Fake News o verità? Dalla Francia altre conferme: Il Qatar Fund vuole il club
LEGGO - BALZANI - Tra smentite e conferme non ufficiali l’intrigo Qatar si fa sempre più interessante. Ieri, infatti, l’Equipe ha rilanciato la notizia (bollata come “fake news” da Pallotta) di un interessamento concreto della Qatar sport investment per il pacchetto di maggioranza della Roma. Il quotidiano francese ha rilanciato l’indiscrezione e aggiunto: «Non è stata presentata un’offerta ufficiale, ma esiste l’interesse del Qatar e probabilmente del QSI. I consulenti e gli esperti del Qatar Investment Fund, presieduto da Nasser al-Khelaifi, stanno studiando il caso e la sua fattibilità». Altre conferme sono arrivate tramite Centro Suono Sport. Una fonte interna al fondo arabo avrebbe svelato all’emittente l’esistenza di una trattativa ‘long shot’, per la quale quindi ci vorrebbe qualche mese. L’affare rientrerebbe in un piano d’investimento che riguarda non solo la Roma, ma parte del comune di Fiumicino.
Paratici su Rabiot e Manolas: il futuro bianconero è iniziato
LA REPUBBLICA - CARDONE - Dalla Champions alla Champions, la Juve già programma il futuro. Da tempo Fabio Paratici, l’uomo-mercato bianconero, è al lavoro per migliorare una squadra fortissima ma che va rinnovata e ringiovanita. A partire dal centrocampo): preso il jolly Ramsey (contratto fino al 2023, ingaggio da 7 mili-ni a stagione più bonus), Paratici è in pressing per un altro campione in scadenza: Adrien Rabiot, 24 anni, formidabile mezzala moderna del Psg. Il club francese ha provato più volte a fargli rinnovare il contratto, ma la temutissima madre-agente, Veronique, non ne ha voluto sapere. A gennaio era praticamente fatto l'accordo con il Barcellona, poi l'ennesimo rilancio dei Rabiot ha sfiancato perfino la paziente dirigenza catalana. La pista è ancora valida, certo, ma nel frattempo Paratici è tornato all'assalto: servono più dei 10 milioni a stagione promessi dal Barca e la Juve del d.C. (dopo Cristiano) è ormai in grado di garantire simili stipendi. Più commissioni a livello Emre Can, preso l'estate scorsa dal Liverpool a parametro zero ma con 16 milioni versati ai suoi rappresentanti, E Rabiot si sta lasciando convincere, i segnali sono positivi: giocare con CR7 è prospettiva che affascina anche i talenti più contesi. Il francese lo è, perché a lui pensa pure il Real: quando può fare un dispetto ai rivali del Barca, Florentino Perez è sempre prontissimo. Ma per quel ruolo, Zidane ha chiesto Pogba e probabilmente lo otterrà, con il laziale Milinkovic come alternativa.
Ovviamente Paratici si muove su più tavoli, come dimostra il famoso "pizzino" lasciato in un ristorante milanese a fine gennaio. Per esempio piace ancora, e molto, il giovanissimo Tonali, regista del Brescia, così come nella lista della spesa - per lo stesso ruolo di Rabiot - c'è Zaniolo, il cui prezzo nel frattempo è andato ben oltre i 40 milioni scritti in quel foglietto. La Roma però è intenzionata a blindare il suo gioiello, le trattative per il rinnovo procedono e non sarà facile strapparlo ai giallorossi, almeno nel prossimo mercato. Diverso il discorso per Kostas Manolas, 28 anni a giugno: il suo contratto ha una clausola di rescissione da 36 milioni che favorisce i piani dei bianconeri. Tanto più che il regista dell'operazione è Mino Ralola, agente da anni vicino alla società di Agnelli. Per lo stesso ruolo di Manolas, già prenotato a gennaio Romero del Genoa. Resta caldo il nome di Savic, centrale dell'Atletico Madrid con un passato alla Fiorentina. Della rosa viola di oggi, è Federico Chiesa il giocatore più desiderato dalla Juve. L'asta con Inter e Roma è già partita, la certezza è che l'attaccante azzurro in estate lascerà Firenze e i bianconeri tenteranno di piazzare l'ennesimo colpo. Nel "pizzino" di Paratici, il numero scritto accanto al nome di Chiesa era 50, in realtà di milioni ne servivano 70 l'anno scorso e forse 80 quest'anno: un investimento che non potrà prescindere dalla cessione di Dybala allo stesso prezzo, in Liga o Premier se l'argentino non si farà convincere dall’Inter. I nerazzurri lo scambio con Icardi lo farebbero subito, ma l'esplosione di Kean può modificare i progammi di Paratici. Però i contatti con Wanda Nara proseguono, quindi la pista non è stata abbandonata, anzi: tutto è ancora aperto, il tormentone Maurito vivrà altri capitoli intriganti e la Juve c'è.
Milan, ancora guai: deferito per i bilanci in rosso
IL MESSAGGERO - RIGGIO - Ancora guai per il Milan. La Camera di Investigazione Uefa per il Controllo Finanziario dei Club ha deferito i rossoneri alla Camera Arbitrale per il mancato rispetto del pareggio di bilancio nella stagione 2018-19 e riguardante gli esercizi conclusi nel 2016, 2017 e 2018. Include quindi, in parte, conti già giudicati: il bilancio 2016 da -74,9milioni di euro e quello del primo semestre del 2017 da -32,6milioni di euro. Senza dimenticare che la gestione di Yonghong Li (1 luglio 2017-30 giugno 2018) si è chiusa con un rosso spaventoso: -126milioni. La società fa filtrare tranquillità, in quanto si tratta di «un passo formale obbligato nel percorso ancora lungo con la Uefa»,ma la situazione è comunque pericolosa. Già il 14 dicembre 2018 la Camera giudicante, per il triennio 2014-2017, aveva inflitto al Milan 12milioni di euro di multa, limiti alla rosa nelle coppe europee 2019-2020 e 2020-2021 e la necessità di raggiungere il pareggio del bilancio entro il 30 giugno 2021. Per questa decisione in via Aldo Rossi si sono appellati al Tas di Losanna, che non ha ancora fissato la data del dibattimento. Tra Uefa e Milan non c’è dialogo, si rischia il muro contromuro,ma il club cosa rischia? Altre sanzioni, sempre più pesanti. Sullo sfondo resta anche l’esclusione dalle coppe europee.
Quel talento sregolato che piace anche a Totti
IL MESSAGGERO - SATTA - Un successo c'è già: è la benedizione del Capitano. «Abbiamo mostrato il film in anteprima assoluta a Francesco Totti. E lui, alla fine, ci ha detto di aver riconosciuto il mondo del calcio. Alla proiezione c'era anche la moglie Illary che aveva gli occhi lucidi e ci ha scritto poi un bellissimo messaggio. Porteremo al cinema il nostro primogenito Christian, capirà molte cose, ci ha promesso la coppia d'oro del calcio italiano. Se Totti avesse bocciato il nostro lavoro, avremmo rinunciato a uscire nelle sale», raccontano ancora emozionati i registi Sydney Sibilia e Matteo Rovere che questa volta hanno il ruolo di produttori: il loro film Il campione, diretto dall'esordiente Leonardo D'Agostini, interpretato magnificamente da Stefano Accorsi e Andrea Carpenzano, sbarcherà nei cinema il 18 aprile. E sarà destinato a portare una ventata di originalità e professionalità nel cinema italiano, troppo spesso ripetitivo e penalizzato da sceneggiature zoppicanti.
L'AMICIZIA «Abbiamo voluto raccontare la storia di una rockstar: e in Europa le vere rockstar sono i calciatori», spiega il regista, romano «e romanista», 41 anni. Storia di formazione, ritratto di una bella amicizia, scambio di esperienze e sentimenti, il film ruota intorno a un attaccante della Roma, giovanissimo e arrogante, vergognosamente ricco e viziato (il 23enne Carpenzano) che, dopo l'ennesima bravata, una rissa in discoteca, viene costretto dalla Società sportiva a studiare con un professore (Accorsi, 48) incaricato di ripulirgli l'immagine, farlo studiare e portarlo a prendere la maturità. I due sono diametralmente opposti: il ragazzo, che quanto a sparate sembra un mix tra Mario Balotelli e Antonio Cassano, vive circondato di modelle e scrocconi in una villa faraonica, ha il garage pieno di Lamborghini e Ferrari mentre il suo precettore è dimesso, riservatissimo e provato dalla vita. Scopriremo che si porta dietro un doloroso segreto. Ma dopo le prime diffidenze si stabilirà tra loro un profondo legame fatto di complicità, comprensione reciproca, amicizia indistruttibile. E il giovane sarà pronto ad affrontare la sua sfida più difficile, che per una volta non si disputa sui campi di calcio. «Ho accettato di interpretare Il campione perché sono rimasto colpito dalla qualità della sceneggiatura», spiega Accorsi, «la storia descrive infatti un toccante e a volte doloroso rapporto tra un padre e un figlio. Anch'io, alle medie, ho avuto un paio di professori illuminati che mi hanno aperto gli occhi sul mondo».
LA SMANIA Carpenzano, romano di San Giovanni-Ostiense (l'abbiamo già visto in Tutto quello che vuoi e La terra dell'abbastanza) e anche romanista (ma lo ammette con un sospiro, dati i tempi), lunghi capelli e orecchino, confessa che all'inizio non avrebbe voluto interpretare il film: «Non so giocare a pallone e non mi riconoscevo nel mio personaggio, abituato a vivere sopra le righe e affamato di successo come tanti idoli del calcio», racconta. «Io non sono così, non ho la smania di arrivare. Ma poi il regista e i produttori mi hanno convinto e ora sono molto contento dell'esperienza».
TRIGORIA Il film (interpretato anche da Massimo Popolizio, Anita Caprioli, Ludovica Martino, Mario Sgueglia, Camilla Semino Favro) si svolge in buona parte a Trigoria, la mitica sede della Roma A. S. «Le riprese si sono svolte d'estate, quando i calciatori erano in vacanza», raccontano Sibilia e Rovere. «La Società ha suggerito delle piccolissime modifiche al copione e poi ci ha aperto generosamente le porte». Emozione nell'emozione: «Abbiamo girato nelle docce, negli spogliatoi, nelle palestre dei veri campioni», aggiunge D'Agostini. «L'entusiasmo della Roma ha poi contagiato altre squadre come Chievo, Fiorentina, Pisa e Sassuolo che hanno accettato di comparire nel film».
Champions League, Ajax-Juventus: fermati 120 tifosi bianconeri
IL MESSAGGERO - NIJHUIS - Gli ultrà italiani, quando si mettono in viaggio, cercano comunque di farsi riconoscere. Apprensione per il prepartita di Ajax-Juventus molto caldo ad Amsterdam, dove prima un centinaio di tifosi della Juventus sono stati fermati dalla polizia e poi una frangia di hooligan locali ha ingaggiato scontri con la polizia nelle immediate vicinanze dello stadio. Il gruppo degli italiani posti in stato di fermo, era in possesso di fuochi d'artificio, manganelli, spray al peperoncino e un coltello e si trovava nelle vicinanze della Johan Cruijff Arena, dove si è disputata l'andata dei quarti di finale di Champions. Sempre stando alla ricostruzione dei media olandesi che citano fonti vicine alle forze dell'ordine, i tifosi bianconeri sono stati fermati e trasferiti in autobus in un centro di detenzione. La notizia dell'avvenuto fermo degli juventini è stata data in Italia dal ministro dell'Interno Matteo Salvini che, in diretta Facebook, ha riferito di 120 supporter bianconeri fermati perché «avevano oggetti non esattamente appropriati per andare ad uno stadio». Salvini si è poi rivolto ai tifosi che si trovavano nella capitale olandese invitandoli a «tenere la testa sulle spalle». «Il calcio è bello, lo sport è bello - ha aggiunto - però a mani pulite a volto pulito senza far casino, mi raccomando». In serata gli ultrà sono stati poi rilasciati con il foglio di via immediato.
I FATTI La situazione sarebbe degenerata quando un folto gruppo di ultrà juventini avrebbe acceso fumogeni ed esploso petardi nelle vicinanze dello stadio, scatenando la reazione della polizia olandese che ha risposto con gli idranti. Molti tifosi bianconeri, inoltre, sarebbero arrivati in Olanda senza possedere il biglietto per la partita. La polizia è intervenuta anche in metropolitana dove sono stati trovati tifosi che portavano bastoni, mazze di ferro, bombolette di spray urticante e altri oggetti atti all'offesa. A collaborare con la polizia olandese anche agenti della Digos della Questura di Torino, partiti al seguito dei tifosi bianconeri. Tremila quelli con regolare biglietto per il settore ospiti (61 euro il prezzo del tagliando. Costerà 75 quello per l'Allianz Stadium al ritorno), cinquemila il numero approssimativo reale compresi i senza tagliando e il rischio di disordini era quindi elevato.
HOOLIGAN OLANDESI Le due tifoserie non sono mai venute a contatto, ma ad innalzare la tensione nei pressi dello stadio hanno contribuito gli hooligans dell'Ajax. È stata un'ora molto calda che ha costretto la polizia a ricorrere all'uso di idranti e lacrimogeni e a utilizzare le squadre a cavallo per disperdere i più violenti. All'arrivo degli autobus con le due squadre, la situazione era tornata alla normalità e quasi tutti i tifosi della Juventus erano già stati fatti entrare nel settore dell'Arena destinato a loro. Tifosi olandesi abbastanza scatenati anche martedì notte: un gruppetto di ultrà dell'Ajax ha infatti esploso petardi vicino allo stadio dove era in ritiro la Juventus per disturbare il sonno di Cristiano Ronaldo e compagni («Ma i miei giocatori non dormono lo stesso», aveva sdrammatizato Allegri in conferenza stampa). I tifosi dell'Ajax sono stati affrontati nei pressi dello stadio dalla polizia a cavallo che, con lacrimogeni e idranti, ha disperso i facinorosi. Non si segnalano feriti.
Stadio, il fronte del no agita M5S: maggioranza a rischio all'Eur
IL MESSAGGERO - «Rischiamo di fare la fine del Municipio XI», dice un consigliere di maggioranza dell'Eur che non sa ancora come finirà oggi. Perché nel pomeriggio si vota in aula l'annullamento dell'interesse pubblico sull'ecomostro di Tor di Valle, già approvato in commissione Urbanistica. Morale: un'altra giunta pentastellata balla sul Titanic. È quella del Municipio IX, l'Eur, che in comune con l'amministrazione appena sfiduciata di Mario Torelli ha un territorio interessato dall'opera più divisiva in assoluto: lo stadio. Solo che Torelli è riuscito a far calendarizzare la delibera dopo la sua mozione di sfiducia, e ora da delegato del sindaco potrebbe farla passare più facilmente. All'Eur, no. All'Eur si vota ancora. Uno vale uno.
GIUNTA SPACCATA La maggioranza è di tredici, in dodici votarono l'interesse pubblico nel 2017 e nel frattempo due consiglieri hanno cambiato idea. Sono Paolo Barros e Raffaele Di Nardo, quello che in commissione Urbanistica disse senza tanti giri di parole: «Il vero parere tecnico sullo stadio ce lo ha dato la Procura». Come dire, svegliamoci. Stamattina ci sarà un'altra riunione perché sulla delibera Stop stadio targata Cristina Grancio e Stefano Fassina, il voto del M5S non sarà compatto. Anzi, alcuni consiglieri hanno chiesto di poter esprimere un voto di coscienza. Come hanno fatto in giunta: il vicepresidente della giunta Roberto De Novellis e l'assessore Fiorella Caminiti si sono astenuti. Buona parte della maggioranza, dopo quello che ha scoperto la magistratura, oggi potrebbe gridare il proprio liberatorio No allo stadio. Sono contrari quelli del Pd, quelli di Fratelli d'Italia, e siamo a sette in aula, più Paolo Mancuso, Paolo Barros, Raffaele Di Nardo, Rosalba Ugolini ma anche il prudente presidente della commissione Mobilità, terrorizzato dall'impatto dello stadio, Giulio Corrente. Roberto Tranquilli medita un gesto eclatante: potrebbe uscire dall'aula. Fanno in tutto tredici. Game over.
«Sapete qual è il bello? Che non è nemmeno un voto vincolante per il Comune. Il nostro no è un'espressione genuina degli interessi del territorio come deve essere», sottolinea Paolo Mancuso che ricorda ai colleghi capitolini: «Pensano ancora alle penali? A fine 2017 ci convocarono tutti da Lanzalone, fu lui a dirci che non c'era nessuna penale». Intanto sul destino dell'XI Municipio la Raggi vuole proporre il sequel di un film già visto a Montesacro quando la presidente, Roberta Capoccioni, sfiduciata anche lei in Consiglio dopo l'abbandono di alcuni consiglieri, fu incaricata dalla sindaca di svolgere a titolo gratuito una consulenza per l'amministrazione. Anche alla Magliana probabilmente andrà così dal momento che ogni potere dopo la caduta della giunta e del consiglio è tornato in capo al Campidoglio e la sindaca giuridicamente non può nominare commissario del Municipio lo sfiduciato Torelli. Ma come fatto con la Capoccioni, può tenerlo lì (sempre che lui accetti) per aiutare la squadra comunale a gestire un territorio molto ampio. Di certo l'XI mini-comune tornerà al voto nel 2020 con la finestra elettorale delle amministrative.
Ultimo Dzeko. Cerca un gol all'Olimpico prima di lasciare Roma
LEGGO - BALZANI - Sette partite in un mese e mezzo. Poi la storia, durata 4 anni intensi tra alti e bassi, tra Dzeko e la Roma quasi sicuramente si interromperà vista pure la scadenza di contratto al 2020. Il bosniaco negli ultimi mesi ha manifestato più di un segnale di nervosismo per un divorzio non voluto, ma ormai sembra essersi arreso e in cerca del lieto fine. Innanzitutto tornando a segnare un gol all'Olimpico. Un evento che, in campionato, non si verifica addirittura dal 28 aprile 2018. Per non festeggiare l'amaro anniversario a digiuno Dzeko ha due occasioni: la gara di sabato con l'Udinese e quella del 27 con il Cagliari. Ma lo score di Edin è stato misero pure in trasferta: sette gol in 25 partite. Quattordici in meno rispetto a Piatek e Quagliarella, la metà di Immobile. Peggio in carriera Dzeko ha fatto solo nell'ultima stagione al City (4 gol in 22 partite). Ha tempo ancora 7 partite Edin per provare a raggiungere la doppia cifra e centrare un piccolo record. Manca solo una marcatura, infatti, per toccare quota 86 gol complessivi in maglia giallorossa. In questo modo la Roma diventerebbe la squadra con la quale il bosniaco ha segnato di più in carriera (85 Wolfsburg e 72 City). E dai suoi gol passano pure le speranze di agguantare l'ultimo posto sul treno Champiions. Una competizione che ha visto il miglior Dzeko nelle ultime due stagioni: 13 gol in 18 partite. Un torneo che l'attaccante potrebbe non giocare la prossima stagione. È sempre più concreta, infatti, la possibilità di un ritorno in Premier. Destinazione Londra, sponda West Ham dove ritroverebbe il suo ex allenatore Pellegrini. Gli Hammers sono pronti a offrirgli un triennale da 4,5 milioni. Poi ne servono altri 18-20 per soddisfare la richiesta della Roma che al 30 giugno avrà un ammortamento residuo di 4,6 milioni nel bilancio societario per quel che riguarda il cartellino di Dzeko. Si tratterebbe quindi di quasi 15 milioni di plusvalenza. Soldi che servirebbero per accogliere l'erede del bomber.
Ieri è stata rilanciata la candidatura di Benedetto, 29 anni del Boca. Nell'affare col club argentino possono rientrare i cartellini di Ponce e Perotti, ma in prima fila resta Belotti soprattutto se la Roma dovesse qualificarsi in Champions. Fronte ds: si allontana Gianluca Petrachi. «Non capisco perché il suo nome venga accostato alla Roma», ha detto ieri Urbano Cairo, il presidente del Torino.
I paletti di Antonio: tre anni e strategie
GAZZETTA - (…). Antonio non è tipo da farsi abbagliare a prescindere dalle varie corazzate. Ormai ha raggiunto una dimensione tale da poter pesare e scegliere con attenzione il progetto a lui più gradito e congeniale. Senza ansia e senza scartare l’idea di un prolungamento del periodo sabbatico in assenza di proposte stimolanti. Conte, di fatto, da settimane ascolta, osserva e attende situazioni concrete, ben delineate in ogni particolare. E intanto garantisce che nella sua testa non ci sono ancora club in pole position. Di certo, non sono previste trattative contrattuali con nessuno, nel senso che non ci sono cifre da limare. Chi vuole Conte sa che la base minima è quella di un contratto triennale da 10 milioni di sterline (11,6 milioni di euro circa) a stagione. Dunque, durata e ingaggio non possono essere tema di discussioni. D’altronde quando Massimo Morattiandò a prendere José Mourinho la questione economica non costituì praticamente mai un problema. E attenzione: Conte non pone come «conditio sine qua non» la partecipazione alla Champions o anche solo all’Europa League. Conta davvero unicamente il progetto, e la possibilità, secondo il diretto interessato, di poter andare in battaglia con armi serie, all’altezza della situazione, per poter crescere e vincere da subito. In questo senso, allora, non vanno considerati fuori dai giochi Milan e Roma, club sicuramente oggi con meno appeal rispetto a Juve e Inter (per varie ragioni, anche di fair play finanziario). Pur restando molto prudenti nel dare per spacciato Luciano Spalletti - uno che sta dimostrando di saper fronteggiare alla grande anche le peggiori bufere - in Italia il nome di Conte è spesso accostato all’Inter. E in effetti trattasi di pista seria, a maggior ragione con l’ingresso in nerazzurro di Beppe Marotta. (…). (…) Ma occhio (…) ai bianconeri, perché iniziano a farsi insistenti le voci che vorrebbero Conte di nuovo a Torino in caso di divorzio fra Agnelli e Allegri. Paratici e Nedved sarebbero i primi sponsor dell’eventuale clamoroso ritorno di un tecnico specializzato nell’ottenere grandi risultati anche in periodi di profonda ricostruzione. E pare che lo stesso presidente della Juve abbia sdoganato l’idea Conte, naturalmente solo nel caso in cui Allegri decidesse di lanciarsi in nuove avventure. (…).
Benatia e la Roma. È ancora amore: «Torno? Magari»
LA GAZZETTA DELLO SPORT - Arriva ad Udine ad appena 23 anni, nel 2010, e, per la prima volta, lascia la Francia per tentare l’avventura in Serie A. Dopo tre anni, in cui si rende conto «di poter fare il salto, ormai ero cresciuto», Medhi Benatia accetta la Roma. Anche senza Champions League, pur sapendo di far parte di una squadra che doveva ricostruirsi: «Resto una sola stagione, ma nasce un grande amore. (…)». Ci sono esperienze che la vita te la cambiano: Roma e Udinese hanno scritto le pagine più importanti di Benatia, oggi in Qatar.
Quella di sabato è un po’ la sua partita.
«Sono due squadre a cui sono legato. Penso finisca 2-1 per la Roma, è importantissimo vincere per andare in Champions. Ce la possono fare, ma non devono più sbagliare».
(…)
Lei parla spesso di Guidolin e di Garcia come di due allenatori chiave per la sua carriera.
«Guidolin mi ha insegnato la mentalità italiana e la cultura del lavoro, mi ha fatto capire come ci si comporta in un gruppo e con la sua Udinese facemmo dei risultati incredibili. Con Garcia ho lavorato solo un anno, ma gli voglio bene. Mi ha dato fiducia, a volte gli facevo anche da interprete, dopo i due mostri Totti e De Rossi mi fece capitano. Sono cose che non dimentico, così come l’Olimpico. Quando entri in quello stadio, con quella gente, hai voglia di spaccare il mondo. Meriterebbero di vincere di più, quei tifosi. E io li capisco. Il vero romanista vuole vincere».
Con gli ex compagni si è lasciato bene, con la società meno.
«Il tempo mette a posto le cose. Ho risentito Sabatini, una gran persona, come Massara e Balzaretti. Per non parlare di Checco (Totti, ndr ). Purtroppo non ho potuto vederlo quando è venuto a Doha, ma spero di andarci presto a cena. Pallotta? Mai più sentito».
La scelta Mirante ok con l’Udinese. Dai guai al cuore alla Champions. L’ipotesi Cragno
LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Ha aspettato, in silenzio, il momento giusto, e facendosi trovare pronto quando il suo inserimento è sembrato inevitabile. Antonio Mirante d’altra parte ha imparato ad avere pazienza quando un giorno ha sentito che il suo cuore non andava più tanto bene, perché c’erano dei battiti fastidiosi. «E per quattro giorni ho pensato che col calcio avrei chiuso», ha dichiarato in seguito al malore avuto dell’agosto del 2016. Poi il rientro, graduale, dopo essersi curato proprio a Roma, al Gemelli, con la grande voglia di viversi tutto quello che gli avrebbe dato il calcio, di lì in poi, come un enorme regalo da tenersi stretto. Per questo, Mirante, classe ’83, ha accettato la scorsa estate di trasferirsi nella capitale senza scalpitare più di tanto, consapevole di viversi un’avventura importante, seppur alle spalle del collega Olsen. Ma le vagonate di gol prese dallo svedese, e il feeling in realtà mai nato del tutto con i compagni di reparto, hanno convinto Ranieri, da due partite, a cambiare tra i pali, dando una chance ad Antonio, meno taciturno del compagno e apparso più libero dal punto di vista mentale. Con fiorentina e Sampdoria, un pareggio e una vittoria, due gol presi – tutti con i viola all’Olimpico – e porta tenuta inviolata a Genova. E ora la conferma per sabato, avversaria l’Udinese, per quella che sembra essere una scelta definitiva. Almeno per questo finale di stagione, per le ultime sette gare che dividono i giallorossi dalla possibilità di agganciare la zona Champions. In estate, poi, si cercherà di cedere Olsen all’estero (Inghilterra?) e Mirante potrebbe restare ancora come secondo, alle spalle di un nuovo portiere. Tra gli indiziati principali c’è Alessio Cragno, classe ’94, del Cagliari, uno dei portieri che proprio Mirante, qualche anno fa, aveva indicato come uno dei maggiori talenti del calcio italiano. E al quale farebbe volentieri da supporto e da chioccia la prossima stagione. Intanto continua la corsa di Florenzi verso l’Udinese, vista l’emergenza terzini con cui deve fare i conti Ranieri (Karsdorp e Santon sono infortunati, Kolarov squalificato). Il ragazzo sta cercando di recuperare per essere in campo.
Dzeko vuole salutare con i gol e come erede spunta Benedetto
IL MESSAGGERO - CARINA – Ormai non resta che affidarsi alla cabala. Il 28aprile Dzeko festeggerà l’amaro anniversario di un anno senza gol in campionato all’Olimpico (ultima volta doppietta al Chievo). Per evitare questo triste primato, al bosniaco rimangono due gare per sbloccarsi:contro l’Udinese e il Cagliari. La speranza di Ranieri è che non si riduca all’ultimo giro di ruota (il 27aprile con i sardi). Anche perché, dal suo arrivo in Italia,contro i friulani ha sempre segnato una rete nei precedenti incroci casalinghi dove la Roma ha sempre avuto vita abbastanza facile (3-1,4-0 e 3-1). Sabato scorso con il suo ingresso in campo Edin a Genova ha cambiato il match. Ma è consapevole che un centravanti si misura con i gol. Quelli che a lui in stagione sono mancati (appena7 in campionato). La querelle contrattuale ha pesato e continua a non lasciarlo tranquillo nonostante i tentativi di rassicurazione operati da Massara. Dzeko ha capito che la Roma non gli rinnoverà il contratto. Da settimane il West Hams si è fatto vivo ma il bosniaco attende un segnale deciso dall’Inter, ferma per ora al semplice sondaggio. Qualcosa di simile è andato in scena tra Roma e Boca Juniors per Benedetto, centravanti del club argentino e della Seleccion. L’attaccante ha una clausola rescissoria di 21 milioni e da tempo medita il grande salto in Europa. Se nel novembre del 2017 non si fosse rotto il crociato anteriore, probabilmente ora giocherebbe in Italia. La Lazio, all’epoca, era molto interessata. Or aè la Roma a seguirlo. Nuove conferme sono arrivate ieri dall’Argentina. Verso l’Udinese: confermati i miglioramenti di Florenzi che oggi tornerà in gruppo,alternando al lavoro con la squadra anche esercitazioni individuali.
La Roma italiana a caccia dell'Europa
IL TEMPO - AUSTINI - Negli ultimi due giorni l'hanno guardata in tv, fino a un mese fa si sentivano protagonisti, un anno e un giorno or sono avevano stupito il mondo, adesso non possono che sperare di rigiocarla. Ai giocatori della Roma manca da morire la Champions, si sono abituati a giocarla per cinque stagioni di fila come mai accaduto nella storia del club e a Genova si sono regalati un'insperata chance per tornare a riascoltare la musichetta da settembre. I giallorossi sono di nuovo in corsa e puntano su quell'anima ritrovata a Marassi. La vittoria con la Samp firmata De Rossi è intrisa di romanità, romanismo e un po' di patriottismo. Cinque gli italiani in campo dall'inizio nell'ultima sfida di campionato che potrebbero salire a sette sabato prossimo contro l'Udinese. Oltre al capitano, Mirante, Florenzi, Cristante, Pellegrini, Zaniolo ed El Shaarawy, tutti e sette mandati in campo da Di Francesco (ieri sugli spalti ad Amsterdam a vedere Ajax-Juve) nell'andata contro il Porto agli ottavi di Champions e adesso nei pensieri di Ranieri.
Il progetto di una Roma italiana è reale e potrebbe proseguire anche il prossimo anno con gli innesti dell'atalantino Mancini e del bresciano Tonali, obiettivi di mercato, senza dimenticare il portiere del Cagliari Cragno finito recentemente nel mirino del club. Ma per costruire un domani ad alti livelli bisogna tornare grandi oggi, e allora la giornata di sabato diventa uno snodo fondamentale: nel giro di quattro ore Roma-Udinese e Milan-Lazio possono incidere parecchio nella corsa Champions. Per schierare i sette italiani dall'inizio Ranieri ha bisogno di una risposta innanzitutto da Florenzi: il terzino sta meglio ma anche ieri ha svolto solo una parte del lavoro in campo e non insieme ai compagni. Oggi e domani proverà a spingere, gradualmente e senza correre troppi rischi, per testare le condizioni del polpaccio. Il borsino a ieri sera lo dava convocato ma più in panchina che in campo, il tecnico spera in un accelerazione del recupero in 48 ore per tamponare l'emergenza assoluta degli esterni difensivi. Con Karsdorp e Santon ai box per almeno altre tre partite e Kolarov squalificato, al momento non c'è un terzino disponibile e contro l'Udinese si potrebbero vedere tutti e quattro i centrali in campo: Juan a destra (se recupera Florenzi, va sull'altra fascia), Marcano a sinistra e la coppia Manolas (ieri differenziato programmato) Fazio al centro. Il portiere non sembra più in discussione: salvo imprevisti toccherà a Mirante difendere i pali da qui a fine stagione, con Olsen a scaldare una malinconica panchina in attesa di trovare un'altra squadra in estate. Il partner di De Rossi sarà ancora lo stakanovista Cristante, alla decima presenza di fila in campionato. Pellegrini si è ripreso il posto sulla trequarti e non intende lasciarlo, Zaniolo va verso la conferma a destra, mentre El Shaarawy sembra favorito su Schick per completare l'attacco insieme a Dzeko. L'esperimento del doppio centravanti ha dato risultati contraddittori, Ranieri non si farà scrupoli ad accantonarlo di nuovo dall'inizio, tendendosi l'opzione Schick buona per la seconda parte della gara. Da fuori scalpita anche Under, mentre Perotti continua a lavorare a parte con l'altro caso cronico Pastore. La Roma italiana è quella più in forma e sembra la migliore versione possibile per inseguire l'Europa che conta.