Serie A, Bologna-Sassuolo 2-1. Destro porta a casa la vittoria al 96'

Finisce con una vittoria in extremis la gara delle 18:00 tra Bologna e Sassuolo. I padroni di casa passano in vantaggio al 68’ di gioco grazie alla rete di Pulgar. Nell’extra time il Sassuolo accorcia le distanze con il gol di Boga, inizialmente annullato, ma poi confermato dal VAR al 92’. Quando ormai il cronometro segna il 96’ Mattia Destro la chiude consegnando la vittoria alla squadra di Mihajlovic.


Serie A, Inter-Lazio 0-1. Biancocelesti a tre punti dal quarto posto con una gara da recuperare

Alla Lazio basta un gol di Milinkovic-Savic al 13’ di gioco per battere l’Inter a San Siro. Gli uomini di Inzaghi agganciano l’Atalanta, superano la Roma e si portano a tre punti dal quarto posto con una partita in meno.


Roma-Napoli, quanti doppi ex!

INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Geograficamente tanto vicine, un tempo con tifoserie addirittura gemellate, in grado di dare vita a splendide coreografie durante i cosiddetti ‘derby del sole’: Roma e Napoli, contraddistinte storicamente da un rapporto di amore e odio, hanno visto anche molti calciatori e allenatori avvicendarsi con le casacche o sulle panchine di entrambe.

Su tutti, probabilmente, il caso più rilevante porta al ‘Fornaretto’ di Frascati Amedeo Amadei. Nella Capitale era l'idolo della folla, tanto veloce sulla bici con la quale sbrigava le consegne da ragazzino, quanto sul campo di calcio. In giallorosso visse praticamente tutta la sua carriera, dal '36 al '48, vincendo uno scudetto e segnando la bellezza di 116 gol. Famosa fu la sua richiesta all'Inter di non schierarlo contro la sua ex squadra, qualora quest'ultima avesse navigato in acque torbide, quando si rese necessaria la sua cessione ai nerazzurri. Quello che però non farà a Milano, finirà col realizzarlo negli anni partenopei, dove si trasferì nel 1950 per chiudervi la carriera sei stagioni più tardi. Nel mezzo si ritrovò a decidere proprio un Napoli-Roma, il 9 marzo 1954. Ma nessuno gliene fece una colpa.

Negli anni vissuti alle pendici del Vesuvio, Amadei si ritrovò oltretutto in compagnia di un altro doppio ex, che con lui aveva alzato il tricolore nella Città Eterna. Rispondeva al nome di Naim Krieziu, probabilmente una delle ali più forti si siano mai viste da queste parti. A Roma era arrivato dalla sua Tirana nel '39, per restarvi otto anni, finché il Napoli non mise sul piatto la bellezza di 18 milioni di lire, che nell'estate del 1947 ne decretarono il cambio di casacca. Fu una parentesi di cinque stagioni, le ultime, prima di appendere gli scarpini al chiodo e tornare a vivere in quella Capitale che ormai era diventata più di una seconda casa.

Nello stesso arco temporale di Amadei e Krieziu, anche Bruno Pesaola scorrazzava per l'Italia in cerca di successo e a portalo dall'altra parte del Mondo fu proprio la Roma, che nel 1947 lo acquistò dal Sportivo Dock Sud di Avellaneda. Soprannominato "Petisso", per la sua statura ridotta, in giallorosso visse tre stagioni, volando poi a Novara e approdando successivamente a Napoli, nel '52. Alla città partenopea Pesaola si legherà più di qualunque altro luogo, tanto da arrivare a definirsi un "napoletano nato all'estero" e di ritornaci per ben tre volte durante una carriera da allenatore ben più importante da quella passata sul campo, con la conquista di uno storico scudetto a Firenze e un altrettanto epocale Coppa Italia proprio in quella Napoli che ne aveva rapito il cuore. 

Diversi anni più tardi, la doppia esperienza toccherà ad Andrea Carnevale, nativo di Latina e cresciuto al Fondi, dal quale poi pellegrinerà per diversi anni, prima di trovare l'affermazione in terra borbonica. Lì Carnevale approdò nell'estate del 1996, vivendo in pieno l'epoca Maradona e vincendo due scudetti, una Coppa Uefa e una Coppa Italia. Quando gli azzurri decideranno di privarsene approdò a Roma, raggiungendo quell'Ottavio Bianchi che da Napoli aveva dovuto far i bagagli appena una stagione prima, in aperto contrasto con il Pibe de Oro, alias Diego Armando.

Alla lista va aggiunto anche il nome di Roberto Policano, svezzato dal Genoa e tornato nella Capitale dal quale era partito come soprannome di "Rambo" e la fama di non lesinare mai nei contrasti. Non lo fece neanche in giallorosso, così come a Torino poi e a Napoli ancora dopo, dove incrociò la strada di un altro futuro romanista: Daniel Fonseca.

Condotto in Italia dal Cagliari, in maglia azzurra l'uruguagio trascorse solo due stagioni, ma fece in tempo a restare nei ricordi per la prestazione con la quale consentì al Napoli di battere il Valencia in Coppa Uefa. Risultato finale 5-1, unico marcatore proprio il "Conejo". A Roma arrivò invece nel '94, pagato la bellezza di 17,5 miliardi di lire più il cartellino di Benito Carbone. Per un altro doppio ex come Carlo Mazzone era la pedina ideale da inserire in attacco insieme a Balbo e Cappioli. "Er Magara" fu profetico e tutti e tre decisero un derby mai dimenticato. Fu la stracittadine del "tre" di Peppe Giannini sotto la Sud, appena prima di lasciare la sua Roma e passare anche per Napoli, così come con qualche anno di anticipo avevano fatto Sebino Nela e Francesco Moriero.

A questi poteva aggiungersi anche Bruno Conti, per tanto tempo corteggiato da un certo Maradona, che in lui vedeva un partner ideale e una possibile spalla con la quale alzare trofei. Sicuramente aveva ragione l'argentino, ma da Roma Bruno non si è mai mosso. Lì sarebbe stato solo Conti, qui era anche MaraZico.


InsideRoma Daily News | La Roma perde 4-1 con il Napoli. Martedì la conferenza stampa di Ranieri pre-Fiorentina. Manolas: "Napoli superiore a noi in tutto"

NOTIZIE DEL GIORNO | 31 marzo 2019

QUI ROMA

La Roma perde in casa contro il Napoli per 4-1. Milik punisce i giallorossi dopo appena due giri di lancette e, nonostante il momentaneo 1-1 alla fine del primo tempo, raggiunto grazie al rigore trasformato da Perotti, una bruttissima Roma crolla sotto i colpi di Mertens, Verdi e Younes che chiudono il conto. La Roma perde quota in classifica e compromette forse definitivamente la possibilità di arrivare tra le prime quattro a fine campionato.

Manolas, ammonito nel corso della gara, salterà la partita di mercoledì sera contro la Fiorentina.

La squadra riprenderà gli allenamenti domani mattina alle 11, mentre Claudio Ranieri interverrà in conferenza stampa nella giornata di martedì 2 aprile.

INTERVISTE

Ranieri: "E' difficile aiutarli a lavorare. Stiamo cercando di fare di tutto"

Manolas: "E' stata una brutta sconfitta contro un avversario che ha meritato il risultato, stavano meglio di noi in tutto"

 


Roma-Napoli è anche Barella

INSIDEROMA.COM – SARA BENEDETTI – Autore di una grande prestazione ieri sera nella vittoria corsara del suo Cagliari a Verona, Nicolò Barella sembra far appetito a molti club, tra questi sicuramente Roma e Napoli. Ecco perché la sfida alla Roma non è solo sul terreno dell'Olimpico, ma anche sul mercato. Il Napoli non ha mai mollato Nicolò Barella: ma, la presa sul ventiduenne sardo non l'hanno attenuata né la Roma né l'Inter. Ancelotti, anche dopo la chiusura del mercato, ha continuato a manifestare tutto il suo gradimento per il calciatore, si è mosso per far comprendere la bontà del progetto Napoli, ponendo a garanzia la sua stessa presenza. In tal senso, il Cagliari non rappresenta un ostacolo: il club del presidente Giulini è consapevole di perdere il centrocampista a fine stagione. Vero che l'idea è di portare sull'isola circa 60 milioni, ma non è detto che l'accordo non si possa trovare con l'inserimento di contropartite che abbassi la cifra cash. Lo scoglio sul quale si sta scontrando il desiderio di Ancelotti di portare Barella alle sue dipendenze è legato ad una forte perplessità del mediano ad accettare Napoli: Barella ha spiegato al suo entourage, capeggiato dall'agente Alessandro Beltrami, che vuol restare in Italia (spegnendo le sirene della Premier, sponda United e Chelsea ndr), ma che preferisce Milano o Roma. Ad oggi Napoli non è piazza gradita. Se il salario proposto dal Napoli sarà superiore a quello di Inter e Roma, potrebbe iniziare a cambiare qualcosa.

UN PREDESTINATO – Appena 22 anni eppure già con le spalle larghe. Dal gol in Nazionale contro la Finlandia fino al suo Cagliari. In questa stagione con la maglia degli isolani un gol e due assist e tanta tanta personalità. Sempre presente in ogni fase di gioco, dalla costruzione dell’azione fino al recupero palla dove risulta uno dei migliori nell’intera Serie A. La Roma studia il modo per arrivare a Barella e nelle ultime ore si è paventata anche la possibilità di cedere Lorenzo Pellegrini. Come riferito da Radio Radio per il giocatore il club giallorosso avrebbe già presentato un'offerta da 35 milioni al Cagliari, derivanti dalla cessione di Lorenzo Pellegrini. La chiave per arrivare al centrocampista sarebbe, oltre alla cessione del numero 7 giallorosso, l’equivalente della metà del valore del cartellino di Luca Pellegrini e più il 50% del valore del cartellino di uno dei giovani della Primavera. Una cosa è certa, prima di cedere Lorenzo Pellegrini la Roma ci penserà bene. Non è da escludere che si tenti il colpo Barella, anche senza privarsi del talento consacratosi a Sassuolo con Eusebio Di Francesco.


Batistuta: "Volevo vincere uno Scudetto, per questo ho lasciato la Fiorentina per la Roma"

GAZZETTA DELLO SPORT - Il Re Leone all’ombra del David. Tutto è pronto per la festa dei 50 anni di Gabriel Batistuta,domani in piazza Signoria. «Ho dato tanto ai fiorentini ma Firenze ha dato di più a me. Volevo vincere lo scudetto con la maglia viola e conquistare il Mondiale con la Selección. Sono stato tanti anni arrabbiato con me stesso per aver fallito questi due traguardi. Ora ho ritrovato un pizzico in più di serenità e mi godo la vita» (...)

E dello scudetto vinto a Roma?

«Se avessi conquistato il titolo a Firenze non me ne sarei mai andato. Ma volevo vincere uno scudetto e ho accettato la sfida della Roma. Dimostrando a me stesso che potevo essere importante anche in un club che aveva tanti grandi giocatori».


Occasione Schick: "E' un talento, può diventare una stella mondiale"

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Abbiamo un sogno. Che col calcio c’entra solo parzialmente, ma che grazie al calcio può avere ali robuste per diffondersi. A prescindere da come finirà Roma-Napoli, immaginate se domani, 31 marzo, Patrik Schick facesse gol e lo dedicasse non alla famiglia o alla fidanzata (troppo banale, no?), bensì a Milan Kundera, il più celebre scrittore ceco dei nostri giorni, che il primo aprile compirà 90 anni. Storico: il baby talento della Repubblica che accende un potente riflettore – come solo il pallone sa fare – sulla «insostenibile leggerezza dell’essere» scrittori nei nostri giorni tiepidi. La Roma ne guadagnerebbe in fascino e forse lo stesso 23enne attaccante potrebbe incamerare sicurezza in se stesso. Perché di doti ne ha di sicuro, come certifica anche il c.t. della sua nazionale, Jaroslav Silhavy. «Schick è un grande talento, e ora con il nuovo allenatore nella Roma sembra che possa avere più spazio. Ha giocato bene nelle ultime gare, può crescere ancora e diventare un grande calciatore, una stella del calcio internazionale, ne sono convinto».

RANIERI E L’ATTACCO E allora la palla passa a Claudio Ranieri, chiamato a trasformare il brutto anatroccolo di quasi due stagioni giallorosse (appena 5 gol in 41 partite di campionato) nel cigno delle speranze romaniste, abbagliate dal fatto di essere stato l’acquisto più caro della storia del club (42 milioni). Contro il Napoli quindi toccherà a lui, forse ancora più responsabilizzato del consueto, visto che Dzeko non è al meglio per via del problema muscolare occorsogli in nazionale, El Shaarawy è fermo per infortunio e Under tornerà in panchina dopo più di due mesi di assenza. D’altronde, visto che la tecnica che l’attaccante ceco dimostra di avere è indiscutibile (per informazioni, notare il colpo di tacco con cui ha mandato in gol un compagno in nazionale), quello che Ranieri chiede a lui e ai suoi compagni è innanzitutto una cosa: avere carattere. E proprio per stimolarli, dopo il k.o. con la Spal aveva usato parole taglienti. «Ho usato una comunicazione forte – spiega il tecnico – e mi aspetto una risposta forte, un allenatore non fa nulla per nulla. Voglio cose importanti dai calciatori che giocano nella Roma, risposte di carattere e personalità. Io credo che questa squadra abbia le potenzialità per lottare per entrare in Champions League. Le altre, davanti e dietro, spingono forte. Quindi mi auguro che i miei reagiscano forte alle avversità dell’ultimo periodo».

MULTA DOPPIA Proprio per questo non fa drammi sulla lite di Ferrara tra El Shaarawy e Dzeko, che costerà ad entrambi la multa (anche se al Faraone solo simbolica, mentre il bosniaco è dovuto passare dalle scuse pubbliche). «È uno scazzo normale che avviene in ogni famiglia, ora è tutto a posto. La sostituzione di Stephan all’intervallo non è stata punitiva. Avevo già parlato con lui prima, gli avevo chiesto determinate cose come quarto di sinistra di un 4-4-2. Non facendole e avendo già in mente di mettere Perotti, ho fatto questo cambio. Solo una motivazione tattica; non riguardava la discussione che hanno avuto».

TUTTO O NIENTE Ecco, e se Ranieri giura di non aver mai pensato «Chi me l’ha fatto fare?» («Mai. La Roma l’ho sempre seguita, anche da lontano. Sapevo dove venivo, sapevo che era una situazione eccezionale»), a fine stagione toccherà a Schick ammettere se quel concetto gli ha attraversato la mente, perché questo ottovolante di speranze e delusioni vissute in maglia giallorossa finora gli abbia nuociuto. Perciò, se non ora quando? E poi, dove troverà un altro come Ranieri che, fin dal primo giorno, ha puntato pubblicamente sulla coppia composta da lui e Dzeko? Insomma, a cominciare da domani, meglio non deluderlo. Altrimenti, inizierà davvero «il valzer degli addii». A pensarci bene, proprio come scriveva Milan Kundera.


La Raggi non cita lo stadio ma dice: "Si va avanti"

GAZZETTA DELLO SPORT - PICCIONI - Non ha parlato dello stadio della Roma, Virginia Raggi. In una giornata da corrida nell’aula Giulio Cesare, con le opposizioni scatenate nel chiedere le sue dimissioni e la seduta ripetutamente sospesa, la Sindaca ha preferito tenere da parte Tor di Valle. Anche se in quel «noi vogliamo andare avanti e lo faremo come sempre a testa alta, abbiamo gli anticorpi per resistere a questi attacchi e lo abbiamo dimostrato», le parole con cui ha introdotto il dibattito in Campidoglio, c’è probabilmente anche il progetto stadio. Su cui, dopo l’inchiesta «congiunzione astrale» con l’arresto del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, sono in corso le «verifiche», la cosiddetta due diligence, per scongiurare il pericolo che alcuni atti amministrativi possano risultare inquinati.

DA UN’ALTRA PARTE A tornare alla carica sul no a Tor di Valle sono stati invece Cristina Grancio e Stefano Fassina, i due consiglieri che hanno firmato una proposta di delibera per «l’annullamento dell’interesse pubblico». Per ora il documento si trova all’attenzione dei Municipi, ma alla fine del prossimo mese potrebbe arrivare in Aula. «Secondo noi prima della variante urbanistica». I due precisano che nella proposta, al secondo punto c’è l’invito ad individuare un’altra area per la costruzione della stadio giallorosso. «E nel dibattito porteremo anche degli amministrativisti super partes - dice Fassina - per dimostrare che non c’è alcun rischio di risarcimento». Ma è chiaro che uno stop a Tor di Valle significherebbe rifare se non tutto, molto da capo. «Tre anni? Se le cose si fanno bene molto meno», dice la Grancio, che proprio sullo stadio ha rotto con i 5 Stelle. 5 Stelle che il capogruppo Gianluca Pacetti assicura «compatti». Anche se si moltiplicano le voci sulla consistenza della fronda dei dubbiosi pentastellati sul fronte stadio.

NIENTE FIRMA Intanto, l’inchiesta dei pm prosegue. L’avvocato Camillo Mezzacapo, finito in carcere con l’inchiesta «Congiunzione astrale», cerca di smontare le accuse: «De Vito tagliava solo nastri, non aveva potere. E Parnasi l’ho visto solo tre volte in vita mia». Mentre è stato revocato l’obbligo di firma per il consigliere regionale Michele Civita, coinvolto nella prima inchiesta, l’operazione «Rinascimento». Per i pm aveva chiesto una raccomandazione per il figlio a Parnasi. Che aveva però precisato ai pm: «Civita ha fatto sempre gli interessi dell’amministrazione e l’episodio è avvenuto quando la conferenza dei servizi era stata già chiusa».


Allerta alta, ma saranno soltanto 300 i tifosi ospiti

GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - L’Allerta è sempre alta perché i rapporti tra le tifoserie di Roma e Napoli erano e restano molto tesi, e il gemellaggio negli anni del derby del sole è ormai solo un ricordo. All’Olimpico, però, domani non ci sarà il pubblico delle grandissime occasioni, anche se, per come è andata la stagione della Roma, 40mila presenze scarse non sono poche. Le misure di sicurezza saranno importanti, anche se i tifosi del Napoli non arriveranno a 300, nonostante la vendita del settore ospiti fosse vietata ai soli residenti nel capoluogo e provincia (non nella Regione). I cancelli apriranno alle 13, e il consiglio è quello di arrivare in anticipo (pur essendo giorno festivo e con la partita alle 15) perché i controlli agli ingressi saranno accurati e dettagliati. Partita dal sapore speciale per il nuovo Questore Carmine Esposito, che aveva debuttato nel derby e si troverà a dover gestire il suo primo Roma-Napoli, lui che nella città campana è nato e cresciuto.

SICUREZZA Circa 800 gli steward impegnati, stesso numero da parte delle forze dell’ordine, ai tifosi ospiti si raccomanda, come in passato, di non ostentare bandiere e sciarpe nei luoghi di solito frequentati dai romanisti. In ogni caso, Polizia e Carabinieri hanno predisposto un piano di accesso allo stadio per evitare che le due tifoserie entrino in contatto, con ingressi ed uscite dallo stadio separate, sia come percorso che come orari.


La Roma attiva l'unità di crisi

MESSAGGERO - TRANI - La Roma di oggi, vale la pena ribadirlo a chi considera la stagione già finita, ha la priorità su quella di domani. A tenerlo ben presente deve essere chi quotidianamente vive nello spogliatoio di Trigoria: l'allenatore e i giocatori. A prescindere da quale sarà il futuro di ognuno di loro dopo il 26 maggio. Mancano 10 partite al traguardo e la zona Champions, con 30 punti a disposizione, è sempre lì, ad aspettare i giallorossi che, nonostante i 7 ko e soprattutto i 16 punti lasciati alle formazioni di bassa classifica, restano ancora in corsa: il Milan quarto (in vantaggio, però, anche negli scontri diretti), è a 4 punti e l'Inter terza a 6. Niente di scritto, dunque, ma comunque 2 rivali messe meglio (possono aumentare a 3 se la Lazio, nel recupero del 17 aprile, batte l'Udinese: Inzaghi salirebbe al 4° posto, con 1 punto più di Ranieri).

NESSUN ALIBI - L'allenatore, nel discorso di giovedì che è stato poi simile a quello di Ferrara dopo la sconfitta contro la Spal, è stato inequivocabile con i suoi interlocutori: basta personalismi e isterismi. La Roma, in evidente crisi psicofisica, non si può più permettere di schierare calciatori che vanno per conto loro. In campo e a quanto pare anche fuori. L'interesse personale deve restare nel privato. Fondamentale, negli ultimi 2 mesi di un'annata che rischia di diventare fallimentare non per la società e per i calciatori, sarà privilegiare quello collettivo. Manca da tempo il comportamento di squadra: netta la spaccatura tra i reparti, scarsa la collaborazione tra gli interpreti e minima l'aggressività dei singoli. I giallorossi sbagliano spesso l'approccio e faticano a restare in partita. Ultimamente danno l'impressione di arrendersi davanti a qualsiasi episodio. Non conta il sistema di gioco (adesso il 4-4-2). Bisogna invertire la rotta, cambiando il trend e in fretta. A giudicare, oltre al tecnico in panchina, sarà il pubblico dell'Olimpico. Domani contro il Napoli e mercoledì sera contro la Fiorentina.

RACCOLTO IN FOTOCOPIA - Ranieri, chiamato per fare il traghettatore, non ha scaricato nessuno. Ha cercato solo di responsabilizzare i giocatori per il finale di stagione. Concetti semplici, di mestiere. Non duri, perché potrebbero diventare controproducenti per il suo lavoro. Ha insomma bisogno del gruppo. Dei senatori e anche dei più giovani. Anche lui vuole riabilitarsi. La sua stagione è simile a quella vissuta dalla Roma: 12 sconfitte a testa. L'allenatore è arrivato a Trigoria dopo aver perso 11 partite (su 17) in Inghilterra (10 in Premier e 1 in coppa), rendimento che gli è costato la panchina del Fulham. Sono stati 11 (in 36 match) i ko di Di Francesco (6 in campionato, 4 in Champions e 1 in Coppa Italia). Insieme, il tecnico e i giallorossi, sono caduti a Ferrara.

CONTROLLORE A TRIGORIA - In campo, ieri mattina, con il vicepresidente Baldissoni anche il preparatore Ed Lippie, fedelissimo di Pallotta. Che ha chiesto all'americano, già passato da Trigoria in questa stagione almeno 2-3 volte, di dare un'occhiata al lavoro atletico della nuova gestione. Il presidente definì «stupidi» gli infortuni che hanno penalizzato la Roma in campionato e nelle coppe, criticando i metodi di Di Francesco e dei suoi collaboratori. Ecco perché, approfittando della presenza del suo amico preparatore in Europa, gli ha chiesto la cortesia di vigilare per qualche giorno sugli esercizi dei giocatori. Pure la proprietà Usa, insomma, pensa al presente. Dà l'esempio. Il futuro può attendere. Come il paradiso, senza la Champions. Ma, qualsiasi sarà il piazzamento, la Roma comunque è da rifare (e stavolta bene): allenatore, ds e squadra cercasi.


Ranieri: «Mi aspetto una reazione forte, Olsen ha la mia piena fiducia»

MESSAGGERO - CARINA - Carota, bastone, di nuovo carota. Il Claudio furioso post-Ferrara è un lontano ricordo. Quello che si approccia alla gara con il Napoli - anticipando la conferenza stampa di un giorno («Preparare una partita non è uno scherzo e stando all'estero mi sono abituato a farla due giorni prima, così dico anche meno») - dispensa una serenità tale che se la squadra ne assorbisse anche la metà, riuscirebbe sicuramente a scrollarsi di dosso le polemiche che la circondano. Ranieri torna di colpo il buon padre di famiglia che avevamo (ri) scoperto il giorno della presentazione. Ad ascoltarlo, i problemi palesati dopo il ko con la Spal sono un lontano ricordo. Quel «non siamo stati squadra» è rimpiazzato dal fatto che in settimana ha visto «i giocatori belli propositivi, tutti vogliono giocare. Per un allenatore è una soddisfazione». Lo screzio che ha portato Dzeko e El Shaarawy prima alle mani e poi a essere multati (il Faraone soltanto simbolicamente) è retrocesso a «uno scazzo normale che avviene in ogni famiglia, è tutto a posto». A tal punto che la sostituzione nell'intervallo del nazionale azzurro viene attribuita a motivazioni tattiche: «Avevo già parlato con Stephan e gli avevo chiesto alcune cose, non facendole ho deciso di fare il cambio. Non è dovuto alla discussione». Le perplessità sul portiere palesate nel giorno del suo insediamento («Chi gioca? Vedremo») fanno invece spazio ad una carezza mediatica per Olsen: «Per me Robin è un buonissimo portiere, ha la mia fiducia». Claudio gioca a fare il normalizzatore consapevole che il messaggio che voleva inviare al gruppo è già stato recapitato. E quando gli fanno notare questa bipolarità nelle dichiarazioni, deve ammettere: «Un allenatore non fa nulla per nulla. Ho fatto una comunicazione forte, mi aspetto una risposta forte. Io credo nella Champions». La palla passa quindi al gruppo, dal quale si aspetta «una grossa risposta di carattere e di personalità».

CAUTELA E PAZIENZA - Tre gare in sei giorni non sono facili da preparare. Soprattutto sapendo di non poter sbagliare e avendo una rosa con tanti calciatori che ancora non stanno bene: «Stanno tornando un po' tutti a disposizione anche se non sono al 100%. Devo valutare tutte le risorse che ho a disposizione. Non mi piace mai rischiare di perdere un giocatore per 3-4 partite, è la mia filosofia. Valuterò ogni scelta». Soprattutto quella legata al rientro di Manolas: «Lui vuole giocare, ma valuterò io - conclude Ranieri - Ho diversi giocatori che stanno rientrando, ma non potrò mettere tutti insieme i reduci da infortuni». Anche perché il Napoli è una squadra che corre: «È cambiato molto con Carlo, che mi farà piacere salutare. Ora giocano molto più in verticale e vanno subito al dunque, mettendo la palla agli attaccanti. Dobbiamo essere molto attenti alle linee. Pressare? Sì, ma si fa pressing quando hai 90 e passa minuti di pressing offensivo nelle gambe. Altrimenti bisogna stare attenti». Traduzione: non aspettiamoci una Roma all'arrembaggio.


Kluivert: "Giocare a Roma è un modo per esplorare il mio potenziale"

Justin Kluivert ha parlato alle pagine di Sportweek della sua esperienza alla Roma. Ecco le dichiarazioni dell'olandese:

"La fiducia io la sento se mi riesce il primo dribbling ma è anche legata all’immagine di me che riesco a trasmettere ai compagni, di positività di brillantezza. In questo senso i miei modelli sono Cristiano Ronaldo e Neymar”.

Chi preferisci tra i due?

"Ronaldo. Mio padre è stato un idolo, ma CR7 rappresenta il mio modello di calciatore".

Tuo padre ha detto che forse avresti fatto bene a restare all’Ajax un’altra stagione…

Non sono d’accordo e credo nemmeno che volesse lanciarmi un messaggio di questo tipo. Nel caso sarebbe la sua opinione e la rispetto. Ma resto convinto di aver fatto la scelta giusta e credo che una svolta positiva per me ci sia già stata da un mese a questa parte. Giocare a Roma è anche un modo per esplorare il mio potenziale di uomo e di calciatore e la mia libertà.

Pensavi sarebbe stato più facile adattarsi alla Serie A?

Mi sono confrontato con un calcio più tattico rispetto a quello cui ero abituato. Devo essere più esigente con me stesso perché so che posso tirare fuori molto di più. E devo imparare a togliermi qualche pressione da dosso.

Quanto incide sul tuo carattere il fatto di chiamarti Kluivert?

Zero. Per me è normale essere come sono, affrontare il calcio e la vita cercando di migliorami e di fare felici le persone che mi stanno intorno.

Cosa avresti fatto nella vita se non il calciatore?

Non ci ho mai pensato. Avrei continuato con la scuola probabilmente. Negli anni del liceo ho seguito pure un corso di cucina, che ho superato brillantemente.

Tu curi molto il tuo look?

Fuori dal campo scelgo un modo di vestire giovane, fresco. Quando vengo all’allenamento preferisco un outfit più comodo, sportivo; di sera mi piace indossare una giacca abbinandola a camicia e pantaloni giusti. Un abbigliamento non troppo formale, quasi sempre senza cravatta. In campo sento di essere elegante quando riesco ad esprimere il mio stile di gioco. Per riuscirci devo sentirmi comodo, a mio agio.

Vivi da solo?

Sì, ma ho sempre casa piena di gente. Seguo la tradizione di famiglia.

In campo hai paura?

Se scendi in campo avendo la paura addosso non riuscirai mai ad esprimerti al meglio. Altro discorso sentire il giusto livello di tensione, quella non deve mai mancare. Nella vita cosa mi fa paura? Il mostro sotto al letto.