Totti: “Contento che Fonseca abbia capito cosa vuol dire essere della Roma”

NICOLA VENTURINI - Francesco Totti, ex dirigente della Roma, è intervenuto durante la presentazione del libro di Paolo Condò nella rassegna “Più libri più liberi” ed ha parlato anche dei giallorossi. Queste le sue parole:

Sono contento dell’andamento della squadra, sono contento che mister Fonseca abbia capito cosa vuol dire essere della Roma, ha saputo trasmettere energia alla squadra, che all’inizio aveva difficoltà. Speriamo che sia un percorso positivo, la Roma è e deve restare un top club in Europa. Indossare un’unica maglia in carriera è stato sia una responsabilità sia una gioia, era il mio sogno sin da quando ero piccolo. Questa è stata la vittoria più bella per me. Sono strafelice di quanto ho dato in tutta la mia carriera alla società AS Roma. Ricordo anche i momenti più difficili con tanto piacere. Passare venticinque anni in una squadra dove quasi tutti sono di passaggio è un’esperienza unica. Per me è stato gratificante essere a Trigoria per tutto questo tempo, spero di essere stato un esempio. Non vorrei mai rivivere l’ultimo anno da calciatore, ma solo per tutto quello che vissuto: ero il capro espiatorio di tutto. In realtà io ero parte integrante del gruppo della Roma“.

Il Cucchiaio del 2000…

“In allenamento prima della partita con l’Olanda ci scherzavamo molto, dissi che se fosse capitata l’occasione l’avrei tirato in quel modo e nessuno mi prendeva sul serio”.

Sul Numero 10…
Nel calcio è un numero diverso da tutti gli altri, ha qualcosa di speciale, non tutti se lo possono permettere”.

Su Lorenzo Pellegrini…
“Mi piace tanto Pellegrini, sono contento che abbia indossato la fascia per la prima volta domenica, senza nulla togliere a Florenzi”.

Sui suoi modelli e i suoi sogni…
“Era il mio sogno diventare come Giuseppe Giannini, lo ammiravo tanto da giovane e sono felicissimo di esserci riuscito. Poi, vincere il Mondiale è stato un enorme coronamento. Nel 2006 trovammo allenatore, squadra e momento giusto per trionfare. Ecco, un allenatore in una squadra è fondamentale. Marcello Lippi è stato perfetto, è un grande allenatore e un grande uomo, ha saputo gestire tante situazioni complesse. Anche lui mi ha aiutato con tutte le altre persone che mi sono state vicine durante il periodo del mio infortunio, quando ho scoperto una nuova parte di me”.

Su Carlo Mazzone…
“Cosa è stato Mazzone per me? Un secondo padre. Mi ha protetto, mi ha insegnato tanto, mi ha direzionato verso la strada giusta, in campo e fuori: aver trovato lui, romano e romanista come me, è stato bellissimo. Prima di una sfida con la Sampdoria evitò di farmi parlare alla stampa, mi sgridò e mi ordinò di andare a fare la doccia”.


Conferenza Stampa Fonseca: "Partita difensiva quasi perfetta. Siamo stati coraggiosi"

Paulo Fonseca, tecnico della Roma, ha parlato in conferenza stampa dopo la partita contro l'Inter:

Come ti spieghi le poche palle gol create. Zaniolo come lo hai visto?
"Zaniolo ha giocato centravanti perché Dzeko non stava bene. Abbiamo fatto un gioco con una buona circolazione, abbiamo sbagliato l’ultimo passaggio ma non è facile contro l’Inter".

È mancata convinzione negli ultimi 16 metri?
"Sì, è vero. Io ho parlato di questo, avevamo situazioni in cui potevamo crossare con convinzione e non l’abbiamo fatto. Lavoriamo per migliorare".

Aveva detto che per affrontare Lukaku e Martinez la Roma avrebbe dovuto avere coraggio.
"Difensivamente la nostra partita è stata quasi perfetta, le occasioni dell’Inter sono arrivate da nostri errori in uscita di palla. Abbiamo fatto una buona partita a livello difensivo".

Zaniolo e Mkhitaryan insieme per la prima volta, è stata questa la principale difficoltà per voi?
"No, la difficoltà più grande è stata l’Inter che difende molto bene".

Nel primo tempo avete fatto molto bene, è mancato lì il terminale? E come spiega il secondo tempo?
"Io sono felice quando vinco, non ci siamo accontentati. Non abbiamo giocato contro una squadra qualsiasi, non ricordo squadre che hanno giocato come noi contro l’Inter stasera. Siamo stati coraggiosi con e senza palla, abbiamo avuto personalità. Dzeko? Dzeko è Dzeko, Zaniolo non è un attaccante".

Due parole su Smalling. E Mancini?
"Partita perfetta. Mancini ha giocato una grande partita, non è facile giocare contro Lautaro che sta bene. È migliorato molto, è un ragazzo bravo e intelligente: ha un atteggiamento perfetto".

Mirante come l’ha visto?
"Perfetto, Antonio è un portiere che ha fatto una bellissima partita. Aveva fiducia, sono felice per la sua prestazione".

Ci spiega le scelte di formazione? 
"È importante pensare alla partita che andiamo ad affrontare, le mie decisioni sono in funzione della gara".

L’Italia l’ha costretta a diventare più difensivo?
"È difficile, le squadre hanno una buona organizzazione difensiva. Tutte hanno qualità in questo momento, ma non abbiamo cambiato niente. È vero che giocare con Napoli, Inter e Milano sono gare diverse; con le altre non è facile perché si difendono in tanti".


Fonseca: «Sono felice solo quando vinco»

GAZZETTA DELLO SPORT - A fine partita il suo volto è soddisfatto, ma l’impressione è che, per un allenatore ambizioso come lui, non sia ancora il migliore dei mondi possibili. Paulo Fonseca è contento della sua Roma, però forse l’Inter stavolta era alla portata. «Abbiamo fatto circolare bene la palla, ma sbagliato le decisioni finali negli ultimi metri - spiega - anche se abbiamo fatto una buona partita. Eravamo intenzionati a giocare a viso aperto e l’abbiamo fatto. Le principali occasioni nerazzurre sono arrivate per errori nostri in fase di costruzione, ma abbiamo tentato sempre d’iniziare il gioco con coraggio, a costo di sbagliare, però io preferisco così. Tatticamente siamo stati quasi perfetti. Non ricordo molte squadre che hanno giocato contro l’Inter come abbiamo fatto noi. Ho visto che giocare in Italia non è mai facile».


Edin e la maledetta febbre del venerdì sera

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Maledetto calendario. Come non insultarlo pensando che se la partita contro l’Inter si fosse giocata - come da antica tradizione - di domenica, probabilmente Edin Dzeko sarebbe stato regolarmente al suo posto dal primo minuto? Un paio di giorni in più di convalescenza avrebbero annullato la febbre d’inizio settimana e la conseguente fiacca, e avrebbero restituito il bosniaco in buona forma a Paulo Fonseca fin dal fischio d’avvio di Calvarese. Invece, partita di venerdì e il pallido Edin ben coperto in panchina.

Roma ancora una volta in emergenza (Kluivert, Fazio, Cristante, Pastore e Zappacosta a casa, Pau Lopez in tribuna e Santon presto negli spogliatoi...) contro la prima della classe. Roma inedita, e non solo tecnicamente, con Zaniolo nel ruolo di centravanti a fare a botte nel cuore della difesa di Antonio Conte. Compito non facile per Nicolò, per unmilione dimotivi,ma assolto – nella prima parte della prima frazione – con buona personalità. Come quella della Roma tutta, capace di complicarsi la vita solo regalando sistematicamente occasioni ai nerazzurri. Una Roma che ha saputo gestire tanto e bene il pallone ma che non è riuscita a mettere davvero paura a Handanovic. E in quei momenti si è sentita, tanto, l’assenza di un finalizzatore come Dzeko.

Non per dare colpe a Zaniolo, questo deve esser chiaro, ma perché Edin è un giocatore unico. E non soltanto nella Roma. Nel momento di maggior confidenza con la partita, la Roma non è stata brava a produrre occasioni vere, con Zaniolo troppo spesso costretto a giocare da solo. Maledetta febbre...

GLI INSOLITI NOTI Edin in campo solo nell’ultima mezzora, con Zaniolo riportato a destra, ma con la Roma non più padronadellasituazione. Scarso il gioco d’attacco, poca personalità, Edin impalpabile. Che peccato... Così sono venuti alla ribalta un paio di giocatori che non ti aspettavi, tipo Diawara a centrocampo e Mirante, già molto bravo nella prima frazione, tra i pali. Segno che il gruppo, al di là delle tante, tantissime assenze è di qualità, e che Fonseca può contare sempre e comunque su gente in grado di reggere l’urto anche della prima in classifica. Una Roma che a Milano ha confermato di essere ormai una squadra vera, e con Dzeko meno pallido in campo anche in quel primo tempo probabilmente lo avrebbe dimostrato ancora di più.

 

 

 

Smalling piace, pure allo United. Mancini: «Si, ora mi diverto»

GAZZETTA DELLO SPORT - Nella notte di San Siro hanno sovrastato Lukaku e Lautaro. Se l’Inter per la prima volta in questa stagione non è riuscita a fare gol, il merito va soprattutto a Chris Smalling e Gianluca Mancini. Dall'Inghilterra è arrivato un messaggio forte e chiaro da Solskjaer: «L’estate prossima tornerà qui». Occhio, però, perché il club giallorosso è pronto a mettere 15 milioni sul piatto per il difensore inglese, che già ha dato la propria disponibilità a restare in Italia. Alla finestra della Serie A pure altre società (la Juve, ma si parla anche stessa Inter?) e lo United non vuole scendere meno di 20 milioni per il difensore, che sogna di tornare in nazionale per l’Europeo (ieri a vederlo c’era il vice c.t inglese) Mancini salta la Spal

Chi ha il futuro azzurro blindato, invece, è Mancini. «Mi sono divertito nel duello con Lautaro - ha detto - . Usciamo soddisfatti. La nostra dimensione è lottare per la Champions. Siamo un bel gruppo, allenati da un ottimo allenatore. Siamo forti, dobbiamo pensarlo ogni domenica, contro chiunque».


L'elogio di Fonseca: «Abbiamo attaccato con coraggio e senza paura»

IL MESSAGGERO - ANGELONI - La Roma cresce, soprattuto nella personalità. Crescono i suoi giocatori, vedi Mancini («prima attaccavamo solo e difendevamo male, ora no», Gianluca dixit) e Smalling (presente in tribuna il ct della Nazionale inglese e Solskjær, tecnico dello United ha detto che lo rivuole a Manchester), così come i vecchi, da Kolarov a Pellegrini fino a Zaniolo. Pian piano la Roma vive di gioco e non di giocate. E’ sempre più squadra, forse Fonseca stesso non pensava di arrivarci così presto, specie davanti a mille difficoltà legate soprattutto agli infortuni.

La Roma vista contro l’Inter ha dimostrato solidità difensiva, nelle ultime tre di campionato ha preso solo un gol e non ne ha incassati soprattutto contro la squadra di Conte, sempre a segno in tutte le gare ufficiali precedentemente disputate. «Peccato stavolta non essere stati bravi davanti alla porta. Abbiamo sempre cercato di giocare con una buona circolazione, poi abbiamo sbagliato le ultime scelte e questo ha fatto la differenza. Non volevamo solo difenderci. È vero, le occasioni dell’Inter sono nate da errori nostri nella fase di costruzione ma abbiamo sempre provato ad attaccare con coraggio e senza paura, come voglio io, a giocare e a volte abbiamo sbagliato».

Fonseca se ne torna a casa con il solito carretto di infortunati. Santon ha un fastidio al flessore sinistro, sarà verificato nelle prossime ore, Pau Lopez rimasto fuori per un vecchio problema muscolare. In Europa dovrebbe tornare Dzeko, Pastore ancora out.


Il muro della Roma ferma la capolista

IL TEMPO - T. CARMELLINI - A testa alta, contro la prima della classe. La Roma esce indenne da San Siro tiene botta all'Inter capolista e porta via un punto importantissimo per la classifica ma soprattutto per la testa. Serviva una prova convincente e la Roma a Milano gioca e piace per lunghi tratti: anche al ct Mancini che in tribuna applaude più volte.

Ma è stata una gara di sofferenza contro l'Inter costruita per vincere lo scudetto e che per la prima volta non segna un gol quest'anno in campionato: a dimostrazione che la difesa giallorossa, ha tenuto eccome. La squadra di Fonseca parte forte, gioca una grande prima mezz'ora poi rallenta perché alla distanza escono i padroni di casa che al momento sono più squadra dei giallorossi decimati dagli infortuni. L'allenatore portoghese non sa più cosa fare e a che santo votarsi. Perde bomber e portiere titolari alla vigilia. Si ritrova con Dzeko influenzato in panchina e Pau Lopez addirittura in tribuna. Basta? No, perché quindici minuti dopo il fischio di avvio di un ottimo Calvarese, perde anche Santon ed è costretto a mettere dentro uno Spinazzola ancora lontano dalla forma migliore.

Le assenze costringono il tecnico lusitano a cambiare le carte in tavola: Zaniolo parte da attaccante centrale (e almeno in avvio non fa male per niente: sua una delle due occasioni della serata giallorossa), Pellegrini per la prima volta con la fascia al braccio da capitano della «sua» Roma. La profezia si avvera ma al giovane centrocampista romano, non riesce di mettere la ciliegina sulla torta di San Siro. Perché l'Inter quando affonda fa paura e ci vuole uno Smalling in formato stellare per fermare Lukaku: l’inglese, anche lui «osservato» dal ct inglese Southgate venuto a Milano per seguirlo, non sbaglia nulla esce dal campo come migliore dei suoi, annullando il poderoso fisico del rivale. Insomma è suo quello che alla vigilia qualcuno aveva maldestramente definito il «black friday» di San Siro.

L'abbraccio tra i due tecnici a fine partita mostra la stima reciproca, Conte sa di avere incontrato un rivale all’altezza e gli concede gli onori di casa. Certo, la Roma soprattutto nella ripresa ha sofferto, si è spesso chiusa dietro e ha trovato anche un Mirante in grado di dire «no» almeno un paio di volte ai padroni di casa. Ma va bene così.

Il bilancio è un pareggio per il quale in molti avrebbero pagato prima della partita. Un punto che forse all'Inter va un po' più stretto, alla Roma benissimo. Ma Conte sa bene che stasera all'Olimpico anche per la Juve sarà tutt'altro che una passeggiata contro la lanciatissima Lazio di Inzaghi. Ma quella è tutta un'altra storia.


Mancini-Smalling, la coppia da Champions

IL TEMPO - BIAFORA - La Roma di Fonseca ha blindato la difesa, facendo rimanere per la prima volta in stagione a secco l'Inter. I giallorossi hanno trovato il giusto affiatamento collettivo in fase di non possesso, soprattutto grazie alla coppia formata da Mancini e Smalling, due autentici muri a protezione del portiere.

Quello contro i nerazzurri di Conte è stato il settimo clean sheet da agosto: le tre reti subite nella partita di esordio contro il Genoa sembrano un ricordo più che lontano. A spiegare i miglioramenti, in primis individuali, è lo stesso Mancini, che salterà il prossimo impegno con la Spal per via della squalifica: «Mi sono divertito contro Lautaro e Lukaku. Questi uno contro  uno a campo aperto mi caricano, è bello giocare contro questi attaccanti, ti aiuta a migliorare. Ho fatto qualche errore ma per fortuna c’era Spinazzola dietro che mi ha dato una mano. Sapevo delle possibili difficoltà iniziali dopo il passaggio dall’Atalanta alla Roma e le ho avute, è stato un cambiamento radicale. Quello di Gasperini è un grande gioco, ma particolare. Ci ho messo dedizione, guardavo video, ho cercato di imparare velocemente, non si può perdere tempo, grazie ai miei compagni e allo staff ho capito velocemente cosa mi chiedeva Fonseca».

L'altra stella del reparto è Smalling, che ha letteralmente annullato Lukaku sotto gli occhi di Steve Holland, assistente del ct dell’Inghilterra Southgate: il gigante inglese spera di ritrovare una convocazione in nazionale che manca dal 2017. Da segnalare poi che nella partita pareggiata contro l’Inter Lorenzo Pellegrini ha indossato per la prima volta la fascia da capitano della squadra giallorossa. La dinastia romana e romanista continua.


La notte dei miracoli di Mirante, il ragioniere non va in pensione

LA REPUBBLICA - PINCI - Ora il primo posto dovrà difenderlo seduto davanti alla tv sul divano di casa. Quasi il contrappasso per un irrequieto come Antonio Conte, che le ultime energie della sua partita le ha spese per manifestare una frustrazione rabbiosa. Probabile che il destinatario del suo nervosismo che a fine partita quasi gli faceva dimenticare il consueto saluto al tecnico rivale, fosse un portiere di 36 anni che Conte ha conosciuto ragazzino nella Juve e che a San Siro non avrebbe nemmeno dovuto giocare. Oggi Antonio Mirante è l’uomo che ha interrotto la serie dell’Inter, sempre a segno in questa stagione, 19 partite di fila trovando almeno un gol, e che ha offerto alla squadra che aveva accompagnato anche in B - giocò 7 incontri con la Juve del dopo Calciopoli - l’occasione di tornare davanti.

Eppure nelle immagini che i calciatori interisti studiavano da giorni il suo volto non compariva mai. Il posto ad Antonio Mirante lo ha liberato solo giovedì mattina un infortunio muscolare capitato a Pau Lopez, il portiere da 23 milioni di euro che Fonseca aveva preteso in estate per la capacità di costruire il gioco segnando il nuovo record di spesa della società per quel ruolo. La differenza l’ha fatta la mano distesa da Mirante tra Vecino e il gol, dopo 180 secondi della ripresa. Un tuffo mica male per una “riserva” che a Bologna avevano pensionato già 18 mesi fa, spedendolo a Trigoria insieme a un assegno  per assicurarsi il polacco Skorupski. E invece a Roma continuano a scoprire quanto Antonio sia ancora utilissimo, lì tra i pali, pur senza piedi da regista come vorrebbe Fonseca. E già un anno fa convinse Ranieri a preferirlo a Olsen.

In fondo non è mai troppo tardi per Mirante, che il diploma da ragioniere lo ha preso nel 2013, a 30 anni suonati, e per assaggiare la Champions League ha dovuto aspettare addirittura i 35, quando molti suoi coetanei sono già da tempo a fare i conti con la “pensione”. Eppure da ragazzino era un enfant prodige: la Juve lo prese nel 2000 dal Club Napoli Castellammare, lo stesso club da cui 13 anni dopo il Milan prelevò Donnarumma. Conte è stato il suo capitano fino al 2004, da terzo di una squadra che aveva già Buffon. E a cui oggi offre l'occasione insperata di un nuovo sorpasso in classifica. L’ultimo regalo alla squadra in cui è cresciuto. Mirante s’è preso la soddisfazione di fermare Lukaku e Lautaro, due che, prima della serata di ieri, in campo insieme marciavano al ritmo di un gol ogni 54 minuti. Poteva finire male e invece è stato un piccolo trionfo personale. Ma in fondo, per Antonio, non è mai troppo tardi.


Fonseca: «Difesa ok, in attacco si poteva fare meglio»

IL TEMPO - SCHITO - È mancato solo l'acuto agli uomini di Paulo Fonseca per festeggiare alla Scala del calcio. La Roma si è presentata a San Siro con grande personalità, tenendo testa all'Inter di Antonio Conte, fallendo però nei metri finali. Orfana di Dzeko per più di 65', con Zaniolo reinventato come falso nove, la squadra giallorossa non è riuscita a concretizzare quanto di buono costruito: «Negli ultimi metri - ammette il tecnico lusitano - abbiamo sbagliato le decisioni finali ma abbiamo fatto una buona partita. La nostra intenzione era giocare a viso aperto e ci sono stati momenti in cui siamo stati in totale controllo della partita. Le occasioni dell’Inter sono nate da errori nostri nella fase di costruzione ma abbiamo sempre provato con coraggio e senza paura, come voglio io, a giocare e a volte abbiamo sbagliato».

Fonseca sta trasformando la squadra, chiede coraggio e personalità, ma la Roma ha regalato troppo ai nerazzurri con qualche azzardo palla a terra: le occasioni di Lukaku e Brozovic nel primo tempo e di Vecino nel secondo potevano costare molto caro a Smalling e compagni. Nonostante questo, il tecnico portoghese vede il bicchiere mezzo pie    no: «Difensivamente la nostra strategia ha funzionato bene, Mancini e Smalling hanno fatto una bella partita sicura, ma penso che tutta la squadra ha difeso bene. Noi non partiamo per difendere ma contro l'Inter non è facile». Decisivo Mirante: «Antonio è un buon portiere. Ha fatto una bella partita, molto bene».

Quella che torna nella capitale è una squadra in fiducia, ancora più consapevole di poter giocare alla pari contro tutti e di poter puntare ai posti al sole della classifica: «La squadra è migliorata molto in tutti i reparti - ribadisce Fonseca - e per giocare contro una squadra come l'Inter avevamo bisogno di essere coraggiosi. È importante avere la palla contro queste squadre, abbiamo sempre cercato di giocare con una buona circolazione, poi abbiamo sbagliato le ultime scelte e questo può fare la differenza».

Positività nello spogliatoio giallorosso ma senza guardare la classifica, pensando soltanto alla prossima gara: «Adesso non è importante la posizione, la cosa più importante è la prossima partita. Adesso - conclude Fonseca - abbiamo una partita decisiva contro il Wolfsberg ed è la cosa più importante». Appuntamento giovedì all'Olimpico.

 

 


In tribuna c’è Totti: “debutto” fuori casa

IL MESSAGGERO - Totti torna in tribuna. Dopo aver seguito la Roma nella partita dell’Olimpico contro il Milan (27 ottobre, 2-1 per i giallorossi), Francesco ieri ha esordito in trasferta presentandosi a San Siro. L’ex capitano si è intrattenuto a parlare per qualche minuto con Guido Fienga, Ceo del club capitolino, con il quale è rimasto in ottimi rapporti. In tribuna anche il ct RobertoMancini.


Roma solida, Zaniolo e Pellegrini brillano sotto gli occhi di Totti

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Esce indenne dal confronto con l’Inter, la Roma, portando a casa un pareggio a reti inviolate (0-0) preziosissimo. Resta in panchina a San Siro, Edin Dzeko, visibilmente provato dal duro attacco influenzale che lo ha colpito negli ultimi giorni. Il bosniaco ha provato a stringere i denti, partendo comunque per Milano, nonostante non fosse al meglio dal punto di vista fisico. Ma Fonseca ha preferito non rischiare nulla, lasciandolo inizialmente fuori a favore dell’avanzamento di Nicolò Zaniolo come “falso nueve”, ruolo che, per presenza scenica, il ragazzo ricopre con personalità, rievocando inevitabilmente la trasformazione che Spalletti fece di  Totti, reinventandolo centravanti.

E Francesco ha seguito l’esperimento dal vivo, dallo stadio, godendosi anche Lorenzo Pellegrini, il suo prediletto, ieri con la fascia da capitano. L'ex numero 10 ha infatti indicato, prima di lasciare la Roma sbattendo la porta, il centrocampista come un predestinato, giocato    re adatto a raccogliere la sua eredità. Totti ha assistito alla partita dalla tribuna, dopo aver incontrato e salutato cordialmente Guido Fienga, ceo e ad del club giallorosso che, gli aveva proposto una poltrona da . direttore tecnico.  In pratica, Pellegrini e Zaniolo sono diventati l’anima di una squadra della quale rappresentano il presente e il futuro, nel segno di una continuità sia di tradizioni (la fascia sul braccio di un romano), sia di simboli a cui i tifosi si aggrappano.

Dzeko entra poi gli ultimi venti minuti contro l’Inter, al posto di Perotti. Davvero un incubo quello degli infortuni in casa Roma, con gli ultimi ko legati a Pau Lopez — neanche in panchina ieri sera — e Davide Santon, costretto a lasciare il campo dopo un quarto d’ora dall’inizio. Il difensore giocava contro la sua ex squadra e, al momento del cambio, è stato applaudito dai tifosi. Al suo posto è entrato Spinazzola, con Florenzi rimasto a guardare, e tifare, i compagni dalla panchina (è entrato, sì, ma negli ultimissimi minuti al posto di Mikhitaryan).

Con quello di Santon a Trigoria si è arrivati a 22 infortuni stagionali — sedicesimo cambio forzato in corsa — numeri che pesano sul rendimento della squadra, con Fonseca costretto a inventarsi sempre soluzioni diverse (sono rimasti nella capitale anche gli acciaccati Fazio, Pastore e Kluivert). Un problema che con il rifacimento dei campi di Trigoria la Roma sta cercando di gestire, sperando che la sosta natalizia aiuti a recuperare energie e uomini.

Ma prima delle feste il calendario dei giallorossi non consentirà troppo riposo: giovedì prossimo all’Olimpico arriverà il Wolfsberg, per l’ultima gara del girone d’Europa League, già praticamente superato dagli uomini di Fonseca.  Subito a seguire, la domenica dopo, sempre all'Olimpico, si presenterà la Spal, prima dell’ultimo turno di campionato del 2019, a Firenze, di venerdì sera (20 dicembre). «Abbiamo un obiettivo ben chiaro da raggiungere — spiega il vice-ds De Sanctis — tornare in Champions e stiamo lavorando per riuscirci».