno gol e i giocatori mi hanno seguito».

LA DELUSIONE - E' arrivato per dare una mano, aveva a disposizione dodici partite, tre mesi. Ha creduto, a un certo punto, di potersi giocare la conferma sulla panchina della Roma, poi quando ha visto che la dirigenza aveva altri progetti, ha fatto capire il suo risentimento. Sempre con garbo, senza omettere la verità. Trigoria è diversa da quando era arrivato una decina di anni fa, quando ha portato la Roma a sfiorare lo scudetto. Questo è il periodo della Juve, è difficile competere, più facile ridimensionarsi anno dopo anno. «La Roma deve prima cedere e poi acquistare». Lo ha detto Ranieri, è il manifesto della realtà. Lui va via e quella realtà resta: «Difficilmente la Roma potrà competere il posto in Champions», e anche qui una parola di conforto. Insomma, Ranieri va via e presente il conto al successore. La magia di dieci anni fa non c'era più per lui. Ma la Roma è cresciuta come società: «Ho trovato una struttura più moderna: a mio avviso credo che a Trigoria ci sia troppa gente. Sono abituato con meno persone. Capisco che la Roma stia diventando una società internazionale, e il brand conta molto». Il brand crea l'atmosfera, ma non sempre porta i risultati. Poi, il grande rimpianto. «Non è una critica a nessuno, ma forse si potevano gestire meglio certe voci. Si è detto Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via, viene questo o quell'altro. Senza tutto ciò, forse quei due punti in più l'avremmo strappati da qualche parte. La Roma non ripartirà da zero, perché qui ci sono buoni giocatori. Ripartirà da un nuovo allenatore, che dovrà essere bravo a far capire le proprie idee. Il mio futuro? Mi sento un tecnico europeo, dove vedo un bel progetto, vado. Ogni volta che guido questa squadra mi emoziono sempre, lascerò la Roma con il cuore aperto sperando di vederla sempre in alto». Ultimo colpetto sulla gestione del caso De Rossi, su cui si è espresso anche la scorsa settimana. «Un fulmine a ciel sereno». The end.


Ranieri ai saluti celebra De Rossi: “Gioca dall’inizio”

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Mi aspetto una festa, per De Rossi, che giocherà dall’inizio, con la sua fascia al braccio: se ci sarà bisogno, pagherò io la multa». Ranieri annuncia che Daniele si presenterà contro il Parma con la sua fascia personalizzata, indossata fino a quando è diventata obbligatoria quella della Lega. “Sei tu la mia unica sposa, sei tu l’unico mio Amor”, la scritta fatta stampare dal giocatore sulla fascia, quella con la quale si presenterà all’Olimpico domani sera (ore 20.30, diretta Sky). «Mi auguro ci sia l’atmosfera che Daniele merita – continua Ranieri non mi avevano mai detto che stava terminando la sua carriera, anche per me, come per lui, è stato un fulmine a ciel sereno». La Roma dovrà provare a evitare i preliminari di Europa League, ma non dipenderà solamente da lei. Sicuramente dovrà battere il Parma, con l’attenzione dei tifosi tutta rivolta, però, all’addio forzato di De Rossi. Sarà l’ultima per il capitano giallorosso, sarà l’ultima per Ranieri. «Non ho alcun rammarico perché sono un pratico – spiega il tecnico – mi dispiace solo che nel momento più importante ci sono state troppe voci su chi andava via, ci sarebbe voluta una linea comune. Il mio futuro? Mi sento europeo e andrò dove ci sarà un progetto che mi intriga». Terminato il campionato, con il nuovo ds Petrachi, si affronteranno i rinnovi contrattuali e le cessioni. La prossima settimana incontro con Vigorelli, il manager di Zaniolo. Si tratta la cifra di partenza, con una differenza di circa 500 mila euro (2 milioni offre la Roma), più i bonus, fino al 2024.


Il saluto ai compagni con divieto di selfie e social

IL MESSAGGERO - LENGUA - Daniele De Rossi ha scelto il ristorante Zuma in via del Corso per invitare la squadra a cena prima della sua partita d’addio. Lì si sente a casa, un luogo riservato dove poter celebrare in armonia uno dei momenti più tristi della sua carriera calcistica. Circa 40 invitati tra giocatori e staff tecnico: appuntamento giovedì sera alle 22 per una cena a base di sushi durata finoall’una, in cui Daniele ha espressamente chiesto di non scattare foto, né tanto meno condividerle sui social. Gli invitati erano disposti su più tavoli, in quello del centrocampista c’erano i senatori della Roma tra cui Kolarov, Florenzi, Pastore, Jesus e Manolas. I più giovani sedevano a parte, Zaniolo è sembrato piuttosto taciturno per via dello scippo a mamma Francesca avvenuto la mattina, mentre Kluivert ha confessato che resterà un altro anno in giallorosso. Meno certi del proprio futuro Manolas e Dzeko che in diverse occasioni hanno confermato che presto anche loro diranno addio al club di Pallotta. Sul finale il discorso di De Rossi alla squadra in cui ha invitato i compagnia chiudere bene la stagione vincendo contro il Parma.Poi la torta offerta dal ristorante con la foto di Daniele e le date 2001-2019, che simboleggiano i 18 anni d’amore per la Roma.

 


De Rossi, ultima scena. La partita più difficile è preparare un addio

LA REPUBBLICA - AUDISIO - L’ultimo protagonista di un’Italia bella e vincente lascia la Serie A. Daniele De Rossi, 36 anni, 18 stagioni con la Roma, 1.192 minuti in campo in A nel 2018-2019, campione del mondo a Berlino 2006. L’ultimo azzurro di una generazione che ha giocato sempre nella stessa casa e che fatica a farsi da parte. Ma perché nello sport è così difficile la cerimonia degli addii? In una società professionistica entrate ed uscite, anche umane, dovrebbero avere protocolli collaudati. E non essere pratiche sporche da sbrigare all’ultimo, in una contrattazione affannosa, nell’imbarazzo di chi lascia e di chi è lasciato. E non sa come dirlo. È la sindrome di Dorian Gray ad ostacolare la civiltà del grande addio? Michel Platini ha abbandonato il calcio a 32 anni, tra le altre cose non gli andava più di dover chiedere il permesso a Trapattoni di attraversare la strada per andare a comprare i giornali in ritiro. Pelé in Brasile ha smesso a 34, per andare poi a giocare due stagioni con i Cosmos in America, anche perché non aveva più un soldo (derubato dal manager). Allora il pallone era una passione ben retribuita, oggi è una professione con molta dedizione. E con un ingaggio molto poco sostituibile e rimpiazzabile. Ma è anche difficile trovare altri scivoli perché un atleta, soprattutto quello di successo, non pensa mai al dopo, né è allenato a farlo. Nessuno si o ti prepara a quel momento, a quel taglio, a quella improvvisa invisibilità. Non è affare della società sportiva preoccuparsi se un dio del pallone non ha più la forza di dire messa. In più non essendo i campioni dei nullatenenti al pubblico non interessa cosa faranno nel futuro e se riusciranno a ricollocarsi. Anzi, diciamo pure che dopo l’amore, l’emozione, la commozione, non c’è pietà: hanno guadagnato molto, sono dei privilegiati, che se la sbrighino loro. E più sono grandi vecchi, più il club li vive come potenziali nemici. Hanno in mano il cuore della città, ne hanno interpretato il battito, sanno come farlo pulsare. Bette Davis, 2 premi Oscar, nel ’62 mise su Variety questo annuncio di lavoro: «Madre di tre figli, 10, 11 e 15, divorziata, americana. Trent’ anni di esperienza come attrice di cinema. Ancora in grado di muoversi e più affabile di quanto si racconti. Desidera impiego stabile a Hollywood, ha già avuto Broadway. Referenze se richieste». Aveva 54 anni. Oggi nel cinema lavorano tipi come Clint Eastwood, 88 anni, Michael Caine, 86, Jane Fonda, 81. In Serie A sono tesserati 1.200 giocatori, più 548 in B, più 1.091 C. È un bel capitale umano. Non tutti sono Buffon o Totti, De Rossi o Barzagli (che quattro giorni dopo l’addio ha dato la maturità), forse qualcuno lo diventerà, ma tutti un giorno dovranno separarsi dal gioco e forse anche dall’essere stati bandiera e simbolo della loro città. Per passare dal grande tutto al grande niente. Perché nulla rimpiazza quel tipo di energica felicità. Quella fine avverrà in un gelo di tristezza, rinfacciandosi vigliaccherie e passi falsi, o con un’accettazione più serena e meno drammatica che col tempo tutto se ne va e che iniziare a parlare di «dopo», magari su strade non più allineate, non è una colpa da nascondere, ma una realtà da affrontare con eleganza, senza brutali silenzi? È difficile continuare a riempire una bella vita. In Australia al campione che lascia si affianca un team, che lo invita a tenere un diario, a riprendere gli studi, a mantenersi in forma fisica, a trovare dieta e nuovi interessi, e a piacersi. L’Aic, l’associazione italiana calciatori, ha inaugurato corsi di formazione e di laurea per il post-carriera, e molti di quelli che la frequentano, racconta il presidente Damiano Tommasi, confessano: «Ci avessi pensato prima». Fare il dio che tramonta non è per tutti. La professione campione ha una scadenza. Saremo tutti De Rossi nell’ultima partita, ma sarebbe ora che lo sport italiano provasse a giocare anche fuori dal campo.


De Rossi e Totti, così vicini ma così diversi nell’addio

IL CORRIERE DELLA SERA - Dal 28 maggio 2017 al 26 maggio 2019: in due anni la Roma ha detto addio al Capitano e a Capitan Futuro. Commozione simile, ma tutto il resto è diverso e simbolico: fa capire il cambiamento nel club, nella squadra e nella città in 24 mesi. Quella di Francesco Totti fu una festain tutto e per tutto «esagerata», un rito di massa: il lungo discorso, rotto spesso dall’emozione; la scenografia sugli spalti; la consapevolezza che era veramente un’ultima volta su un campo da calcio. Quella di Daniele De Rossi sarà una cerimonia «in levare»: un giro di campoaccompagnato dalla sua famiglia e dai compagni di squadra, anche loro con mogli e bambini al seguito. Nel caso di DDR,però, non c’è nessuna certezza sul futuro: vuole ancora giocare e proverà a farlo. [..] Daniele De Rossi andrà altrove, anche se tutti sperano che sia soltanto un arrivederci. Non giocherà con un’altra squadra italiana, al massimo potrebbe fare un’esperienza alla Sampdoria come assistente di Marco Giampaolo. Se continuerà a giocare lo farà negli Stati Uniti(più probabile) o nel Boca Juniors, chiamato dall’amico Burdisso. La Roma del dopo Totti sembrava un gruppo destinato a durare, tanto che nella stagione seguente arrivò alla semifinale di Champions. Quella attuale è destinata all’ennesima rivoluzione. La speranza è che sia davvero una festa.


Ranieri: «A Trigoria troppa gente e le voci di mercato ci hanno disturbato»

IL CORRIERE DELLA SERA - Roma-Parma può essere l’addio di una fetta importante della squadra che solo un anno fa aveva battuto 3-0 il Barcellona in una delle gare più emozionanti mai vissute all’Olimpico. Parliamo di Dzeko (sicuramente), Manolas e Kolarov (probabilmente), più i punti interrogativi di chi ha una clausola rescissoria (Lorenzo Pellegrini) o un contratto in scadenza o da adeguare (El Shaarawy, Zaniolo, Cengiz Under). Di sicuro sarà l’ultima anche di Claudio Ranieri sulla panchina romanista.  Prima di andarsene, però, l’allenatore lascia qualche altra briciola sulla strada di Pollicino: «Non potevo plasmare questo gruppo da capo, c’era il lavoro di Eusebio Di Francesco. Abbiamo fatto bene sotto il profilo difensivo, ci siamo ricompattati. Questo gruppo è valido, ben miscelato tra anziani e giovani. La Roma non ripartirà da zero. Spero, ad esempio, che Schick rimanga: ha grandi potenzialità, gliel’ho detto più volte, ma c’è chi è maturo a vent’anni e chi no. A Trigoria ho trovato una struttura più moderna di quando ero andato via la prima volta. Forse c’è anche troppa gente, io sono abituato a lavorare con meno. Ma capisco che la Roma sta diventando un club internazionale e il brand conta molto». Si è pensato tanto al brand, meno a proteggere dagli spifferi un gruppo che si stava giocando il quarto posto: «Non posso quantificarlo, ma il momento più importante poteva essere gestito meglio. Troppe volte sono uscite voci: Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via… Sarebbe servita una linea più comune. Forse così avremmo strappato da qualche parte quei due punti in più. Quando si deve spingere è importante farlo tutti nella medesima direzione. Quando ci sono troppe voci, anche inconsciamente, viene assorbito».


Le picconate di Ranieri

IL TEMPO - BIAFORA - Li aveva messi da parte per qualche giorno, ma nella sua ultima conferenza stampa Ranieri è tornato a sfoderare piccozza e martello. Il tecnico della Roma ha evidenziato quello che per lui è stato il maggior problema di gestione nel corso di questi tre mesi sulla panchina: “Forse si potevano gestire meglio certe voci. Si è detto ‘Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via, viene questo o quell’altro’. Nelle altre squadre all’ultimo è uscito qualcosa, da noi invece nel momento in cui si doveva spingere in un’unica direzione. Non dico che ci ha tolto qualcosa, però sono convinto che quando devi spingere è importante che tutti quanti siano concentrati in un’unica direzione. Quando ci sono troppe voci, inconsciamente vieni assorbito. Forse quei due punti in più l’avremmo strappati da qualche parte”. Non risparmiando una battuta sull’attuale organizzazione giallorossa - “A Trigoria trovato una struttura più moderna, ma credo che ci sia troppa gente” - l’allenatore di Testaccio ha poi esternato le proprie considerazioni sul futuro della squadra: “Il gruppo è valido, compatto e ben miscelato, hanno voglia di far bene, ci sono anziani e giovani giusti. Da qualche giovane ci si aspettava di più, ma va bene così. Non si riparte da zero, ma si riparte da una classifica che è sì deficitaria, vista l’abitudine di entrare stabilmente in Champions, ma non da zero”. Tra i giovani da cui Ranieri si aspettava sicuramente qualcosa di più c’è Schick, elogiato all’inizio dell’avventura - lui e Dzeko dovevano essere i punti di riferimento offensivi - e spronato nelle parole di congedo: “Patrik è un grandissimo giocatore. Gli ho detto che mi dispiacerà eventualmente vederlo esplodere a ventotto anni, come ha le capacità di fare, perché ha enormi qualità. Spero possa rimanere e far vedere che non mi ero sbagliato su di lui”. Impossibile non toccare l’argomento De Rossi, pronto a scendere in campo dal primo minuto per la sua 616^ ed ultima presenza con la Roma: “Daniele sarà titolare con la sua fascia, se serve la pago io la multa. Mi aspetto che ci sia l’atmosfera che merita e uno stadio colmo d’amore per lui. Deve essere una festa per lui, soprattutto per tutto quello che ha dato alla Roma e per il modo in cui lo ha dato. Il suo addio - confessa Ranieri - è stato un fulmine a ciel sereno, non ne avevamo mai parlato. Non puoi fare altro che apprezzarlo, è un punto di riferimento. Ci tengo che possa finire bene”. La chiosa finale non può che essere da tifoso genuino: “Lascerò la Roma a cuore aperto sperando sempre di vederla in alto, mi emoziono ogni volta che la guido. Non c’è rammarico nell’andare via, sapevo che sarebbe finita in questo momento già quando ho firmato. L’ho fatto con tutta la mia volontà e la mia passione. Auguro il meglio a chi verrà dopo di me”.


Lascia l’ultimo eroe di Berlino: «Sarà una festa»

IL CORRIERE DELLA SERA - Per i tifosi della Roma è un dolore grande, perché l’ultima in giallorosso di Daniele De Rossi — a due anni esatti dall’addio di Francesco Totti — è un pezzo di storia lungo 615 partite. Ma è un distacco che riguarda anche tutti gli appassionati della Nazionale perché con la partenza di DDR per gli States o per il Boca Juniors — visto che al 99,9% non giocherà con un’altra maglia in Italia — la prossima serie A non avrà più nemmeno un campione del mondo del 2006. Erano rimasti lui e Barzagli, che ha appeso le scarpe al chiodo, mentre Buffon è emigrato al Paris Saint Germain nell’estate scorsa. Il portiere ha firmato per un anno e l’opzione per il secondo scadrà il 30 giugno prossimo. Super Gigi, se non dovesse rimanere al Psg, sarebbe l’ultima possibile carta da giocare peri nostalgici del Mondiale vinto dagli azzurri dodici anni prima del record «al contrario» della mancata partecipazione a Russia 2018. [..] Claudio Ranieri, con sensibilità, ha accomunato maglia giallorossa e maglia azzurra perl’ultima partita di De Rossi all’Olimpico, domani sera contro il Parma: «Deve essere una festa per tutto quello che ha dato e per come lo ha dato. Daniele ha una dote speciale: sa trasmettere tutta la passione perla maglia con cui gioca, sia della Roma o dell’Italia». I tifosi romanisti hanno polverizzato tutti i biglietti a disposizione. Il desiderio di salutare De Rossi con il massimo affetto sarà più forte della voglia di contestare il presidente Pallotta?


Schick, quale futuro? Bundesliga, Premier o ancora la Roma?

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Negli ultimi anni, fra i calciatori della Roma, il nome più accostato alla parola delusione è stato quello di Schick. Un po’ perché l’etichetta di calciatore più pagato della storia della Roma, con i suoi 42 milioni da versare a rate alla Sampdoria è stata più pesante del «frigorifero» di Iturbe; un po’ per gli infortuni che non gli hanno dato tregua, e molto perché tutte le volte che ha avuto continuità non l’ha sfruttata.
Ranieri si era presentato dicendo di puntare su di lui, che avrebbe fatto giocare insieme a Dzeko. Dopo un paio di gare il dietrofront, irreversibile. Vista la più che probabile partenza di Dzeko, il futuro di Schick sarà deciso dal prossimo allenatore: se accetterà la scommessa recupero, Schick sarà ancora a Roma, altrimenti andrà via. Probabilmente in Germania dove ha qualche estimatore (Borussia Dortmund e Lipsia), oppure in Inghilterra (Everton): in prestito, perché ci sono pochi club pronti a prenderlo a titolo definitivo.


Giro di campo coi compagni e poi festa in famiglia

IL CORRIERE DELLA SERA - Sarà una celebrazione sobria, senza troppe spettacolarizzazioni, come piace e come ha voluto Daniele De Rossi. Domani sera l’Olimpico pieno renderà il giusto omaggio al capitano romanista: al momento dell’ingresso in campo delle squadre ci sarà una scenografia da parte della curva Sud, che lo accoglierà con migliaia di bandierine. Non ci saranno targhe ricordo o premiazioni, su richiesta dello stesso De Rossi, che a fine gara farà un giro di campo per ringraziare i suoi tifosi, accompagnato dai compagni di squadra. Sulla maglia di tutti ci sarà una patch con stampata l’esultanza, stilizzata, del derby vinto 2-0 nella stagione 2010-11 in cui De Rossi si arrampica sulla vetrata della curva Sud. In tribuna saranno presenti gli amici del settore giovanile, i classe ’83 che con lui hanno giocato da bambini fino alla Primavera, e la famiglia: la moglie Sarah con i figli, papà Alberto e mamma Michela continueranno poi privatamente i festeggiamenti.


Il saluto a De Rossi è una corsa d'amore

LA GAZZETTA DELLO SPORT - «Tutto quello che amo è qui, sarebbe così difficile per me se dovessi cambiare. Io vivo per questa società, lasciarla sarebbe un dramma». Il nastro della vita di Daniele De Rossi viene riavvolto di un bel po’, fino alla fine del 2012, quando rilasciò una lunga intervista al New York Times in cui si espresse così. Nel frattempo sono cambiate tante cose nella testa e nella vita del capitano della Roma. Ma, probabilmente, quel sentimento di paura è rimasto intatto. E De Rossi, forse, la inizierà a vivere davvero solo da oggi. Quando scenderà in campo sul prato di Trigoria per l’ultimo allenamento della sua vita giallorossa. O quando svuoterà l’armadietto che lo ha accompagnato per anni, anche se poi a Trigoria ci tornerà dopo le vacanze estive per prendersi un po’ tutto. Insomma, se il dramma probabilmente è stato metabolizzato da un po’, l’ansia quella non va via. Non può andare via. Per quello che vale come uomo e come giocatore. E per quello che vive lui sentendosi giallorosso. [..]  È anche per questo che domani Daniele giocherà con la sua fascia e non con quella della Lega, dopo le polemiche di inizio stagione. «Già, entrerà com quella e se ci sarà una multa da pagare la pagherò io. Daniele merita la standing ovation di tutto l’Olimpico». Standing ovation che ci sarà quando Ranieri lo richiamerà in panchina e al suo posto farà entrare Alessio Riccardi, il talento più fulgido del vivaio giallorosso. Quasi un passaggio di consegne ideale... Più o meno la stessa ovazione che gli hanno riservato anche i compagni giovedì sera, nella cena d’addio in un noto ristorante del centro di Roma, tutta a base di sushi e sashimi. Lì Daniele ha fatto un discorso, parlando sostanzialmente di cosa ha significato per lui essere il capitano della Roma. Il loro capitano, rivolto ai compagni di squadra. Sottolineando ancora una volta che avrebbe voluto continuare, gli sarebbe piaciuto esserlo ancora almeno per un anno. E che ha voglia ancora di provare l’ultima sfida, l’ultimo giro di rumba, magari dalle parti di Buenos Aires, dove lo aspettano il Boca Juniors e Nicolas Burdisso, un amico con cui De Rossi ha ancora legami molto profondi. [..]